
1. Grazie a Luca, che ha richiamato un precedente intervento di Francesco Maimone (in 4 parti), risulta utile riportare questa ricostruzione storica di Lelio Basso e, per connotarne l'aderenza ai fatti dell'epoca, le sue esatte premesse storico-politiche tratte dal libro di M.Lucia Sergio"De Gasperi e la questione socialista– "L’anticomunismo democratico e l’alternativa riformista", (Rubettino, 2004, 79-81).
Queste vicende storiche risultano tanto illuminanti, quanto ostinatamente ignorate da un popolo che, nella crisi attuale, pare aver perduto ogni contatto con la sua storia e, ancora più, con la capacità di identificarla e comprenderla; questo riproporsi di "fattori dominanti", nell'adattamento delle forme di governo a orientamenti ancor oggi certamente presenti, indurrebbe a una riflessione sul senso vero del fenomeno "fascismo" (se mai si volesse dar credito alla sua ricostruzione storica sempre compiuta da Basso e, non paradossalmente, da Von Mises, qui, pp. 3-4, ma vale la pena rileggersi il post fino in fondo).
Per una comprensione migliore va premesso che il Premio della Repubblica corrispose a un decreto del Capo provvisorio dello Stato, De Nicola, nell'estate del 1946, per cui, "Agli impiegati dello Stato, ai reduci e ai prigionieri di guerra viene corrisposto il Premio della Repubblica pari a 3.000 lire. Il 13 settembre il beneficio sarà esteso agli operai e agli impiegati con rapporto di lavoro assoggettabile alla disciplina del contratto di lavoro collettivo";.
Successivamente, dopo una combattuta trattativa, seguì un accordo tra sindacati e Confindustria,concluso il 30 ottobre dello stesso anno, riguardante "l’aumento del 35% dei salari minimi, il pagamento della tredicesima e la retribuzione di 12 giorni di ferie l’anno, accordo accompagnato dall’adozione della «scala mobile» diretta ad adeguare i salari operai al costo della vita".
Questo accordo, come si desume dal contesto della ricostruzione storica sottoriportata, conseguì ad un clima politico in cui le elezioni amministrative, tra il marzo e l'ottobre del 1946, avevano, nella seconda tornata, complessivamente ridimensionato il peso elettorale della democrazia cristiana rispetto al risultato delle politiche, svoltesi il 2 giugno insieme al referendum sulla forma repubblicana:
2. “…. E’ a questo luglio 1946 (quando al disagio per il Premio della Repubblica gli industriali associano l’angoscia per le violenze riscontrate in molti episodi di contestazione operaia) che si può datare probabilmente la nascita del famoso “quarto partito” imprenditoriale.
Infatti, i verbali della Giunta esecutiva di Confindustria di quei giorni restituiscono un clima di profonda animosità nei confronti della classe dirigente del paese, una difficoltà di rapporti diretti col Presidente del Consiglio e coi rappresentanti economici del partito di maggioranza relativa, e una sfiducia nella politica, che si traduce nella determinazione ad agire “da soli”, a “farsi partito” con una propria autonomia di propaganda, lobbyng e gestione dei finanziamenti politici.
Nella seduta del 9 luglio Angelo Costa non nasconde il suo dissenso con De Gasperi e sottolinea la tentazione di rottura presente nello stato d’animo di gran parte degli imprenditori: “Fino ad ora le conversazioni con l’on. De Gasperi sono state improntate all’opportunità o meno dell’aumento e sulla sua eventuale misura. Di fronte a questo fatto nuovo, non so più come si possa collaborare”.
A latere di questa dichiarazione preliminare del Presidente di Confindustria, si sviluppa nella Giunta Esecutiva degli industriali un dibattito molto acceso sulle modalità di pressione politica dell’organizzazione padronale e di finanziamento dei canali privilegiati:
“Siamo estraniati completamente – dice l’imprenditore edile Gualdi – da quelle che erano le nostre forze, e pur essendo in periodo parlamentare, al parlamento non abbiamo alcuna nostra rappresentanza…Ricordiamo che durante le elezioni la nostra azione è stata la più infelice che si potesse immaginare. Siamo partiti tardi, senza alcuna intesa, abbiamo elargito somme anche cospicue senza che ci sia un partito che debba dimostrarci riconoscenza, senza che ci siano uomini che considerino questo nostro apporto come l’elemento determinante della loro elezione. Un risultato più ignobile ed inutile non può pensarsi”.
