
Decreto “Sblocca Italia”, un ritorno al passato verso la privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni...
1. Lo sapete bene cosa stia succedendo sul mercato del lavoro ai primi trionfali mesi di applicazione del jobs act (e della defiscalizzazione delle "nuove" assunzioni sui posti di lavoro trasformati o creati....ad hoc): come per magia la disoccupazione risale, lasciando sostanzialmente immutata la tendenza al rialzo registrato proprio a partire dal minimo (relativo) del giugno 2014!

http://iljournal.today/economia/disoccupazione-italia-a-giugno-si-arriva-al-127-cosa-e-successo-in-un-anno/
2. Sui dettagli della situazione, cioè sulla disoccupazione giovanile record e sulla parallela crescita degli "inattivi", che non vengono più conteggiati tra i disoccupati, e sui vari possibili calcoli che renderebbero il tasso "effettivo" di disoccupazione (ad es; includendo i part-time non volontari e i cassaintegrati) ben più drammatico, abbiamo detto. E d'altra parte ne parlano un po' tutti, anche quelli che, in qualche modo, non ravvisano il legame con la politica "obbligata" dentro la moneta unica.
Ma, questo bollettino di guerra (mossa al livello salariale), è confermato dall'andamento dell'inflazione, che riflette le politiche economico-fiscali restrittive proseguite a pena di...intervento della trojka.

3. Notare che l'aumento dell'inflazione di giugno (+0,1!), del tutto irrilevante ai fini della gridata ripresa, si spiega con "l'aumento– in larga parte condizionato da fattori stagionali – dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,4%) e dei servizi relativi ai trasporti (+0,2%)."
Vale a dire, siccome inizia la stagione turistica, si preferisce aumentare i prezzi in base all'aspettativa della rigidità dell'aumento della domanda, una sorta di "raschiare il fondo del barile" che implica il rischio che, alla fine, i "vacanzieri" siano meno (e con meno giorni di utilizzo dei relativi servizi), al punto che il tutto potrebbe ritorcersi nell'ennesimo calo di consumi e, comunque, certamente, dei livelli salariali stagionali.
4. A questo quadro, si sovrappone, poi, l'ultima frontiera che la macchina della deflazione salariale si appresta a varcare: l'iniziativa del governo di introdurre, con la prossima legge sulla rappresentanza sindacale, la derogabilità generale dei livelli salariali stabiliti nei contratti collettivi nazionale da parte della contrattazione aziendale.
Auspicata da anni dagli spaghetti-tea party, considerata la vera panacea per la "ripresa"con unanime orgoglio (e approvazione da parte di Landini...) da parte di tutti i supply-siders neo-liberisti della penisola,questa misura rientra fra quelle che, ad esempio, la trojka ha re-imposto alla Grecia con l'accordo di "distruzione finale" di cui tutti parlano, in tali termini,...per la Grecia, ma che qui da noi, diviene cosa buona e giusta.
In particolare, siccome ci si è accorti che il sud d'Italia sta messo peggio della stessa Grecia, questa contrattazione decentrata, e tesa a differenziare i livelli salariali nelle zone a disoccupazione più alta - e ormai totalmente deindustrializzate-, sarebbe vista come "la soluzione", portando all'arrivo di investitori stranieri.
5. Data la situazione degli investimenti infrastrutturali e di abbandono dell'apparato amministrativo dello Stato e degli enti territoriali, essendo assoggettato a taglio della spesa pubblica praticamente ogni possibile intervento, - nella pubblica istruzione, nella sicurezza pubblica, nei trasporti e viabilità, e via dicendo-, la misura avrebbe solo l'effetto di inasprire la deflazione salariale sulle residue unità produttive rimaste nel sud portando ad un'ulteriore calo della domanda (con ulteriore desertificazione del territorio) e innalzando, in un ciclo distruttivo, il livello di disoccupazione.
6. D'altra parte, la misura della flessibilità salariale aggiuntiva, contrattata a livello aziendale, si applicherebbe in ogni parte d'Italia: e funzionerebbe come deflattore progressivo anche e proprio in vista del mancato rinnovo, per gli anni futuri, della defiscalizzazione dei nuovi assunti.
Il meccanismo, dunque, se agirebbe in senso "liquidatorio finale" per il sud, perpetuerebbe il rafforzamento della "instabilità strutturale", deflattiva di ogni posto di lavoro, perseguita in base al jobs act, di cui sarebbe il naturale complemento, in modo da agevolare l'appropriazione in mani estere di tutto il residuo apparato industriale italiano, già drammaticamente ridimensionato.
7. Rammentiamo dunque, perchè la contrattazione aziendale acuisce il fenomeno di cedimento assoluto della tutela del lavoro (salariale e in termini di stabilità-dignità) in una situazione di deindustrializzazione indotta dal meccanismo di correzione (depressivo della domanda) che ci impone la permanenza "irrinunciabile" nella moneta unica.
