I deputati di opposizione non partecipano ai funerali - Dalle frettolose esequie di Matteotti profugo anche morto alle gesta... legalizzate della fazione dominante
"La voce repubblicana quotidiano del partito repubblicano italiano 22-8-1924
Dalle frettolose esequie di Matteotti profugo anche morto alle gesta... legalizzate della fazione dominante
I deputati di opposizione non partecipano ai funerali
Milano 20, - Questa sera, a tarda ora, sono giunti a Milano, provenienti da Fratta Polesine, i deputati milanesi delle opposizione colà recatisi per partecipare ai funerali dell'on. Matteotti.
Il fatto è dovuto, come hanno spiegato gli stessi deputati, ad un triplice ordine di considerazioni: 1. che la salma dell'on Matteotti compi il viaggio da Riano a Fratta Polesine si può dire clandestinamente, e ciò non per un esplicito desiderio della Vedova, ma per disposizioni speciali del Governo: 2. che a ricevere la salma a Fratta Polesine è intervenuto ufficialmente il Commissario Prefettizio del luogo, che è fascista: 3. che domani ai funerali interverranno ufficialmente le autorità."
Dalle frettolose esequie di Matteotti profugo anche morto alle gesta... legalizzate della fazione dominante
I deputati di opposizione non partecipano ai funerali
Milano 20, - Questa sera, a tarda ora, sono giunti a Milano, provenienti da Fratta Polesine, i deputati milanesi delle opposizione colà recatisi per partecipare ai funerali dell'on. Matteotti.
Il fatto è dovuto, come hanno spiegato gli stessi deputati, ad un triplice ordine di considerazioni: 1. che la salma dell'on Matteotti compi il viaggio da Riano a Fratta Polesine si può dire clandestinamente, e ciò non per un esplicito desiderio della Vedova, ma per disposizioni speciali del Governo: 2. che a ricevere la salma a Fratta Polesine è intervenuto ufficialmente il Commissario Prefettizio del luogo, che è fascista: 3. che domani ai funerali interverranno ufficialmente le autorità."
1. La teoria che, fuori da questo blog (naturalmente), va per la maggiore tra i giuristi "mainstream", ascoltati in "area di governo" negli ultimi decenni, è che la Costituzione sarebbe un mucchio di belle previsioni scollate dalla realtà.
A questa asserzione categorica si accompagnano elaborazioni storico-politologiche prevalentemente tratte dal pensiero di autori esteri (che nulla sanno della nostra Costituzione e che normalmente odiano le Costituzioni sociali del post II guerra mondiale), che si stratificano in citazioni e rimandi del tutto sconnessi dal diritto positivo, cioè dal testo effettivo, sancito dalla Costituzione italiana.
Un colossale esercizio di esterofilia e di pensiero unico (#facciamocome) che ha sostituito, alla Costituzione rigida voluta dai Costituenti, un opaco e gelatinoso sistema di principi sociologici e di vaga "scienza politica" a carattere entusiasticamente "internazionalista".
2. In omaggio a questa (per certi versi) spettacolare disattivazione della sovranità popolare, si perviene all'enunciato apodittico e incontrovertibile (per ESSI) per cui tutte le teorie ricostruttive del dettato costituzionale, e quindi della società che esso programma di realizzare, sarebbero riferite a una realtà che non c'è più.
In sostanza, ciò equivale ad affermare, in modo implicito ma fermamente insistito, - naturalmente sullo sfondo di ogni ragionamento sull'assetto sociale ed economico derivante dalla costruzione europea- , che ogni principio e ogni diritto fondamentale della Costituzione è divenuto privo di oggetto e quindi privo di vincolatività giuridica.
Insomma, il pensiero giuridico "dominante", ragiona come se il discorso normativo fosse la ricerca scientifica nel campo della biogenetica o della fisica teorica.
Siccome tante parole sono state dette per avvalorare l'Unione europea - senza mai preoccuparsi di verificare la conformità di questa con i principi fondamentali della Costituzione-, e queste parole non vengono contraddette dai fatti "bruti" delle decisioni politiche assunte negli ultimi decenni, la Costituzione è solo l'espressione di una speculazione basata su una realtà di fatto non più osservabile, come tale sorpassata e priva di significato attuale.
3. Si immagina così un "progresso" costante, come quello segnato dalla scoperta di nuove evidenze di laboratorio assurte a nuove leggi scientifiche, che, accumulandosi, renda la Costituzione, con tutte le sue proclamazioni di inviolabilità e immodificabilità (se non a rigide condizioni che, peraltro, ne possono riguardare solo una parte), un fatto storico del passato, ormai estinto.
Ciò equivale a professare l'abrogazione tacita della Costituzione: la realtà normativa sarebbe dunque, in questa ottica dominante, che il "progresso", - peraltro mai dimostrato, ma affermatosi nella forza politica che la dottrina giuridica si dovrebbe limitare soltanto a registrare e ad esaltare,- ha prodotto l'affermazione dei trattati europei come fonti superiori alla Costituzione!!!
4. Questa implicazione, ovviamente, non è teorizzata in modo aperto, perchè si scontrerebbe con le clausole fondamentali della stessa Costituzione che, come in tutti i casi di Costituzione rigida, non ammettono fonti superiori a se stessa.
