![barra-caracciolo[1]](http://www.riconquistarelasovranita.it/wp-content/uploads/2013/10/barra-caracciolo11.jpg)
1. C'è tanta delusione per il modo in cui ora si è conclusa la "trattativa" Grecia.
Addirittura, alcuni "cultori" del "c'avevo raggione IO" si addentrano nel fare un bilancio della praticamente disastrosa prima campagna estera di Syriza-Tsipras, addossando ogni colpa a Varoufakis.
Di certo, prima di tutto, non va dimenticato che quello che conta è l'indirizzo politico che, più ancora del programma di governo (che nessuno rispetta, in nessun paese, servendo invariabilmente in chiave di captazione mediatica del consenso, quand'anche le elezioni non si svolgessero in un paese privo di sovranità come quelli assoggettati all'UEM), caratterizza la prevedibilità delle strategie di un governo.
2. Ora su questo punto, dell'indirizzo politico di Syriza (cioè sulla connotazione fondamentale, la "visione" dei problemi individuati come priorità socio-economiche che impongono le scelte da adottare), riporto in ordine di tempo quanto detto su questo blog:
Sempre nella stessa sede:
"Per quanto ci riguarda, l'idea che si possa essere "radicali", ma rimanendo dentro l'euro ad ogni costo, è pari ad una cosciente enunciazione di propaganda, nella più che probabile consapevolezza che ciò sia non solo uno specchietto elettorale per le allodole, ma, peggio, che ciò costituisca un passaggio non trascurabile della strategia von Hayek di instaurazione della Grande Società (a conduzione elitaria germanica)...
Quindi la situazione è questa:
- Schauble non si sposta di un millimetro;
- mediando con la Merkel per assecondare ancor più Bundesbank, comunque rivinceranno le elezioni (non importa con quale coalizione governeranno: l'accordo verrà trovato);
- l'italo-PUD€ non avrà alcuno spazio per modificare i trattati,- visto, oltretutto che non ha saputo influire neppure sulle prassi applicative degli attuali- e, quando le nostre manovre finanziarie passeranno per il twopacks-Commissione, quest'anno e, ancor più, nel 2014, non avrà scampo: commissariamento UEM, tagli selvaggi delle funzioni-spese pubbliche e prelievi dai depositanti bancari conditi da svendite forzate degli asset pubblici...al miglior offerente.
- Schauble non si sposta di un millimetro;
- mediando con la Merkel per assecondare ancor più Bundesbank, comunque rivinceranno le elezioni (non importa con quale coalizione governeranno: l'accordo verrà trovato);
- l'italo-PUD€ non avrà alcuno spazio per modificare i trattati,- visto, oltretutto che non ha saputo influire neppure sulle prassi applicative degli attuali- e, quando le nostre manovre finanziarie passeranno per il twopacks-Commissione, quest'anno e, ancor più, nel 2014, non avrà scampo: commissariamento UEM, tagli selvaggi delle funzioni-spese pubbliche e prelievi dai depositanti bancari conditi da svendite forzate degli asset pubblici...al miglior offerente.
E a RAINEWS24 ancora dicono che il dopo-elezioni tedesche consentirà una maggior "solidarietà" e tutto si risolverà in un meraviglioso clima di..."fogno".
"Oggi l'attenzione è calamitata dalla vicenda greca: tra cancellazione del debito (non ben precisata), moratoria del pagamento degli interessi e "piano di ricostruzione nazionale" (cioè di immediato allargamento della spesa pubblica e di sgravio fiscale, per assistere i vari debitori disperati), da applicare in attesa che la trattativa sul debito giunga a buon fine, il programma Syriza ci pare nulla più che un libro dei sogni, senza particolare preoccupazione di mostrarsi attendibile.
