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BANCA CENTRALE INDIPENDENTE, PROTEZIONISMI E...HAYEK (il mondo non basta...decisamente)

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http://4.bp.blogspot.com/-qKEso4kpsew/VX9YkgMAotI/AAAAAAAAAJA/2nRCGi68CyE/s1600/The-World-Is-Not-Enough-poster.jpg

1. Il titolo di questo post si compone di tre tematiche che questo blog ha approfondito per anni: risale agli esordi la focalizzazione sulla centrale importanza di Hayek nel paradigma €uropeo, in ogni sua proiezione geo-istituzionale e, in generale, in tutta l'ideologia politica del mondialismo, fin dalle sue prove generali teorico-pratiche, in specie sudamericane, ma che giungono fino ai ben tangibili effetti sul nostro (ex) ordinamento democratico-costituzionale.
Sarebbe un compito quasi impossibile anche solo riassumere, in un'unica rassegna, il materiale pubblicato su questi tre argomenti: non rimane, perciò, che invitare a fare una ricerca mirata e a verificare quello che, proprio su questi tre argomenti topici, potrebbe fondare, riassunto in "lemmi" para-simbolici, il filo conduttore del blog (che poi è l'analisi economica del diritto pubblico e, quindi, l'approccio fenomenologico all'economia istituzionalista concepita nel XX° secolo).

2. Piuttosto in questa sede partiamo da un "curioso", ma non sorprendente, evento della cronaca, in teoria molto importante, ma trascurato dai media italiani mainstream: non lo trascura invece il Financial Times che dedica un "fondo" (giovedì 19 ottobre 2017, pag.20) alla mega-riunione svoltasi a Washington sotto l'egida, niente di popodimeno che,  del FMI e della World Bank
Radunatisi "funzionari" ed espertologi di ben 190 paesi (!) con cosa se ne escono questi sobri eredi del Washington Consensus (trattandosi della più evidente perpetuazione assembleare di quella "catena di comando")?
Con le seguenti indicazioni schematizzate dal FT, che vi riporto. Avremmo, cioè, quattro fattori positivi a favore della crescita mondiale:
- lo slancio della crescita sarebbe più ampio e durevole (di quanto atteso...il che è un po' tautologico e autopromozionale);
- le condizioni finanziario-creditizie favorevoli supportano i consumi, senza preoccupanti aumenti dell'inflazione (il che è auto-rassicurativo sulla stabilità finanziaria del mega-consumo a debito privato);
- la volatilità dei mercati finanziari "molto bassa" consente all'onda di valutazioni più elevate (dei vari titoli scambiati) di proseguire ulteriormente (il che è semplicemente...inquietante);
- la speranza che la crescita economica possa essere ulteriormente rafforzata dai progressi, attesi da lungo tempo, nell'applicare politiche aggiuntive pro-crescita, particolarmente in Europa e negli USA (idem come sopra).

3, Questa elencazione di fattori positivi si regge su un unico comune denominatore: il dominio della finanza sull'economia reale e la giustificazione di questa perdita del normale rapporto strumentale della prima rispetto alla seconda, in un'orgia scientifico-naturalistica che si impernia sulle priorità teologizzate del contenimento dell'inflazione (elemento espressamente enunciato) e della concezione monetarista e (neo)neo-classica della piena occupazione: intesa, ovviamente, come quella, di qualsiasi livello, corrispondente al tasso di inflazione "naturalisticamente idealizzato", e che si affida alla potenza esclusiva del sistema dei prezzi, riguardante anzitutto (in realtà "solamente") i salari sul mercato "perfettamente concorrenziale" del lavoro (tradotto in pratica, delle vostre vite: non esiste disoccupazione involontaria, ma solo gente che non vuole lavorare a certi livelli retributivi perché è choosy).

4. In questa situazione si può notare, sul piano squisitamente comunicativo, una palese contraddizione: a giorni alterni, a seconda del contesto in cui gli espertologi "funzionari" si riuniscono, si paventa la secular stagnation, dovuta alla cattiva digestione dell'innovazione tecnologica da parte di pigri lavoratori corporativisti, se non xenofobo-guerrafondai (p.2), nonché ad un "inspiegabile" calo demografico nei paesi a capitalismo "avanzato", salvo poi dimenticarsene di fronte al presunto slancio della crescita superiore alle attese (che su basi statistiche secolari ed oggettive, non è neppure lontanamente paragonabile alla crescita anteriore all'irrompere del dominio del meraviglioso mondo global-freetrade di Hayek e dello stesso Washington Consensus).

