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THE SELF-WRITING POST (questo l'ho fatto...voi!)

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Questo è un montaggio dei passaggi salienti dei vostri interventi nel dibattito seguito al precedente post. Non è individualmente distinta l'attribuzione dei contributi.
Ma ne emerge quasi un discorso organico.
Forse manca qualcosa: una ricognizione autoidentificativa "materiale" della collettività consapevole che ormai componete. Ricognizione che è già in sè il presupposto di una soluzione agli interrogativi a cui, insieme, abbiamo cercato di dare risposta.
Ma, fortunatamente, a questa composizione, manca ormai poco, considerato che molti di voi sono già attivi e che l'operatività informativa, rispetto al milieu socio-culturale di ognuno, genera una diffusione sottoposta a una naturale accelerazione.
Perciò, in concreto, il riconoscervi come componente (fondativa?) di un motore del cambiamento del paradigma culturale ("la traiettoria" di Cesare Pozzi), ed il riconoscervi (conoscervi) reciprocamente, mi pare un passo che si accorcia sempre di più.
Un'altra cosa, molto sostanziale: la gran parte delle diagnosi passano per la presupposta essenza mediatica del controllo sociale neo-liberista. Cioè attraverso la rigida frontiera, apparentemente non violenta, della "repressione mediatica" che costruisce instancabile la narrazione del regime. Un'anomalia rispetto ai totalitarismi: il paradigma mediatico precede, accompagna e guida l'apparente linea politica.
Il processo di indirizzo politico, dunque, si forma ormai fuori dalle Istituzioni e le elezioni sono una ritualità ridotta a riflettere schermaglie,sempre fissate dai media, senza alcun senso concreto. O ancor peggio: involontariamente rafforzative del paradigma mediatizzato, es; il reddito di cittadinanza.
Questo sembra tracciare un percorso logico inevitabile per ogni movimento di ritraduzione della realtà da "finzione del potere" a verità democratica. E su questo, ciascuno di voi, è chiamato a confrontarsi.
Vi lascio con una storiella "metafera":
"-Amo il mio cane-
- Eh lo so: gli parli in continuazione, come se fosse una persona-
- Oh, quello sarebbe il meno: la soddisfazione è che, ormai, mi risponde e conosce bene quello che voglio sentirmi dire. Giochiamo anche a scacchi: "stranamente" vinco sempre io - .
.

La sensazione è che, una volta aperte le crepe nel PUD€, la ricomposizione di nuovi soggetti politici potrebbe essere piuttosto rapida benché comunque orrendamente tardiva. La mia speranza: decine di parlamentari e dirigenti che per "sopravvivere" tornano a scuola prendendo appunti (lezione dal titolo: modello costituzionale per sopravvivere alla valanga di fango della storia) e chi resta fuori gli tocca il video di barbapapà e LaRepubblica di Salò (video certamente più rassicurante, ma solo nell'immediato).
Come componiamo una classe dirigente? Prendiamo Prodi e gli diciamo "shut up, we are the lord of this..." e gli mettiamo sotto la costituzione in versione originale 8^). A parte lo scherzo, mi pare impossibile che da noi, al di fuori dei soliti noti, non vi siano dei "Francois Heinsbourg" pronti a uscire dai buchi in cui si sono nascosti.
Ma il punto ulteriore sarebbe che non esiste logica per motivare il fatto che l'operazione Italia sia tanto più impellente delle operazioni riguardanti gli altri paesi. la differenza di trattamento è ormai palese per tutti. perfino Squinzi se ne è lamentato di recente.
I piddini la ricollegano al famigerato alto debito, ma ormai chiunque non sia totalmente indottrinato ha colto la cosa.
L'impasse c'è. E' frustrante non capire esattamente perchè le non poi tanto esigue forze del dissenso non collaborino più attivamente. L'unica spiegazione che mi do è che non si sia poi così tutti veramente d'accordo sul fatto che l'euro è l'arma raffinata che il neoliberismo, o il "turbocapitalismo" alla Fusaro, ha forgiato per realizzare lo stato di necessità. di assenza di alternative, e realizzarsi come sistema totalitario.

