
There is no alternative. Cioè TINA.
Questo il presupposto ormai incontestabile che, in un roboante livore distruttivo dello Stato democratico quale concepito dalla Costituzione, sta portando, tra riforme costituzionali (e siamo solo all'inizio!) e spending review che si assommano al ritorno ai tagli lineari della spesa pubblica - per non farci mancare nulla- alla dissoluzione progressiva dei diritti fondamentali nei loro livelli minimi essenziali.
In un modo che persino l'OCSE (!) valuta essere un pericolo.
Ma molti si chiederanno com'è possibile che non ci siano alternative a tutto questo?
Il fatto è che, ormai rafforzata in modo dichiaratamente irreversibile la presa sulle istituzioni del Partito unico dell'Euro (PUD€), ci si avvia al governo PICA.
Cioè del Partito Italiano Costituzione Asservita...al vincolo esterno.
L'asservimento al vincolo esterno ci viene offerto appunto come "inevitabile" in un'implicita rassegnazione ad un assetto che vede i "mercati" finanziari come un potere sovranazionale - privato- che si è fatto istituzionale e che, semplicemente, NON PUO' ESSERE FERMATO. Da ciò l'Italia governata sotto l'egida di TINA PICA (con buona pace della simpatica attrice che probabilmente non avrebbe mai sospettato di venir definita in questi tragici acronimi).
E dal mondo di TINA PICA (che è la versione "spaghettosa" del "meraviglioso mondo di von Hayek") non si può scappare perchè il vincolo esternoè visto ormai come qualcosa che, - seppure (sul mero piano dell'etica politica) deprecabile nel suo disattivare la Costituzioni democratiche che costituiscono (costituivano?) lo Stato di diritto contemporaneo- , è inevitabile alla stessa stregua di un fenomeno naturale.
Un pò come la globalizzazione-liberalizzazione dei capitali, che invece che identificata in quella costruzione umana che indubbiamente è, ci viene descritta come un irreversibile mutamento antropologico (darwinista) dell'intera società umana.
Sul punto, riferita alla denuncia di Zagrelbesky, vista alla luce di questa implicita "inevitabilità", riportiamo una sequenza degli acuti commenti di Arturo:
"...c'è una x (nel suo caso i mercati finanziari, ma potrebbe essere la Ciiiiiiina, la Corea del Sud, i Brics, il riscaldamento globale, la competizione per le risorse, la globalizzazione e chi più ne ha più ne metta) che rende la tutela dei diritti sociali lettera morta.
Certo, lui non si frega le mani contento, anzi, gli dispiace; chiede allora che ci indorino un po' la pillola: kill them softly, insomma (nei limiti del possibile, ovviamente). Allora vorrei però sapere, in primo luogo cosa rimane della rigidità costituzionale; in secondo luogo se è vero, come lui stesso in generale ci insegna (cito da pag. 282 del suo celebre manuale UTET) che "finché si ritiene effettiva la regola costituzionale materiale secondo la quale il nostro è un ordinamento "a diritto formale" non si potrà mai ammettere che una regola materiale abbia legittimamente prevalso su una formale" e se quindi la costituzione materiale è cambiata perché non si possa, anzi si debba, parlare di caducazione del pactum subiectionis, cioè di ritorno allo "stato meramente politico" di Calamandrei..."
"Tra una denuncia integrale dell'illegalità e un'ammissione (implicita e sconsolata che sia...) di una rottura dell'ordinamento c'è una terza via? Cioè una denuncia "parziale"(di fatto una non denuncia) di illegalità costituzionale, che considera implicitamente indifendibili principi fondamentali, da un punto di vista teorico ha un senso? Lo chiedo a te, perché a me pare di no. Nell'insieme la trovo addirittura più nociva che salutare...chi può commuoversi per una rappresentanza politica se tanto i fini per cui dovrebbe essere esercitata non sono più conseguibili? Il pernacchio di Renzi ci sta tutto."
Con queste mie risposte, allo stato, sconsolate:
"La caducazione del pactum subjectionis sarebbe la rottura dell'ordinamento: se ammettessimo che ciò fosse già in fase operativa saremmo in una fase dove si perderebbe il senso dello stesso richiamo alla Costituzione, ormai divenuta fluida traccia di una mera prassi costituzionale in via di rinnovazione extra ordinem.
Cavolo!
Una tragedia. La stessa legalità/legittimità di un richiamo alla Cost del 48 diverrebbe questionable and arguable."
"Certo l'atteggiamento di Z. non aiuta a scongiurare questo pericolo: nonostante la popolarità di cui gode (come constato su twitter) le sue parole evitano accuratamente di affrontare i nodo e si finisce, come ben evidenzi, solo a mostrare disappunto nella commemorazione, o sull'agonia, dei diritti sociali previsti dalla Costituzione.
Una forma di cosmesi edificante (e autoassolutoria)?
Cavolo!
