
Forse una delle cose più verosimili tra quelle che vengono anticipate in questi giorni è quella sulla "profonda" revisione delle detrazioni e deduzioni fiscali. Un vecchio cavallo di battaglia che risale alle manovre estive double-dip di Tremonti, con previsioni "salvaguardia" che non furono mai attuate ma che furono ritrascinate nella finanziaria di Monti e poi reimmesse nella legge-delega fiscale.
Rammentare questo non è inutile: la riforma delle detrazioni e deduzioni fiscali, che doveva originariamente servire per ottenere il pareggio di bilancio entro il 2014, è rimasta inattuata persino da Monti. Letta ha in parte rimodulato nella parte finale della sua fase governativa, ma non "abbastanza".
Ora, bisogna distinguere, - cosa così elementare che può sfuggire solo a causa della confusione alimentata dai media filogovernativi (cioè tutti, seppure con crescenti perplessità)-, tra manovra correttiva sull'esercizio 2014 e legge di stabilità 2015.
E' ovvio che il Padoan di turno si riserva di sparare le sue cartucce sulla seconda, laddove il premier, a sua volta, ha infatti l'interesse a non smuovere troppo le acque, imponendo nuovi sacrifici che si rimangerebbero ufficialmente gli effetti fantomatici degli 80 euro.
Risultato:
a) non ci sarà una "vera" nuova manovra (attenzione: nel senso di nuove tasse, perchè il taglio della spesa pubblica viene considerato, da media e opinione pubblica concordi, la principale misura espansiva!), ma ci si accontenterà di campicchiare in attesa del varo della manovra di stabilità, anche perchè il governo punta tutte le sue carte sulla "assicurazione sulla vita", cioè sulla riforma del Senato e la legge elettorale, un combinato che può dare ad un partito che veleggi intorno al 40% il controllo praticamente incontrollato di tutte le istituzioni e, con ciò, consentirgli di perpetuare il proprio potere in modo da porsi come interlocutore obbligato persino alle istituzioni UE;
b) questo disegno, peraltro, è di incerta riuscita, dato che la golden share elettorale europea vantata da Renzi è stata ormai giocata, in un unico colpo andato a vuoto, nella grosse Koalition che sostiene Juncker e la governance dell'euro-delirio può ora dormire sonni (della ragione) alquanto tranquilli.
E una volta ricreata la continuità di vertice nelle istituzioni UE, queste possono proseguire imperturbabili nel disegno che era in agenda prima delle elezioni e che può sfruttare il fatto che la dispersione della sovranità degli Stati, in specie per l'Italia (il bersaglio grosso dell'intera strategia ordoliberista-internazionalista), è ormai un fatto compiuto; cioè che rende inutile, nel senso di irrilevante, il consolidamento di uno o l'altro tipo di assetto istituzionale "interno" in Italia;
c) all'attuale governo, dunque, non resta che un unico punto di forza: il consenso interno ottenuto con il metodo degli 80 euroe la imposizione, anche in sede europea, di una certa composizione del nuovo potere italiano. Cioè il messaggio che si vorrebbe far passare è che l'Italia ha un "garante" e uno solo possibile. E che quindi non si avrebbero alternative praticabili che consentano ai padroni €uropei di ripetere l'esperienza Monti, sostituendo l'attuale governo come si era fatto con Berlusconi;
d) non a caso, Delrio si ribadisce fiducioso che il PIL si riprenderà nel secondo semestre, che ulteriore spending review, superiore alle attese, alla fine opererà nel senso di far quadrare i conti. E rassicura che le pensioni in godimento (rispetto all'ipotesi di ricalcolo contributivo di quelle in tutto o in parte elargite col sistema retributivo) non saranno toccate.
A ciò va aggiunto che il piatto forte della legge di stabilità, come detto all'inizio, potrebbe essere costituito dalla riforma delle detrazioni e deduzioni ma fatta, in perfetto stile 80 euro, per "classi di reddito", cioè andando ad incidere solo sui redditi più alti su cui, per questa via sarebbe intensificata la pressione fiscale effettiva, lasciando esenti i redditi più bassi.
Unendo ad un nuovo gettito così "concentrato" (si dovrebbe trattare di qualcosa come 15-20 miliardi di inasprimento delle imposte dirette, per stare alle coperture nonchè alle correzioni imposte dall'UE) opportuni ulteriori tagli di spesa - che potrebbero anche implicare "tetti" alle pensioni, meno invisi del ricalcolo retributivo generalizzato, sfruttando la marea livorosa e prescindendo da ogni proporzione coi contributi in precedenza versati...e incamerati senza corrispondere alcun corrispettivo- la manovrona sarebbe compiuta;
e) gli italiani, - dando per scontata l'adeguata copertura mediatica a reti e giornaloni unificati-, sarebbero mediamente contenti: colpita sarebbe la maggioranza dei "ricchi" (pensionati e percettori di reddito...rimasti in Italia), con lo stesso grado di soddisfazione del corpo elettorale livoroso di riferimento, perseguendo quella Schadenfreude che ha già funzionato con gli 80 euro.
