

1. Quando si vedono apparire notizie così
TE LO DO IO SCHENGEN-”SUL TRENO NON POTETE SALIRE”: A BOLZANO LO STOP AI MIGRANTI CON IL BIGLIETTO PER L’AUSTRIA - VIENNA FRENA L’ESAME DELLE RICHIESTA DI ASILO PER NON DIVENTARE LA META PREDILETTA DEI PROFUGHI - INCUBO SCABBIA A BOLZANO
la situazione è grave. Ma non perchè sia eccezionale ed imprevedibile; ma perchè, al contrario lo è perfettamente (prevedibile).
Abbiamo già enfatizzato come questa situazione non possa mutare, nei suoi esiti e soluzioni ultimi, anche se si ricorresse al presunto trasferimento di sovranità all'UE: anzitutto, ciò comporterebbe la inevitabile violazione del principio, europeista (fondamentale e inderogabile), di sussidiarietà e di proposzionalità (art.5 TUE), che rende assolutamente prioritario che l'accertamento delle condizioni occupazionali e sociali di assorbimento di "migranti" spetti alle autorità nazionali.
Ma poi non si comprende cosa potrebbe dire/fare di diverso una Commissione nell'affrontare un problema i cui termini sociali ed economici (e quindi di diritti fondamentali coinvolti) sono conseguenti a dati occupazionali, di livello sostenibile della spesa pubblica e di livello delle prestazioni erogabili, strettamente dipendenti dal quadro delle politiche legate alla moneta unica. Cioè dipendenti dall'esistenza dell'euro, della sua coessenziale stabilità dei prezzi, dal ridisegno del ruolo dello Stato (nazionale, e in presenza di un ben noto divieto, posto dagli attuali trattati, della creazione di un effettivo bilancio federale, anche sovranazionale) che esso implica e impone.
3. Queste elementari considerazioni attinenti al "vincolo logico", ma anche giuridico, politico ed economico, che definisce il vero significato della solidarietà verso il "resto del mondo" della UE ci aiutano a capire il senso dell'art.78 del trattato sul funzionamento dell'Unione, quello che contiene il fatidico "principio di non respingimento" e i suoi limiti concreti.
Ve lo riporto sottolineando in grassetto le parti che oggi paiono più contraddittoriamente (in)attuate e, molto concretamente, svuotate dalla impostazione di politiche economiche, sociali e del lavoro conseguenti all'esistenza dell'euro e al suo corollario obbligato dell'austerità (che poi sarebbe come dire: quanta pietà ha legittimato per i greci questo assetto, tanta pietà inevitabilmente non potrà che riservare ai cittadini extracomunitari):
"Articolo 78
(ex articolo 63, punti 1 e 2, e articolo 64, paragrafo 2, del TCE)
1. L'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti.
2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:
a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l'Unione;
b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell'asilo europeo, necessitano di protezione internazionale;
c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio;
d) procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria;
e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo o di protezione sussidiaria;
f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria;
g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea.
3. Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo."
4. Ora, a parte le varie convenzioni di Dublino (1,2 e 3...) è evidente che la previsione essenziale del trattato riserva al Consiglio, su proposta della Commissione, degli obblighi di intervento in caso di "situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi", che dovrebbero essere accoppiati a precedenti, previdenti e tempestive, convenzioni di partenariato e cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi.
Ancor prima, il TFUE configura un altro obbligo (potere-dovere), a carico di Parlamento europeo e Consiglio, di elaborare un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio.
Se questo insieme di cose fosse stato fatto, e cioè fosse stato realmente una preoccupazione programmatica delle istituzioni europee, oggi non saremmo ovviamente in questa situazione.
5. La conferma la abbiamo nell'art.8 del trattato sull'Unione europea, che come fonte dovrebbe contenere dei principi generali informatori che vincolano e conformano quelli del TFUE. L'art.8 recita:
"Articolo 8
1. L'Unione sviluppa con i paesi limitrofi relazioni privilegiate al fine di creare uno spazio di prosperità e buon vicinato fondato sui valori dell'Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione.
2. Ai fini del paragrafo 1, l'Unione può concludere accordi specifici con i paesi interessati. Detti accordi possono comportare diritti e obblighi reciproci, e la possibilità di condurre azioni in comune.
La loro attuazione è oggetto di una concertazione periodica."
