
1. Parliamo della democrazia diretta; cioè, della "grande illusione" non casualmente ricorrente ogni volta che lo Stato di diritto contemporaneo, basato sulle Costituzioni democratiche e sul principio di rappresentatività democratica, viene posto pesantemente sotto attacco dal prevalere delle forze del diritto internazionale privatizzato: cioè dalla liberalizzazione dei capitali e dal connesso liberoscambismo.
In questa condizione, appunto in quanto istituzionalizzata da trattati che pretendono di prevalere su ogni regola delle Costituzioni nazionali, coloro che controllano il processo supernormativo della globalizzazione finanziaria, vale a dire che prestabiliscono a proprio favore il contenuto dei trattati stessi, divengono i detentori del "potere di eccezione" e quindi i titolari sostanziali della sovranità (aspetto che porta alla proposizione di un vero e proprio "potere costituente" dei mercati...senza popolo, come viene illustrato ne "La Costituzione nella palude").
2. Come si è cercato di chiarirenell'intervento al convegno di a/simmetrie a Pescara, la dichiarazione dello stato di eccezione, infatti, consente la deroga incondizionata di ogni livello di regola giuridica in precedenza vigente in un contesto sociale, in funzione della necessità "emergenziale", autonomamente stabilita da chi ha il potere di dichiararlo. Il che individua, in "ultima istanza", il detentore della supremazia istituzionalizzata su una certa comunità sociale: appunto, ciò in cui consiste la sovranità (in senso tradizionale).
E, dunque, questo spostamento di sovranità dal popolo (che le Costituzioni affermano come precedente titolare della sovranità medesima) alle forze capaci di plasmare il contenuto super-normativo dei trattati internazionali, si verifica dal momento in cui questi entrano in vigore; e precisamente, in conseguenza di una preventiva rinuncia dell'assetto democratico costituzionale a riaffermare la propria immodificabilità ad opera di forze esterne al popolo sovrano posto alla base del Potere Costituente.
E ciò diviene possibile allorquando i trattati "per il mercato", entrano in vigore senza essere sottoposti a filtri di legittimità costituzionale, grazie alla spinta unanime del sistema mediatico ed al conseguente controllo dell'opinione di massa.
E ciò diviene possibile allorquando i trattati "per il mercato", entrano in vigore senza essere sottoposti a filtri di legittimità costituzionale, grazie alla spinta unanime del sistema mediatico ed al conseguente controllo dell'opinione di massa.

3. Va allora svolta una notazione sociologica e istituzionale che pare sfuggire ai più, in questa fase storica, e certamente a tutti gli acritici sostenitori dell'internazionalismo dell'indistinto: parlare di democrazia diretta in questa condizione di ridislocazione della sovranità, divenuta "processo" e fatto compiuti, è evidentemente un pura illusione.
Il popolo, nella sua interezza di corpo elettorale, si dovrebbe infatti esprimere su ogni possibile decisione di rilevanza generale, ma:
a) le decisioni fondamentali sull'indirizzo politico generale, sono già contenute nei trattati;
b) ogni altro fatto sopravvenuto, di carattere "essenziale", che possa manifestarsiper attualizzare l'esigenza di decisioni fondamentali, è regolato dal potere di eccezione, sempre dislocato all'interno delle forze (economico-finanziarie) che hanno instaurato l'ordine giuridico voluto da tali trattati (per lo più, come oggi, economici e, precisamente, volti a instaurare un libero scambismo internazionalizzato al massimo grado).
a) le decisioni fondamentali sull'indirizzo politico generale, sono già contenute nei trattati;
b) ogni altro fatto sopravvenuto, di carattere "essenziale", che possa manifestarsiper attualizzare l'esigenza di decisioni fondamentali, è regolato dal potere di eccezione, sempre dislocato all'interno delle forze (economico-finanziarie) che hanno instaurato l'ordine giuridico voluto da tali trattati (per lo più, come oggi, economici e, precisamente, volti a instaurare un libero scambismo internazionalizzato al massimo grado).
Cosa potrebbe decidere il corpo elettorale, nel suo continuo e defatigatorio consultarsi, se ogni decisione realmente essenziale sull'interesse pubblico è già assorbita in tale meccanismo dell'ordine sovranazionale dei mercati?
