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L'IMPORTANZA DEL RESTARE UNITI. SULL'INTERESSE NAZIONALE

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1. Mi limito a ribadire alcuni concetti che sono esattissimamente confermati dalla situazione attuale e che la riassumono .
Sarebbe inutile ripetere ancora analisi su dinamiche evidenti che erano già in corso di sviluppo e che avrebbero inevitabilmente condotto alla crisi in corso: 
"La vicenda Ucraina, la vicenda greca, e persino quella libica, ma soprattuto l'apparentemente inarrestabile declino italiano, dimostrano come questo apparato repressivo-impositivo, basato sullo "stato di necessità" creato in via economico-monetaria (scambi liberalizzati e moneta de-statualizzata), non portino altro che all'autosmascheramento di un disegno distruttivo delle democrazie sovrane.
Non a caso Karl Schmitt aveva evidenziato che "sovrano è colui che decide lo stato di eccezione", cioè chi può dichiarare e portare a conseguenza quella superiore necessità che impone di derogare e sovvertire l'ordine della legalità di uno Stato, corrispondente alle leggi che il suo popolo si era in precedenza democraticamente create.
L'€uropa, in questo quadro di minima ricognizione del senso della legalità costituzionale, a fronte dello spettacolo penoso dato dalla "trattativa" sulla Grecia, è dunque un nuovo tipo di TOTALITARISMO; naturalmente "internazionalista", dettato dai Paesi che, già forti, avevano imposto il contenuto dei trattati, per amplificare un'avida supremazia. Senza più democrazia".


2. La vera novità politica del momento è la trovata unità, almeno allo stato attuale delle cose, delle più rappresentative forze politiche del paese; un'unità ritrovata proprio sull'interesse nazionale.
Questo elemento nuovo, e sottovalutato dai "mercati", al punto da risultargli imprevisto per la forma che sta assumendo, altera il dispiegarsi della sceneggiatura del Truman Show
Ma la resistenza dell'ordine internazionale del mercato ad abbandonare questo stesso schema, determina un'impasse pericolosa. Per il benessere e l'indipendenza della Nazione. 
Di conseguenza, seppure spiazzato, il sistema di dominio dei mercati tenterà di arrivare comunque all'esito programmato: magari contando che questa nuova unità della maggioranza della Nazione ceda alfine sotto le pressioni esercitate in ogni modo:  
"...si potrebbe persino dire che l'apparente frammentazione partitica attuale sia un bene per il "governo dei mercati": restituisce alle masse una sceneggiatura di contendibilità delle istituzioni(democratico-elettive) su varie, apparenti, versioni dell'indirizzo politico e così allontana la presa d'atto popolare sull'abolizione delle sovranità democratiche.
La sceneggiatura di una grande reality sedativo stile "Truman show".

E dunque, aveva pienamente ragione Reichlin (qui, p.8.1.):
"I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione".

E questa è l'€uropa: ora più che mai.


Perché il problema di fondo rimane sempre questo:"Se un "governo" sovranazionale free-trade non è strutturalmente idoneo ad autoriformarsi per via endogena - e le ragioni sono le stesse per cui i paesi non vincolati dalla bdp, cioè in surplus, non risultano praticamente mai, nella storia economica, aumentare le proprie importazioni e raggiungere il pieno impiego, cooperando spontaneamente a riequilibrare i saldi esteri e i livelli di occupazione dei paesi "vincolati"-, ne deriva una struttura della massima rigidità.

E una tale struttura può solo collassare, escludendo, geneticamente, qualsiasi elasticità delle sue regole: se infatti fosse prevista una clausola di "elasticità", la sua governance riterrebbe di perdere la "credibilità" necessaria per affermare i suoi fini naturali.

E in fondo, è ciò che ci va ripetendo, ogni volta che ne ha l'occasione, Mario Draghi.
Anzi, precisa che qualsiasi alternativa a tale rigidità istituzionale è "unrealistic".

Quindi il destino delle masse €uropee è segnato".

Una volta fissato l'autosufficiente valore della governabilità ex se, come esercizio di gestione tecnocratica conforme alla volontà dei mercati, e quindi, giunta a consunzione totale la stessa funzione originaria delle elezioni, - venuta a noia ai mercati che governano, nonché ai cittadini, che sempre più tenderanno ad astenersi per l'inutilità, prima ancora che per la difficoltà, di identificare una volontà del corpo elettorale-, si hanno drammatiche conseguenze sul piano della futura sopravvivenza dei riti elettorali
Ed infatti, con sempre più insistenza (mediatica), si sta affermando una crescente intolleranza per il voto, in quanto "di protesta" (per il peggiorare delle condizioni sociali del lavoro, essenzialmente) e come tale inefficiente. E, con prevedibile coerenza, dovrebbe avere i giorni contati (in €uropa)".

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