1. Avrei voluto parlare di cose più attuali, come, da esempio (tra le tante vicende gravemente degenerative dell'€uropa) la lettera di risposta del primo ministro polacco al vice-presidente della Commissione UE, l'olandese Timmermans (e che sia olandese viene giustamente rimarcato nella lettera).
Ma la "clamorosa" vicenda resistenziale è stata già enfatizzata su goofynomics, dove trovate il testo (interesssantissimo e veramente eloquente) della lettera stessa.
2. Ora, però, colgo l'occasione per focalizzare una interpretazione storico-economica di non secondaria importanza, perchè ci spiega dalle sue radici il paradigma liberista e le sue immancabili e forti penetrazioni istituzionali: cioè quelle senza le quali l'oligarchia plutocratica (cioè che detiene, concentrandola, la ricchezza e, dunque, reclama il potere politico tout-court), non avrebbe potuto esercitare il proprio controllo sociale: e ciò quale che sia, come vedremo, il gruppo sociale che incarna tale oligarchia plutocratica nel corso della Storia.
Un tale controllo sociale, beninteso, coincide col controllo delle istituzioni, - e questo ci riporta alla vicenda €uropea e alla querelle Timmermans-Ziobro- ma , secondo la flessibilità tattica che ha sempre contraddistinto il liberismo (neo, ordo, o proto che dir si voglia), è preferibilmente esercitato in via di fatto, cioè lasciando la titolarità delle istituzioni stesse ad "altri", mandatari affidabili.
3. Questo fenomeno di controllo "from behind"è ampiamente esposto ne "La Costituzione nella palude" e, se guardate bene quanto epigrafato nella home-page di questo blog, in forma di intestazione subito sotto il suo "titolo" (orizzonte48), è il tema stesso che ne ha portato alla creazione.
Insomma, più che mai, se impera il libbberismo, sono le istituzioni che inducono, o vorrebbero indurre, la struttura della società. E ormai dovrebbe essere più chiaro (rispetto all'inizio del blog stesso).
Il che ci riporta alla Costituzione che compie una scommessa esattamente inversa: perché vuole essere creativa di un ordinamento pluriclasse e far sì che tale schema inclusivo, cioè ricomprensivo dell'intera struttura sociale nella rappresentatività delle istituzioni stesse, sia EFFETTIVAMENTE realizzato. Uno scopo umanistico che dovrebbe oggi contraddistinguere l'analisi del "costituzionalismo" ma che, per via della costruzione europea, in Europa, dove è nato il costituzionalismo moderno, è andato perduto (almeno a livello accademico).
Il controllo istituzionale "from behind", ribadiamo ancora una volta, è quello che, dalla seconda metà del '900, fa sì che i liberisti acconsentano a conservare la democrazia schematizzandola nel (mero) processo elettorale: purchè però esso risulti "idraulico", cioè esattamente predeterminabile, avviando in apposite "condotte" (cioè tubature culturali), le scelte solo apparentemente "libere" della massa dei votanti, tramite la predeterminazione della "opinione pubblica" (l'esito deve essere dunque predeterminato dai controllori from behind, cioè dai liberisti che, in effetti, organizzano la quasi totalitaria padronanza del sistema mediatico).
4. Il tema si intreccia doppiamente con la ormai arcinota (per i lettori del blog) enunciazione di Hayek e rinvia con immediatezza alla questione che cercheremo di riorganizzare.
Questo è lo "scambio" che fa emergere l'intreccio. Stopmonetaunica cita (più volte) questa fonte (che vi traduco: prego, anzi, "se potete", di farlo sempre nel postare i commenti):
"La comune percezioneè che il complesso di idee noto come la Scuola Austriaca di economia emerga nel tardo diciannovesimo secolo con Carl Menger a venne alla sua piena fruizio nel primo '900 con Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek.
Quando gli economisti di convinzione austriaca lessero gli scritti della Scolastica spagnola dei secoli sedicesimo e diciasettesimo riconobbero le idee che furono sviluppate secoli più tardi dalla Scuola Austriaca."