Una tragedia. La stessa legalità/legittimità di un richiamo alla Cost del 48 diverrebbe questionable and arguable."
"Certo l'atteggiamento di Z. non aiuta a scongiurare questo pericolo: nonostante la popolarità di cui gode (come constato su twitter) le sue parole evitano accuratamente di affrontare i nodo e si finisce, come ben evidenzi, solo a mostrare disappunto nella commemorazione, o sull'agonia, dei diritti sociali previsti dalla Costituzione.
Una forma di cosmesi edificante (e autoassolutoria)?
Siamo sempre lì: cosciente o meno che sia, la considerazione della democrazia come metodo (idraulico-sanitario), come procedimento istituzionale, invece che come realizzazione - e difesa- di valori irrinunciabili, è sempre un cedimento al liberismo.
Perchè accetta i suoi presupposti, rinuncia alla centralità valoriale e politico-economica dei diritti fondamentali. Li distrugge nel peggiore dei modi: facendone implicitamente un'utopia appartenente al passato.
In nome di un presente che non si ha il coraggio di definire fino in fondo per quello che rappresenta. Per tutti noi.."
Perchè accetta i suoi presupposti, rinuncia alla centralità valoriale e politico-economica dei diritti fondamentali. Li distrugge nel peggiore dei modi: facendone implicitamente un'utopia appartenente al passato.
In nome di un presente che non si ha il coraggio di definire fino in fondo per quello che rappresenta. Per tutti noi.."
Ma che non ci sia alternativa, è, come la globalizzazione e la stessa distruzione della Costituzioni democratiche pluriclasse e redistributive, un fatto umano; una scelta precisa, - in Europa quella ordoliberista assunta come religione implicita-, che fa capo a una minoranza sparuta, identificabile nei "mercati finanziari", che altro non sono che un numero ben limitato di soggetti che compongono la governance dei grandi istituti bancario-finanziari ed il cui interesse è assunto come supremo valore prevalente su quello degli ordinamenti democratici nazionali.
In Europa, come abbiamo visto, l'euro è lo strumento prescelto per instaurare questo nuovo governo "inevitabile", ineluttabilmente legittimato a realizzare il programma di disattivazione delle Costituzioni democratiche e degli Stati nazionali di diritto che ne sarebbero (finora) i custodi in nome dei popoli di cui rappresentano gli interessi generali.
Per capire come il TINA PICA non sia affatto inevitabile - in quanto piuttosto esiste un'ampia serie di opzioni alternative di politica economica generale che i governi potrebbero perseguire, se volessero confrontarsi democraticamente col proprio elettorato, anzichè esclusivamente coi "mercati", riportiamo questa sequenza cognitiva e pratica suggerita da James Galbraith, dopo un'attenta ricostruzione del pensiero keynesiano in tutte le sue propaggini ancora attuali. Galbraith, esplicitamente, ci indica una "nuova linea di resistenza"(che come si può constatare agevolmente implica la necessità di superamento della moneta unica deflazionista "gold standard" e della neutralità neo-classica del deficit spending):
"È dunque nostro compito, mi pare, contro ogni probabilità, costruire una nuova linea di resistenza. E finirò col dire che penso che tale linea debba comprendere almeno i seguenti elementi:
Primo: la comprensione dei rapporti di contabilità monetaria all’interno delle società e tra di esse, in modo da non essere presi dal panico da semplici rapporti finanziari ed essere spinti a politiche sociali autodistruttive o a condannarci a vite di stagnazione economica e spreco umano. E aggiungerei in particolare, perché è importante "in Danimarca" al momento, alla distruzione dei sistemi di assistenza sociale e pensionistici che sono stati le fondamenta di una vita decente per decenni per una gran parte della popolazione.
Secondo: un’analisi efficace della deflazione del debito in corso, la crisi bancaria e le risposte, sin qui, delle politiche fiscali inadeguate e delle politiche monetarie illusorie. Negli Stati Uniti e in Europa questa è una crisi principalmente delle banche, non dei governi, e sta a noi richiamare l’attenzione su questo fatto.
Terzo: un’analisi completa dell’attività delittuosa che ha distrutto il settore bancario, comprese le sue fondamenta tecnologiche, in modo da scacciare l’illusione che questi mercati possano effettivamente essere ripristinati a una forma in qualche modo simile a quella di 4 o 5 anni fa. Come parte di ciò, ovviamente, sarebbe utile ottenere un impegno rinnovato a denunciare i crimini, punire i colpevoli e far valere le leggi. "Economisti Keynesiani per un FBI più efficace" credo sia una corrente che sarei lieto di sponsorizzare e cui sollecitare la vostra adesione.
Quarto: una comprensione del modo in cui i mercati finanziari interagiscono con la mutevole geofisica dell’energia, specialmente del petrolio, e con i mercati delle materie prime per scoraggiare la ripresa economica salvo che il problema energetico sia affrontato direttamente. Penso che sia qualcosa che ora stiamo vedendo accadere.