L'idea di Borghi della "base contro altezza"è improntata da un lato al pragmatismo per cui risulterebbe non vincente un nuovo soggetto politico che si presenti alle elezioni proponendo l'uscita dall'euro, ma d'altro canto egli stesso chiede se saremo capaci di votare quel partito che salterà per primo sul carro vincente dell'euro exit, qualunque esso sia.
Comunque. Io sono un amante della Storia. E quindi mi rifaccio alle parole di Giovanni Giolitti in un'intervista rilasciata alla "Gazzetta del Popolo" il 16 luglio 1899. Cito le testuali parole:

"[...] Ciò che rende pericolose le elezioni è il malcontento del Paese, il quale va rapidamente crescendo, cosìcché si può avere la certezza che, continuando il Governo nella via attuale, tra un anno la situazione sarà ancora più pericolosa di oggi. Occorrerebbe una mutamento radicale di indirizzo, per effetto del quale sorgesse almeno la convinzione che il Governo conosce i mali da cui è affetto il Paese [...].
Così potrebbe modificarsi la corrente ostile al Governo e rinascere qualche fiducia nella classe popolare. Ma purtroppo non vedo alcun sintomo da tale mutamento in meglio, e vedo anzi indizi molto gravi d'un prossimo indirizzo di Governo più pericoloso dell'attuale. La parte intransigente del partito conservatore, quella che consigliò al Ministero i più gravi errori e spinge il nostro Paese verso una violenta reazione, trova ormai troppo liberale lo stesso ministero Pelloux e mira a sostituirgli un ministero il quale, lasciati tutti gli scrupoli costituzionali, adotti rigorosamente una politica reazionaria; parmi evidente che si mira ad una restrizione del suffragio elettorale.
E' difficile calcolare le conseguenze di una tale politica la quale, lasciando intatta la causa del malcontento e togliendo alle classi popolari ogni speranza di migliorare la loro condizione per vie legali, creerebbe una situazione rivoluzionaria.
[...]
Non mi nascondo che in momenti di violente passioni dei due partiti estremi la voce della ragione e del buon senso stenti alquanto a farsi sentire, ma, nonostante tutti gli elementi contrari, ho sempre piena fiducia nel retto sentire del nostro popolo, che non si lascerà lungamente illudere da programmi di impossibile attuazione e non ha, d'altra parte, alcun desiderio di ritornare ai metodi di governo incompatibili col progresso e colla civiltà".