Inutile dire che alla fine quello che conterebbe sono i saldi: un mix di inasprimento della pressione fiscale (rozzamente offerta come redistribuzione) e di tagli della spesa, per circa 1,5 punti di PIL, porterebbe nel 2015 ad una recessione almeno di 2,2 punti di PIL (non vi devo rispiegare il moltiplicatore "Sapir", di cui tante volte abbiamo parlato);
f) però, ed è questo il "bello", tutti (espertoni e giornalisti) sarebbero concordi che non sarebbe una manovra recessiva, agendo sulla redistribuzione (non è vero ma basterà ripeterlo: in realtà è un mero inasprimento fiscale e non attribuisce alcuna nuova ricchezza alle fasce non colpite) e sul taglio della spesa, che, ormai, ci si è persuasi, a livello di dogma collettivo goebbelsiano, che non solo non diminuisca il PIL ma che addirittura lo aumenti.
Siccome, tuttavia, persino in questo governo è insorto un qualche sospetto che un consolidamento fiscale di almeno 20 miliardi qualche effetto sul PIL 2015 lo avrebbe, la manovra di stabilità preluderà al tentativo coevo (almeno di facciata) di far andare in porto la riforma costituzionale e la legge elettorale. Magari solo la seconda, visti i tempi dell'art.138 e la difficoltà che il probabile referendum confermativo della riforma costituzionale possa svolgersi in tempo, prima del grande "temporale" recessivo che investirà ufficialmente l'Italia.
E dunque entro la prossima primavera, prima che si inizino a registrare i dati della nuova dilagante recessione, diviene probabile che si svolgano nuove elezioni, in cui si ripeta il successo europeo degli 80 euro.
E pure con la opportuna dialettica (apparente) di una controparte politica spaghetti tea-party, che, mimando una presunta diversificabilità delle politiche fiscali perseguibili, strillerà sdegnata che si doveva "solo" tagliare la spesa pubblica, a tappeto, unico modo per ridurre la pressione fiscale "insostenibile per le imprese". E ritirare fuori l'abolizione integrale dell'art.18 come unico modo per ricreare posti di lavoro.
Una manna per Renzi, che potrebbe proporsi alla maggioranza livorosa dell'elettorato come un protettore delle fasce sociali deboli, dei giovani e dello stesso "lavoro".
E notare che questa "commedia dell'ars politicorum" italiana, come vedremo del tutto patetica agli occhi dei padroni €uropei, è tanto più grottesca quanto più la questione "euro"è ormai totalmente uscita dalla scena politica nazionale.
Questo disegno, deve apparire alquanto scoperto nelle alte sfere ordoliberiste €uropee: a cui interessa essenzialmente la questione del mercato del lavoro, cioè la flessibilizzazione totale in uscita. Senza neanche preoccuparsi della "illusione finanziaria" mantenibile come retaggio di altri tempi (quando un governo doveva legittimarsi elettoralmente)proprio perchè l'Europa ormai, scampato il pericolo elezioni dell'europarlamento, è fermamente convinta di imporre la logica tecnocratica efficientista che scalza i fastidiosi parlamenti; e l'ultima delle sue preoccupazioni è quella di quale sia l'esito di una consultazione elettorale nazionale, in un paese dove si è rinunciato ad ogni resistenza alla moneta unica.
Specialmente in Italia, dove la questione "euro"è definitivamente uscita di scena e le contese politiche interne appaiono una ridicola pantomima tra aspiranti feudatari che, nel loro insieme, risultano solo dei goffi esecutori di un diktat ormai fissato e ripetuto fino alla nausea.
Questo spiega perchè, subodorando l'andazzo, e richiamando all'ordine con un primo avvertimento gli inutili contendenti-apparenti delle varie fazioni italiane del PUO (cioè ordoliberisti post-ortodossi "nuovisti" e spaghetti tea-party), Draghi ribadisce che è giunto il momento di cedere la sovranità all'€uropa sulle riforme strutturali: cioè competitività (mercato del lavoro) e..."giustizia" (un alibi per dissimulare il via libero alla valanga degli IDE che devono riassettare l'Italia nel noto esito finale della colonizzazione).
Insomma, il messaggio è: "litigate pure tra di voi, per cordate e poltrone, ma solo se questo non ritarda il disegno che siamo comunque in "diritto" di completare direttamente.Ovverosia: ragazzi non ci fate perdere tempo: avete perso, non siete più sovrani e le vostre quisquilie politiche interne non contano ai nostri occhi."