La situazione sta precipitando.
Più cercano di rassicurarci mediante vuote parole d'ordine cosmetiche, più cercano di propinarci il miraggio di presunte nuove geometrie istituzionali salvifiche, più ci confermano che proprio non sono capaci.
Martin Wolf sul Financial Times si occupa di darci le cifre (di una pregressa depressione che nelle percentuali è una delle più grandi registrate nella storia), in base a cui l'esempio dei paesi baltici non possa considerarsi un modello per l'aggiustamento che tutt'ora e senza tentennamenti sostanziali (al netto delle concessioni che non signficano nulla all'allentamento dell'austerità) si predica in UE.
Un dato, tra i tanti che potete trovare nell'articolo linkato fa veramente impressione. "Tra il 2007 e il 2012 il deficit di parte corrente della Lettonia si è ridotto di un 21%. Lo stesso aggiustamento equivale allo 0,3% del PIL italiano. I suoi partners commerciali difficilmente notano l'aggiustamento della Lettonia. Ma notano quello comparabilmente enorme dell'Italia. E ancora, la popolazione della Lettonia (a seguito di emigrazione e contrazione delle nascite) si è ridotta, nello stesso periodo, del 7,6% e quella della Lituania del 10,1%. Certo questo favorisce il quadro della disoccupazione. Se la Spagna e l'Italia ne avessero perduta nella stessa proporzione, avrebbero avuto 11 milioni di abitanti in meno".
Un dato, tra i tanti che potete trovare nell'articolo linkato fa veramente impressione. "Tra il 2007 e il 2012 il deficit di parte corrente della Lettonia si è ridotto di un 21%. Lo stesso aggiustamento equivale allo 0,3% del PIL italiano. I suoi partners commerciali difficilmente notano l'aggiustamento della Lettonia. Ma notano quello comparabilmente enorme dell'Italia. E ancora, la popolazione della Lettonia (a seguito di emigrazione e contrazione delle nascite) si è ridotta, nello stesso periodo, del 7,6% e quella della Lituania del 10,1%. Certo questo favorisce il quadro della disoccupazione. Se la Spagna e l'Italia ne avessero perduta nella stessa proporzione, avrebbero avuto 11 milioni di abitanti in meno".
E veniamo alla Cina. I dati sono eloquenti. "China's factory-sector growth eased in April as new export orders fell for the first time this year, a private survey showed on Thursday, suggesting the euro zone recession and sluggish U.S. demand may be risks to China's economic recovery".
Un punto appare in stridente contrasto con la follia UEM: "I dati dell'osservatorio HSBC mostrano un sottoindice che misura che le aspettative di crescita dell'occupazione sono scese sotto 50 in aprile, per la prima volta in 5 mesi, sebbene sia detto che le perdite di posti siano marginali, parzialmente causate da dimissioni e pensionamenti" (formula che indica che almeno le pensioni in Cina intendano conservarle e, come si arguisce, anche in modo da sostenere la domanda interna).
Un punto appare in stridente contrasto con la follia UEM: "I dati dell'osservatorio HSBC mostrano un sottoindice che misura che le aspettative di crescita dell'occupazione sono scese sotto 50 in aprile, per la prima volta in 5 mesi, sebbene sia detto che le perdite di posti siano marginali, parzialmente causate da dimissioni e pensionamenti" (formula che indica che almeno le pensioni in Cina intendano conservarle e, come si arguisce, anche in modo da sostenere la domanda interna).
L'occupazione è un fattore decisivo che modella la politica del governo che lo ritiene cruciale per la stabilità sociale. Al picco della crisi finanziaria globale del 2008/2009, si stima che persero il lavoro 20 milioni di migranti dalle aree rurali, inducendo Pechino a uno stimolo di 4000 miliardi di yuan per sostenere l'economia e l'occupazione. Il governo ha posto un obiettivo di crescita del 7,5%, ritenuto sufficiente per creare posti di lavoro e dare spazio a riforme dell'economia che diano forza alla domanda interna, mediante maggiori consumi, e riducano l'affidamento sull'export."
La Cina, lo spauracchio della "competizione mondiale" agitato dagli euro-decerebrati, dà lezioni all'Europa su come si debba affrontare una crisi ormai manifestamente dovuta alla domanda. Non all'offerta-competitività di costi, non al debito pubblico. E che si risolve con l'aumento della spesa pubblica: non tagliandola per dare spazio a misere sovvenzioni alla disoccupazione mentre non si fa nulla perchè questa veramente non cresca.
Persino i commentatori conservatori irlandesi (!) focalizzano, ora, il problema e si accorgono che la crisi non è più "finanziaria" e affrontabile con la deflaziona salariale e gli investimenti esteri che concentrano i redditi verso l'alto e verso l'estero. E per dirlo in Irlanda, l'altro paese "modello", insieme ai paesi baltici, dell'esperimento del "mattatoio Europa" dei diritti fondamentali!. Sentite: "FIRST of all, an apology. Over the past 12 months, I have written several times that I believed the economy was recovering. Every day, more and more evidence shows that I was probably wrong. Mea culpa". Non credo che ci sia bisogno di traduzione.