Ecco mi rifaccio a queste parole, che trovo assai attuali e certamente di spessore superiore alle considerazioni che appaiono negli editoriali dei "giornaloni" odierni. Il sunto politico, è esposto chiaramente: reazione, abbattimento della democrazia parlamentare, restrizione del suffragio elettorale. Stessi problemi, che richiedono, forse, meno ideologia (eurista), e più buon senso, per il progresso e la civiltà.
Partiamo da un primo dato: non è che lo scontento non ci sia. Il problema è che sembra "poco consapevole", ed indirizzato ad arte o su problematiche "di facciata" (diritti cosmetici, cui si collega un anti-clericalismo molto "stereotipato", della serie "sono contro il divorzio, sono contro le nozze gay, sono contro le donne sacerdote"), o su tematiche sì attinenti alla crisi ma che non esauriscono il problema ("la colpa è del debito pubblico", la colpa è della "Kasta", etc). Insomma, c'è un chiaro meccanismo di "neutralizzazione del dissenso" all'opera.
La fonte? Per individuarla, a mio avviso, basta porsi la seguente domanda: un Giolitti di oggi, che volesse dire le stesse cose negli stessi termini, avrebbe spazio nelle colonne di un giornale? La risposta è no, e fa emergere il rilevante ruolo dell'informazione nella neutralizzazione del dissenso.
E' un fenomeno curioso. A differenza dei regimi tradizionali, dove l'informazione allineata segue il consolidamento del regime (il fascismo infatti dovette, tra i primi provvedimenti, imbavagliare la stampa), in quello del del PUD€ si procede all'inverso: prima compare la stampa di regime, che canalizza le reazioni dovute all'impoverimento e alla crisi e allo stesso tempo disinforma sulle cause, e poi viene il "regime" propriamente detto, ossia quello che opera a livello politico-istituzionale.
Per farla breve, la differenza rispetto al passato io la vedo nel ruolo chiave dell'informazione ai fini della neutralizzazione del dissenso. Un'informazione che si proclama "libera" ma che allo stesso tempo è fortemente asservita ad interessi ben precisi (e qui, forse, incide "per davvero" l'anomalia berlusconiana, che ha sempre impedito una seria regolamentazione dell'informazione, soprattutto in relazione al divieto delle concentrazioni e alla dipendenza dei media dai gruppi finanziari).
L'informazione, propaganda lo "statocorrottobrutto" un giorno si e l'altro pure. Martella, all'unisono (Libero e il Giornale inclusi), sull'antipolitica.... mi si dica, a parte questi blog, quale giornale rappresenti un'alternativa!
Perché, al di là della non volontà di approfondire di alcuni, è anche normale fare "affidamento" su chi ci informa, e questo la dice lunga sulla grande responsabilità che hanno queste persone, nello svolgere il loro lavoro da giornalisti e non da agit-prop......
La politica, sempre meno sovrana e sempre più costretta ad appiattirsi sul marketing per "intercettare" il consenso, "insegue", nella sostanza, il livore così "creato" dai media. Livore forse anche comprensibile (perché chi assiste al proprio personale impoverimento ovviamente si arrabbia!), ma incanalato "ad arte" in una linea di pensiero favorevole alle stesse dinamiche di impoverimento che lo generano, approfittando dell'affidamento riposto dall'individuo negli organi di informazione.
In altre parole, la consapevolezza che sta emergendo -ormai chiaramente- in ambito intellettuale e -in parte- accademico, non viene diffusa, ma filtrata dall'informazione. Che è "già di regime" ancorché questi non si sia ancora clamorosamente manifestato a livello istituzionale.
Oggi, i capi politici VERI, sono i cosi detti "opinion leader". Sono loro che capeggiano i movimenti di opinione, sono loro che dettano l' agenda.
Ricordiamo che Berlusconi fu invenzione di Craxi, mentre, Renzi e' un invenizione dell' apparato mediatico-PUDE. Insomma, i ruoli si sono invertiti. Uno Scalfari e un Mieli, sono tra i veri capi politici, rigorosamente compatti col resto della masnada giornalistica.
Oggi la loro credibilita' e' a livello zero o giu' di li. Ma chi legge piu' i giornali? Ma chi da piu' retta ai vari "editorialisti" che pascolano in tv?
Il politico vuole i voti per essere eletto, e a portarglieli non saranno piu' gli Scalfari e i Mieli. Bagnai punta, spero non per sola vanita' , a prendere il loro posto di "portatori di voti".
Bagnai certamente e' un validissimo economista, ma ancor piu' certamente e' un grande stratega e un grande affabulatore, un conoscitore veramente profondo dell' Italia profonda , mi si passi il gioco di parole.
Bagnai e' (o sarebbe) un grandissimo politico. Di questo ne sono sicuro. E oggi, vedi sopra, il capo politico e'"l' opinion maker". E siamo al tempo di internet.

