

1. Lobensapete che la Cina ha avviato una fase di svalutazione della sua moneta: e dico "fase" perché le svalutazioni, di riallineamento rispetto ad una situazione alterata (dall'aggancio al dollaro) di ingiustificata ipervalutazione valutaria, sono come le ciliegie. Nei giorni, una tira l'altra, fino al riequilibrio (tanto libbberatorio, come diceva il Funari-Guzzanti di tempi migliori...).
Prima di iniziare seriamente a preoccuparsi per le esportazioni dei (fantomaticamente) "nostri" marchi del "lusso-made-in-Italy" - ormai essenzialmente a proprietà/controllo esteri, con relativa esportazione dei profitti, pur quando realizzati nelle poche unità produttive ancora rimaste in Italia-, pensiamo a cose che ci riguardino più immediatamente.
2. Allora: ci vengono a raccontare che ci sarà una manovra da 30 miliardi ("legge di stabilità") considerata una occasione unica per il rilancio della crescita e per "l'equità sociale": la cifra dei 30 miliardi, com'è mediaticamente e "governativamente" invalso da qualche anno, viene determinata sommando capre e cavoli, cioè i saldi e gli impegni di spesa relativi ai vari provvedimenti insieme con le stime del gettito delle nuove entrate e dell'ammontare dei tagli di spesa pubblica.
In piena estate, l'impressione che deve essere data dai giornaloni è che un governo spregiudicato, e preoccupato del benessere degli italiani, voglia grosso modo alimentare per quasi 2 punti di PIL consumi e investimenti.
Naturalmente non è così: anche volendo fare la improba fatica di suddividere in poste attive (nuove imposte e tagli di spesa) e passive (sgravi fiscali, spesa pubblica di qualunque genere, tra corrente e in conto capitale), cioè anche districando le mutevoli e volutamente confuse indicazioni su impegni di spesa e coperture, sarebbe impossibile scalfire la ormai consolidata convinzione mediatica di massa che la prossima manovra sarà...espansiva.
3. Non è ovviamente così e lo possiamo anticipare senza alcuno sforzo previsionale "mesmerico": la miracolosa politica di ripresa-equità-sociale, che l'ubriacatura propagandistica dei giornaloni ordoliberisti sta cercando di propinarci, si muove su due alternative:
- o il "pieno" rispetto del fiscal compact ("reale", cioè quello di cui tutti i paesi UEM se ne fregano e che si applica solo all'Italia), e quindi la prosecuzione della linea di raggiungimento del pareggio di bilancio per obiettivi intermedi; tale linea dovrebbe comportare una manovra di consolidamento, cioè restrittiva, di circa 0,5-0,6 punti di PIL (portando il deficit pubblico verso una misura che sarà in una forchetta del 2%-2,3% del PIL.
Beninteso, muovendo dal 2,65% programmato, (dopo l'approvazione della Commissione), dalla "stabilità" dello scorso anno ed ammesso che, a conti fatti, tale sia la misura di riferimento, ben potendo risultare che la base di partenza - e quindi di correzione- del deficit realizzato nel 2015, sia ben più alta);
- ovvero, sfruttare un'ulteriore flessibilità consentita dalla "Comunicazione" della Commissione UE del gennaio 2015, e quindi mitigare il consolidamento di ulteriori 0,25 punti di PIL.
Questa, e non altra, è la misura che sarà consentita, nella assolutamente migliore delle ipotesi, per proseguire "crescita&equità". Si tratterebbe, indubitabilmente, solo di una minor misura del consolidamento: il deficit sarebbe ammesso, - e sempre che vada in porto la difficile trattativa con la Commissione, che parte anche prima della prevista scadenza del 15 ottobre (se si è persa la sovranità fiscale, non c'è limite alla prassi informale del neo-potere extracostituzionale dominante le patrie vicissitudini)- in una misura che si aggirerebbe intorno al 2,5%.
Insomma, in questa ipotesi "espansiva" (per la propaganda non certo per la realtà degli effetti sul PIL), il deficit consentito potrebbe "persino" avvicinarsi al 2,7-2,8, ove si usasse tutta l'abilità negoziale derivante dall'aver appoggiato la linea Merkel-€urogruppo nella trattativa con la Grecia: di fronte a "meriti" di fedeltà così encomiabili, i decimali di tolleranza potrebbero crescere - purché si stia sotto il 3%- e si potrebbe estendere all'Italia la logica della "burletta o vaudeville" del fiscal compact che tanto conta per il PIL della Francia (e che spiega il "milagro" spagnolo)...
4. Ma -fermi tutti!- tutto questo se e solo se sia ammesso che ricorrono le condizioni di investimenti e riforme strutturali che, in base alla super-vaghe ed arbitrarie clausole del fiscal compact, consentono tale flessibilità ad un paese che si dichiara - o comunque risulti- non più in recessione e, quindi, in "condizioni" non più (come lo scorso anno) "eccezionalmente sfavorevoli".
