1. Oggi il nulla inevitabilmente prodotto dal summit "commemorativo" di Roma viene immediatamente rimosso&dissimulato in un'invadente melassa propagandistica a reti unificate.
L'uso del termine "resiliente" (anche) nella versione tradotta in italiano della dichiarazione è poi un altro evidente sintomo della vuotezza di contenuti e di intenti autocorrettivi che caratterizza inevitabilmente una struttura la cui essenza è quella, tipica degli ordinamenti ordoliberisti, di ottenere la "credibilità" attraverso la fissazione di regole inderogabili e di parametri ad applicazione automatica (qui, p.4).
Resilient è un vocabolo inglese che si lega alle caratteristiche di un materiale: significa "elastico, flessibile". Ma non è questo il senso in cui si è riaffermata la volontà €uropeista di "andare avanti". Solo per traslazione, infatti, e in senso ormai indipendente da quello originario, "resilient" viene esteso nel senso di "forte, resistente" riferito all'attitudine di soggetti umani (o creati dall'uomo, cioè delle organizzazioni internazionali che sono pur sempre caratterizzate dalla concreta governance di persone fisiche apparentemente mutevoli, ma in realtà attinte da una ristretta classe dirigente, omogenea e inalterabile nella sua capacità rappresentativa di interessi sociali selezionati e stabiliti una volta per tutte ad esclusione perenne di quelli considerati "non meritevoli").
2. Tutta la "Dichiarazione"è fermissima nel riaffermare i concetti di stabilità (monetaria) e crescita sostenibile (cioè deflazionistica), e non varia, la struttura fondamentale di questo nucleo indeclinabile, il generico riferimento a alla "crescita" e alla "esclusione sociale": queste concessioni generiche e incidentali appaiono il consueto (qui, p.1) metodo €uropeista di predicare proposizioni in apparenza complementari ma a realizzazione congiunta (coscientemente) impossibile, in modo che si realizzi solo l'obiettivo ritenuto fondamentale e irrinunciabile.
Dopo anni di applicazione della moneta unica, - i cui aspetti (v.p.1), segnalati come lacunosi, sono l'intenzionale tecnica di accelerazione degli effetti del free-trade (qui, p.6), in modo tale che, come spiega Draghi, sia consentito applicare un "aggiustamento"via svalutazione interna, e quindi tutto a carico della condizione del lavoro (dilatando la disoccupazione e tagliando le quote salari)-, è anzi veramente privo di qualsiasi credibilità parlare di "valori" e di "leale collaborazione" (tra Stati), per descrivere, addirittura come nuova una direzione "riformatrice", una volontà attuale che conserva, resiste e ribadisce la realtà fortemente competitiva tra Stati e orientata a favorire il mercantilismo, orgogliosamente tradotta nelle disposizioni dei trattati e nella loro applicazione.
3. La "crescita sostenibile" rimane dunque il centro di ogni possibile sviluppo concepibile dalla classe dirigente €uropea e cosa ciò significhi ce lo aveva spiegato il prof.Guarino già negli anni '90 commentando il trattato di Maastricht:
Cosa si intende per crescita «sostenibile» e «non inflazionistica» e quali siano le «condizioni» e i «ritmi» previsti dal Trattato è spiegato nel successivo art. 3 A.
Non si tratta di nozioni generiche, bensì di concetti definiti con precisione, legati a principi il cui rispetto è assicurato da una serie di regole sistematicamente coordinate. I principi sono due: la stabilità dei prezzi e una economia di mercato aperta alla libera concorrenza." (pp. 67-68)
"Il livello di attuazione dello Stato sociale, insieme con le potenzialità produttive del sistema paese e con la qualità della vita, costituiva il frutto superbo della politica dei decenni passati. Questo frutto oggi va rinsecchendosi sotto la pressione delle misure di convergenza. [...]
Il Trattato UE non solo limita l'area della politica per il futuro, ma richiede agli Stati di disfare in larga misura quanto di buono la politica aveva realizzato nel passato, e di provvedervi da soli, tempestivamente e rigorosamente." (pag. 85).
