Image may be NSFW.
Clik here to view.
La democrazia è finita. E adesso?
"La sua speranza è che gli Stati Uniti - coi quali si è schierato in Medioriente scavalcando Merkel e Hollande (sic!) - vincano la loro battaglia con Berlino: gli USA vogliono che l'Europa abbandoni l'austerità perché così sta portando il mondo in deflazione. Dopo i richiami a Berlino, sono passati alle maniere forti: lo scandalo Volkswagen o la class action a Deutsche Bank, accusata di usare software truccati per gli scambi di valute. Difficile, però, che le tensioni fra i due paesi servano a Renzi per evitare il redde rationem".
Clik here to view.

La democrazia è finita. E adesso?
"La sua speranza è che gli Stati Uniti - coi quali si è schierato in Medioriente scavalcando Merkel e Hollande (sic!) - vincano la loro battaglia con Berlino: gli USA vogliono che l'Europa abbandoni l'austerità perché così sta portando il mondo in deflazione. Dopo i richiami a Berlino, sono passati alle maniere forti: lo scandalo Volkswagen o la class action a Deutsche Bank, accusata di usare software truccati per gli scambi di valute. Difficile, però, che le tensioni fra i due paesi servano a Renzi per evitare il redde rationem".
1. Nel post precedente avevamo descritto lo schema che, inevitabilmente, all'interno di un'area di (esplicito) liberoscambio definita per trattato, investe l'Italia come Stato debole, come tale destinato a divenire satellitare ed economicamente, nonchè politicamente, subordinato a quelli dominanti l'area stessa.
Tale meccanismo fa sì che la forza politico-economica, nella logica liberoscambista, si concentri sempre più verso un unico Stato, cioè la Germania (e verso quegli Stati che, quali alleati politicamente omogenei, della prima ora, finiscono per avere carattere complementare ad esso, auto-assorbendosi nei suoi scopi ed interessi finanziari e commerciali).
E questo proprio per effetto dell'applicazione del trattato liberoscambista che, in tal caso, è quello che ha dato luogo all'UE, rafforzata, in ogni suo effetto, dall'adozione della moneta unica.
2. Uno Stato diviene quindi dominante, nella logica coloniale che è esattamente equivalente a quella di un trattato liberoscambista, che assolve, per via di autolimitazione del governo "debole", alla stessa funzione della conquista militare da parte della potenza divenuta egemone (solo un po' meno cruenta nella sua fase instaurativa, appunto, del "vincolo esterno").
Questo Stato "dominante"passa poi ad impadronirsi della totalità delle risorse patrimoniali appetibili del paese "debole" (ovvero, colonizzato in modo incruento).
Tale schema, visto appunto nel post precedente, passa per l'indebitamento finanziario dei suoi cittadini e imprese, verso l'estero, e sul piano interno per una caduta dei redditi, che determina un diffuso stato di insolvenza che vincola, tali imprese e tali cittadini, a liquidare il proprio patrimonio, posto a naturale garanzia della situazione di indebitamento.
3. Il post precedente aveva acceso il riflettore sullo schema sopra riassunto, in quanto si sta(va) delineando un vero e proprio "Stato di eccezione", attraverso l'applicazione, dal 1° gennaio 2016, del sistema di €uropeo risoluzione delle crisi bancarie, previsto dalla Unione bancaria (corollario del trattato liberoscambista e dell'area monetaria unica). Almeno nel senso che la Germania stessa stava e, tutt'ora, sta cercando di imporre, come abbiamo visto in questo post:
"Questo sistema, infatti, attualmente e per molti e cruciali anni a venire, risulta privo di un sistema assicurativo comune (almeno per i conti correnti fino a 100.000 euro), che, nelle more della possibile ondata di insolvenze e conseguenti bail-in, cioè di espropri dei risparmi dei correntiti e piccoli investitori, andrebbe forse attivato fra 8 anni; anche se, appunto, la Germania già dice di non essere interessata...