Chiunque sia al governo in Grecia, - e qualunque politica economico-fiscale intenda seguire-, infatti, deve finanziare un deficit ed un debito pubblico (inteso come onere degli interessi che vanno a comporre tale deficit) che non lasciano scampo, e che implicano un ricorso ai creditori di ultima istanza; cioè a coloro che, in sostituzione dei "mercati" - i quali esigerebbero rendimenti immediatamente insostenibili-, concedono la provvista monetaria per mandare avanti la baracca (di quel che rimane) di uno Stato, in cambio di pesantissime condizionalità.
L'accettazione di queste condizionalità, contestualmente alla concessione del credito, è quindi l'oggetto di un accordo: ora Tsipras, ove vincesse le elezioni, non intenderebbe più rispettare tale accordo (o serie di accordi).
Come al solito, dobbiamo rammentare che uno Stato indebitato e sull'orlo di un'insolvenza è, per definizione, la parte debole di qualunque accordo coi creditori, diretti o indiretti.
Se tale parte debole vuole dunque mutare a proprio favore un trattato internazionale economico (perchè questo è l'accordo creditizio che intercorre tra uno Stato e istituzioni finanziarie internazionali come la trojka), le concrete speranze di riuscita sono pari a 0,00forse qualcosina.
L'alternativa al mancato accordo è il default unilaterale del debito pubblico e la conseguente preclusione di accesso ai mercati per un periodo proporzionale:
a) al tipo di "concordato" sul recovery rate che si dovrebbe poi necessariamente concludere coi creditori internazionali (soggetti finanziari privati e pubblici);
b) più ancora, al ripristino di affidabili condizioni di crescita economica del Paese interessato, ed in particolare al risanamento della sua posizione netta sull'estero.
Queste conseguenze e queste prospettive sarebbero realisticamente gestibili solo se la Grecia uscisse dall'euro e riacquistasse la propria sovranità monetaria (cioè il potere di stampare moneta secondo i bisogni e la quantità necessaria nell'apprezzamento delle sue istituzioni democratiche nazionali).
Siccome, Syriza esclude in partenza di uscire dall'euro, l'unica prospettiva realistica della sua strategia è un fallimento del tentativo di rinegoziare in posizione di parte debole e un poco dignitoso retromarcia sul "piano di ricostruzione nazionale".
Anche perchè, come sappiamo, se si rimane dentro l'euro, l'austerità ha il preciso obiettivo (obbligato) di riequilibrio dei conti con l'estero e la strategia di Siryza non pare tenerne conto"..."
3. A mio parere, dunque, ad "averci raggione" non ci voleva molto: diverso è sostenere di essere L'UNICO che cc'aveva ragggggggggione, considerata anche la "grande speranza" che aveva caratterizzato anche l'analisi di Sapir.
Il punto, a mio parere non così fondamentale, - anzi, decisamente trascurabile-, è se Varoufakis abbia la responsabilità di questo inevitabile e stra-previsto andazzo.
La elementare conoscenza dei meccanismi di preposizione alle responsabilità di governo, ci direbbero di no.
Chi viene nominato come ministro è responsabile, secondo formule normative costituzionali più o meno stringenti, di garantire, nella sua azione, l'unità dell'indirizzo politico che, logicamente, fa capo, in via di "primazia", al presidente del consiglio, che ne incarna la principale titolarità e deve garantirne il perseguimento coerente e unitario.
In questa ottica, Varoufakis doveva attenersi a quell'indirizzo politico che aveva portato, - nei contenuti che sopra abbiamo determinato e specificato-, alla vittoria elettorale e che non poteva non essere riflesso nella scelta degli uomini di governo: Varoufakis, di suo, aveva la scelta di accettare o meno l'incarico, potendo, anzi dovendo, rifiutare se non si fosse trovato a condividere il suddetto indirizzo.
Poi c'è stata una serie di svolgimenti determinati dalla (inevitabile: si trattava del titolare del principale dicastero TECNICAMENTE coinvolto nella "trattativa") visibilità che conquista un protagonista nelle relazioni internazionali legate all'attuazione di quell'indirizzo politico.