Le citazioni sono tratte da G. Guarino, "Verso l'Europa ovvero la fine della politica", Milano, Mondadori, 1997.
"Il livello di attuazione dello Stato sociale, insieme con le potenzialità produttive del sistema paese e con la qualità della vita, costituiva il frutto superbo della politica dei decenni passati. Questo frutto oggi va rinsecchendosi sotto la pressione delle misure di convergenza. [...]
Il Trattato UE non solo limita l'area della politica per il futuro, ma richiede agli Stati di disfare in larga misura quanto di buono la politica aveva realizzato nel passato, e di provvedervi da soli, tempestivamente e rigorosamente." (pag. 85).
Le citazioni sono tratte da G. Guarino, "Verso l'Europa ovvero la fine della politica", Milano, Mondadori, 1997.
4. Sfido chiunque a trovare, rispetto a questa definizione e puntualizzazione, un solo passaggio incompatibile e innovativo all'interno della dichiarazione di ieri.
Eppure i documentari ispirati all'esaltazione del manistesto di Ventotene che vengono, per l'ennesima volta, passati dalla televisione pubblica parlano di "un'Europa senza confini", come modello di superamento dei nazionalismi statali che avrebbero causato i conflitti €uropei.
Su questi aspetti, cioè sull'intuizione hayekiana, posta alla base della costruzione europea come espediente "geniale" per disattivare l'intervento dello Stato, nel favorire il temuto pieno impiego e il benessere materiale dei propri cittadini, contando sulla "impossibilità" della solidarietà tra popoli inevitabilmente diversi in un'organizzazione federale "interstatale", abbiamo altrettanto detto molte volte.
5. Ma il fatto è che i confini non sono per definizione da abolire ma, anzi, da ribadire, in un'organizzazione internazionale free-trade che istituisca un'area monetaria che scientemente preveda il solo aggiustamento mediante svalutazioni interne (a cui sono funzionali le famigerate "riforme strutturali"): i confini, come ben sa un greco o un italiano, in quanto assoggettato ai diktat sulla stabilità monetaria, sulla riforma permanente del welfare, sul mercato del lavoro, provenienti dall'€uropa, esistono più che mai.
Ogni persona umana, in €uropa, sa ormai che la propria cittadinanza, caratterizzata dall'essere nato entro certi confini, discendendo da genitori a loro volta residenti entro quei confini, caratterizzerà in modo rigidissimo il suo destino: e non solo, ma in applicazione del paradigma di controllo sociale neo-liberista, questo duro e immutabile destino è anche connotato da un altrettanto duro giudizio morale in via di inasprimento implacabile.
L'€uropa del "vincolo €sterno", degli obiettivi intermedi di pareggio di bilancio informati ai crescenti livelli strutturati (irrevocabilmente) di disoccupazione, è anche questo: disegnare confini burocraticamente dotati della massima rigidità per caratterizzare, con l'andamento delle bilance dei pagamenti e il mito della "competitività" sui mercati - in nome della sfida posta da una globalizzazione dei cui effetti l'€uropa stessa è l'acceleratore, mentre finge di volerli mitigare! -, la virtù morale di milioni di persone e condizionare, verso il basso, in una cornice morale durissima (che le istituzioni €uropee chiamano credibilità) la stessa legittimità dei diritti sociali di questi popoli.
6. Diritti dunque, che al di fuori di questa cornice morale, di questa "crescita sostenibile" improntata alla forte competitività, null'altro sono, nella stessa teorizzazione di Hayek e di Einaudi (v.p.8), che odiosi privilegi e indicazione della "corruzione legalizzata" che gli imbelli e inefficienti parlamenti elettivi nazionali praticano come esecrabile demagogia del consenso.