Qui schematizzati i nomi di alcuni degli scolastici spagnoli e le idee che articolarono in coincidenza (anticipatoria) di quanto enunciato dalla Scuola austriaca:
Scholastic | Concept or Principle | Afiliation and/or Location |
Father Juan de Mariana | The moral superiority of natural law | Jesuit at the University of Salamanca |
Bishop Diego de Covarrubias y Leyva | Subjectivist doctrine of value | Jesuit in Segovia |
Luis Saravia de la Calle | Notion of economic rent determined by price | |
Cardinal Juan de Lugo | No humans can deduce what prices should be | Jesuit |
Juan de Salas | The complexity of the market | Jesuit |
Jerónimo Castillo | Nature of competition as rivalry | |
Luis de Molina | Dangers of fractional reserve banking | |
Francisco de Vitoria | The moral superiority of natural law | Dominican |
Martin Azpilcueta Navarro | Quantity theory of money Time-preference principle | |
5. Questa prima fonte origina questa pregiudiziale risposta connessa al control from behind che è anche una simultanea spiegazione del perché i libbberisti siano anti-Stato (infatti vedremo come l'argomento sia sviluppato proprio da Rothbard e attenga alla visione ecclesiastica dell'economia). Ovviamente, in quanto lo Stato (riassunto nel monarca assoluto o a forma parlamentarista-rappresentativa che sia), agisca per l'interesse pubblico, cioè generale, apprezzato al di fuori della loro convenienza incontestabile:
"Toglietemi tutto ma non il mio "property right".
Più esattamente: toglieteGLI tutto (ai NON proprietari e "naturali" landlords), che tanto la proprietà (terriera e dell'oro) basta a difendersi da ogni tirannia (in genere, modo "eufemistico" di definire il potere esercitato nell'interesse pubblico e non dei proprietari stessi).
In fondo, la connessione storico-genetica non fa una grinza (e il pericolo di condanna infatti non proveniva dalle gerarchie ecclesiastiche): stare dalla parte dei feudatari conviene sempre.
Una volta che la tecnologia (principalmente militare) in Occidente, rende obsoleti i feudatari come padroni (o parte prevalente) dei rapporti di forza sociali, si passa ai nuovi anarco-(feudo)libertari, naturalmente anti-Stato, cioè contro il "qualunque" tiranno di turno: I BANCHIERI (di ogni religione purché sia monoteista).
Lo sposalizio tra anarco-darwinisti e holding immobiliar-finanziaria gerarchizzata "religiosa", è perciò INEVITABILE.
Hanno entrambi sempre un nemico comune. E, meglio ancora, AMICI comuni: i più forti che vogliono rimanere tali (senza assumere formalmente la titolarità, perché la politica-governante è un rischio che si può evitare: il volgo puteolente se la prende sempre troppo coi "titolari")..."
Più esattamente: toglieteGLI tutto (ai NON proprietari e "naturali" landlords), che tanto la proprietà (terriera e dell'oro) basta a difendersi da ogni tirannia (in genere, modo "eufemistico" di definire il potere esercitato nell'interesse pubblico e non dei proprietari stessi).
In fondo, la connessione storico-genetica non fa una grinza (e il pericolo di condanna infatti non proveniva dalle gerarchie ecclesiastiche): stare dalla parte dei feudatari conviene sempre.
Una volta che la tecnologia (principalmente militare) in Occidente, rende obsoleti i feudatari come padroni (o parte prevalente) dei rapporti di forza sociali, si passa ai nuovi anarco-(feudo)libertari, naturalmente anti-Stato, cioè contro il "qualunque" tiranno di turno: I BANCHIERI (di ogni religione purché sia monoteista).
Lo sposalizio tra anarco-darwinisti e holding immobiliar-finanziaria gerarchizzata "religiosa", è perciò INEVITABILE.
Hanno entrambi sempre un nemico comune. E, meglio ancora, AMICI comuni: i più forti che vogliono rimanere tali (senza assumere formalmente la titolarità, perché la politica-governante è un rischio che si può evitare: il volgo puteolente se la prende sempre troppo coi "titolari")..."
6. La questione storico-economica (e teologica, in fondo) che stiamo affrontando, è così posta nel suo "thema decidendi": come si arriva nei suoi snodi dimostrativi all'assunto (certamente autorevole) sulle origini del capitalismo formulato dalla Scuola austriaca?
Sarà una trattazione lunga ma...è colpa vostra (del vostro entusiasmo e spirito di ricerca).
