1. Situazione "curiosa": si può dire, con un minimo di ragionevolezza, che l'elettorato, il 4 marzo, ha chiaramente espresso la volontà di non volere un Monti-bis.
E' agevole interpretare questo significato del voto: da un lato, il corpo elettorale, finalmente chiamato a votare, ha creato la presenza di due partiti egemoni, - uno in quanto partito di palese maggioranza relativa (M5S) e l'altro come indubbio partito-guida della coalizione più votata (Lega) -, che rigettano senza mezzi termini l'esperienza "Monti" e la sua forte impronta politica, che ha in effetti pesantemente preorientato l'indirizzo politico pedissequamente seguito da tutti i governi che gli si sono succeduti.
2. Dall'altro lato, ed è questo il dato oggettivo più incontestabile, l'elettorato ha letteralmente dissolto, rispetto all'esito delle elezioni per le precedenti legislature, la grande coalizione che sostenne Monti e che (in forme più o meno evidenti, "sottili" o indirette) si perpetuò coi governi della legislatura iniziata nel 2013; quella il cui parlamento, peraltro, era affetto dalla illegittimità costituzionale della sua composizione, direttamente sancita dalla Corte costituzionale "cassando" l'irragionevole e abnorme premio di maggioranza che caratterizzava la legge elettorale con cui fu votato.
I dati di questo dissolvimento sono evidenti: i partiti "perno" della grande coalizione del "fate presto" nata alla fine del 2011, non sono in grado di fare nulla per garantire una fiducia a un nuovo governo tecnico, "dei tecnici" o neutrale che dir si voglia.
3. La prospettiva assunta dal Capo dello Stato, peraltro, è quella di incaricare una "figura di garanzia" o "super partes" che dir si voglia, perché formi un governo "neutrale", che, preferibilmente in carica fino a dicembre, svolga una pesante manovra che tagli la spesa pubblica e/o introduca nuovi tributi (o comunque aumenti la pressione tributaria), per effettuare un consolidamento fiscale che equivalga al gettito (meramente e incautamente sperato) di un aumento dell'IVA che incida per 12,5 miliardi nel 2019 e per 19.1 miliardi nel 2020.
Questa operazione di forzato consolidamento fiscale viene chiamata "scongiurare l'applicazione della clausole di salvaguardia", della quali abbiamo ricostruito l'origine, il trascinamento (inerziale da parte dei governi succedutisi dal 2011) e l'attuale sopravvenuta mancanza di senso economico, essendo le clausole in origine legate a un tipo di aggiustamento dei conti con l'estero, e più estesamente della stessa posizione netta sull'estero, ad oggi al -6,7% del PIL (e che ha una preponderante influenza sugli spread, qui, pp.8-9), che si era nel frattempo già consolidato. Certamente a partire dal 2014 e certamente rafforzatosi grazie alla svalutazione competitiva - dell'euro- che è stato il principale, se non unico, "successo" del QE di Draghi.

