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IL BOOMERANG (INEVITABILE) DI UN REFERENDUM QUANDO LA SOVRANITA' COSTITUZIONALE SIA GIA' COMPROMESSA.

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http://www.medioevouniversalis.org/images/MEDIOEVO/ENFITEUSI_E_SERVITU%27_DELLA_GLEBA_30-31_90.jpg

1. Nel marasma greco, si affaccia una notizia dell'ultima ora, riportata dal Financial Times on line: con una lettera inviata nella notte del 30 giugno, a scadenza già spirata della rata di rimborso dovuta al FMI, Tsipras si sarebbe detto disposto ad accettare tutte le condizioni della proposta dell'Eurogruppo-"Istituzioni"..."con una serie di correzioni minori".

Posta in questi termini, se corrispondenti a verità, la situazione dovrebbe condurre ad un revoca del referendum: questo perchè non ci sarebbe più una posizione ufficiale del governo ellenico di rifiuto di quel "piano", così come non ci neppure sarebbe più la contrarietà della linea del governo stesso a quella sostenuta dalle opposizioni parlamentari che, appoggiate da manifestazioni di piazza, propugnano il "sì" al referendum. 
In Grecia, di fatto, si sarebbe così ormai raggiunto un accordo politico trasversale (di unità nazionale)...di accettazione della proposta (che, ribadiamo, non si sa bene se sia effettivamente mai stata valida e tutt'ora, comunque, accettabile: circostanza che rendeva, già in partenza, il refendum una iniziativa intrinsecamente contraddittoria nei suoi esiti pratici)

2. Tuttavia, in attesa di eventuali sviluppi sulla revoca dell'indizione del referendum, le variabili in gioco sono molteplici:
a) il referendum, ricordiamo, è stato indetto non solo perchè Tsipras riteneva che la non accettazione del nuovo accordo di "salvataggio" esigesse una base di consenso più ampia del bacino elettorale ottenuto alle elezioni di gennaio, ma anche perchè lo stesso premier riteneva che le condizioni dell'accordo fossero contrarie ai trattati europei.
Più esattamente, la proposta ultimativa di questo fine settimana sarebbe risultata, secondo Tsipras, contraria ai "valori" europei? E ciò in quanto imponeva di "accettare pesi insopportabili che avrebbero aggravato la situazione del mercato del lavoro e aumentato le tasse";

b) come abbiamo altrettanto visto, Tsipras non si è appellato dunque alla contrarietà dell'accordo, o in generale del sistema istituzionale e normativo della moneta unica, alla Costituzione ellenica, bensì proprio ai principi (non meglio indicati) del diritto europeo;

c) altrettanto singolare, poi, è che, contro la posizione assunta collettivamente dalle istituzioni e dai paesi creditori (direttamente o indirettamente attraverso le prime), il governo greco, almeno fino a ieri, ventilasse un ricorso alla Corte europea di giustizia, per l'appunto, lamentando la violazione dei trattati anche perchè gli stessi non prevedono procedure di espulsione o "esclusione" di un paese dalla moneta unica (dunque, non perchè non prevedano un sistema di uscita volontaria e unilaterale di un singolo Stato, cosa che sarebbe stata molto più logica per un paese che avesse realmente preso atto della insostenibilità dell'euro!);

d) a completamento di questo quadro, veramente paradossale, c'è che è invece l'opposizione greca ad appellarsi alla incostituzionalità del referendum, in quanto, oltre che indetto con un preavviso insufficiente, esso verterebbe sulla materia fiscale.