Qui dire che, entro questi vincoli, Varoufakis abbia sbagliato o meno, sia stato contraddittorio oppure "inefficace", è questione di lana caprina. Ciò è talmente evidente che non andrebbe neppure spiegato.
Ma di questi tempi, l'idea di fondo è il "personalismo" della politica, cioè la coincidenza tra valutazione di merito dell'"atto poltico" e il profilo dell'individuo, - professionale, cultural-cognitivo, e principalmente, "di immagine" - che taluno offre, a seguito della esposizione mediatica in cui, volente o nolente (badate bene), un uomo politico si imbatte nell'era del tecnicismo pop.
4. Dovendo fare una razionale analisi sull'elemento che aveva richiamato più attenzione nell'azione di Varoufakis, si dovrebbe far riferimento alla sua "strategia"; ma sempre valutata in base ad elementi presuntivi, cioè da indizi sulle vere o presunte "ripercussioni" negoziali dei vari incontri, meetings, vertici, a cui lo stesso ha partecipato, in qualità di ministro economico del governo greco.
Il modo irridente e, ci hanno riferito, non sottomesso, (a differenza di tanti altri responsabili economici di tutti i paesi UEM contrapposti alla Germania), in cui Varoufakis parrebbe aver condotto queste trattative, è probabilmente una felice novità.
Non "poteva" essere efficace e avere risultati molto diversi da quelli poi registrati, perchè c'era il limite evidente di QUELLO SPECIFICO INDIRIZZO POLITICO SOPRA VISTO.
Ciò non toglie che Varoufakis ha suscitato simpatia. Che ci volete fa'?
Il duetto finale con Dijssolboemè stato indubbiamente divertente e "consolatorio", dato che registrava un nuovo atteggiamento che non ha avuto finora precedenti, almeno per noi italiani.
La "pecca" di quella conduzione negoziale non è stata quella di voler essere "efficace" per obiettivi che non potevano stare in piedi, ma quella di aver dato l'impressione di essere stata intrapresa sulla base di un presupposto che non c'era.
Cioè sulla precondizione della esistenza di un appoggio USA sul "nuovo corso", presuntamente da intraprendere in UEM partendo dalla soluzione della situazione greca.
Questo presupposto, rivelatosi (ad oggi) infondato, ha avuto qualche "traccia" nelle dichiarazioni di Obama, plurime e riprese costantemente in modo favorevole dai commentatori USA.
5. Confesso senza difficoltà che, su questo punto, i dati offerti dalla iniziale presa di posizione di Obama e dalla sequenza di commenti impostati da voci autorevoli (a cominciare da quella di Krugman) mi hanno indotto, come è accaduto a molti altri, in un certo grado di errore.
Ma c'è anche da dire, che chiunque poteva esserlo: il problema, semmai, è la OGGETTIVA INCOERENZA della posizione espressa dagli USA.
Prima apertamente solidali con un popolo che viene detto oggettivamente non in grado di ripagare il debito, nel modo in cui gli era stato imposto di farlo e bisognoso di "ritornare a una crescita sostenibile", poi, - con la (dobbiamo tutt'ora presumere) "telefonata" di Jack Lew-, riportatisi sulla linea della totale prudenza, per evitare un più volte sbandierato terremoto finanziario ad epicentro UEM.
La svalutazione-euroexit, ovvero il default greco, sono stati considerati troppo rischiosi in termini di insolvenze a catena che potevano investire, direttamente o di riflesso, creditori non limitati a quelli coinvolti nella sola trojka; a torto o a ragione, si tratta della percezione che può avere un ex banchiere come Jack Lew nell'esporre il suo punto di vista influente al capo dell'Esecutivo USA.