Camera dei deputati[20] | Seggi | |
---|---|---|
Il Popolo della Libertà Partito Democratico Unione di Centro Futuro e Libertà per l'Italia Popolo e Territorio Alleanza per l'Italia PLI MpA-Alleati per il Sud Fareitalia Repubblicani-Azionisti Liberal Democratici-MAIE Autonomia Sud Minoranze linguistiche Altri[21] Totale maggioranza | 212 206 38 26 23 6 5 4 4 3 3 3 3 14 550 | |
Lega Nord Italia dei Valori Totale opposizione | 59 21 80 | |
Totale | 630 |
Senato della Repubblica[20] | Seggi | |
---|---|---|
Il Popolo della Libertà Partito Democratico UdC-SVP e Autonomie ApI-FLI-Centro Democratico CN-Io Sud-Forza del Sud Movimento per le Autonomie Partecipazione Democratica Partito Repubblicano Italiano Altri[21] Totale maggioranza | 128 106 15 13 12 2 1 1 7 285 | |
Lega Nord Italia dei Valori Totale opposizione | 25 12 37 | |
Totale | 322 |
5. Questo l'esito elettorale attuale e la forza, nelle due ali del parlamento, di quegli stessi due partiti:
Per lista
Camera dei deputati | ||||
---|---|---|---|---|
Movimento 5 Stelle | 227/630 | |||
Lega | 125/630 | |||
Partito Democratico | 112/630 | |||
Forza Italia | 104/630 | |||
Fratelli d'Italia | 32/630 | |||
Liberi e Uguali | 14/630 | |||
Noi con l'Italia - UDC | 4/630 | |||
SVP - PATT | 4/630 | |||
+Europa | 3/630 | |||
Civica Popolare | 2/630 | |||
Italia Europa Insieme | 1/630 | |||
MAIE | 1/630 | |||
USEI | 1/630 | |||
https://twitter.com/paolavalenti29/status/993634166033010688
Senato della Repubblica | ||||
---|---|---|---|---|
Movimento 5 Stelle | 112/315 | |||
Lega | 58/315 | |||
Forza Italia | 57/315 | |||
Partito Democratico | 54/315 | |||
Fratelli d'Italia | 16/315 | |||
Noi con l'Italia - UDC | 4/315 | |||
Liberi e Uguali | 4/315 | |||
SVP - PATT | 3/315 | |||
+Europa | 1/315 | |||
Civica Popolare | 1/315 | |||
Italia Europa Insieme | 1/315 | |||
MAIE | 1/315 | |||
USEI | 1/315 | |||
6. Se volessimo rapportarci alla "madre" di tutti i governi tecnici, cioè al governo Ciampi, se non altro perché fu il primo governo nella storia della Repubblica guidato da un non parlamentare (in cui persino i non trascurabili apporti di ministri formalmente politici erano evidentemente caratterizzati da una manifesta legittimazione tecnica; ad es; Andreatta, Savona, Conso, Barucci, Spaventa), ebbene, anche in quel caso, esso poté godere di una maggioranza parlamentare vastissima e di una conseguente certissima prospettiva di ottenere la fiducia (abbiamo tentato di evidenziare i partiti che, con una certa approssimazione, corrispondono, pur tra alterne vicende, agli attuali PD e FI o a loro alleati "satellitari"):
Senato della Repubblica | Seggi | |
---|---|---|
Democrazia Cristiana Partito Democratico della Sinistra Partito Socialista Italiano Partito Repubblicano Italiano Partito Liberale Italiano Federazione dei Verdi Partito Socialista Democratico Italiano Südtiroler Volkspartei Vallée d'Aoste Totale maggioranza | 107 64 49 10 4 4 3 3 1 245 | |
Lega Nord Rifondazione Comunista Movimento Sociale Italiano La Rete Per la Calabria Federalismo Lega Autonomia Veneta Lega Alpina Lumbarda Per il Molise Totale opposizione | 25 20 16 3 2 1 1 1 1 70 | |
Totale | 315 |
7. Ebbene, questi evidenti dati storico-politici e i precedenti giuridico-istituzionali che oggettivamente hanno caratterizzato, ci consentono di estrarre un primo principio normativo, attinente a quella sfera consuetudinaria (detta anche "prassi, come abbiamo visto) che si accompagna, per necessità (derivante dall'assenza di previsioni scritte), all'integrazione del dettato costituzionale, laddove esso si ferma a prevedere che "il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri" (art.92, co. 2, Cost.).
In tutti i precedenti, compreso anche il governo Dini, l'incarico conferito a un non parlamentare, cioè l'individuazione di un (potenziale) Presidente del Consiglio non ricollegabile alla diretta espressione dell'elettorato, così come, si badi bene, registrata nell'evidente distribuzione delle forze politiche in parlamento, scaturisce invariabilmente dalla preventiva indicazione delle stesse forze politiche presenti in parlamento in un certo momento storico, riposando, per la precisione, in una larga convergenza maggioritaria di queste stesse forze sul sostegno fiduciario a una soluzione che, rigor di Costituzione e di forma parlamentare di governo, risulta comunque atipica.
