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LA QUESTIONE MEDIATICA- 3. I CAN GET "SOME" DISAFFECTION

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Eh sì, non c'è che dire: "loro", come ricorderete, non credono che "certi" fatti siano delle notizie. Quel che costituisce "notizia", cioè "fatto socialmente rilevante", lo decidono "loro" e lo dicono. E chissà come: principalmente, dicono, in base al fatto che hanno già tutto chiaro e sanno SEMPRE (beati "loro") separare il "bene dal male...a priori", come se questo fosse il problema del giornalismo. Quando invece è il problema della censura nei regimi autoritari.
Ragion per cui le ragioni effettive della crisi non solo gli sfuggono, a "loro", ma gli sfuggiranno anche in futuro, dato che esse sono fattibrutti, cioè non-notizie "eticamente" non divulgabili.

Peccato che, la crisi - che contrae i consumi, ma pare che non lo abbiano mai compreso "come"...limitandosi a CERTIFICARE che "adesso" si riprenderanno- e il numero dei lettori dei giornali, diano "loro" torto:
"Quel che più colpisce dei dati diffusi dall'Accertamento diffusione stampa è il netto calo rispetto alle copie vendute a ottobre 2012, un anno prima: La Repubblica perde 51 mila copie, il Corriere 40 mila, La Stampa 27 mila, la Gazzetta dello Sport 42 mila, il Corriere dello Sport 36 mila, Tuttosport 16 mila, Il Messaggero 33 mila, il Gazzettino 11 mila"

E non è che l'informazione televisiva se la passi meglio; diciamo che gli piace "vincere facile", sfruttando l'abitudinarietà di un pubblico assuefatto e sempre più condizionato a rinunziare a capire. Non di meno:
I dati di ascolto dei talk show confermano in modo inequivocabile la continua e progressiva disaffezione dei telespettatori per questo format. In particolare calano vistosamente gli ascolti dei dibattiti politici, meglio tra politici, spesso del tutto impreparati, incapaci di ascoltare, di non interrompere, di non gridare, di non offendere (persone e logica). Ma, intanto, le tv, tutte, continuano a riempire i palinsesti di talk show, nonostante il calo degli ascolti e della pubblicità. Perché si insiste nel percorrere una strada sbagliata? La spiegazione è semplice. I talk show costano poco. Uno studio, quattro poltrone, un tavolo, un conduttore (pagato), tanti invitati (non pagati) un pubblico generalmente passivo e plaudente, comandato a distanza. Tutto qui. Rapportata alle ore (a volte interminabili!) di trasmissione, la spesa è irrisoria, irrilevante. E in periodo di vacche magre, segnato dal crollo della pubblicità, si ricorre al facile mezzo di riempire i palinsesti con dibattiti, dibattiti,dibattiti non preoccupandosi del fatto che questi programmi fanno registrare ascolti (cioè televisori accesi!) sempre più bassi e quasi insignificanti. Ma non è solo un problema di costi; a ben vedere anche la “qualità” televisiva di moltissimi programmi contribuisce notevolmente all’insuccesso dei talk show. E se i telespettatori “scappano” dai salotti tv, vuol dire che hanno maturità e capacità critica. Un segnale positivo tra i tanti inquietanti e preoccupanti del rapporto tra tv e utenti.”


La cosa grottesca è che ormai vivono sulla propria pelle prepensionamenti ed esuberi- ma senza "esodati", date le specifiche regole molto più favorevoli di accesso al trattamento pensionistico- e pure la deflazione salariale, che si realizza anche attraverso l'assunzione di pochi giovani, a livello iniziale di retribuzione, in luogo di tanti "vecchi"ai livelli più elevati.

Naturalmente i vertici aziendali non vengono toccati da questi problemi, in fondo generati proprio da errori di gestione che, ormai, dovrebbero anche fare i conti con la (non)qualità della informazione imposta (?) ai giornalisti.
Ma a loro piace così; allineati e coperti, proseguono a fare crociate contro la spesa pubblica e contro la Casta che hanno inventato, accuratamentetralasciando di parlare dei propri stessi rappresentanti. Quelli che vanno ancora, instancabili, in TV a redarguire gli italiani sul fatto che, essenzialmente, "hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità" e che senza il taglio della spesa pubblica non si può "risanare". A questi benpensanti salottieri e sentenziosi si deve l'equazione "spesa pubblica, tutta e sempre= clientelismo-corruzione.
Equazione alla radice della "madre" di tutte le "riforme strutturali": la Banca centrale "divorziata
", "sediziosamente", dal 1981 (senza colpo ferire).

Il mio stupore (sono un pò naif) è che nel M5S non si accorgano che, invece, di criticarli, potrebbero tranquillamente fare fronte comune con la gran parte dei giornalisti, visto che, al fondo, questa idea alligna rigogliosa in entrambi gli "ambienti" ed è, per entrambi, condizione necessaria e sufficiente a giustificare la crisi e la stessa militanza politica...O giornalistica (che poi il PUD€ "omnia parificat").
Mi auguro che i primi se ne rendano conto: essere dalla stessa parte del PUD€ sul problema più importante significa "essere" PUD€.
Non dico a tutti, ma ad una parte il fatto pare proprio non disturbare.

Che è poi un argomento su cui sono perfettamente in linea Alfano, Stefano Feltri e Report.
Ma allora nel PUD€, tutto, perchè continuano a litigare?
Per un mero assestamento nella lotta per il "pot€r€?
Il 25 luglio non fu una grande trovata per chi lo pose in atto: quando si perde una guerra e si porta una nazione al disastro, occorrre assumersi delle responsabilità e togliere il disturbo. Non fare maquillage ambigui verso la potenza estera che ci impone strategia e tattica.


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