4. A confermare questa natura illusoria della democrazia diretta, abbiamo gli eventi verificatisi in Italia dal 2011, laddove lo "stato di eccezione" esplicitamente dichiarato dai "mercati" (per il tramite esecutivo della "lettera della BCE"), ha condotto alla formalizzazione della titolarità di tale potere al di fuori del popolo sovrano: quand'anche quest'ultimo avesse potuto esprimersi direttamente, cioè come somma di individui direttamente decidenti, non avrebbe potuto fa altro che o accettare la forza irresistibile dell'emergenza mercatista o respingere il vincolo esterno in modo generico, come s'è verificato col referendum greco.
Ma il corpo elettorale non avrebbe potuto certo assumere direttamente decisioni contrastanti con quest'ultimo, non avendo soggettività di diritto internazionale.Sul piano sostanziale poi, non avrebbe potuto respingere tale "vincolo esterno" senza prima averlo compreso e dichiarato incompatibile col proprio volere; e questo volere poteva legittimarsi solo IN QUANTO CONFORME AL DETTATO COSTITUZIONALE che configura la titolarità popolare della sovranità in senso democratico.
Ma il corpo elettorale non avrebbe potuto certo assumere direttamente decisioni contrastanti con quest'ultimo, non avendo soggettività di diritto internazionale.Sul piano sostanziale poi, non avrebbe potuto respingere tale "vincolo esterno" senza prima averlo compreso e dichiarato incompatibile col proprio volere; e questo volere poteva legittimarsi solo IN QUANTO CONFORME AL DETTATO COSTITUZIONALE che configura la titolarità popolare della sovranità in senso democratico.
5. Una cosciente raffigurazione di questa legittimità popolare, (cioè di sovranità conforme alla legalità suprema), è del tutto assente nelle proposizioni di chi oggi sostiene la democrazia diretta, confermando la sua natura illusoria o, più precisamente, cosmetica: cioè l'idea che tutti-tutti abbiano lo stesso peso decidente, addirittura prescindendo dai principi fondamentali della Costituzione, con la conseguenza paradossale che tale democrazia diretta sia legittimata a rimettere potenzialmente e illimitatamente in discussione questi stessi principi fondamentali.
Se non altro, perchè non si pone il problema di identificare e comprendere la sostanza di tali principi: nella logica della democrazia diretta, l'esercizio del potere decidente collettivo rende irrilevanti questa identificazione e questa comprensione, assorbite nella forza creativa istantanea ed emotiva del risultato che trova in sé, nel metodo, la sua legittimità.
Questa idea può risultare affascinante, esaltando gli individui che si sentono chiamati a prendere ogni tipo di decisione di pubblico interesse, ma non è parimenti consapevole e connessa alla conquista, propria della Costituzione democratica, della eguaglianza sostanziale.
Se non altro, perchè non si pone il problema di identificare e comprendere la sostanza di tali principi: nella logica della democrazia diretta, l'esercizio del potere decidente collettivo rende irrilevanti questa identificazione e questa comprensione, assorbite nella forza creativa istantanea ed emotiva del risultato che trova in sé, nel metodo, la sua legittimità.
Questa idea può risultare affascinante, esaltando gli individui che si sentono chiamati a prendere ogni tipo di decisione di pubblico interesse, ma non è parimenti consapevole e connessa alla conquista, propria della Costituzione democratica, della eguaglianza sostanziale.

6. Le premesse che abbiamo finora svolto consentono di comprendere meglio (se lo si desidera) quanto in precedenza si è detto in sede di commenti:
"La democrazia diretta è un indefinibile - indefinibile!- processo decisionale ove i poteri di fatto tendono a prevalere inesorabilmente verso risultati che sfuggono inevitabilmente alla comprensione dei decidenti, facendo prevalere l'istinto autoritario delle oligarchie.
Però di questo abbiamo tanto parlato qui: e in base a quanto, da secoli, hanno elaborato e escogitato coloro che hanno posto le basi della democrazia sostanziale (cioè quella che si pone come sistema di razionale e stabile risoluzione del conflittosociale e distributivo). E nessuno di questi ha mai predicato la democrazia diretta.
