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FINALMENTE! LA LEZIONE GRECA PORTA ALL'EUROSOLIDARISMO: L'ERF!

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1. Mentre il referendum - che comunque "vadi" (Fantozzi), si risolverà in una ripresa delle trattative dentro l'euro, nelle intenzioni dichiarate del governo greco-, induce curiosamente in molti a pensare che la sovranità consista nel fatto che il popolo voti sull'alternativa tra diverse soluzioni...di privazione della sovranità, la macchina dell'€uro-ordoliberismo va avanti.
Almeno in Italia.
La versione compatta dei media e delle televisioni del Bel Paese è saldamente attestata sul fatto che, quale che sia l'esito del referendum, ci vorrà "più €uropa" (ce lo dice pure Prodi in un editoriale odierno), al fine di poter, naturalmente, mantenere l'euro e vivere felici grazie alle riforme che, già ora - e lo si dice con totale sicurezza- stanno conducendo alla crescita.

2. Meravigliosamente indicativo l'editoriale di oggi di Roberto Napoletano sul Sole 24 ore "L'Europa che serve a loro e a noi".
Apprendiamo da tale editoriale che lo shock del 2011 era "esterno"; dobbiamo presumere "esterno" all'Italia, e quindi, tale versione dei fatti, necessariamente implica che...Monti agì con successo allo scopo di migliorare i conti pubblici e di far tornare la crescita e, per l'appunto, s'è proprio visto (d'altra parte basta raccontarlo tutti i giorni e tutti lo daranno per acquisito).
Tale tesi implica, altrettanto, che un fatto molto "nazionale", e strutturale, come i saldi settoriali della contabilità nazionale, cioè i conti correnti esteri e la posizione netta sull'estero italiana, legati all'inevitabile (mal)funzionamento della moneta unica (almeno secondo  economisti come De Grauwe, Stiglitz, Krugman, Friedman e via dicendo), non avessero nulla a che fare con la crisi del 2011.
E dunque, Napoletano, - dando per acquisito per l'ennesima volta che la cura del 2011 ci abbia ricondotto alla salute dei conti pubblici ed alla crescita-, propone una serie di soluzioni che permettano di superare la crisi greca che, a sua volta, è inevitabilmente dovuta alla loro incapacità di crescere perchè non vogliono fare le riforme e non vogliono ammodernare la causa di tutti i mali universali, cioè la "macchina pubblica".

Per riprendersi, però, l'€uropa, dovrebbe correggere gli "errori evidenti" (quali? Se in fondo non ha fatto che predicare riforme e privatizzazioni con la riduzione del perimetro dello Stato, ancora oggi invocata in Italia? Cosa avrebbe fatto di sbagliato l'€uropa nella trattativa coi greci desiderosi di inefficienza e restii alla "crescita"?). Inoltre, la stessa UEM, dovrebbe evitare anche "l'eccesso di zelo rigorista".

3. Insomma ci vuole lo "spirito solidaristico".
Come non averci pensato prima! Ovviamente i greci sono quelli che non vogliono cooperare e non sanno sfruttare l'opportunità di fare le riforme...
Tant'è che poi, l'€uropa solidaristica, - quella che, in fondo in fondo, i tedeschi, nella loro lungimiranza, sarebbero sicuramente inclini a sostituire all'eccesso di zelo rigoristico a cui sono costretti da atteggiamenti immaturi come quelli dei greci- in cosa consisterebbe essenzialmente?
Per Napoletano, seguendo il suggerimento, solidale e altruistico dei "think tank più illuminati in Germania", "si vari un fondo unico che raccolga gli eccessi nazionali di debito pubblico (rispetto al tetto del 60% del pil, uno degli errori iniziali) e si misurino le virtù dei singoli Paesi, liberati da fardelli insostenibili...".

4. Non è però un caso che i "think tank" tedeschi vogliano il Fondo in questione, cioè il ben noto ERF.
Questo funziona così, come abbiamo visto: il "Fondo" assume il debito eccedente il limite del 60% su PIL di ciascun Paese interessato dell'eurozona, e diviene a sua volta creditore per tale ammontare dello Stato stesso. Questa parte di debito, quindi, viene sottratta alla legge nazionale, cioè non sarebbe soggetta, in caso di ritorno alla valuta nazionalealla possibilità di conversione nella nuova valuta secondo la lex monetae (e di questi tempi la sopravvivenza dell'euro non è esattamente una grande sicurezza). 
In ogni modo, il Fondo emetterebbe poi titoli, (indifferenziatamente imputati al debito assunto pro-quota di ciascun Paese), che si gioverebbero di tassi di interesse passivi auspicabilmente meno elevati di quelli che, rispettivamente, ciascuno Stato coinvolto potrebbe ottenere, singolarmente, sui mercati.
Ma in presenza del QE, e dei maggiori prezzi di collocamento del debito pubblico dell'eurozona, fino a poco tempo fa ottenuti grazie agli acquisti della BCE, questa ipotesi non pare particolarmente rilevante e vantaggiosa.