Anzi, data la vastità dell'argomento, e l'impossibilità fisica di scrivere un libro in un giorno, sarà una trattazione "a puntate". Che, però, vi prego di seguire nella sua interezza, perché il lavoro di selezione e montaggio che vi proporrò non sarebbe utile se non si cerca di coglierne lo scopo di sistemazione organica di un argomento che pare appassionarvi molto.
7. E dunque, tutto nasce da questo notevole commento di Francesco Maimone:
"E’ interessante come l’ordoliberismo riesca a penetrare le midolla mediante creazioni di scenari ed utilizzo di una terminologia miratamente religiosa. Termini quali debito, credito (credere), fiducia (fides), redenzione, sacrifici, veicolano in modo subliminale messaggi quasi mistici tanto da far parlare di teologia economica (D. Fusaro).
Quanto allo scenario, nell’immaginario collettivo il vecchio paradigma era basato su una dialettica (visibile) tra l’uomo politico (i governanti) e l’uomo razionale (i governati), che avevano modo di relazionarsi con il potere mediante forme razionali di scelta (libere e democratiche elezioni secondo Costituzione).Il nuovo paradigma mondialista, invece, si in centra sulla declinazione di un potere le cui dinamiche si sono fatte invisibili (D. Estulin, l’Impero invisibile).I veri governanti sono d’un tratto “ascesi al cielo”, non sono più eletti e risiedono in una sorta di realtà iperuranica invisibile e dematerializzata; i governati, da bravi fedeli, sono invece costretti a genuflettersi in modo fideistico alle decisioni contornate sempre da un velo di mistero e lontane dalla razionalità.
I richiami martellanti a termini propri della religione non è per niente casuale e costituisce, in uno con l’assordante propaganda tea-party porriana (che insiste non a caso anche su un debito mostruoso), alla creazione di un novello dogma post Gotterdammerung. Un nuovo incantamento colonizza prima i cervelli.
Non è un caso se Hayek affermava che il vero liberalismo “non ha niente contro la religione” e non può che deplorare “l’anticlericalismo militante ed essenzialmente illiberale che ha animato tanta parte del liberalismo continentale del XIX secolo” (Hayek, La società libera, 451).
Anzi, continuava, il liberalismo “è stato spesso difeso e anche sviluppato da uomini che possedevano forti convinzioni religiose” (Hayek, Studi di filosofia, politica ed economia, 297). Ed ancora, “se la frattura tra il vero liberalismo e le convinzioni religiose non sarà sanata, non ci sarà alcuna speranza per la rinascita delle forze liberali. Ci sono oggi in Europa molti segnali che indicano tale riconciliazione più vicina di quanto non lo sia stata per lungo tempo e che mostrano come molte persone vedono in essa la sola speranza per preservare gli ideali della civiltà occidentale” (ivi 286-287).
Connotati spiccatamente fideistici dell’ordoliberismo, assunto come dogma, fanno sì che lo stesso non possa nemmeno essere discusso (e infatti non si discute) e che il suo compimento (anche fino alla tragedia) sia annoverato in una sorta di visione escatologica di disegno divino finalizzato sempre e comunque alla “salvezza” dell’uomo.
Quanto allo scenario, nell’immaginario collettivo il vecchio paradigma era basato su una dialettica (visibile) tra l’uomo politico (i governanti) e l’uomo razionale (i governati), che avevano modo di relazionarsi con il potere mediante forme razionali di scelta (libere e democratiche elezioni secondo Costituzione).Il nuovo paradigma mondialista, invece, si in centra sulla declinazione di un potere le cui dinamiche si sono fatte invisibili (D. Estulin, l’Impero invisibile).I veri governanti sono d’un tratto “ascesi al cielo”, non sono più eletti e risiedono in una sorta di realtà iperuranica invisibile e dematerializzata; i governati, da bravi fedeli, sono invece costretti a genuflettersi in modo fideistico alle decisioni contornate sempre da un velo di mistero e lontane dalla razionalità.
I richiami martellanti a termini propri della religione non è per niente casuale e costituisce, in uno con l’assordante propaganda tea-party porriana (che insiste non a caso anche su un debito mostruoso), alla creazione di un novello dogma post Gotterdammerung. Un nuovo incantamento colonizza prima i cervelli.
Non è un caso se Hayek affermava che il vero liberalismo “non ha niente contro la religione” e non può che deplorare “l’anticlericalismo militante ed essenzialmente illiberale che ha animato tanta parte del liberalismo continentale del XIX secolo” (Hayek, La società libera, 451).
