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LA "SOLUZIONE" ALL'ASTENSIONISMO. RUOLO DEI PARLAMENTI E DOTTRINA DELLE BANCHE CENTRALI INDIPENDENTI.

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1. Vi ripropongo questo grafico che mostra come l'astensionismo sia un presupposto decisivo per consentire l'affermazione dello "Stato minimo", che disattiva la democrazia dei diritti sociali e del "pieno impiego" quali affermati dalle Costituzioni.
Non mi dilungherò oltre su questo fenomeno che rende operativa la dittatura del bis-linguaggio mediatico e la democrazia idraulica, servente del controllo totalitario del liberismo sulle (depotenziate) istituzioni costituzionali.

2. Sottolineerò, piuttosto, che l'astensionismo diviene, a un certo punto, un effetto perseguito sistematicamente. Esso rappresenta un sintomo dell'efficacia della strategia €uropea dell'ordoliberismo
Un indicatore la cui dimensione è direttamente proporzionale al rafforzamento di questa strategia.

Non a caso, l'astensionismo nasce, in Italia, proprio in relazione alle elezioni per il parlamento europeo, un falso parlamento che non ha alcun potere di effettiva determinazione dell'indirizzo politico, non controlla e non legittima alcun Esecutivo, corrispondente alla maggioranza formatasi in seguito alle elezioni - anche perchè i gruppi politici al suo interno non raccolgono il consenso a seguito di programmi comuni e omogenei in tutti i paesi coinvolti: i gruppi parlamentari sono formati tra forze che si riuniscono ex post, sulla base della mera convenienza dettata dal poter proseguire in sede europea una linea di (mera) visibilità, essenzialmente funzionale a convenienze politiche rivolte alla competizione elettorale interna. 
Quello €uropeo, poi, è un parlamento deprivato di effettivo potere di iniziativa legislativa e di determinazione vincolante dell'agenda politica della stessa Commissione. Prima ancora, tale parlamento non ha avuto alcun ruolo nella determinazione (rigidamente intergovernativa) del quadro dei trattati che, pur essendo accordi di natura liberoscambista, pretendono di assurgere a livello di super-Costituzione, prevalente su quelle nazionali (formatesi a seguito di Poteri Costituenti che riflettono la sovrana volontà popolare).

3. Dunque, il parlamento europeo, in termini di perseguimento dei valori democratici sostanziali, risulta inutile se non dannoso: dannoso se non altro perchè ha la funzione cosmetica di "ratificatore" - falsamente co-deliberante, ma solo sui aspetti secondari dell'agenda del tutto fissata al di fuori della sua elaborazione- di un inesorabile programma liberoscambista, autoritario, a cui il voto euro-parlamentare non apporta alcun contributo sostanziale.

Stando così le cose, - e ciascun cittadino europeo è ormai abituato a constatarlo ogni giorno- è perfettamente spiegabile perchè proprio nelle c.d. elezioni europee si sia per la prima volta massicciamente manifestato l'astensionismo. Si è trattato dell'occasione primigenia ed eclatante a cui, giustamente, si è applicata quella reazione dell'elettorato incentrata sulla "constatazione della invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza uscita dalle urne sarebbe scontatamente "vincolata" a perseguire."

4. Ora è ovvio che questo effetto percepito porta a una reazione, appunto l'astensionismo, che non ha alcuna efficacia neutralizzatrice del disagio sociale che provocano le politiche "invariabili" che vengono imposte dall'€uropa
Neppure quando, questa stessa imposizione di €-politiche, si afferma, assorbendole del tutto, rispetto alle scelte dei governi nazionali dei singoli paesi aderenti all'Unione; l'astensionismo è solo una reazione difensiva "automatica", disperata (nel senso più stretto della parola), alla riduzione di tutti i parlamenti nazionali al modello del parlamento europeo
Cioè all'attribuzione, anche ad essi, di un mero ruolo di "ratificatori cosmetici" degli assetti perseguiti dalle elites che hanno scritto i trattati e designano i "rappresentanti" governativi nelle istituzioni europee; tali rappresentanti, infatti, eseguono fedelmente in sede europea i desiderata delle stesse elites (che sono in effetti le uniche forze sociali che hanno la legittimazione e la forza di compiere tale designazione).