3. Ci vorremmo soffermare su quest'ultimo punto: ricercando nella Costituzione greca, abbiamo rinvenuto solo una previsione in tema di referendum (oltre al rinvio, ad essa, contenuto nelle competenze della Corte Suprema speciale, in base all'art.100, visto nel precedente post). Questa è inscritta nell'ambito dei poteri del presidente della Repubblica:

Art. 44. – [1) In circostanze eccezionali di necessità urgente ed imprevista, il Presidente della Repubblica può, su proposta del Consiglio dei ministri, emanare dei decreti con valore di legge. Tali decreti devono essere sottoposti, in virtù delle disposizioni dell’articolo 72 paragrafo 1), alla ratifica della Camera dei deputati entro i quaranta giorni che seguono la loro emanazione o entro i quaranta giorni seguenti la convocazione della Camera dei deputati. Se essi non sono sottoposti alla Camera dei deputati entro il termine suddetto, o se essi non vengono ratificati da questa entro tre mesi a partire dal giorno in cui sono stati depositati, decadono, fatti salvi gli effetti per il passato.]
2) Il Presidente della Repubblica può indire con un suo decreto un referendum su gravi questioni nazionali. 

Una norma impeditiva del referendum in questa materia, potrebbe essere l'art.75:
Art. 75. – 1) Tutti i progetti e tutte le proposte di legge che gravino sul bilancio preventivo presentate dai ministri non sono messe in discussione se non sono accompagnate da una relazione della Direzione generale della contabilità pubblica che definisce la spesa ch’esse implicano; quando la proposta è presentata dai deputati, è inviata, prima di ogni discussione, alla Direzione generale della contabilità pubblica, che è tenuta a presentare la sua relazione entro quindici giorni. Alla scadenza di tale termine, la proposta di legge è messa in discussione anche senza la suddetta relazione.
2) La stessa norma vale per gli emendamenti, allorché i ministri competenti lo richiedano. In tal caso, la Direzione generale della contabilità pubblica deve sottoporre la sua relazione alla Camera entro il termine di tre giorni. È soltanto alla scadenza di tale termine che il dibattimento si può iniziare, anche in mancanza della suddetta relazione.
3) I progetti di legge che comportano una spesa o una diminuzione delle entrate non sono posti in discussione se non sono accompagnati da una relazione speciale vertente sul loro recupero, firmata dal Ministro delle finanze.
 
 Questa norma parrebbe porre l'obbligo di deliberare i progetti di legge in materia fiscale e finanziaria solo mediante discussione e voto parlamentare. 
Ma si può facilmente obiettare che la proposta dell'Eurogruppo non è ancora tradotta in un disegno di legge incidente sul bilancio dello Stato. 
Si tratta infatti di un atto di provenienza estranea alle istituzioni greche e rilevante per esse solo come potenziale accordo internazionale da ratificare nelle forme richieste, secondo il caso, dalla Costituzione: cioè in quanto implichino, come implicano, una restrizione della sovranità (certamente rispetto alla situazione di  precedente discrezionalità del governo nel proporre le sue autonome proposte di politica economica e fiscale).
Dunque, se non ci è sfuggita qualche previsione costituzionale (per mancanza di sufficiente tempo..), non ci sono ostacoli allo svolgimento di un refendum su quella che è, ora più che mai, una "grave questione nazionale".

4. A questo punto, tuttavia, il referendum dovrebbe comunque essere svolto, se non altro perchè la Merkel, e in generale esponenti delle istituzioni europee, avrebbero affermato, secondo le fonti di stampa, che comunque il programma di "aiuti" finanziari (rectius: di fornitura di liquidità per consentire alla Grecia di restituire il debito oggi intercorrente con FMI, EFSF e BCE), non potrebbe riprendere se non dopo lo svolgimento del referendum stesso.
Il marasma giunge così al suo limite estremo: non solo esponenti dell'UE, come Juncker, ovvero del governo tedesco come Schauble (come pure di altri governi), esplicitamente caldeggiano una vittoria del "sì" alla proposta (che sostanzialmente, poi, affermano non essere mai venuta ad esistenza in assenza di accordo), ma si giunge al punto da non accettare più alcun negoziato se prima la Grecia non facesse svolgere il referendum.
L'interferenza sulla sovranità politica ellenica, da parte di Stati esteri e dell'UE, giunge così a livelli quasi folli: l'effetto complessivo è che addirittura, un atto discrezionale del Presidente della Repubblica greca, divenga oggetto di un implicito diktat UEM-Istituzioni, evidentemente nella prospettiva più che fondata che prevarrebbe il "sì" e che così sarebbe lo stesso corpo elettorale greco a sfiduciare il governo Tsipras. Col non trascurabile vantaggio di non poter, formalmente, essere accusate, le "Istituzioni", di aver agito direttamente per abbattere un governo democraticamente eletto ma "sgradito" ai creditori.