Fatta una rapida analisi sui dati che voi ben conoscete (crollo dei consumi e della domanda interna che alla fine si ritorce contro il deleveraging pro-banche: perchè alla fine sono creditrici di grandi imprese, con CEO strapagati che però non rendono profitti e fatturati capaci di garantire alcunchè, tanto che spremendo i contribuenti e diminuendo i salari la cuccagna è comunque finita) conclude: "Sta accadendo qualcosa di più "grande" e probabilmente sta accadendo a partire dalla fine della Guerra Fredda: il collasso della middle-class e la perdita di potere d'acquisto che ciò comporta."
"Lo constatiamo ovunque, in questo giorni (in questi giorni? Ma non ti potevi svegliare prima, visto che ti rendi conto che il tutto parte almeno dagli anni '90'? Oddio, in Italia non danno cenni di ravvedimento neppure tardivo, su questo piano), ma specialmente negli USA, un altro paese che continua a deludere quando si arriva alla "crescita"e dove ci si perde in infinite discussioni e "monitoraggi".
Eh, già, ma là bisogna trattare coi deflazionisti anti Stato, anti-welfare (e pro-armi), e coi tea-party, cioè i modelli ancora ammirati incondizionatamente in UEM. Come dimostrano Draghi e Saccomanni. Cioè almeno lì Obama ha posto in discussione, con alterne fortune, l'idea che solo diminuendo la spesa pubblica e sottraendo il sostegno dello Stato a famiglie e occupazione si otterrebbe maggior efficienza. E ripetiamo: di fronte a 20, meglio 30, anni di politiche di questo tipo, e alla mitizzata "efficienza-della deflazione-che porta-alle-aspettative razionali-degli operatori privati-che-con minori-tasse-investiranno-nell'economia-reale", solo riespandendo la spesa pubblica si ottiene la ripresa mondiale. Quella politica di spesa che i cinesi hanno compreso benissimo che la governance UEM, specialmente, e "in parte" quella USA, non sono neanche capaci di concepire.
E continuano a non esserne capaci.
Letta, con totale incosciente soavità ci propina questa meravigliosa dichiarazione, dopo aver sentito le rassicurazioni della Merkel (del tutto immaginarie) e di Van Rompuy e Barroso (che non hanno detto nulla sul cuore vero del problema. Ma proprio nulla):
"Il lavoro è il cuore di tutto. Se noi riusciamo sul lavoro a dare dei segnali positivi ce la faremo. Se sul lavoro non ci riusciamo, sono sicuro che non ce la faremo".
Dopo aver rafforzato l'asse con la Francia sul tema della crescita, Letta prima di recarsi a Bruxelles ha spiegato che "confermerò la scelta del nostro governo su cui ho ottenuto il voto di fiducia di mantenere impegni presi con l'Ue e fare all'interno di quegli impegni le scelte necessarie perché l'Italia abbia più spazi per la crescita".
Insomma, conferma piena degli impegni sul deficit pubblico assunti a livello europeo e una richiesta precisa: "all’interno di quegli impegni occorrono scelte perché l’Italia abbia più spazi per la crescita". È questa la linea che il neopremier sta cercando di costruire nei primi contatti con le cancellerie europee."
Se avete seguito questo blog finora (ma certamente anche gli altri che vi hanno dato la spiegazione della crisi dell'euro) vi direte "Ma come, "conferma piena degli impegfni sul deficit? E "spazi per la crescita all'interno di quegli impegni?" Ma sta scherzando?
Il fatto è che non scherza.
E ha fatto esattamente la dichiarazione a suo tempo rilasciata da Bersani il 27 dicembre 2012 al Financial Times. Andatevi a vedere tutto quello che avevamo detto e previsto in quel frangente.
Ora tornerà e, credendo che il lavoro si rilanci riaggiustando i nomina (...sunt consequentia rerum) del labour-welfare senza aumentarne il volume, ma anzi dimuendone i costi in previsione della dilagante disoccupazione, e alleggerendo "un pochetto" le tasse (ci dessero almeno le aliquote e la pressione degli USA capirei), si affiderà a Saccomanni, il maggior specialista e propugnatore del crowding-out, cioè del taglio della spesa pubblica.
Oh, e intanto, grazie al sostegno acritico dei media "tutti eccitati", faranno la riforma della Costituzione. Per "ammodernarla", prevedendo quel maggior decisionismo del governo che proprio proprio ci è mancato da Maastricht in poi. Che tanto poi i principi fondamentali formalmente non saranno toccati.
Semplicemente si procederà a istituzionalizzare quello che "da Maastricht in poi" è stata la regola (eversiva): creare un'ingegneria istituzionale che impedisca a chicchessia di denunciarne la massiccia violazione e disapplicazione.
Ma niente paura: ci diranno che come rimedio avremo "più Europa"...Anche perchè l'euro è garanzia di prosperità e democrazia e va conservato ad ogni costo (v. par. B).
Anche a costo di fare come in Lituania, perchè no? Un bel 10% di popolazione in meno. Sti vecchietti devono levarsi di mezzo velocemente e tagliamo la spesa sanitaria (e non è che l'inizio, tanto c'è Saccomanni), i giovani devono smetterla di pesare sulle famiglie e devono emigrare (dice Saccomanni); con la denatalità siamo già ai vertici mondiali.