8. Senza questa sostanziale preindicazione scaturente dalla (ampia) maggioranza degli eletti in parlamento, non si è mai in precedenza dato un governo "tecnico" o, al di là delle formule transeunti utilizzate, un governo "atipico".
E questo prescindendo dalle ragioni "politiche" (economiche e sociali) che nei singoli casi hanno indotto tale maggioranza preformata tra i partiti a fornire a questa indicazione al Capo dello Stato.
Che poi tale indicazione, nella prassi, possa essere in forma di arbitraggio, cioè chiedendo espressamente (e più o meno liberamente) allo stesso C.d.S., la precisa individuazione del nome del designato tecnico, non toglie nulla alla titolarità, propria delle forze elette in parlamento, di questa opzione: il PdR ritrae la sua potestà "arbitrale", comunque, in funzione della volontà politica "delegante" risalente ad una maggioranza accertata preventivamente.
9. In assenza di questa maggioranza accertatae di una eventuale delega, non si può obiettivamente dire che la contrarietà al governo "neutrale", - cioè non affidato a un parlamentare con l'incarico a un soggetto a legittimazione tecnica-, espressa con immediatezza dalla maggioranza delle forze parlamentari, possa costituire uno sgarbo verso il Presidente della Repubblica: questa contrarietà, semmai, registra la carenza di un presupposto essenziale, emergente dalla prassi e dalla forma di governo costituzionali, per poter in radice attivare una volontà designatrice del Capo dello Stato, la cui autonomia non può prescindere dalla (non) volontà della maggioranza del parlamento in carica.
Come dunque abbiamo visto, la situazione attuale è che le forze politiche che, pur nelle metamorfosi subite nel corso della tormentata storia della c.d. seconda Repubblica, hanno normalmente dato luogo all'accordo politico che serve da presupposto (costituzionale) per la formazione del governo "tecnico-neutrale-istituzionale...etc", risultano ormai recessive e disabilitate, dall'elettorato (cioè dal motore del processo democratico, prima e più diretta espressione della sovranità popolare ex art.1 Cost.), a formare una qualsiasi maggioranza. O anche solo ad avvicinarvisi.
10. Anzi, si potrebbe aggiungere che l'evidenza dei segnali lanciati dall'elettorato è tale che nuove elezioni a breve potrebbero risolvere la situazione di stallo attuale, anche senza che sia mutata l'attuale legge elettorale: ciò in quanto, il processo di reindirizzo largamente maggioritario delle preferenze di voto del popolo italiano è, manifestamente, un processo che si sta compiendo e sul quale lo Spirito democratico che dovrebbe caratterizzare le istituzioni costituzionali di garanzia non avrebbe ragione di interferire.
Trattandosi di un'imponente trasformazione in atto, essa non può che essere compresa e favorita come un'espressione della coscienza popolare verso il pieno recupero della sua prerogativa sovrana di contribuire all'indirizzo politico democratico. E va compresa e favorita anche nei tempi, non necessariamente brevi, in cui essa si possa manifestare.
I tempi del pilota automatico €uropeo non dovrebbero divenire la scansione entro cui comprimere il libero gioco della trasformazione della volontà sovrana dell'elettorato.
10.1. Anche perché, come abbiamo ri-evidenziato, questioni come le "clausole di salvaguardia" sono, appunto, automatismi la cui priorità, considerata correttamente nel suo significato politico-economico, non solo non è più attuale e "tecnicamente" attendibile, ma addirittura deve essere l'oggetto di una rimeditazione che costituisce una scelta politica fondamentale e che dà senso (molto) attuale al libero processo elettorale e alle forze politiche divenute più rappresentative; soprattutto perché la trasformazione in atto va compresa, con ragionevolezza e senso della realtà, proprio per il disagio sociale crescente, e presto incontenibile, che proprio tali automatismi hanno provocato.