Ovvero, è interessata ma con una ben precisacondizionalità nel proprio interesse esclusivo: cioè imponendo di ripristinare un sistema che sostanzialmente riaumenti gli spread e consenta al loro asfittico sistema di risparmio, a fini assicurativi e pensionistici, di lucrare sui rendimenti differenziali (ridivenuti, grazie all'Unione bancaria) molto più alti dei nostri titoli del debito pubblico. I prezzi di collocamento e i connessi tassi di interesse passivi (a carico dei contribuenti italiani), infatti, sarebbero fissabili SOLO dai sottoscrittori privati finanziari esteri (che rimarrebbero, nel sistema preteso dai tedeschi, praticamente gli unici sottoscrittori legittimati sul mercato primario, al collocamento)".
4. In pratica, avevamo visto, gli interessi sul debito pubblico italiano sarebbero stati un costante trasferimento a favore degli investitori finanziari del paese dominante, con rendimento che avrebbero consentito di meglio corrispondere alle aspettative di finanziamento dei sistemi pensionistici e assicurativo-previdenziali di tale paese, afflitto dal calo dei rendimenti connesso alle sue politiche deflazioniste e dall'invecchiamento della popolazione; una popolazione di anziani risparmiatori e, soprattutto, elettori che, invece, conta su rendimenti del proprio risparmio appetibili e rassicuranti, (circa un futuro sempre più incerto). che il sistema tedesco non è più in grado di garantire.
A questo vantaggio sperato, si accompagna la prospettiva di svendita, naturalmente e preferibilmente a mani estere (dominanti) degli asset patrimoniali italiani (aziendali e immobiliari, sottostanti alle posizioni debitorie divenute "sofferenze"), determinato dallo stesso meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie, e dai suoi effetti direttamente connessi sulla immediata realizzabilità, a catena, di ogni forma di debito pendente, anche se non ancora in sofferenza.
5. Dunque siamo di fronte all'applicazione interstatale, più precisamente in chiave liberoscambista, del principio generale, comune alle Nazioni "Civili", enunciato dall'art.1186 del codice civile (essendo l'Italia il paese espressivo della più forte e solida tradizione giuridica, che riflette la sintassi normativa che regola ogni livello di rapporti obbligatori):
"Decadenza dal termine - Quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date o non ha dato le garanzie che aveva promesse".
Questo principio si riflette pure nel diritto fallimentare; art.55 L.F:
"Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni".
Quindi i crediti possono divenire "escutibili" anteriormente al loro termine di "esigibilità", cioè prima della scadenza posta a favore del debitore (per dargli il tempo di produrre la ricchezza aggiuntiva che gli consenta di poter restituire), laddove possano, cioè "minaccino di", divenire non restituibili, (oggi si dice, in modo generico e improprio, da linguaggio mediatico-bancario più che giuridico, inesigibili), secondo una previsione di situazione futura.
6. Notare che un altro principio generale che, dalla civiltà giuridica italiana, si è diffuso in tutto il mondo, è quello relativo alle garanzie naturali di ogni obbligazione contratta, posto dall'art.2740 c.c.:
"Responsabilità patrimoniale - Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri".
Risulta poi nell'ordine naturale delle cose (del "mercato") che la norma che consente la previsione (induttiva) di una futura situazione di insolvenza, neppure ancora manifestata, del debitore, induca il creditore - specie se estero o, ancor, più se sovranazionale e liberoscambista -, a fare di tutto per renderla attuale.
E lo fa, quanto più può sfruttare la sua posizione di forza politico-istituzionale.
Anzitutto tende a farlo mediante una regolazione che imponga indici automatici dell'insolvenza futura, non necessariamente ragionevoli e legati a una situazione di difficoltà irredimibile: proprio per potersi impadronire di tutti i beni "presenti e futuri" del debitore.