5. Tuttavia, in questa situazione, c'è da chiedersi se a Tsipras non convenga formalmente togliere di mezzo la consultazione stessa, percorrendo una più lineare strada di riapertura della trattativa con effetto immediato: i creditori istituzionali non potrebbero, sul piano logico, obiettare a tale decisione autonoma e a tale ampissima disponibilità a negoziare, (peraltro già enunciata sulle nuove basi dell'accettazione praticamente integrale del nuovo memorandum in un primo tempo considerato "contrario ai valori UE" e ora, dopo una contraddittoria rimeditazione,...non più).
Questa mossa, infatti, ributterebbe la palla nel campo dei creditori e li costringerebbe a dire che il termine del 30 giugno era inderogabilmente perentorio, rispetto non tanto al rimborso del debito (sempre prorogabile in base all'accordo delle parti), ma, a vedere le cose con chiarezza, rispetto alla stessa permanenza della Grecia nell'euro! 
E' pur vero che una parte della maggioranza di governo, l'ala più radicale di Syriza, (c.d. cenacolo di Iskra, il cui leader è il ministro Lafazanis, quello che tiene i rapporti "energetici" con la Russia e che sostiene la posizione di rifiuto di Varoufakis; quest'ultima, peraltro, non si sa neppure se sia ancora attuale), sarebbe ancora ferma sullo svolgimento del referendum stesso.
Ma è anche vero che se è stata fatta la proposta conciliativa "notturna" di adesione a quanto prospettato dai creditori sabato scorso, ciò significherebbe che tale opposizione interna alla maggioranza è stata in qualche modo superata.

6. Ma una cosa emerge con chiarezza e senza equivoci da questa situazione: la sovranità greca è già irreversibilmente compromessa, dato che ogni singola decisione e mossa del governo greco che non sia conforme ai desiderata dell'Eurogruppo-Trojka, è soggetta ad ogni tipo di pressione, imposizione e interferenza che le rende del tutto condizionabili da autorità estranee al quadro costituzionale.
Ed è in fondo evidente che l'intero processo elettorale greco, cioè la sua democrazia (minima), - in quanto aveva espresso il governo e avallato il programma di Tsipras-  è soggetto ad una prevalente ed ossessiva condizionalità eteronoma.
Stupisce dunque che l'attuale maggioranza, eletta appena a gennaio, non si ponga in radice il problema della preservazione (estrema e "finale") della sovranità nazionale quale configurata dalla Costituzione greca che, appunto, vieta le restrizioni di essa che non siano corrispondenti ad un importante interesse nazionale e che ledano i diritti dell'uomo nonchè la condizione di reciprocità e di eguaglianza tra le parti di un trattato (come enuncia chiaramente l'art.28 della Costituzione greca).
Non si scorge alcuna reciprocità nella condizione di chi, se indice un referendum secondo le proprie norme costituzionali interne, si trova ad essere tacciato di aver interrotto delle trattative che, per definizione, una tale iniziativa risulta voler proseguire in modo legittimo secondo le proprie norme costituzionali interne; mentre se poi accetta la posizione espressa dalla controparte nella trattativa, viene costretto a svolgere comunque il referendum, a pena di non considerare più in alcun modo vincolante quella proposta negoziale!







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