Insomma, l'intreccio (REPO) delle situazioni creditizie e debitorie tra UEM e USA ha fatto ritenere improponibile portare a fondo la negoziazione nel senso di porre la Germania di fronte ai doveri di (mai manifestata) cooperatività nell'applicazione del trattato UEM, e nel dover andare incontro a quella condizione di parja di cui hanno parlato autorevoli commentatori.
Almeno al momento questa è la situazione.
6. I tedeschi la passano liscia, nessuno offrirà, from the outer world, una potente mano alla Grecia, o, in seguito, ad altro Paese dell'area UEM, per fronteggiare i vari problemi di debito estero (debiti privati commerciali a breve, non convertibili in neo-dracma, in particolare, nelle inevitabili transazioni, passate e future, da concludere in una valuta di riserva accettata dai creditori, di cui la Grecia non dispone in misura sufficiente) che si porrebbero in caso di euro-exit.
Tanto più in un paese deindustrializzato e problematico anche nel recupero della sovranità monetaria, come evidenzia Sapir.
7. Ma al di là della "induzione in errore" sulla propensione degli USA, vorrei rammentare che l'idea della Germania costretta a "buttare fuori" la Grecia e come tale sanzionabile dalla "comunità internazionale, - leggi: in base a una decisa ed aperta presa di posizione degli USA-, non ci aveva mai convinto.
A questa idea abbiamo subito obiettato:
"Solo un dettaglio: la sanzione della comunità internazionale, che colpirebbe una Germania sfrenatamente ostile a qualsiasi compromesso, (la condizione addirittura di pariah) presuppone un attitudine al buon senso di quest'ultima che, allora, non si sa proprio perchè non sia stato innescato, dalla stessa comunità internazionale, ben prima!
Diciamo, quando si era ancora in tempo, e si poteva evitare lo scempio umanitario in Grecia.
Diciamo, quando si era ancora in tempo, e si poteva evitare lo scempio umanitario in Grecia.
Ergo, andando all'essenza del fenomeno cui assistiamo, questa "comunità internazionale" - (finalmente) capace di imporre sanzioni di "reputazione" economica e morale alla Germania- si riduce al cambio di atteggiamento degli Stati Uniti.
Ma siamo sicuri che gli USA andranno veramente fino in fondo - nel senso "giusto"- ORA, non avendolo fatto prima (visto che già nel 2010-2011 hanno lasciato fare, ben sapendo che non "poteva funzionare")?
E soprattutto, quali sono i motivi per i quali veramente gli USA (solo) ORA, prendono, o starebbero per prendere posizione?"
"Vedremo: in fondo la Germania, quanto alla sua politica (di disinformazione propagandistica di un popolo che di per sè già non brilla di spirito cooperativo-solidale) diciamo "interna", può persino permettersi di pagare il prezzo di un transitorio (e mutevole) isolamento internazionale, ove buttasse la Grecia fuori dall'euro.
Che poi anche i greci in qualche modo lo mettano in conto, è un discorso tutto sommato "scontato": che altro potrebbero fare in un calcolo sempliciotto, che non esige certo sofisticate conoscenze della teoria dei giochi?
Al di là del mumbo-jumbo da finanziar-economisti, la partita vera, a ben pensarci, si gioca:
a) sulla insostenibilità della protrazione dello status quo NON PER LA GRECIA, ma per attori UEM ben più importanti (SPA-ITA-FRA);
b) sulla ulteriore necessità assoluta di ripensare il ruolo della banche centrali DOPO che si fosse verificata l'euroexit greca e il probabile effetto domino conseguente.
Siamo sempre lì: non ci sarà modo di aggirare questo nodo. Come abbiamo stradetto qui, da due anni almeno, non ha senso uscire dall'euro per rimanere comunque nel "meraviglioso mondo di von Hayek" (in tutte le sue declinazioni internazionaliste e post-ordoliberiste, solo geneticamente germanocentriche)".