Nella seduta del giorno successivo Alighiero De Micheli, futuro Presidente di Confindustria nel quinquennio ’57-’62, chiede molto polemicamente: “Quale sarà il partito e quali saranno i partiti che ci difenderanno? ... E’ opportuno che la Presidenza inviti le aziende associate a versare un contributo per le spese di stampa e propaganda, senz’altra specifica. Senza questa base concreta, e cioè se gli industriali non sono disposti nemmeno a questo piccolo contributo mentre poi devono tirar fuori i denari per San Togliatti…è meglio chiuder bottega. I DENARI, DACCHÉ I FENICI HANNO INVENTATO QUESTA MERCE, È L’UNICO MEZZO CON CUI SI RIESCA A FARE QUALCOSA”.
Fra gli industriali c’è chi propone la creazione di un “partito industriale-agrario” espressione diretta in politica delle istanze del liberismo conservatore (in nota: la proposta era di De Ponti, presidente dell’unione industriale di Bergamo). Tale proposta non piace a Costa che definisce “maschere di vetro” gli organismi politici apertamente collaterali a Confindustria. S’insinua fra le righe del dibattito confindustriale quella seduzione di un “fare politica indiretto e latente” che, secondo una celebre interpretazione di Paolo Farneti, caratterizza storicamente “l’alienazione dalla politica” della borghesia italiana.
Infatti, i verbali della Giunta esecutiva di Confindustria di quei giorni restituiscono un clima di profonda animosità nei confronti della classe dirigente del paese, una difficoltà di rapporti diretti col Presidente del Consiglio e coi rappresentanti economici del partito di maggioranza relativa, e una sfiducia nella politica, che si traduce nella determinazione ad agire “da soli”, a “farsi partito” con una propria autonomia di propaganda, lobbyng e gestione dei finanziamenti politici.
Nella seduta del 9 luglio Angelo Costa non nasconde il suo dissenso con De Gasperi e sottolinea la tentazione di rottura presente nello stato d’animo di gran parte degli imprenditori: “Fino ad ora le conversazioni con l’on. De Gasperi sono state improntate all’opportunità o meno dell’aumento e sulla sua eventuale misura. Di fronte a questo fatto nuovo, non so più come si possa collaborare”.
A latere di questa dichiarazione preliminare del Presidente di Confindustria, si sviluppa nella Giunta Esecutiva degli industriali un dibattito molto acceso sulle modalità di pressione politica dell’organizzazione padronale e di finanziamento dei canali privilegiati:
“Siamo estraniati completamente – dice l’imprenditore edile Gualdi – da quelle che erano le nostre forze, e pur essendo in periodo parlamentare, al parlamento non abbiamo alcuna nostra rappresentanza…Ricordiamo che durante le elezioni la nostra azione è stata la più infelice che si potesse immaginare. Siamo partiti tardi, senza alcuna intesa, abbiamo elargito somme anche cospicue senza che ci sia un partito che debba dimostrarci riconoscenza, senza che ci siano uomini che considerino questo nostro apporto come l’elemento determinante della loro elezione. Un risultato più ignobile ed inutile non può pensarsi”.
Nella seduta del giorno successivo Alighiero De Micheli, futuro Presidente di Confindustria nel quinquennio ’57-’62, chiede molto polemicamente: “Quale sarà il partito e quali saranno i partiti che ci difenderanno? ... E’ opportuno che la Presidenza inviti le aziende associate a versare un contributo per le spese di stampa e propaganda, senz’altra specifica. Senza questa base concreta, e cioè se gli industriali non sono disposti nemmeno a questo piccolo contributo mentre poi devono tirar fuori i denari per San Togliatti…è meglio chiuder bottega. I DENARI, DACCHÉ I FENICI HANNO INVENTATO QUESTA MERCE, È L’UNICO MEZZO CON CUI SI RIESCA A FARE QUALCOSA”.
Fra gli industriali c’è chi propone la creazione di un “partito industriale-agrario” espressione diretta in politica delle istanze del liberismo conservatore (in nota: la proposta era di De Ponti, presidente dell’unione industriale di Bergamo). Tale proposta non piace a Costa che definisce “maschere di vetro” gli organismi politici apertamente collaterali a Confindustria. S’insinua fra le righe del dibattito confindustriale quella seduzione di un “fare politica indiretto e latente” che, secondo una celebre interpretazione di Paolo Farneti, caratterizza storicamente “l’alienazione dalla politica” della borghesia italiana.
Nella seduta della Giunta Esecutiva i verbali registrano spesso delle interruzioni perché il Presidente Costa in più occasioni si apparta per chiedere telefonicamente ai membri del Governo notizie dettagliate sul Premio della Repubblica. Vengono contattati in ordine Corbino, De Gasperi e Campilli.