Dirò una banalità grande come una casa: credo che non si dia sufficiente importanza alla televisione come mezzo di sedazione e disorientamento.
io penso che al di là degli altri media, le idee dissidenti che serpeggiano nel sottobosco avrebbero molto probabilmente già raggiunto l'effetto valanga, senza una manipolazione della realtà che entra di prepotenza nelle nostre case giornalmente e a qualunque ora del giorno e della notte, la sua invadenza è assai più penetrante dei giornali di una volta. ed è anche difficile per un lavoratore con magari poco tempo libero (ma anche per un disoccupato che passa le giornate in casa) trovare il modo per constatare che il 95% di quello che sente tutti i giorni sono fregnacce o questioni marginali.
Per dire, il vecchio schema di golpe era: bloccare caserme e prefetture; poi sono venute le reti telefoniche e le stazioni televisive; oggi si POSSIEDE l'informazione e questo (forse) consente formidabili economie. Fare a meno di polizie politiche e di grandi apparati repressivi... ma anche questo è un ESPERIMENTO di "brave new world" e come andrà a finire non è scritto da nessuna parte. Sappiamo solo che i coniglietti siamo noi.
Pensavamo, tre anni fa, che la stampa, il "nostro" giornale (quale che fosse) ci potesse portare a spasso con tanta sfacciataggine e disinvoltura, in un modo così radicale?
Io non lo pensavo, e poi ho dovuto ricredermi. E meno male che c'è internet, per adesso. Fino alla prossima volta, fino alla prossima sorpresa.
Morale: siamo (IMHO!) tutti dei poveri bricoleur; potremo stabilire delle lineee generali e qualche obiettivo prioritario, e cara grazia se si riesce. E il resto sarà usare la testa, nervi solidi e improvvisazione


Il punto è che il sistema attuale ha invertito il flusso redistributivo e sta distruggendo le classi medie. quindi si genera una cattiva redistribuzione della ricchezza, che è appunto anche poco funzionale alla crescita in un sistema capitalistico.
Poi che questa non si risolva come dicono i sinistri d'oggi è verissimo. anche perchè se ho ben capito le risorse tolte tramite patrimoniale, andando a deprimere ancor più il PIL e quindi le entrate, servirebbero automaticamente a riempire il vuoto lasciato a bilancio dalla contrazione del PIL conseguente.
La ricchezza patrimoniale sta svanendo da sola per effetto della distruzione del risparmio e del reddito: cioè nella logica continua della correzione gold standard la domanda di beni patrimoniali crolla e non è consentito l'accumulo di nuovo risparmio.
Di conseguenza i valori di scambio si deprimono costantemente proprio mentre calano redditi e risparmi.
Questi ultimi, come abbiamo visto, con riguardo alle famiglie (e imprese non bancarie), sono praticamente vicini allo zero.

Imporre ora una patrimoniale significa negativizzare sostanzialmente il risparmio, dato che la patrimoniale potrà essere fronteggiata solo intaccando ulteriormente il reddito effettivo.
Ma non solo: oltre un certo livello, sebbene alcuni avranno maggior capacità di resistenza, ciò implica il realizzo del patrimonio stesso per fronteggiare consumi (primari) e lo stesso carico fiscale aggiuntivo; es; mi vendo l'auto o la casa per comprarne una più economica. O non me la posso ricomprare affatto.

Ciò significa accelerare l'effetto di sovraofferta già determinato dal consolidamento-austerità e, a maggior ragione, dal fiscal compact.

Cioè accelerare, in contrasto con le basi imponibili già in corso di accrescimento (vogliono pure aggiungerci la revisione delle rendite catastali ai valori del 2008), la depatrimonializzazione. Effetto ricchezza al contrario, come detto a Flavio.
Questa patrimonializzazione a valori non mantenibili, tra l'altro, garantiva sia l'accesso-solvibilità del credito (la solvenza dei mutui già stipulati su quelle case o la stipula di nuovi ) sia una progressiva insostenibilità di tutti gli investimenti già effettuati e in fase di ammortamento. Cioè fallimenti e impianti che chiudono. Cioè disoccupazione.

E mi limito a questo, senza parlare dell'effetto sull'occupazione della inevitabile simultanea accelerata depressione dei consumi.