Quest'ultima, invece, riscuote, non poche nascoste simpatie nelle elites che si strofinano le mani al pensiero di come, a livello pre-elettorale, sono in grado di formare l'opinione pubblica, rendendo il voto un PROCESSO IDRAULICO. Cioè a esito predeterminato (dall'assetto mediatico e culturale controllato dalle oligarchie) ove la democrazia scolora nel SONDAGGISMO (che dissimula l'assetto oligarchico)."
7. Relativamente al problema sostanziale per cui non "tutto-tutto" possa continuamente essere rimesso in discussione, lasciandolo all'apparente e illusoria autodeterminazione dellasomma dei singoli elettori, avevamo anche anticipato gli enormi rischi che a tale idea si connettono:
"...la democrazia sostanziale non è una questione giuridico-formale: essatrova realizzazione effettiva solo se esiste una Costituzione (rigida) che, per definizione, stabilisca dei limiti politiciinvalicabili. E che poi li affidi ad una Corte che possa svolgere proprio questo compito (costante ed effettivo) di limitazione della politica.
La questione è dunque di salvaguardia della democrazia nei suoi lineamenti irrinunciabili: la "politica" che fa le leggi in parlamento è frutto di un processo elettorale che (come la stessa democrazia diretta), a sua volta, è inevitabilmente il riflesso di assetti di forza nel controllo dell'opinione publbica.
Per questo esistono le Costituzioni: per evitare che i diritti democratici possano essere arbitrariamente rimessi in discussione dai sopravvenuti rapporti di forza economico-sociale (e di controllo dell'informazione).
Ogni politico (eletto in base alle regole poste dalla stessa Costituzione e da essa solo legittimato!) ha il supremo dovere di difendere la Costituzione, perchè altrimenti, come osservò Calamandrei, si rinnoverebbe in continuazione lo stato pre-giuridico di dominio dei puri rapporti di forza; e ogni loro correzione a favore della maggioranza schiacciante dei cittadini dovrebbe condurre ad una rivoluzione.
Ergo: la rivendicazione della legalità costituzionale è l'istanza democratica per eccellenza, superiore a qualsiasi processo elettorale..."

8. Rimane un interrogativo: ma la democrazia diretta sarebbe "praticabile", cioè sarebbe una forma attuabile e non controllabile, in assenza di un "vincolo esterno"?
Da quanto abbiamo finora detto, questo interrogativo troverebbe già una semplice risposta: è pensabile che la facoltà di "rimettere sempre e tutto in discussione" che caratterizza la democrazia diretta, in una società complessa caratterizzata dal capitalismo tecnologico, possa sfuggire al precondizionamento dell'opinione di massa e quindi del corpo elettorale?
Evidentemente no. Lo stato pre-giuridico del dominio dei puri rapporti di forza (socio-economica e quindi, inevitabilmente, culturale e mediatica), allorchè non ci si attenga allo scrupoloso rispetto dei principi fondamentali della Costituzione democratica, può ben verificarsi pure in una società non costretta dai trattati al free-trade e alla "forte competizione"...tra Stati (come impone l'art.3, par.3, del Trattato UE).
9. Al riguardo, riportiamo, più sotto, quanto detto da Bazaar in un precedente post.
E va precisanto che, quanto, in tale ragionamento, vale per le "istanze liberali", vale altrettanto per le continue esigenze di rimescolamento sondaggistico in cui consisterebbe la democrazia diretta.
E va precisanto che, quanto, in tale ragionamento, vale per le "istanze liberali", vale altrettanto per le continue esigenze di rimescolamento sondaggistico in cui consisterebbe la democrazia diretta.
Laddove, appunto, l'agenda delle priorità da sottoporre a sondaggio sarebbe naturalmente, se non inevitabilmente, condizionabile dai poteri economici prevalenti di fatto.
In altre parole, ipotizziamo di svolgereun referendum su tutti i possibili punti di pubblica decisione "rilevanti": ma chi stabilisce il metodo di concepimento iniziale, la priorità e la stessa proponibilità dei quesiti?
Forse può disciplinare questi presupposti fondamentali una massa inconsapevole dei possibili condizionamenti dell'intero spettro mediatico, il quale, in realtà, programma automaticamente (sarebbero sprovveduti se non lo facessero) il controllo dell'informazione insieme con quello della controinformazione?