5. Una reazione inefficace e impotente che, d'altra parte, è solo il riflesso di un congegno che trascende la capacità di comprensione dell'ex cittadino/elettore
La crisi di identità di quest'ultimo, che porta ad un conflitto interiore da cui sorge la scelta di non votare, è perfettamente ragionevole: non è però "razionale", dato che il primo anello della catena dell'esproprio della volontà esprimibile dal corpo elettorale è l'istituzione delle banche centrali indipendenti.
Ci piace aggiungere, a conferma piena dell'analisi da noi svolta ormai due anni or sono (appena sopra linkata), questo passaggio citato da Arturo nei commenti al post precedente:
"Del mismo modo que Kalecki (1943) había sugerido que el papel social de la doctrina de la finanzas sanas era mantener el nivel de desempleo suficientemente alto para contener las demandas salariales de los trabajadores, se podría decir que la doctrina del banco central independiente que sigue un programa de metas de inflación tiene esencialmente el rol de controlar las demandas de los trabajadores, y acotar las posibilidades de los gobiernos progresistas de buscar el pleno empleo
Galbraith et al. (2007) muestran que esto ha sido verdadero, inclusive para el caso estadounidense, donde por lo menos formalmente el Fed tiene un compromiso con el pleno empleo. De la misma manera, la Unión Monetaria Europea (UME) estaba diseñada, en alguna medida, para mantener elevados niveles de desempleo y bajas presiones salariales (Arestis y Sawyer, 2001; Pivetti, 1998)."

6. Per quanto voci "isolate" (rispetto alla violenta controinformazione democratica perseguita dalla "grancassa mediatica") possano cercare di spiegarlo, il problema delle banche centrali indipendenti non è culturalmente percepibile dal cittadino comune
Questi è in grado di registrare l'aumento della pressione fiscale a livelli insostenibili, ma non sa collegare questo effetto al crescente e devastante costo del collocamento del debito pubblico sui "mercati".
Potrà perciò votare "contro" le tasse, ma non evitare che le tasse continuino ad aumentare, magari attraverso patetiche "rimodulazioni" di cui i governi europeizzati e ordoliberisti si servono per attrarre un consenso del tutto ingannevole: cioè basato sulla illusione finanziaria, per cui il costo della copertura dell'onere del debito viene spostato da un titolo di imposizione all'altro, da un tributo a un taglio della spesa pubblica per servizi pubblici essenziali, senza che il cittadino-elettore sia in grado di percepirlo.
Al massimo, sarà (coattivamente) indotto a pensare che sia un rimedio "ridurre il debito" o "tagliare la spesa pubblica", accedendo all'idea - che vedo ripetuta ancora più ossessivamente, in questi giorni- di "aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità".

7. Senza dilungarci su questo effetto di illusione finanziaria, acuito e perseguito in modo imponente proprio nell'ambito della Unione monetaria, in sostanza il cittadino ha una sola possibilità, molto labile, per non ricorrere all'astensionismo: essere cosciente del problema della banca centrale indipendente e delle ricadute che, concatenate, lo pongono, nell'ambito della costruzione europea di fronte alla totale disattivazione del suo diritto di elettorato attivo.
Da questa coscienza nascerebbe la capacità di distinguere tutti coloro che gli stanno mentendo, all'interno della c.d. offerta politica, chiedendogli di votare per programmi che non solo non risolvono nulla - essendo solo risvolti mediatici del paradigma che sfrutta gli "effetti" per rafforzare le "cause" del sistema-, ma che si riveleranno più tardi inevitabilmente menzogneri. 
O, peggio, che si riveleranno persino peggiorativi della sua condizione sociale ed economica.

8. In sintesi, il cittadino dovrebbe pensare di non votare per chiunque non ponga la questione della inaccettabilità democratica della banca centrale indipendente, da cui deriva la conseguente inaccettabilità di tutti i corollari che, affermatisi a livello europeo, costituiscono il vincolo esterno.
E' sufficiente notare come, questa opzione di autotutela democratica del cittadino, non implica l'adesione a questa o quella ideologia che (sempre ingannevolmente) si arrogano il ruolo di soluzioni alla crisi (il caso Syriza è evidente, in tal senso): la lotta per la riconquista della sovranità popolare che passa per l'abrogazione del paradigma della banca centrale indipendente, attiene a una pre-condizione minima e coessenziale della democrazia in senso sostanziale, e può prestarsi alla unificazione ed alla confluenza di una pluralità di "visioni del mondo" all'interno della stessa democrazia.
Nella condizione di emergenza democratica attuale, in effetti, la battaglia per la ri-democratizzazione delle istituzioni bancarie e creditizie sarebbe il vero "distinguo" di un nuovo partito di massa, capace di dar voce agli interessi effettivi della maggioranza dei cittadini.

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