Una diagnosi prevista e predetta con lungimiranza ma intenzionalmente nascosta e coperta dalle pieghe/piaghe del paradosso economico del "libero mercato" autoregolamentato che - efficiente, efficace, produttivo - conduce alla concentrazione in oligopoli e monopoli sovranazionali: il grande è bello fino al parossismo del "too big to fail" che detto da un liberista suona come una bestemmia poco contestualizzata in bocca ad un papa.
"The post great depression financial markets regulation worked so well that for the first time in history of capitalism we had over 30 years without any serious financial crisis...but because we didn't have any crisis some people started to think we didn't need any regulation...but the reason we didn't have crisis was because the regulations were working".

La Costituzione del '48 è nata grazie ad alcuni fattori sia internazionali che nazionali, strutturali e contingenti: la disorganizzazione dell'esercito italiano dopo l'8 settembre, la Resistenza, la decisione americana (gli inglesi erano di diverso avviso) di appoggiare una discontinuità politica, la nascita di partiti che avevano già maturato una vivace elaborazione culturale, una forte identità collettiva cementata dalla repressione fascista ed erano forniti di significative radici sociali, la repressione finanziaria (il "global plan", come lo chiama Varoufakis). Poi i rapporti di classe e internazionali sono cambiati, la repressione finanziaria è finita, la rappresentanza politica del lavoro svuotata: dove solide costituzioni democratiche come la nostra non c'erano è bastato il vento thatcherian-reaganiano; altrove si è dovuto usare uno strumento più devastante: l'euro.
Sul quadro internazionale, è chiaro leggendo il suo libro che Bagnai (e non solo lui) coglie possibili sintomi di un cambiamento ("L’esperienza storica dimostra che i possibili percorsi di uscita da crisi di questa entità sono obbligati: o la bancarotta, o l’iperinflazione, o il ripristino di un sentiero di crescita moderatamente inflazionistico, assistito dalla regolamentazione dei mercati finanziari [...]").
Sul piano interno (ma è ovvio che i due fattori sono strettamente legati; sarebbe in effetti molto interessante studiare quelle esperienze sudamericane - cui accennavi, non per la prima volta - che hanno ottenuto buoni risultati in un ambiente internazionale non molto accomodante), quello che mi pare manchi è la fiducia reciproca: senza un'esperienza comune unificante come la Resistenza (e purtroppo, o per fortuna, l'opposizione all'euro non ha ancora assunto una proporzione analoga), un apprezzabile radicamento sociale, l'assenza di figure di integrità e reputazione al di sopra di ogni sospetto (come un Alavanos in Grecia), la consapevolezza che la politica degli ultimi decenni è stata un cumulo di mistificazioni e bugie rendono molto difficile - credo - coinvolgere, coordinare e fugare i sospetti che certe iniziative politiche si riducano a velleitari conati autopromozionali.
Insomma, se non ho frainteso, anche alla luce dell'ultimo post, Bagnai ritiene che esista, sia a livello internazionale che nazionale, una sufficiente frattura di interessi tra classi dirigenti (Brancaccio le chiama "contraddizioni intercapitaliste") - per sfruttare politicamente la quale il modo più efficace e rapido è la strategia 1 - perché l'assetto attuale cambi.
Probabilmente ha ragione, ma mi sentirei più tranquillo, e in ogni caso lo stesso modello la presuppone, se il ritorno, la rivoluzione (nel senso filologico con cui la parola è usata in "Glorious Revolution") costituzionale che tutti ci auguriamo camminasse anche su una significativa rappresentanza del lavoro. Temo che il problema dei problemi sia proprio quest'ultimo e su come non dico conseguirlo, ma almeno avvicinarci, oltre a una diffusione degli strumenti perché il maggior numero possibile di lavoratori si renda conto di quali sono i suoi interessi e chi i nemici, temo di non avere molto da suggerire. Sapir ha parlato, con Gramsci, di necessità di ricostituzione di un nuovo "blocco storico".