5. Rilevantissimo, invece, è l'effetto socio-economico del funzionamento del Fondo: l'assunzione del debito "eccedentario" infatti è congiunta, - e qui sta la ragione del favore da parte dei tedeschi- alla regola, già insita nel fiscal compact, per cui il debito conferito verrebbe ridotto nella misura di 1/20° all'anno, fino alla sua estinzione in 20 anni.

Per l'Italia questo significa una diretta e immancabile riduzione del debito corrispondente a oltre 3 punti di PIL all'anno.
Anche calcolando l'effetto di riduzione dei tassi sul debito pubblico, in quanto sostituito in tale parte (eccedente il 60%) dai titoli emessi dal Fondo, infatti, l'onere effettivo dell'intera operazione per il singolo Stato, dovrebbe incorporare sia i tassi di interesse complessivamente dovuti  sul proprio debito, sia il carico della riduzione in conto capitale nella misura di oltre il 3% annuo (per l'Italia 3,6 punti). Con varie pesanti conseguenze sui conti pubblici e sull'economia reale:
a) l'onere degli interessi passivi rischia di "ricrescere" sulla parte di debito rimasta, entro il 60%, in carico al singolo Stato, parte che rimarrebbe esposta a tutte le condizioni di aggravamento dello spread che oggi possono influire sul suo debito sovrano, e che non dipendono dall'ammontare assoluto del debito stesso, ma dalla posizione netta sull'estero.
b) inoltre, questo rischio permanente risulta comunque concomitante col modesto effetto calmieratore degli interessi sui titoli emessi dal Fondo, (almeno per i primi anni), in relazione all'attuale programma di acquisti del QE; 
c) ma quel che conta di più è che il meccanismo dell'ERF obbliga, nel suo insieme (debito sovrano diretto e debito verso il Fondo), a raggiungere un saldo primario aggiuntivo, rispetto a quello attuale, di circa 5 punti di PIL (ai livelli attuali di crescita effettiva e di vincolo da fiscal compact): e ciò anche scontando, ripetiamo, il modesto vantaggio del calo degli interessi sul debito eccedentario per i titoli emessi dal Fondo.

6. Insomma, non appena il Fondo iniziasse ad operare, la manovra finanziaria dello Stato sarebbe vincolata a raggiungere un saldo primario pari almeno all'attuale (2,4punti di PIL, un record mondiale se rapportato ai livelli mantenuti per decenni) più gli oltre 3 punti di PIL necessari per "l'ammortamento" di un ventesimo del debito preso in carico dal Fondo, più, per la verità, l'ulteriore eventuale (ma non improbabile) saldo aggiuntivo necessario per rispettare il pareggio strutturale di bilancio secondo i target annuali imposti dalla Commissione UE (in misure che dovrebbero portare, oltretutto, al pareggio di bilancio entro un paio di anni).
Dunque, almeno nella fase iniziale, il saldo primario italiano dovrebbe passare dall'attuale misura - abbiamo visto intorno ai 2,4-2,5 punti di PIL, che già costituisce una misura tra le più alte del mondo - a circa 7,6 (!) punti di PIL, almeno se si tiene fermo l'obiettivo del pareggio di bilancio (e non il semplice limite del 3%, che sarebbe ormai persino contrario al nuovo art.81 della Costituzione). 
Il calcolo non è difficile da fare: 5 punti di PIL di onere degli interessi"(forse) attenuato" + 3,6 punti di ammortamento da corrispondere al Fondo + 1,4 punti di PIL per l'obiettivo intermedio di pareggio di bilancio, meno il saldo primario attuale di 2,4.  Totale, all'incirca, 7,6 punti di PIL di avanzo primario con un deficit consentito (obiettivo intermedio) di 1,6 punti di PIL!

7. Va precisato che questi sono i calcoli realistici, cioè assumendo, peraltro ottimisticamente, che la crescita italiana rimanga quella attuale, cioè allo 0 virgola (nella migliore delle ipotesi): altri calcoli, muovono dalla supposizione che si abbia una crescita nominale del 3% annuo (o oltre!), che è stata finora smentita dai fatti, in presenza di politiche di austerità che l'Italia è l'unica a seguire scrupolosamente.
E ciò è tanto vero che anche per quest'anno, di supposta e strombazzata "ripresa", neanche le più ottimistiche previsioni si azzardano ad attribuirci una crescita di tale entità. Da notare che, (senza alcuna sorpresa, data la tradizione di errore annuale ormai instauratasi dal FMI al'OCSE, passando per la Commissione), i dati dell'Istat non corroborano neppure la crescita allo 0,5, per il "favorevole" 2015, quale ultimamente ipotizzata dal FMI. 
L'Istat, infatti, nei suoi ultimi calcoli, accredita una crescita trimestrale di 0,2 nel primo trimestre, rispetto al quarto trimestre 2014, ma una crescita annuale di appena 0,1 sul primo trimestre 2014, cioè su base annuale tendenziale riferita a periodi omogenei.

