Retribuzioni dei top-manager bancari

Questo post di Sofia si richiama ad un discorso già intrapreso su questo blog e lo aggiorna mostrandoci un percorso di pragmatico buon senso, tanto evidente quanto geograficamente vicino alla nostra realtà.
Come controcanto all'€urofollia, disgregratrice del livello di occupazione con le monomaniache politiche supply side che persegue, ci pare un'ottima introduzione questo passo di von Mises ("maestro" dello stesso von Hayek) tradotto dalla segnalazione di Arturo. Rammenta quasi alla lettera quanto affermato oggi dai nostri partiti di governo (!):
"Se i lavoratori non agiscono in unione sindacale, ma riducono le loro richieste e cambiano le proprie dimore e occupazioni secondo quanto richieda il mercato del lavoro, essi alla fine troveranno lavoro [...] E' necessario ripristinare la possibilità del lavoro di muoversi liberamente da un'industria all'altra e da un paese all'altro.
Non è il capitalismo che è responsabile dei "mali" della disoccupazione di massa permanente, ma le politiche che paralizzano il suo funzionamento." (L. von Mises, Socialism, New Haven, Yale University Press, 1951, pp. 485 e 487).
E’ interessante, alla luce dei vari approfondimenti fatti in vari post sul salario minimo (conseguenti ai dibattiti sull’introduzione o meno dello stesso in Italia), come ad esempio questo, ma anche questo e questo; successivamente a quel "ciclo" di post, è seguita l’introduzione del salario minimo in Germania (8,50 euro all’ora in base ad una legge che sarà avviata nel 2015, ma si applicherà a tutte le categorie di lavoratori a partire dal 2017) e la bocciatura da parte del Senato USA dell’aumento del salario minimo a 10,10 dollari l’ora, rispetto ai 7,25 dollari attuali, voluto da Obama: al riguardo rinviamo al Corriere della Sera per questo recentissimo articolo.
Pare poi che, secondo i sondaggi, non passerà il referendum per introdurre il salario minimo in Svizzera (i contrari sono dati al 77%). Però rispetto al salario minimo di cui si parla in Italia o che è passato in Germania o a quello americano, quello proposto in Svizzera ha la particolarità di essere molto alto. Si parla di 22 franchi (18 euro) all’ora, uno stipendio minimo pari a 4 mila franchi, cioè 3.270 euro.
In Svizzera il lavoro non trova le garanzie costituzionali che si enunciano nella nostra carta costituzionale e, nonostante i datori di lavoro possano interrompere in qualsiasi momento il rapporto d’impiego con i propri dipendenti, il tasso di disoccupazione è il più basso d’Europa.
Al momento non esiste un salario minimo nazionale e le retribuzioni sono concordate individualmente o collettivamente. I negoziati collettivi avvengono tra le parti sociali per un intero settore o per singole aziende. Ma, d'altra parte, risulta che solo il 40% delle professionalità è coperto da contratto collettivo.
L’iniziativa popolare sembra che avesse l’intenzione di superare questi particolarismi per applicare il «maxi salario» a circa 330.000 posti di lavoro (il 9% del totale), concentrati soprattutto in settori quali il commercio al dettaglio, la ristorazione, i servizi alberghieri, l’economia domestica, l’agricoltura.
Al momento non esiste un salario minimo nazionale e le retribuzioni sono concordate individualmente o collettivamente. I negoziati collettivi avvengono tra le parti sociali per un intero settore o per singole aziende. Ma, d'altra parte, risulta che solo il 40% delle professionalità è coperto da contratto collettivo.
L’iniziativa popolare sembra che avesse l’intenzione di superare questi particolarismi per applicare il «maxi salario» a circa 330.000 posti di lavoro (il 9% del totale), concentrati soprattutto in settori quali il commercio al dettaglio, la ristorazione, i servizi alberghieri, l’economia domestica, l’agricoltura.
Nei vari post è stato chiarito come il salario minimo non è da considerare mai un beneficio in nessun paese civile e a maggior ragione in Italia, dove il diritto al lavoro è costituzionalmente garantito. Compito della politica (intesa come istituzioni di governo democratiche), quindi, è quello di creare posti di lavoro anziché concedere l’elemosina col salario minimo. Se poi il salario minimo diventa anche uno strumento per abbassare il costo del lavoro (come qui pare "sfuggito di mano" al Sole24ore), questo deve essere ripudiato nella maniera più assoluta.
Si è anche visto, però, nei post linkati all'inizio, che maggiore è il salario minimo maggiore è l’occupazione. Inoltre in Svizzera c’è uno dei tassi di disoccupazione più bassi d’Europa (4,6%, che però è aumentato al 4,8% nell’ultimo anno ed era al 3,1-3,5 nel 2012).
Viene allora da chiedersi come mai gli svizzeri preannunciano di mostrarsi contrari all’introduzione del salario minimo più alto al mondo ( e pari a più del doppio di quello americano).