FORSE inoculare la partitocrazia esistente con il virus dell'uscita dall'euro é il sistema più veloce per uscire, appunto, dall'euro (sempre che la Francia non scelga per noi anzitempo). Ma questo risultato NON fermerebbe certo il sistema liberista e turbocapitalista di cui l'euro é solo uno strumento. Euro a parte, qui si parla di libera circolazione atlantica, macroregioni, deregulation, libera concorrenza con la Cina... ma di che stiamo parlando? Abbiamo un trend mondiale (o traiettoria culturale direbbe Pozzi) da invertire, e scusate se é poco.
Metto in guardia ogni giorno sempre più persone dai facili entusiasmi. Proporre e delineare il nuovo modello costituzionale/sociale verso cui tendere é forse anche più importante di sottolineare la necessità di uscire dall'euro.
Le logiche dietro cui si muovono TUTTE le forze politiche mainstream attuali, inutile illudersi del contrario, sono SOLO commerciali. Valgono SOLO i voti per loro, non importa come ottenerli. Ed ecco quindi soggetti come Renzi che sarà il sepolcro imbiancato che "rinnoverà" il PD, ecco Alemanno e compagnia che senza averci capito un tubo cavalcheranno il tema no euro, ecco Grillo-Casaleggio e le loro analisi degne di signoraggio.com, che comunque non vogliono esprimere, perché prendere una qualsiasi posizione costerebbe loro dei voti.
Meglio quindi l'ambiguità e mantenere la base nel dubbio e nell'ineducazione economica, cosa in qualche misura contrastata da Economia 5 stelle che creai. Oltre a ciò, tutti i partiti mainstream attuali sono indistintamente ricattabili dai poteri di cui sopra. questa é una caratteristica di tutti i partiti con conflitto di interesse radicato oltre un certo livello, e anche dei partiti personali/aziendali come PDL e Mov5s.

Tutte le varie ipotesi sono di un'uscita governata in modo da ridurre al minimo le perdite. Per me dovrebbe essere presa in considerazione anche un'uscita disordinata. Prendiamo il caso che, in Grecia, Alba dorata decida una "marcia su Atene" e questa riesca con l'appoggio dei militari e decida di uscire unilateralmente dall'euro. Posto che come da intercettazioni del 2011 di vari esponenti PDini il piano B esiste e che quindi comunque grandi traumi non dovremmo subirne (o comunque sempre meno che rimanere nell'euro) chi vieterà poi ai giornali di non dire :"l'euro si scioglie per colpa dei nazisti"'? (dimenticando il fatto che è stato l'€ a crearli).
Mettiamo ora pure il caso di uscita ordinata anche se fosse chi vieterebbe al PUDE di dire "sapete signori il mondo è tanto ingiusto; noi ci abbiamo provato ma non abbiamo fatto le riforme sufficienti i tedeschi volevano tanto ma la colpa è nostra che non siamo competitivi" (della serie il mio ragazzo mi picchia ma la colpa è mia lui è tanto un bravo ragazzo...).
Anche perchè se l'informazione facesse il suo mestiere dopo lo sme non saremmo entrati nell'€, e dato che l'elettore mediano si informa tramite tg e giornali la vedo molto dura cambiare il paradigma liberista. A meno di un'intervento yankee non vedo come possiamo uscirne; riassumendo a questo punto per me lo scenario più probabile per me è: 1- si esce dall'€(alla fine come si esce non cambia ciò che segue);2- i giornali e partiti dicono che la colpa è stata dei nazistieuroscetticichenonvoglionobeneallamammaildebbbbbitolacorrrruzioneleriformemancate; 3- ci rimettiamo in piedi e il giochino riparte con nuovo sme o €2.

La discussione è accademica finché non diventa operativa. :)
Non ho proposte da fare, al momento, ma oggi ho letto questa frase: "Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada."




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