8. E' chiaro che un saldo primario di tale entità risulta un obiettivo impossibile da raggiungere e sicuramente insostenibile: ed infatti, per rispettare gli obiettivi intermedi di pareggio strutturale (quand'anche, s'è visto, "forse", gli  interessi risultassero ridotti in una non rilevante misura) e per ridurre il debito in carico al Fondo per 3,6 punti di PIL annui (1/20 del 72% di PIL corrispondente al debito assunto dal Fondo), occorrerebbe varare una manovra di taglio della spesa pubblica e di nuove tasse di circa 80 miliardi o anche più (si tratta cioè, come detto, di incrementare di circa 5 punti l'attuale saldo primario).
Questo con certezza, almeno per i primi anni di funzionamento del meccanismo del Fondo auspicato da Napoletano.

9. Quand'anche, poi, alla istituzione del Fondo, si accompagnasse una (allo stato) molto improbabile tolleranza verso la misura del deficit pubblico, comunque, il saldo primario dovrebbe essere più "modestamente"intorno ai 5,5-6 punti di PIL - detraendo la correzione del saldo primario imputabile al raggiungimento dell'obiettivo intermedio di deficit e largheggiando su quest'ultimo. Dunque, la relativa manovra annuale "tipo", sarebbe pur sempre dell'ordine di circa 55 miliardi: tale misura corrisponderebbe, infatti, al mantenimento di un deficit intorno al 3 o magari al 4% (entrambe misure che la flessibilità europea, al momento, non ci concede).

Siccome è evidente che in queste condizioni di austerità aggiuntiva, nonostante la "bella" teoria della austerità espansiva, nessuna crescita sarebbe realizzabile, anzi il Paese tornerebbe immediatamente in recessione (aggravando il rapporto debito/PIL), la verità è che il Fondo auspicato da Napoletano, e non a caso caldeggiato dai think-tank tedeschi, implicherebbe che scattassero le garanziepreviste dall'attuale ipotesi di ERF

E cioè i beni patrimoniali dello Stato italiano, - l'oro, le stesse riserve valutarie, le partecipazioni azionarie detenute a qualsiasi titolo , il patrimonio immobiliare (a prescindere probabilmente dal suo regime di indisponibilità, visto che i vincoli europei, a quanto pare, prevalgono sulle leggi costituzionali, se si tratta di rispettare il pareggio di bilancio o i limiti all'ammontare del debito). Tutti questi beni pubblici sarebbero assegnati a estinzione della quota annuale di debito da ridurre, quindi in ammortamento, al Fondo nella misura annua di 3,6 punti di PIL.

10. Nella situazione attuale, tali beni sarebbero poi presumibilmente "rivenduti" dal Fondo stesso  a operatori privati agenti sui mercati internazionali, ed il Fondo tratterrebbe il ricavato a estinzione del debito.
Ma non dimentichiamo che poichè questi assets non sarebbero tutti (a parte oro e riserve valutarie) di facile e pronta liquidazione, - valendo quindi più come garanzia che come mezzo di pagamento- la disciplina del Fondo, per come attualmente studiata dal gruppo di lavoro incaricato dalla Commissione UE, implicherebbe anche la ulteriore garanzia di estinzione pro-quota annuale del  debito "eccedentario" (il limite del 60%) costituita dall'attribuzione al Fondo stesso, pro-solvendo, di una quota pari al 8% delle entrate dello Stato: una sorta di "pignoramento dello stipendio", cioè l'appropriazione diretta da parte del Fondo del flusso dei soldi corrisposti dai contribuenti allo Stato.

11. Insomma, alla fine la soluzione neo-solidaristica€uropea, - entusiasticamente abbracciata da Napoletano in base ai "suggerimenti" dei migliori think tank tedeschi-, quindi il nuovo orizzonte cooperativo e non eccessivamente orientato al rigore, teso a superare la "crisi greca (!), si risolverebbe in un'accelerazione delle svendite forzate degli assets patrimoniali dello Stato, incluse le residue industrie pubbliche, il cui controllo finirebbe molto probabilmente in mano a investitori stranieri, nonchè nella privazione dell'oro, delle riserve valutarie e della stessa destinazione nell'interesse nazionale dei soldi dei contribuenti.
Questo intanto che, trepidanti, attendiamo l'esito del referendum greco. 
Come se, dentro l'euro, ci fosse una "liberazione" che ci attenda salvifica non appena i greci inefficienti, spendaccioni e inaffidabili abbiano abbassato le loro intollerabili pretese...

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