Questi "indici automatici normativizzati", che inaspriscono la posizione del debitore e aumentano gli appetiti del creditore in grado di imporre regole che lo avvantaggiano nell'appropriarsi dei beni "presenti e futuri" del debitore, si rendono applicabili ai rapporti interstatali proprio sul presupposto, principale, della "federazione" politica, ma liberoscambista, e di una connessa unione monetaria.
Perché è evidente che, in tale contesto sovranazionale, lo Stato debole viene privato della sua banca centrale, che viene spostata a livello sovranazionale e che non deve più provvedere a funzioni di tesoreria nell'ambito della funzione, (in Italia costituzionalizzata), di tutela del risparmio dei cittadini dello Stato, spossessato della sua moneta.
7. Detto questo, nella maniera più sintetica possibile, ora ci troviamo di fronte allo sgonfiarsi, apparente, della urgenza della situazione bancaria che consegue al sistema dell'Unione bancaria.
Questo sgonfiamento si sta (forse) verificandoin virtù dell'ennesimo intervento "dichiarativo" del presidente della BCE."Dichiarativo" come già il "whatever it takes", ovverosia il c.d. Outright monetary transaction, di cui, invece, conosciamo l'effettiva ridefinizione di limiti e presupposti, avvenuta ad opera della Corte europea di giustizia, in sostanziale accoglimento delle tesi tedesche.
L'OMT è, oggi, teoricamente realizzabile ma, in pratica, deve essere accompagnato da tali condizionalità imposte dalla Commissione UE da non differenziarlo poi molto da un intervento della trojka, nell'ambito della sfera d'azione dei vari EFSF e EMS.
Ma questo aspetto, troppo spesso, e sventatamente, dimenticato, dagli stessi operatori politici e finanziari italiani, ci racconta pure di come le dichiarazioni di Draghi siano accolte: dimenticando cioè che non è il banchiere centrale italiano e nemmeno, in questo caso, il titolare della vigilanza bancaria italiana.
Qualunque cosa dica, sui propri presunti poteri illimitati, il sistema delle regole dell'unione monetaria e della complementare unione bancaria, rimane quello che è e che abbiamo visto: un sistema di asimmetrie che il paese dominante, in un'area liberoscambista, come l'UE e, ovviamente, quale sarà anche il TTIP (con gli USA destinati a sostituire la Germania in tale ruolo), ha il pieno diritto di sfruttare a proprio favore, essendosi il paese debole, e colonizzato, assoggettato al vincolo esterno del trattato.
8. Questo vincolo, - monetario, cioè il divieto per lo Stato di poter decidere la quantità di liquidità da immettere nella propria comunità per indirizzarne lo sviluppo; fiscale, cioè il divieto di poter modulare le politiche di sviluppo sui vari settori da incentivare o da limitare; e sulla tutela del risparmio cioè il divieto di promuovere l'acquisto della proprietà di beni fondamentali per tutti i cittadini-, segnala che le regole stesse del trattato PROVOCANO lo "stato di eccezione" che travolge la situazione patrimoniale dei cittadini spossessati della propria moneta.
Schematicamente, moneta unica e unione bancaria, combinate, determinano:
- squilibri commerciali e conseguente indebitamento con l'estero determinati principalmente dalla moneta unica, cioè dal divieto per lo Stato di poter agire contando sulla flessibilità del cambio e, quindi, anche a tutela di redditi e occupazione;
- divieto di bail-out, cioè di intervento dello Stato a tutela del risparmio, in situazione di sofferenze diffuse provocate essenzialmente da politiche fiscali imposte dal trattato!.
9. Lo stato di eccezione deriva dunque, non da misteriosi eventi congiunturali internazionali, o da colpe imputabili a presunte mancanze delle imprese e dei lavoratori/risparmiatori italiani, come stanno cercando di propinarci a reti unificate da alcuni anni, ma proprio dall'applicazione dei meccanismi intrecciati e coordinati del trattato liberoscambista; con ciò segnalando la privazione della sovranità che, se esercitata a norme della Costituzione, avrebbe impedito l'impoverimento, l'indebitamento crescente, e la conseguente aggressione alla responsabilità patrimoniale dei cittadini italiani.