In tal senso, il pensiero giuridico dominante si guarda bene dal contrapporsi frontalmente alle enunciazioni costituzionalmente legalitarie della Corte costituzionale, anche recentissimamente riaffermate con la sentenza n.n.238 del 23 ottobre 2014, che ha nuovamente affermato:
"Non v’è dubbio, infatti, ed è stato confermato a più riprese da questa Corte, che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all’ingresso […] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione» (sentenze n. 48 del 1979 e n. 73 del 2001) ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n. 18 del 1982, n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988)."
5. E dunque, la nuova gerarchia delle fonti, al cui vertice starebbe il "fatto compiuto" della prevalenza delle regole €uropee, è più un'argomentazione a priori di tipo politico-emotivo.
Prima, un pensiero che trova nella sua mera reiterazione assertiva la propria "dimostrazione" (un fenomeno "goebbelsiano") stabilisce, per forza inerziale, la presunzione assoluta della sopravvenuta irrealtà storica del modello costituzionale.
Poi, da ciò, viene fatta discendere la conseguenza (anch'essa implicitamente incontestabile) che le affermazioni della Corte costituzionale sulla inviolabilità dei principi fondamentali da parte di ogni fonte "internazionale", e ogni pensiero sistematico basato sulla stessa logica, sarebbero mere enunciazioni teoriche, prive di risvolti pratici.
Si deve dire, purtroppo, che in parte ciò è anche vero, dato che la teoria dei c.d. controlimiti di diritto costituzionale al diritto dei trattati europei, non si è mai accompagnata ad un'applicazione concreta che ponesse un argine o un limite a qualche specifica disposizione dei trattati stessi.
6. Questo, come abbiamo più volte visto, è anche dovuto alla incapacità degli interpreti "giuristi" di comprendere la portata socio-economica effettiva dei trattati stessi, incapacità che, a sua volta, presuppone la profonda incomprensione del modello economico insito nella stessa Costituzione.
Il costituzionalismo italiano, al di là di episodiche enunciazioni (anch'esse ormai alquanto risalenti e dovute alla esistenza passata di diversi rapporti di forza elettorali) sul diritto e sulla tutela del lavoro, è stato infatti più attento alle geometrie istituzionali di vertice, alla forma di governo, ai rapporti tra i Poteri, alla regolazione di confini tra le prerogative del potere esecutivo-governativo e quelle del potere legislativo-parlamentare. Portandosi semmai l'attenzione, come già fece il fascismo, sui meccanismi della legge elettorale.
La Costituzione economica, nel pensiero successivo alla elaborazione dei Costituenti (che invece del problema erano massimamente coscienti), è stata vista come un "corpo" separato e storicamente scindibile dalla stessa democrazia.
Come se la forma dell'intervento pubblico nell'economia, dell'azione pubblica nella generazione del risparmio e nel mantenimento dell'occupazione, fossero appendici neutrali e indifferenti rispetto all'assetto sociale voluto con l'enunciazione dei diritti fondamentali.
7. In derivazione di ciò, cioè di una profonda ignoranza dell'economia, si è acceduto alla tesi che la Costituzione economica, cioè le norme su come e quanto il benessere economico dovesse essere garantito a tutti i cittadini attraverso l'intervento pubblico nei vari settori dell'economia (cioè il clou della "democrazia necessitata" voluta dai Costituenti), fosse illimitatamente derogabile dai trattati europei.
In un certo senso, questa è una fortuna, anche se mi viene da dirlo con un certo cauto timore: ciò ha fatto sì che norme come quelle sul risparmio (art.47 Cost.), sulla proprietà pubblica (42 Cost.), sulla proprietà industriale dello Stato (art.43 Cost.), sulla stessa iniziativa economica doverosamente conforme a "fini sociali" (art.41 Cost.), sulla tutela e lo sviluppo dell'artigianato (art.45 Cost.), fossero lasciate intatte dalle aggressive ipotesi di riforma costituzionale escogitate negli ultimi decenni per "adeguare" la realtà del patto sociale fondamentale con il presunto superiore interesse della integrazione europea.
Le riforme si sono appuntate sulle geometrie istituzionali di vertice, sulla forma di governo e sulla riorganizzazione e riallocazione del potere di indirizzo politico, lasciando da parte la Costituzione economica. Proprio perchè è stata data per "morta", per superata e ormai inoperativa.
8. Il sintomo di ciò lo si è visto nelle varie riforme conseguite alla adesione a Maastricht, e quindi alla instaurazione della presunzione assoluta di abrogazione tacita della c.d. Costituzione economica: il mercato del lavoro è illimitatamente modificabile perchè, secondo i giuristi, il pieno impiego (art.4 Cost.) e il livello salariale (art.36 Cost.), non sono connessi ad esso. Le pensioni e la previdenza sono illimitatamente comprimibili e modificabili, perchè risparmio, abitazione, dignità del lavoratore non sono minimamente collegabili ad esse. Secondo i "giuristi".
E così via, fino alla difesa acritica dell'euro, di cui, ovviamente, i giuristi non sanno scorgere la connessione con occupazione, domanda interna, effetti sui rapporti sociali di un modello economico-industriale (mercantilista) orientato alla sola competitività esportativa.
Queste tristi considerazioni, mi portano a fare un appello a tutti i possibili lettori: ora, ancora non si sa per quanto, la Costituzione è viva perchè esiste come fatto giuridico SUPREMO ancora operativo e fornisce quelle risposte alla crisi che nessun altro "punto di leva" potrà darvi.
Sta solo a voi, a tutti voi, rivendicare questa superiore ed inviolabile legittimazione alla democrazia e alla liberazione della sovranità da vincoli esterni illegali.