O forse, li potrebbe stabilire, (auto)affermandosi libero da ogni condizionamento dalle segnalate dinamiche del potere mediatico e dimenticando ogni memoria storica delle lotte per la democrazia nonché le formule istituzionali in cui sono state trasposte, un collettivo di individui colpiti dall'effetto Dunning-Kruger?
10. Si obietta: l'evoluzione storica, sociale e tecnologica comporta sempre nuovi problemi, specie in campo ambientale e di tutela del consumatore.
Ma davvero è così?
Davvero, esistono dei problemi che possono prescindere dal tipo di regolazione del mercato del lavoro e dall'azione di intervento politico-economico dello Stato nel promuovere l'eguaglianza sostanziale?
Le tutele del lavoro, della salute, del paesaggio, delle esigenze previdenziali e di istruzione (pubblica) di tutti i cittadini, che la Costituzione impone, perchè non basterebbero a garantire la soluzione anche di problemi che non sono altro che forme aggiornate, ma non nuove, di quelli che avevano ben presenti i Costituenti?
L'anelito alla democrazia diretta non si occupa di rispondere a questi ultimi interrogativi; anzi li ignora proprio.
E proprio per questo, non a caso, abbiamo visto, le oligarchie continuano a fregarsi le mani nell'ombra (dei media che controllano), al pensiero di poter predeterminare comunque l'agenda che consente di rimettere in discussione ogni caposaldo della democrazia lavoristica.
E proprio per questo, non a caso, abbiamo visto, le oligarchie continuano a fregarsi le mani nell'ombra (dei media che controllano), al pensiero di poter predeterminare comunque l'agenda che consente di rimettere in discussione ogni caposaldo della democrazia lavoristica.
11. E dunque, con questi chiarimenti preliminari che abbracciano dal neo-liberismo fino al "sondaggismo" della democrazia diretta, veniamo all'intervento di Bazaar:
"...la particolarità di una democrazia moderna, che, per essere tale "nella sostanza" - come faceva notare Mortati - necessitava un ordinamento lavoristico con una forte Stato sociale. Ovvero, si fondava l'intero ordinamento, con convergenza di tutte le forze politiche, sulla Sinistra economica (in senso contenutistico e non partitico, ndr.): sinistra economica che propugna la necessità della giustizia sociale affinché la democrazia possa essere chiamata tale.
I liberali - ovvero la destra economica - oltre alla "giustizia commutativa" storicamente non chiedono altro: anzi.
Quindi, la domanda che sorge spontanea consiste in: « ma se tutti convergono sui caposaldi storici "socialisti", che legittimità e che spazio hanno nel panorama costituzionale le "istanze liberali"» (in democrazia "compiuta", beninteso, ndr.)?
Risposta: tendenzialmente nessuna.
I liberali alla Einaudi avrebbero potuto difendere gli interessi di classe in una dialettica che avrebbe dovuto escludere la radicalità sostanziale della ideologia storica del liberismo, risultata definitivamente screditata dalla crisi del '29 e dalla seconda guerra mondiale: avrebbero dato un eventuale contributo nel "come" raggiungere gli obiettivi.
Non più "quali" obiettivi.
Infatti, a differenza degli stati liberali "classici" come USA e UK, che avevano adottato le politiche keynesiane nel trentennio d'oro senza "obblighi costituzionali", arrivando poi a smantellare tutto lo stato sociale in breve tempo e senza troppi problemi (Reagan e Thatcher), per l'Europa il vecchio ordine (a vertice USA) ha tenuto "un piede nella porta" con la Germania ordoliberista: tramite i trattati di libero scambio dipinti di rosso da Spinelli, Rossi e utili geni del caso, tramite il "vincolo esterno", ovvero il "balance of payment constraint", ovvero tramite SME ed euro, la classe dominante internazionale, con il capitale nazionale "vassallo" e per definizione collaborazionista, si sono avviati a "ricordarci la durezza del vivere".
Perché la democrazia è tale se, e solo se, esiste lo Stato sociale con le sue protezioni (v. Mortati).
Il fatto che, nonostante la scelta unanime verso il keynesismo, Einaudi potesse godere di tali "riconoscimenti", potrebbe essere proprio considerata come il segnale della scelta extra-istituzionale, di un determinato gruppo sociale, di influenzare la politica nazionale al di fuori della legalità costituzionale. Obiettivo poi efficacemente perseguito a livello "tecnico" a fine anni '70."