5. Ma veniamo, proprio per illustrare meglio le grottesche ed autoelogiative contorsioni a sostegno del modello globale di crescita compiute mercoledì scorso a Washington - e mediaticamente diffuse in automatico h.24 in Italia, senza il benché minimo dubbio, in un esercizio di fanatico provincialismo autolesionista- ai punti critici che minaccerebbero la crescita, riportando appunto la seconda "lista" riassunta dal FT:
- una limitata comprensione di relazioni economiche chiave nei paesi avanzati (come quelle sulla produttività, la determinazione dei salari e le dinamiche inflattive; tradotto: non si pensi neppure per un attimo ad attenuare la presa sulla deflazione salariale competitiva sul mercato del lavoro, pensando di poter fare concessioni su tale fronte solo perché si cresce...ma non si esporta mai abbastanza...tutti, contemporaneamente!), così come dell'impatto delle innovazioni tecnologiche(e ci risiamo);
- incertezze sul commercio mondiale e per l'eventuale normalizzazione della politica monetaria da parte di più d'una delle banche centrali sistemiche;
- una crescente reazione contro le compagnie "big tech" nel contesto di un "mettersi al passo" sia da parte dei governi che delle stesse compagnie rispetto all'importanza sistemica del settore;
- la questione geopolitica delle minacce nucleari della Corea del Nord;
- le persistenti diseguaglianze che alimentano le politiche della rabbia, delle divisioni sociali e la polarizzazione dei partiti.

6. Insomma, gli espertologi di 190 paesi, radunati sotto le bandiere di FMI e WB, si lamentano essenzialmente della riottosità, considerata irrazionale, dei substrati sociali che vengono così tanto beneficati da questa crescita superiore alle attese e da questa manna dei titoli finanziari che continuano a crescere indefinitamente, in una pur irreale mancanza di volatilità delle quotazioni.
Con un inviperito disappunto si muovono rilievi ai "governi" che, assurdamente, intendono mantenere il consenso elettorale sacrificando le ulteriori e tanto attese riforme strutturali pro-crescita del mercato del lavoro, dimenticando gli effetti benefici degli aumenti di produttività per unità di lavoro, che gioverebbero al commercio mondiale se la si smettesse di assecondare i lavoratori in quel corporativismo avido e protezionista; avidità che invece, le politiche accomodanti delle banche centrali sistemiche dovrebbero aver già soddisfatto, consentendo, col denaro facile, la creazione di milioni di meravigliosi posti di lavoro e una ripresa degli investimenti su cui, i governi, mostrano, ingrati, tutta la loro arretratezza nel comprendere l'importanza sistemica di una produzione di servizi hi-tech - sostitutivi della manodopera nei servizi, dopo che la stessa è stata sterminata nel manifatturiero- che diventa il nuovo TINA progressista e mondialista.

7. Non c'è nulla da fare: voi siete vecchi, siete il passato, e non volete adeguarvi alla nuova realtà del progresso infinito del mondo della finanza senza frontiere, che è pure attenta all'economia reale purché sia ridotta ai servizi hi-tech delle compagnie big-tech. Un autentico "trionfo" di questa impostazione, basata sul drive praticamente esclusivo dell'investimento nella digital economy, pur punteggiato da qualche lamentela sul calo continuo degli investimenti nei paesi in via di sviluppo (chissà perché: neppure un serio interrogativo viene posto su quale modello di sviluppo e su quali settori merceologici siano rispettivamente spiazzati e privilegiati da questo incontestabile drive), la si può avere nel World Investment Report dell'UNCTAD per il 2017 (dove la considerazione principale è dedicata all'aggregato dell'investimento diretto estero, cioè alla presunta vitalità del free-trade globalizzato, e non al complesso degli investimenti mondiali comunque localizzati).
Siamo di fronte a puro offertismo autoreferenziale; l'essere umano, ridotto a unità di lavoro a produttività incrementale forzosa, scompare.

8. Non a caso l'Unione europea, quando deve rilanciare la comunicazione sui benefici della globalizzazione ci riporta la crescita del commercio internazionale sul PIL mondiale,

Non la crescita del...PIL mondiale in corrispondenza della 3a ondata di globalizzazione (cioè quella applicativa del WC e post-guerra fredda), che invece, proprio per la finanziarizzazione, cioè per quel processo che inizia dalla fissazione del dogma delle banche centrali indipendenti, è andata in modo molto poco entusiasmante (almeno per il lavoro; non per i profitti, secondo questo paper del 2016 con rilevazioni che arrivano al 2015). 