Di fronte a questa rigidità irrinunciabile, anche nel momento di massima crisi di questa istituzione internazionale "credibile", di fronte a questi confini, inevitabilmente statali, tecnocraticamente soggetti a minuziose regole di punizione, e di condanna morale inappellabile, per interi popoli, l'€uropa riunita a Roma ha insistito, senza alcun dubbio o esitazione, ad affermare che i suoi "valori" e i suoi obiettivi sono sempre quelli e che, dunque, non si presentano ragioni sostanziali, nel quadro politico generale, per mutare questo indirizzo fondamentale.
I tedeschi (commissario Oettinger) le cose le sanno. Regole non si cambiano, altrimenti salta tutto. Ditelo agli #altraeuropeisti nostrani. pic.twitter.com/nv7FDTpZTR— Ora Basta (@giuslit) 26 marzo 2017
Tutto ciò che hanno ribadito, in effetti, era già stato enunciato pedissequamente, nel corso di decenni di propaganda mediatizzata, per giustificare la formulazione dei trattati; e si deve presumere che in futuro si debba continuare sempre e solo perseguendo questo indirizzo che non "può" essere sottoposto ad alcuna autocritica.
7. In tal modo, questa classe dirigente europea continuerà ad utilizzare la tecnica degli enunciati complementari a realizzazione congiunta impossibile, che dissimulano il perseguimento dell'unico interesse "efficiente allocativo" delle elites che dominano la governance €uropea, dimensionato su confini statali che, nella realtà istituzional€, vengono così accuratamente conservati, con la riserva mentale che nuovi inasprimenti, - di realizzazione del lavoro-merce, di distruzione del welfare costituzionale-, sono l'unica via di "sviluppo" possibile.
E questa secondo la "dichiarazione" sarebbe sia una "necessità" che una "libera scelta": sul che ci troviamo del tutto concordi, solo con la precisazione che si tratti di una "necessità" moralisticamente posta per le masse dei cittadini comuni, e una "libera scelta" che ad essi viene del tutto preclusa, potendo solo il network dei rappresentanti delle oligarchie esprimere una propria indiscussa e incontrastabile volontà.
E questa volontà convinta di completare il disegno dell'ordine sovranazionale del mercato sarà dunque il presupposto per il "completamento" irrinunciabile del "disegno" originario del federalismo €uropeo.
8. In questa tecnica di governo neo-liberista, sovranazionale dei mercati, ogni ripensamento e ogni senso di colpa è per definizione escluso.
Nel libro "La famiglia Winshaw", Jonathan Coe, fa descrivere a un dei personaggi principali, un politico (ovviamente con forti legami con la finanza e l'industria oligopolistica), convinto assertore del modello thatcheriano, il metodo di governo e di comunicazione che devono caratterizzare l'acquis neo-liberista (pag.301):
"Il trucco è che le carognate bisogna non smetterle di farle. Non dà alcun frutto far passare delle norme scandalose a livello legislativo e dare tutto il tempo di rifletterci su. Bisogna darci dentro, in un crescendo continuo, prima che la gente abbia il tempo di capire che mazzata abbia ricevuto. La coscienza (...delle masse) è fatta a modo suo: ha una coscienza che arriva sì e no alla memoria...diciamo, di un personal computer molto primitivo. Può rammentare solo due o tre cose alla volta".
Fatemi capire. Dovremmo inviare nostri soldi a Bruxelles per farceli restituire sotto condizione attuazione riforme? È uno scherzo? 😱 pic.twitter.com/KBW7jN1WwH— Ora Basta (@giuslit) 26 marzo 2017
8.1. E certamente la "dichiarazione" di Roma contiene in sé molta parte di questa concezione, nel suo proiettarsi verso la più intransigente conservazione della "stabilità" e della "crescita sostenibile" antinflazionistica.
Lo schema sottinteso, ma in realtà ben decodificabile dalle previsioni di tutti i trattati,è descritto con esattezza esemplare dalle parole attribuite al recentemente scomparso Alfredo Reichlin in un articolo su "Il Messaggero" dello scorso 22 marzo: "I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione"
L'€uropa "federalista"è veramente tutta qua: non ci si può attendere che esprima mai qualcosa di diverso.