La clausola della flessibilità per investimenti-riforme strutturali, sarebbe giustificata, e ve lo dico anche se ora passa abbastanza sotto silenzio, perché si darebbe il "via libera":
1) alla derogabilità aziendale della contrattazione collettiva nazionale;
2) all'inserimento, nei decreti attuativi della riforma della p.a., di clausole più stringenti sulla licenziabilità di dirigenti e impiegati pubblici;
3) alla revisione (accelerata) delle rendite catastali, in modo da compensare largamente qualsiasi ipotesi di alleggerimento dell'IMU e della TASI sulle varie tipologie di cespiti;
4) al conteggio ed alla rapida conclusione delle varie privatizzazioni di quel che rimane del patrimonio pubblico industriale (v.Poste e Finmecccanica) e immobiliare;
5) infine, saranno immancabilmente introdotte delle misure di riconteggio restrittivo delle pensioni, estendendo retroattivamente il sistema contributivo sulle posizioni "a metà" e sugli assegni già erogati.
Altre riforme, come quella (ennesima) della giustizia civile o i tagli alla sanità, saranno considerati poco più che un contorno, unendosi a ulteriori misure lasciate alla continuità della consolidata fantasia propria dell'austerità espansiva. Lascio a voi fare qualche ipotesi (AP e Carla Montanari ci hanno già parlato della prosecuzione implacabile del meccanismo di svuotamento assistenziale pubblico dell'ISEE...).
5. Ma il governo, così dicono i giornali, ipotizza anche di più.
Vale a dire, immagina di essere autorizzato ad eccettuare dal deficit ciò che tradizionalmente la Commissione (e l'Eurogruppo) non ammette a tale beneficio (sempre con regola su misura operativa solo per l'Italia): il cofinanziamento della spesa effettuata coi vari "FONDI EUROPEI",
Questi fondi sono quelli che, - anche a poter spendere tutto entro i termini dei programmi approvati (e già sull'approvazione abbiamo avuto numerosi problemini), anche a poter trovare i soldi per il cofinanziamento-, corrispondono comunque solo ad una parte di quanto noi annualmente versiamo all'UE, ampliando di 6-7 miliardi il nostro deficit annuale (dipende dagli anni e dalla "lentezza" con cui i bilanci europei rivedono l'andamento del PIL a cui è commisurata la contribuzione che, nel caso italiano, è "netta", cioè un trasferimento "a fondo perduto" di soldi dei contribuenti italiani agli altri paesi UE, anche in crescita ben superiore alla nostra, anche aventi una variazione positiva del PIL ben più accentuata e anche aventi una diversa situazione di accumulo di deficit delle partite correnti).
Questi fondi sono quelli che, - anche a poter spendere tutto entro i termini dei programmi approvati (e già sull'approvazione abbiamo avuto numerosi problemini), anche a poter trovare i soldi per il cofinanziamento-, corrispondono comunque solo ad una parte di quanto noi annualmente versiamo all'UE, ampliando di 6-7 miliardi il nostro deficit annuale (dipende dagli anni e dalla "lentezza" con cui i bilanci europei rivedono l'andamento del PIL a cui è commisurata la contribuzione che, nel caso italiano, è "netta", cioè un trasferimento "a fondo perduto" di soldi dei contribuenti italiani agli altri paesi UE, anche in crescita ben superiore alla nostra, anche aventi una variazione positiva del PIL ben più accentuata e anche aventi una diversa situazione di accumulo di deficit delle partite correnti).
Durante questa estate, dunque, il "sogno" europeista giunge ad immaginare qualche forma di sbattimento dei pugnetti sul tavolo per poter addirittura sforare gli stessi limiti della flessibilità e aumentare, senza sanzioni e infrazioni (immancabilmente minacciate e applicate solo all'Italia), il deficit persino oltre il 3%!
Che tale autorizzazione, o "consenso", delle istituzioni UEM ci sia concesso, risulta altamente improbabile; è pure possibile che lo sforamento a ciò legato - che, attenzione, si assommerebbe a quello, di per sé altrettanto incerto, relativo alla clausola di flessibilità per "RIFORME STRUTTURALI"- sia comunque effettuato.
Cioè che lo si faccia anche "invito domino" - quindi contro la (mancata) autorizzazione €uropea- andando successivamente a scaricare sugli esercizi di bilancio futuri dosi massicce di correzione del deficit Monti-style (cioè rispettando in modo dilazionato il fiscal compact e lasciando un pesante conto da pagare ai futuri governi, quali che essi siano).
Il che farebbe però pensare a elezioni anticipate, sulle quali preparare una politica"espansiva" di captazione del consenso; sarebbe una sorta di "giocarsi il tutto per tutto", sperando in una trattativa stile-Grecia successivamente alla presentazione della manovra, per arrivare in posizione di vantaggio alle elezionie/o, comunque, anche per evitare, raggranellando qualche decimale aggiuntivo di crescita, un governo tecnico che concluda la legislatura.
Insomma, tra potenziali elezioni anticipate e ombre di governi tecnici che si allungano, la tecnica finanziaria di governo potrebbe essere quella di lanciare la palla lunga e rinviare a futuri governi la correzione lacrime e sangue che conseguirebbe al cumulo di "eccettuazioni" dal fiscal compact accompagnato alla inflessibile volontà di non rinunciare, mai e poi mai, alla moneta unica.