Anzi, continuava, il liberalismo “è stato spesso difeso e anche sviluppato da uomini che possedevano forti convinzioni religiose” (Hayek, Studi di filosofia, politica ed economia, 297). Ed ancora, “se la frattura tra il vero liberalismo e le convinzioni religiose non sarà sanata, non ci sarà alcuna speranza per la rinascita delle forze liberali. Ci sono oggi in Europa molti segnali che indicano tale riconciliazione più vicina di quanto non lo sia stata per lungo tempo e che mostrano come molte persone vedono in essa la sola speranza per preservare gli ideali della civiltà occidentale” (ivi 286-287).
Connotati spiccatamente fideistici dell’ordoliberismo, assunto come dogma, fanno sì che lo stesso non possa nemmeno essere discusso (e infatti non si discute) e che il suo compimento (anche fino alla tragedia) sia annoverato in una sorta di visione escatologica di disegno divino finalizzato sempre e comunque alla “salvezza” dell’uomo.
La costruzione su mere basi scientifiche dell’ordoliberismo non avrebbe potuto resistere al controllo della razionalità spicciola; bisognava elevare il livello economico a divinità e creare orde di sacerdoti (collaborazionisti) che fungessero da medium con dette divinità sempre, beninteso, per il bene dei fedeli. Di razionale non vi è rimasto più nulla. Non a caso, sempre Hayek (tra le altre minchiate) parlava di “abuso della ragione”, di “costruttivismo” che non vuole tener conto del fatto che sia la legge che la società libera sono il prodotto di un’evoluzione spontanea che l’uomo non può governare, ma solo facilitare, eliminando al massimo l’intrusione della ragione politica (sul blog se n’è parlato e discusso molte volte).
Io credo (ma forse mi sbaglio) che senza questa forte associazione del fenomeno ordoliberale alla semantica religiosa (cui si assimila nel reale e nell’immaginario) non possa spiegarsi l’ottusità degli italiani e la loro riottosità a capire che, mentre fanno la nanna, la culla va a fuoco.
Io credo (ma forse mi sbaglio) che senza questa forte associazione del fenomeno ordoliberale alla semantica religiosa (cui si assimila nel reale e nell’immaginario) non possa spiegarsi l’ottusità degli italiani e la loro riottosità a capire che, mentre fanno la nanna, la culla va a fuoco.
Negli ottusi fideistici annovero ovviamente anche alcuni miei colleghi la cui preoccupazione è di accumulare “crediti formativi” partecipando a convegni improponibili sulle ultime novità della finanziaria di turno. Ma nemmeno un convegno giuridico in cui si sia discusso, per esempio, del pareggio di bilancio ficcato in Costituzione. Appunto."
8. Precisiamo che di convegni giuridici sul pareggio di bilancio ce ne sono eccome: un esempio lo trovate qui, e un altro si sta svolgendo proprio oggi: "Perugia domani".
Il problema, tuttavia, viene sempre affrontato - non a caso - in modo indiretto: partendo dalla crisi economica, quasi sempre, per i giuristi, dovuta a cause cui resisti non potest e mai attribuite all'inserimento dell'Italia nella costruzione europea in sé. E comunque, anche laddove una qualche eziologia tra crisi e UE sia ravvisata, sempre cercando di preservare ad ogni costo un futuro o una nuova veste (riformata) della costruzione europea attuale.
Il fatto è che i giuspubblicisti tendono a prendere come un dato di fatto acquisito, e quindi incontestabile e naturalistico, cioè non attribuibile, come invece è, ad una precisa scelta politica contingente, evitabile e connotata dall'essere contraria ai principi inviolabili della nostra Costituzione, la "scarsità delle risorse" (finanziarie pubbliche) e la "indipendenza della Banca centrale".
Su tali punti consiglio di leggersi (o rileggersi, per chi l'avesse già fatto), le iniziali analisi del prof.Guarino riportate alle pagine 116-120 de "La Costituzione nella palude" (e grazie ad Arturo, filologo di valore inestimabile per il mio lavoro).
8.1. Quanto poi al tema della "teologia" (ordo)liberista, in realtà era stato già affrontato sul blog negli anni scorsi. Per chi avesse la voglia di leggerselo (ed è per questo che l'ho ritirato fuori) consiglio di verificare quanto siano attuali i links inseriti (eravamo a febbraio 2014):