La Federazione delle imprese capitanata da Stephanie Ruegsegger, si oppone al salario minimo proprio perché troppo alto. In questo modo, sostiene, in un Paese dove il tasso di disoccupazione è più basso d’Europa e i salari più alti del mondo, e il sistema si basa su contratti collettivi che funzionano, introdurre un salario minimo di tale entità potrebbe distruggere il sistema. Quindi il motivo che sostiene le tesi degli oppositori al referendum è palese, non è che non vogliono il salario minimo, ma non lo vogliono soltanto perché troppo alto, e all’occorrenza (e si ribadisce il tasso di disoccupazione sta salendo anche da loro e quindi potrebbero avere necessità di strumenti di manovra), non potrebbero utilizzarlo come strumento di deflazione salariale. Ed ecco quindi che sostengono come il salario minimo bloccherebbe crescita e assunzioni.
Da questo punto di vista, quindi, il fatto che il referendum non passi può sembrare come un dato negativo e che quelli che volevano introdurre una forma di tutela generalizzata (che abbiamo visto, potrebbe portare anche ad un aumento dell’occupazione), stiano per portare a casa un grossa sconfitta.
La verità è che questo referendum va visto nell’ambito di una panoramica più vasta (e qui ci ricolleghiamo anche a quanto riportato da quarantottosull’immigrazione).
Quello sul salario minimo è solo l’ultimo di una serie di referendum che si sono svolti negli ultimi tempi in Svizzera. A febbraio il Paese approvò l’introduzione di tetti e quote agli ingressi di lavoratori stranieri nella Confederazione, anche se il referendum passò con il solo 50,3% dei voti.
Le conseguenze di questo esito referendario non sono immediate: scatterà una sorta di numero chiuso, nelle assunzioni nei luoghi di lavoro dovrà essere data la precedenza ai cittadini elvetici e solo in mancanza di disponibilità da parte di questi ultimi potranno essere accettati stranieri.
A ciò si aggiunge un elemento importantissimo in chiave di "costituzionalismo" e tutela degli Stati nazionali al diritto fondativo del lavoro. Il referendum, infatti, impegna altresì il governo svizzero a rinegoziare entro tre anni tutti i trattati internazionali inconciliabili con le nuove disposizioni costituzionali sulla circolazione degli stranieri nel paese. Tra questi l’Accordo di libera circolazione (ALC) del 21 giugno 1999 tra Svizzera e UE (a cui, negli anni, hanno aderito sempre più paesi dell’UE ) che tuttavia resta in vigore fino a quando non sarà definita una nuova situazione giuridica.
Le conseguenze di questo esito referendario non sono immediate: scatterà una sorta di numero chiuso, nelle assunzioni nei luoghi di lavoro dovrà essere data la precedenza ai cittadini elvetici e solo in mancanza di disponibilità da parte di questi ultimi potranno essere accettati stranieri.
A ciò si aggiunge un elemento importantissimo in chiave di "costituzionalismo" e tutela degli Stati nazionali al diritto fondativo del lavoro. Il referendum, infatti, impegna altresì il governo svizzero a rinegoziare entro tre anni tutti i trattati internazionali inconciliabili con le nuove disposizioni costituzionali sulla circolazione degli stranieri nel paese. Tra questi l’Accordo di libera circolazione (ALC) del 21 giugno 1999 tra Svizzera e UE (a cui, negli anni, hanno aderito sempre più paesi dell’UE ) che tuttavia resta in vigore fino a quando non sarà definita una nuova situazione giuridica.
Quindi di fronte al problema della disoccupazione che mostra di aumentare, gli svizzeri hanno in primo luogo limitato l’accesso al mercato del lavoro, riservandolo prevalentemente ai cittadini, e penalizzando gli stranieri, e solo dopo hanno provato ad introdurre un salario minimo che in verità si avvicina ad un salario vero e proprio e che comunque, quasi certamente, non è stato concepito come strumento di abbassamento dei salari. Come invece propongono, senza una seria analisi sul funzionamento del mercato del lavoro, forze politiche vecchie e nuove in Italia.
A questo aggiungiamoci pure l’ulteriore referendum svizzero che si è tenuto lo scorso novembre, dove si chiedeva di ridimensionare i salari dei manager, imponendo un limite legale ai salari dei dirigenti, che non avrebbero dovuto superare di 12 volte quello più basso fra i dipendenti. Anche in questo caso si è avuta la vittoria dei no al referendum.
Insomma la Svizzera, non solo prende sempre più le distanze dall’UE (anziché predicare “sempre più Europa”), ma se pure direttamente e/o indirettamente finisce per risentire della situazione europea e della crisi economica, e sebbene si riveli, per il momento, restìa ad adottare norme di tutela del lavoro fortemente anticicliche (cioè a sostegno della domanda), si guarda bene dall’applicare misure che vanno in direzione della compressione dei salari e dei consumi e delle teorie supply side che paiono l'unica formula concepibile in UE: ed infatti, anche nel 2014 il Pil è cresciuto del 2,6%.