Si tratta di condizioni proprie della concezione monetarista che governa un'UEM, a sua volta, governata saldamente dalla Germania e dalla BCE:
"Il monetarismo svolse un ruolo comunque epocale di rimodellamento sociale negli stessi USA, la cui Fed non è certamente più la stessa dei tempi di Paul Volcker; rimane però che l'America non è, in seguito, più uscita dai parametri di politica economica che si affermarono da quella pur fallimentare esperienza. Che anzi furono aggravati dalla politica pro-finanza privata dell'era Clinton, tra abolizione del Glass-Steagall e imposizione del deficit-cap, misure strutturali su cui ancora oggi gli USA combattono invano, non potendo neppure dare la colpa delle crisi al...mercato del lavoro.
E questo per vari motivi, che sarebbe complesso ora esaminare, ma che possono riassumersi nella irreversibilità delle riforme neo-liberiste, pubblico-finanziarie e del mercato del lavoro (in concomitanza con l'espandersi del liberoscambismo, per gli USA segnatamente il NAFTA).
Comunque, proprio perchè le stesse condizioni di "irreversibilità" stanno affermandosi in Italia, vediamo (sempre dal nostro J.K. Galbraith, "Storia dell'economia", pagg.305 ss.) quali siano gli effetti di...Milton Friedman (e, in UEM, dell'ossequio ad Hayek e Roepke):
"Il monetarismo...l'effetto di restrizione indotto dagli alti tassi (reali) di interesse sulle spese per beni di consumo e sugli investimenti...aveva funzionato, com'era evidente, producendo una grave crisi economica, un rimedio non meno doloroso del male.
Il "successo" di questa politica negli USA fu il risultato anche di una circostanza affine e poco prevista dagli economisti:...l'eccezionale vulnerabilità della moderna società industriale ad una combinazione di politica monetaria restrittiva,degli alti tassi di interesse,e dei risultanti tassi di scambio avversi (ndr: cioè una moneta troppo forte..cosa che ci riporta gli attuali giorni dell'euro).
Che la disoccupazione - indotta dalla politica monearista e da alti tassi di interesse- diminuisse il potere di contrattazione dei sindacati non era affatto sorprendente.
L'economia ortodossa accettava che la disoccupazione avesse l'effetto di condurre a diminuzioni di salari; era in tal modo che si conseguiva la piena occupazione neo-classica. Il sindacato era una forza che si opponeva a questo assestamento; se la disoccupazione era abbastanza grave, il sindacato doveva cedere"
Quindi: moneta forte e politica monetaria restrittiva basata su tassi reali positivi portano al cedimento del sindacato.
Non basta poi urlare in piazza (o in un talk show) se questi fattori che determinano l'elevato tasso di disoccupazione non vengono rimossi. Bisognerebbe combatterli e non ignorarli: ci senti Landini?
Prosegue Galbraith:
"Risultò però imprevisto l'effetto sulle imprese. Nelle industrie dell'acciaio, dell'automobile, della macchine utensili, delle attività estrattive, nelle linee aeree ...l'effetto complessivo di quella politica, compresa la concorrenza straniera, condusse ad una riduzione delle vendite, determinò un'estesa inattività degli impianti e minacciò il fallimento e la cessazione delle attività.
In questa situazione i sindacati furono costretti non solo a dimenticarsi degli aumenti salariali ma anche a contrattare su riduzioni dei salari stessi e delle forme di assistenza.
Pur potendo ignorare in qualche misura le sfortune dei lavoratori disoccupati - la maggioranza era ancora occupata e aveva ancora una voce in capitolo decisiva-, non potevano i sindacati ignorare la minaccia della disoccupazione per tutti i lavoratori, minaccia che si sarebbe potuta concretizzare se uno stabilimento o un'intera industria avessero dovuto chiudere.
E quella divenne una prospettiva verosimile all'inizio del 1980 in un certo numero di industrie pesanti americane.
In precedenza non ci si era resi conto che un'azione forte del sindacato richiedeva una posizione forte dell'imprenditore. L'indebolimento della posizione di quest'ultimo determinava un grave indebolimento anche del sindacato..."
8. Immaginate, in tutto questo, a parte la risibile teoria della soluzione mirata per un sud dove gli investimenti latitano e la deindustrializzazione dilaga, quale possa essere la capacità di resistenza al meccanismo di indebolimento della schiacciante maggioranza delle imprese nell'ambito della moneta unica, cioè in una situazione di obbligato e costante indebolimento della domanda interna.
Nell'attuale condizione di libera circolazione dei capitali, ciò significa delocalizzazioni appena rallentate - nella speranza di arrivare alla competitività basta sul solo costo del lavoro e senza aver effettuato investimenti in IRS per decenni- e appropriazione in mani estere, a prezzi di saldo, delle industrie, pubbliche e private, rese dei fragili gusci dalla deflazione inarrestabile, ma con dei marchi ancora significativi o posizioni di rendita nel settore dei servizi: pensiamo alla privatizzazione dei ss.pp. locali ormai altrettanto invocata come inevitabile.