Che poi anche i greci in qualche modo lo mettano in conto, è un discorso tutto sommato "scontato": che altro potrebbero fare in un calcolo sempliciotto, che non esige certo sofisticate conoscenze della teoria dei giochi?
Al di là del mumbo-jumbo da finanziar-economisti, la partita vera, a ben pensarci, si gioca:
a) sulla insostenibilità della protrazione dello status quo NON PER LA GRECIA, ma per attori UEM ben più importanti (SPA-ITA-FRA);
b) sulla ulteriore necessità assoluta di ripensare il ruolo della banche centrali DOPO che si fosse verificata l'euroexit greca e il probabile effetto domino conseguente.
Siamo sempre lì: non ci sarà modo di aggirare questo nodo. Come abbiamo stradetto qui, da due anni almeno, non ha senso uscire dall'euro per rimanere comunque nel "meraviglioso mondo di von Hayek" (in tutte le sue declinazioni internazionaliste e post-ordoliberiste, solo geneticamente germanocentriche)".
8. Ora, su questo punto, mi induco a richiamare ancora una volta un "già detto":
"Non occorre neppure dilungarsi ulteriormente sulla questione greca.
Quello che ci interessava era, ancora una volta, porre l'attenzione sul fatto che, in Grecia come in Italia, non esista una rappresentanza politica della sovranità costituzionale.
La propaganda-grancassa mediatica ha stordito troppo a lungo la massa degli elettori perchè ci si renda conto che la Costituzione, coi suoi obiettivi e diritti non negoziabili, è già, ora e subito, l'unico argine efficace per respingere l'attacco €uropeo, che vuole distruggere le democrazie, la dignità dei lavoratori e le prospettive delle future generazioni, in tutti gli Stati coinvolti nell'euro"
In sostanza a me delle simpatie e antipatie personali, e dei percorsi scientifici di Varoufakis, importa relativamente poco.
L'indirizzo politico greco, che tra l'altroè lì, dettato dal "modo" e dai contenuti con cui sono state vinte le elezioni: sta lì senza particolari dubbi sulla sua direzione e natura "ideologica" (ripetiamo: se Varoufakis è stato scelto è scontato che debba starci dentro).
Un solo rammarico: volendo andare a vedere veramente cosa di diverso avrebbe potuto, ALLO STATO, accadere, si poteva pensare a cosa sarebbe successo se si fosse scelto Lapavitsas, ovviamente, e anche questo va capito, se la vittoria elettorale fosse stata su contenuti diversi (se non si capisce questo, non si può comprendere neppure la distanza della posizione di Sapir da quella di Varoufakis)
Se non altro perchè Lapavitsas se ne era uscito con questa interessante serie di affermazioni:
D. Sembra che lei identifichi la sinistra con la linea che sostiene l'uscita dall'euro, perché?
R. Per me, questa linea è l'unica che apre alla possibilitá di fare politiche di sinistra radicale che cambino i rapporti di forza a favore del lavoro e contro il capitale; politiche necessarie per recuperare il danno provocato dalla crisi ai paesi europei negli ultimi anni. Sono politiche sensate, fondamentali, come ridistribuzione, controllo o nazionalizzazione delle banche, riorganizzazione della produzione. Secondo me questi cambiamenti sono impossibili restando dentro l'unione monetaria, e rappresentano l'esatto contrario di ciò che oggi significa l'Unione Europea."
Infatti, lo stesso Lapavitsas, del tutto condivisibilmente, ci dice:
"A volte la sinistra (ma aggiungerei, la democrazia tout court, ndr.) ha bisogno dello Stato-Nazione per proteggere i diritti dei lavoratori e i diritti democratici, non c’è nessun altro modo.
I governi di Grecia e Portogallo non possono cambiare la struttura dell’Unione Europea, peró possono intervenire in Grecia e Portogallo. Naturalmente il mio non è un argomento nazionalista. In certe occasioni si possono usare i meccanismi di uno Stato Nazione per creare una corrente internazionale".