Quinto: una direttiva strategica per riprogettare e ricostruire le nostre società in rapporto alle sfide dell’invecchiamento, delle infrastrutture, dell’energia, del cambiamento climatico e dello sviluppo condiviso che tutti abbiamo di fronte. E per creare le istituzioni necessarie perché ciò accada. Ciò richiede, penso, da un punta di vista intellettuale, una fusione delle tradizioni Keynesiana, Post-Keynesiana e Istituzionale che, di fatto, è qualcosa già in corso.
Sesto: conseguire questi obiettivi mobilitando muscoli e cervelli umani per superare la disoccupazione e garantire una società largamente condivisa, decente e ragionevolmente egalitaria secondo i modelli sociali di maggior successo e più duraturi, col che io intendo un impegno ai più profondi principi politici che Keynes stesso sosteneva e anche a una comprensione del fatto che dovremmo utilizzare la storia come guida a ciò che ha funzionato e a ciò che non ha funzionato.
E, settimo: la ricostruzione degli strumenti del potere pubblico – il potere di spendere, il potere di tassare, il potere monetario e il potere di regolamentare– in modo da perseguire efficacemente questi obiettivi con sistemi democratici di pesi e contrappesi per evitare che le nuove istituzioni finanziarie siano prese in ostaggio da forze predatrici.
Non fingerò, come fece Keynes, che nulla intralci il cammino se non pochi vecchi gentiluomini in redingote che chiederebbero soltanto di essere abbattuti come nove birilli e che potrebbero godere della cosa."
Primo: la comprensione dei rapporti di contabilità monetaria all’interno delle società e tra di esse, in modo da non essere presi dal panico da semplici rapporti finanziari ed essere spinti a politiche sociali autodistruttive o a condannarci a vite di stagnazione economica e spreco umano. E aggiungerei in particolare, perché è importante "in Danimarca" al momento, alla distruzione dei sistemi di assistenza sociale e pensionistici che sono stati le fondamenta di una vita decente per decenni per una gran parte della popolazione.
Secondo: un’analisi efficace della deflazione del debito in corso, la crisi bancaria e le risposte, sin qui, delle politiche fiscali inadeguate e delle politiche monetarie illusorie. Negli Stati Uniti e in Europa questa è una crisi principalmente delle banche, non dei governi, e sta a noi richiamare l’attenzione su questo fatto.
Terzo: un’analisi completa dell’attività delittuosa che ha distrutto il settore bancario, comprese le sue fondamenta tecnologiche, in modo da scacciare l’illusione che questi mercati possano effettivamente essere ripristinati a una forma in qualche modo simile a quella di 4 o 5 anni fa. Come parte di ciò, ovviamente, sarebbe utile ottenere un impegno rinnovato a denunciare i crimini, punire i colpevoli e far valere le leggi. "Economisti Keynesiani per un FBI più efficace" credo sia una corrente che sarei lieto di sponsorizzare e cui sollecitare la vostra adesione.
Quarto: una comprensione del modo in cui i mercati finanziari interagiscono con la mutevole geofisica dell’energia, specialmente del petrolio, e con i mercati delle materie prime per scoraggiare la ripresa economica salvo che il problema energetico sia affrontato direttamente. Penso che sia qualcosa che ora stiamo vedendo accadere.
Quinto: una direttiva strategica per riprogettare e ricostruire le nostre società in rapporto alle sfide dell’invecchiamento, delle infrastrutture, dell’energia, del cambiamento climatico e dello sviluppo condiviso che tutti abbiamo di fronte. E per creare le istituzioni necessarie perché ciò accada. Ciò richiede, penso, da un punta di vista intellettuale, una fusione delle tradizioni Keynesiana, Post-Keynesiana e Istituzionale che, di fatto, è qualcosa già in corso.
Sesto: conseguire questi obiettivi mobilitando muscoli e cervelli umani per superare la disoccupazione e garantire una società largamente condivisa, decente e ragionevolmente egalitaria secondo i modelli sociali di maggior successo e più duraturi, col che io intendo un impegno ai più profondi principi politici che Keynes stesso sosteneva e anche a una comprensione del fatto che dovremmo utilizzare la storia come guida a ciò che ha funzionato e a ciò che non ha funzionato.
E, settimo: la ricostruzione degli strumenti del potere pubblico – il potere di spendere, il potere di tassare, il potere monetario e il potere di regolamentare– in modo da perseguire efficacemente questi obiettivi con sistemi democratici di pesi e contrappesi per evitare che le nuove istituzioni finanziarie siano prese in ostaggio da forze predatrici.
Non fingerò, come fece Keynes, che nulla intralci il cammino se non pochi vecchi gentiluomini in redingote che chiederebbero soltanto di essere abbattuti come nove birilli e che potrebbero godere della cosa."