A proposito della telefonata con De Gasperi, Costa riferisce, davanti ad un uditorio piuttosto freddo e contrariato, che il premier ha ricusato la richiesta di udienza degli industriali ed ha altresì comunicato che la decisione della revisione dei salari è irrevocabile. In nota: Verbale della riunione della Giunta Esecutiva del 10 luglio 1946: “Ho parlato in questo momento col Capo del Governo. Mi ha detto che è dispiacente di non poterci ricevere immediatamente perché è impegnato nella formazione del Governo. Ha spiegato che la questione del premio gli è stata presentata come se potesse essere accettata dagli industriali e che ha trovato l’accordo con il ministro Corbino (ndQ: Corbino poi si dimetterà, nel settembre 1946, data l'impopolarità delle politiche deflattive perseguite, "con l'aiuto decisivo del governatore della Banca d'Italia, Luigi Einaudi"). Si tratta di una soluzione fra richieste di diverse entità, e purtroppo non si può tornare indietro.
Chiusa la parentesi dei contatti telefonici col governo, la riunione riprende poi sul tema della creazione del partito “antipartito” imprenditoriale, cioè dell’organizzazione dell’attività di lobbyng in funzione di una rappresentanza degli industriali il più possibile autonoma dai partiti esistenti. Alla fine l’idea che prevale, perché ritenuta la meno dispendiosa, è in primo luogo quella di lasciare alle associazioni territoriali aderenti alla Confederazione il compito di amministrare le sovvenzioni alle campagne elettorali e in secondo luogo – e su questo punto batte l’insistenza della Giunta Esecutiva – di stringere un giro di vite intorno all’informazione mediante:
a) interessamento diretto sulla proprietà della testata;
b) interessamento indiretto sulla proprietà della testata tramite gruppi amici e coordinati in una comune azione;
c) parziale copertura di disavanzi di gestione o comunque sovvenzioni a fondo perduto, con la promessa, quale contropartita, di determinati atteggiamenti (in nota: Archivio storico Confindustria, Considerazioni su di una possibile azione di coordinamento nel campo della stampa, Allegato 2, Stampa e propaganda, 1 luglio 1946).
Il “quarto partito” era nato. Restava solo da rodare la macchina. E le elezioni amministrative del novembre 1946 erano solo la prima occasione…” [M. LUCIA SERGIO, De Gasperi e la questione socialista – L’anticomunismo democratico e l’alternativa riformista, Rubettino, 2004, 79-81].
a) interessamento diretto sulla proprietà della testata;
b) interessamento indiretto sulla proprietà della testata tramite gruppi amici e coordinati in una comune azione;
c) parziale copertura di disavanzi di gestione o comunque sovvenzioni a fondo perduto, con la promessa, quale contropartita, di determinati atteggiamenti (in nota: Archivio storico Confindustria, Considerazioni su di una possibile azione di coordinamento nel campo della stampa, Allegato 2, Stampa e propaganda, 1 luglio 1946).
Il “quarto partito” era nato. Restava solo da rodare la macchina. E le elezioni amministrative del novembre 1946 erano solo la prima occasione…” [M. LUCIA SERGIO, De Gasperi e la questione socialista – L’anticomunismo democratico e l’alternativa riformista, Rubettino, 2004, 79-81].
3. Il seguito e le conseguenze attualizzate ce li spiega Lelio Basso:
“… Le elezioni amministrative dell’autunno 1946, che segnarono per la democrazia cristiana una netta perdita di posizioni, agirono da campanello d’allarme; le pressioni americane e vaticane esercitate in quel periodo trovarono un terreno favorevole. In dicembre la rottura del tripartito e il nuovo orientamento a destra della democrazia cristiana eran già decisi e poco appresso attuati; correlativamente l’Uomo Qualunque veniva dagli industriali abbandonato al suo destino, e la destra democristiana, diventata la vera ispiratrice della politica del partito e del governo, spariva o quasi come frazione costituita. De Gasperi annunciava ufficialmente il suo connubio col “quarto partito”, cioè COL PARTITO DEGLI INDUSTRIALI E DEGLI AGRARI…
Trovato il partito adatto alla nuova esperienza totalitaria, è necessario porre in essere gli strumenti perché questa visione totalitaria domini veramente tutta la vita dello stato. Questa azione si articola in due momenti distinti ma strettamente uniti:
“… Le elezioni amministrative dell’autunno 1946, che segnarono per la democrazia cristiana una netta perdita di posizioni, agirono da campanello d’allarme; le pressioni americane e vaticane esercitate in quel periodo trovarono un terreno favorevole. In dicembre la rottura del tripartito e il nuovo orientamento a destra della democrazia cristiana eran già decisi e poco appresso attuati; correlativamente l’Uomo Qualunque veniva dagli industriali abbandonato al suo destino, e la destra democristiana, diventata la vera ispiratrice della politica del partito e del governo, spariva o quasi come frazione costituita. De Gasperi annunciava ufficialmente il suo connubio col “quarto partito”, cioè COL PARTITO DEGLI INDUSTRIALI E DEGLI AGRARI…
Trovato il partito adatto alla nuova esperienza totalitaria, è necessario porre in essere gli strumenti perché questa visione totalitaria domini veramente tutta la vita dello stato. Questa azione si articola in due momenti distinti ma strettamente uniti:
- creare un mito totalitario e farne il substrato dell’unità nazionale, dichiarando antinazionali e stranieri tutti coloro che rifiutano di accettare questo mito e che non sono d’accordo con la politica ufficiale, in modo da isolare le forze progressive;
- in secondo luogo lottare contro queste ultime per indebolirle progressivamente ed escluderle dalla partecipazione reale alla vita del paese.