11. Un'anticipazione di questo pericolo di fretta e di trascuratezza nell'interpretare la grande trasformazione politico-elettorale ed i suoi tempi (che sono pur sempre indice di recupero della primazia della volontà sovrana del corpo elettorale), l'avevamo già segnalata prima delle elezioni; e sul presupposto, peraltro, di una sottostima dei mutamenti di composizione delle forze presenti in parlamento (sottostima che era la risultante dei sondaggi prevalenti, smentiti dal successivo esito del voto).
I risultati del 4 marzo hanno perciò reso valide, a maggior ragione, le gravi problematiche allora individuate:
"...Di tutto questo, - naturalmente al netto delle implicazioni costituzionali già evidenziate e dei contenuti e delle finalità delle "riforme indispensabili" per rimanere in €uropa-, ci dà contezza questo articolo de La Stampa: considerate, leggendo l'articolo, che la momentanea "impossibilità" di nuove elezioni immediate, una volta iniziati gli "appuntamenti" legati agli "indissolubili impegni presi con l'UE", diviene agevolmente una "impossibilità" per la durata dell'intera legislatura.Come ci insegnano gli eventi di quella in scadenza, che è sopravvissuta, alla insanabile illegittimità costituzionale della sua composizione, fondandosi sulla insostituibilità di questi, e proprio questi, parlamentari (nella loro identità di persone fisiche), perché se fossero stati altri (diverse persone fisiche), a seguito di nuove elezioni, sarebbe venuta meno, a quanto pare, la "continuità degli organi costituzionali" (...?).
Analoghe previsioni sulla futura legislatura, (sempre al netto di...), le trovavate già qui.
"...Come abbiamo visto (qui, p.5):
Questa "curiosa" prorogatio, infatti, può (ormai) indifferentemente operare sia che si tratti di composizione costituzionalmente illegittima delle Camere, sia che si tratti della diversa ipotesi dell'impossibilità di funzionare in una certa composizione.
In ogni caso, il governo fiduciario delle Camere in qualsivoglia composizione (anche in ipotesi che ne dovrebbero sancire la cessazione e quindi nuove immediate elezioni) non potrà che trarre dai "mercati" la sua sostanziale legittimazione".
Ora questa situazione è altamente instabile: ma non (soltanto) perché si ratifica il ritorno allo stato meramente politico, cioè agli equilibri dettati dai puri rapporti di forza economici, e quindi il modello neo-liberista dei trattati, quanto perché la saldatura in nome dell'€uropa risentirà della instabilità crescente causata dalla destabilizzazione sociale che si persegue con l'euro.
In Italia si fanno calcoli e alleanze politiche dimenticando un ben preciso "dettaglio" (almeno, e senza alcuna sorpresa, a livello mediatico): L€uropa può andare solo nella direzione di un inesorabile inasprimento del suo "ordine internazionale dei mercati", e ogni sua riforma non può che risolversi in un "Piano Funk 2.0".
11. Il timore per la libertà del meccanismo democratico che può sorgere in una difficile situazione come quella qui segnalata è, perciò, quello che difficilmente ci faranno votare prima della fine del QE, o, più esattamente, del manifestarsi degli effetti, sul collocamento del debito pubblico, del suo venir meno.
Una fine del QE, oltre la (quasi) scadenza di settembre, tra l'altro, come evidenzia la recente dichiarazione di Draghi appena linkata, è soggetta a una fortissima discrezionalità della BCE, insindacabile e opacamente modulabile proprio in funzione di una pesante "condizionalità" politica che potrebbe essere esercitata sia sulla concreta possibilità di andare al voto sia sulla sua stessa libertà di espressione, in quanto coartabile da parte di una ben prevedibile campagna mediatica, incentrata su un combinato incessante di nuovi "stati di eccezione" legati al vincolo €sterno ed ai suoi meccanismi automatici di svuotamento dell'indirizzo politico nazionale.