Questa disposizione è (o dovrebbe essere) il presupposto dell'insieme di politiche che abbiamo visto specificate nell'art.78 del TFUE e, quindi, a sua volta, anche dei vari "Dublino". Si tratta del normale principio di gerarchia delle fonti che sono condizionanti l'un l'altra dall'alto verso il basso, in modo che il contenuto di ciò che viene stabilito "a valle" debba essere conforme ed aderente, per completezza e finalità dei contenuti, a ciò che è stabilito "a monte".
Ora quello che emerge con oggettiva e prepotente evidenza è che le istituzioni UE sono state, e risultano tutt'ora, inadempienti e lacunose nel provvedere in attuazione dei trattati.
6. Ma se questo è il quadro da cui emerge la grave e manifesta disfunzionalità dell'Europa, possiamo affidarci ad una costruzione del genere, - continuando fideisticamente a prestargli una sognante adesione -, mentre già la vicenda della Grecia dimostra che, ancheal suo interno, il divieto di solidarietà economico-finanziario, rende lettera morta norme importantissime di cooperazione e convivenza solidale tra paesi membri, contemplate, ed ancor più clamorosamente inattuate, dalle previsioni fondamentali dei trattati stessi?
Vi ripropongo l'art.5 del TFUE che, a sua volta, era stato già citato, come fondamento del motivo di recesso "inadimplenti non est adimplendum" (alla luce del sempre applicabile e prevalente diritto dei trattati di cui alla Convenzione di Vienna) in questo precedente post:
"Articolo 5
1. Gli Stati membri coordinano le loro politiche economiche nell'ambito dell'Unione. A tal fine il Consiglio adotta delle misure, in particolare gli indirizzi di massima per dette politiche.
Agli Stati membri la cui moneta è l'euro si applicano disposizioni specifiche.
2. L'Unione prende misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri, in particolare definendo gli orientamenti per dette politiche.
3. L'Unione può prendere iniziative per assicurare il coordinamento delle politiche sociali degli Stati membri."
Vi pare che se questa norma, da ritenere anch'essa fondamentale e vincolante in una gerarchia di fonti costitutive di obblighi per le istituzioni europee, fosse stata ragionevolmente applicata, la Grecia si potrebbe trovare nella situazione attuale? E anche il problema della migrazione si manifesterebbe in queste tragiche forme disfunzionali?
7. La verità è che le norme cooperative e di azione nel reciproco e comune interesse e vantaggio sono lettera morta.
Ma se questa giustificazione fondamentale dell'adesione all'UE, cioè lo spirito cooperativo per il benessere di tutti i cittadini di tutti i paesi aderenti, viene meno, per drammatiche evidenze determinate da fatti sopravvenuti che non si possono ignorare, la clausola rebus sic stantibus(cioè relativa alla "eccessiva onerosità" sopravvenuta di un qualsiasi vincolo da trattato), non solo imporrebbe al governo di un paese di prenderne atto e recedere da un siffatto trattato ma, ancor, più certifica il venir meno dell'Unione per manifesta impossibilità di raggiungere il proprio scopo essenziale e principale, quale teoricamente enunciato.
Cioè quello dell'art.3, par.1, del TUE che dice "L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli".
Sarebbe da supporrre che di fronte al palese fallimento di questo obiettivo super-primario (rivelatosi del tutto teorico), il trattato sia, nel complesso, venuto meno per mutazione irreversibile, e impossibilità oggettiva di raggiungimento, del suo scopo essenziale e determinante del consenso dei vari Stati aderenti.
8. Il fatto è che, come abbiamo visto, nella consuetudine applicativa, vale e si applica in modo imperativo, e ormai fuori da ogni controllo, solo il famoso par.3 di questo art.3, quello della stabilità dei prezzi, della forte competizione (tra Stati) e della "economia sociale di mercato".
Una previsione fin dall'inizio incompatibile con le enunciazioni inutilmente enfatiche che vi abbiamo esemplificato e che rende queste ultime una mera finzione: che puntualmente si sta rivelando tale.
Probabilmente, i "veri" fondatori dell'Unione europea, ben sapendo di questo effetto di incompatibilità logica ed economica tra le stesse previsioni fondamentali poste all'interno dei trattati, (come un gigantesco specchietto per le allodole), contavano sull'indifferenza di governi e popoli a questa tacita inapplicabilità delle clausole cooperative e solidali e, quindi, sulla loro tacita e inopposta abrogazione de facto.
Senza resistenze.
Come aveva esattamente previsto von Hayek (v. qui "ANTEFATTO")..
Appunto.