La tecnica del mitoè ormai conosciuta: tuttavia il suo contenuto varia a seconda delle circostanze.
La tecnica del mitoè ormai conosciuta: tuttavia il suo contenuto varia a seconda delle circostanze.
Il mito della razza pura e del dominio mondiale sugli altri popoli (hitlerismo), il mito dei destini imperiali di Roma (fascismo) furono caratterizzati da un contenuto attivo, cioè di aggressione;
MA IN UN PAESE LA CUI POLITICA UFFICIALE È QUELLA DELL’ASSERVIMENTO ALLO STRANIERO, COME L’ITALIA DI OGGI, sarebbe difficile poggiare su un mito di conquista imperiale; alla fase attuale appaiono quindi più confacenti dei miti negativi di difesa contro un immaginario pericolo e perciò di solidarietà di tutti i popoli (cosmopolitismo) , i quali miti presentano anche il vantaggio di offrire alle masse un capro espiatorio, indicato dalla classe dominante come responsabile di tutti i mali di cui le masse soffrono in realtà per le contraddizioni della società, cioè proprio per l’oppressione della classe dominante stessa: ... l’antisemitismo, la difesa della civiltà occidentale … appartengono a questo genere di miti a contenuto negativo.
Il mito di conquista è riservato invece al popolo eletto, agli americani (mito del “secolo americano”, del “modo di vita americano”).
Parallelamente chiunque non accetti di porsi sul terreno di queste false solidarietà nazionali, chiunque tenga fede a sé stesso, viene dichiarato nemico della comunità nazionale, posto al bando della società (“antinazionale” dei fascisti, “separatista” dei gollisti, unamerican della odierna propaganda ufficiale americana, “quinta colonna” secondo l’espressione di De Gasperi) …
L’ATTIVITÀ PARLAMENTARE È RIDOTTA A UNA MERA LUSTRA, in quanto non è più la maggioranza parlamentare che esprime il governo e gli traccia l’indirizzo politico, ma è il governo, o, meglio ancora, il ristretto gruppo dirigente del partito di governo, che si crea la sua maggioranza attraverso i metodi elettorali ben conosciuti e le prescrive la condotta sotto vincolo di disciplina.… gli elementi democratici vengono per quanto è possibile allontanati o messi in disparte.
Il gruppo dominante si riduce così a pochi esponenti politici, AI MAGNATI DEL CAPITALE FINANZIARIO, ad alcuni alti papaveri della burocrazia, e, naturalmente, ai rappresentanti dell’America e del Vaticano.
NON VI È DUNQUE NULLA DI MUTATO NELLA SOSTANZA. Ancora una volta l’Italia si trova di fronte ai suoi problemi insoluti: … una classe dirigente incapace di iniziativa e decisa a vivere sempre più parassitariamente a carico della collettività, la crisi dei ceti medi più che mai pauperizzati e frantumati e anelanti soprattutto a un regime di stabilità e sicurezza, milioni di disoccupati e di sotto-occupati…
NON VI È DUNQUE NULLA DI MUTATO NELLA SOSTANZA. Ancora una volta l’Italia si trova di fronte ai suoi problemi insoluti: … una classe dirigente incapace di iniziativa e decisa a vivere sempre più parassitariamente a carico della collettività, la crisi dei ceti medi più che mai pauperizzati e frantumati e anelanti soprattutto a un regime di stabilità e sicurezza, milioni di disoccupati e di sotto-occupati…
E ancora una volta la classe dominante tende a ripercorrere la stessa falsa strada del passato, che consiste nell’evitare la soluzione facendo tacere i contrasti e così ignorando o addomesticando i problemi. Siamo convinti che la classe dominante in Italia non può più governare democraticamente il nostro paese, e che essa ha un’incoercibile tendenza a ristabilire in pieno il dominio totalitario, mutando naturalmente le forme e i nomi, e in parte anche i metodi, del suo governo, ed adattandoli al clima di questo secondo dopoguerra” [L. BASSO, Due totalitarismi: fascismo e Democrazia Cristiana, Milano, 1951, 280-291].
Pare proprio che ci toccherà cestinare il certificato elettorale…
Pare proprio che ci toccherà cestinare il certificato elettorale…