9. Il primo grafico a) mostra che il PIL mondiale realeè andato piuttosto maluccio, a partire dall'era monetarista delle banche centrali indipendenti, cioè specificamente dai primi anni '80, e via via nell'era del Washington Consensus e della "terza" globalizzazione, punteggiata dalle varie crisi finanziarie.
Il secondo grafico b) indica che la variazione del PIL nominale si è convertita tendenzialmente in un aumento dei profitti delle grandi imprese e quindi nella ben nota stagnazione della quota salari "mondiale" (per derivazione di una crescita mondiale quasi del tutto assorbita dai profitti):
a)
  http://2.bp.blogspot.com/-gYDD0lkUa18/VyqZJFkJRTI/AAAAAAAAAz4/TrzTYtisT242KvEn1EtyU4FDuf9a5pbWACK4B/s1600/Growth.png
 b)
https://image.slidesharecdn.com/better-but-not-good-enough-oecd-economic-outlook-presentation-june-2017-170606132548/95/better-but-not-good-enough-oecd-economic-outlook-presentation-june-2017-3-638.jpg?cb=1496824028

10. E tutto ciò, fermo restando che la crescita mondiale registratasi nello stesso periodo è prevalentemente dovuta a quella dei paesi che (fuori dall'OCSE) NON SI SONO ASSOGGETTATI AL WASHINGTON CONSENSUS e al dogma delle banche centrali indipendenti, paesi che, saggiamente, stanno cercando di svincolarsi sempre di più dalla crescita esclusivamente legata al "libero" commercio mondiale; notare (in basso a sinistra nel grafico sottostante) il contributo dell'area euro alla crescita del PIL mondiale dal 2008 ad oggi! Nel grafico susseguente si vede come, dopo l'ultima crisi finanziaria, i paesi asiatici che crescono, tendano a tenersi, cautamente, sempre più a distanza dal puntare sulla crescita del commercio mondiale.
https://image.slidesharecdn.com/short-term-momentum-will-it-be-sustained-oecd-economic-outlook-presentation-september-2017-170919083717/95/shortterm-momentum-will-it-be-sustained-oecd-economic-outlook-presentation-september-2017-3-638.jpg?cb=1505911763

https://image.slidesharecdn.com/d1-am-session1-christiankastropoecd-160614092742/95/oecd-economic-outlook-christian-kastrop-oecd-4-638.jpg?cb=1465896839

11. Ma per finire, poiché diamo per attendibile che la crescita mondiale sia stata, nel 2016 e nella parte iniziale del 2017, - come ci dicono gli espertologi del meeting FMI e WB- superiore alle attese (in effetti previste come meno rosee secondo il Bloomberg Forecast, v. fig.3), ciò appare dovuto a ragioni esattamente opposte a quelle da loro identificate; in particolare, quanto alle incertezze sul commercio mondiale; infatti, mentre il commercio mondiale "rallenta", si registra una crescita mondiale superiore alle attese proprio grazie a incrementali (e piuttosto generalizzate) barriere non tariffarie. E sono proprio i paesi emergenti ad aver coerentemente tenuto tale razionale linea di (preteso) protezionismo, v.qui, p.6, dopo la crisi finanziaria del 2007-2008:

 https://www.atkearney.it/documents/10192/10777831/FG-GBPC-2017-2021-Global-Economic-Outlook-05.png/f335349b-bc10-4187-8d8d-0d06483db92c?t=1484690249796

11.1. Questo ulteriore world growth outlook del 2017 (canadese) ci segnala questa tendenza al dualismo, nella crescita, proprio fra paesi "emergenti" - non conformatisi al Washington Consensus e relativamente liberi dalle condizionalità FMI-, che vedono aumentare sopra-trend il manifatturiero e i consumi, e paesi "sviluppati" che, convinti liberoscambisti,si affidano alle banche centrali indipendenti per far "ripartire investimenti e occupazione" e ottengono, invece, una crescita dell'occupazione in sotto-tendenza - per non parlare dei salari- e una continua perdita nel settore manifatturiero. Quindi, i secondi si devono/vogliono affidare alla speranza dei servizi, cioè all'economia digitale hi-tech e...all'ulteriore perdita strutturale di occupati (popolazione attiva), di domanda domestica e di crescita. Sorprendendosi poi se si ritrovano a perdere le elezioni...(naturalmente si tralasciano le insignificanti risultanze relative ai sondaggi sulle attese delle imprese...):

https://static.vgcontent.info/crp/ca8/caw/images/articles/vemo_rb_ca_fig1.jpg?20170927|140000

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