Di più segnala, questo stato di eccezione e la dislocazione del potere di dichiararlo a poteri e organi sovranazionali, la cessione, già in sè non consentita, di quote di sovranità nazionale che, comunque, nulla ha a che vedere con pace e giustizia tra le Nazioni e, meno che mai, con condizioni di parità, come, per contro, avrebbe imposto il rispetto dell'art.11 Cost.
10. Ora che il free-trade (auto)imposto per trattato, agisca come conflitto permanente tra i paesi coinvolti nel trattato stesso, in un crescendo di reciproca ostilità tra popoli privati della sovranità, ce lo dice lo stesso think tank, che abbiamo visto citato nel post "ORDOLIBERISMO, MONDIALISMO, DECRESCISMO: GLI "€URO-AMICI" DELL'ITALIA UMILIATA". Cioè lo European Council on Foreign Relations, quello promosso e finanziato alla nascita da George Soros e la sua Open Society (oltreche da Unicredit..).
Basta leggersi una delle sue ultime pubblicazioni, datata 20 gennaio 2016, intitolata significativamente: “Connectivity Wars: Why migration, finance and trade are the geo-economic battlegrounds of the future”.
Dunque, tutto ciò che è liberoscambismo, così come promosso in Europa principalmente attraverso l'Unione europea, crea appunto questa "connettività"; ed essa è la premessa delle inevitabili guerre di "nuova generazione", incentrate sulle sue ricadute inevitabili: migrazione, finanza e commercio:
"Durante la guerra fredda, l'economia globale rispecchiava l'ordine globale - soltanto connessioni limitate esistevano al di là della Cortina di Ferro, e l'Internet in embrione era utilizzata solo dal governo USA e dalle università.Ma ol collasso dell'Unione Sovietica, un mondo diviso che viveva all'ombra della guerra nucleare cedete il passo a un mondo di interconnessione e di interdipendenza. Alcuni salutarono la "fine della Storia". Il mondo su ampiamente unita nel perseguire i benefici della globalizzazione...
Il commercio, gli investimenti e altri "links" tra Stati si accrebbero...
...In pratica, le stesse cose che hanno posto in connessione il mondo sono adesso usate come armi - ciò che ci aveva messo insieme- ci sta ora separando....
Gli Stati stanno invece cercando di rendere un'arma il sistema globale in sè utilizzando l'interruzione o la rottura dei vari links e connessioni come un'arma.
...Il sistema globale di commercio, una volta strumento di integrazione, è stato lacerato da sanzioni economiche e finanziarie (proprio quelle che, al di là degli scopi dello scritto chiaramente inteso a una maggior cooperazione internazionalistica, insomma a un ritrovarsi nel caro vecchio "volemose bene", caratterizzano l'inevitabile evoluzione dell'UE-UEM qui segnalata; ndr.)
...Questo significa che i paesi che non dipendono troppo da un qualsiasi altro Paese singolarmente considerato -cioè con un'economia diversificata e in grado di importare energia da molti posti diversi- saranno al riparo dalla maggior parte degli attacchi geo-economici".
11. Appunto: i paesi al riparo sono quelli posti esattamente nella condizione in cui ERA l'Italia, prima di assoggettarsi all'Unione economica e monetaria, al cui interno si verificano, drammaticamente accelerate, tutte le dinamiche che, nelle intenzioni dell'autore del paper, sarebbero da attribuire alla insufficiente regolazione della globalizzazione, non abbastanza, secondo lui, orientata verso una completa mondializzazione di regole e interessi essenziali.
Lo schema delineato in questi termini globali, (unito, però, alla rimozione della capacità di vedervi il massimo grado di realizzazione proprio all'interno dell'UE e di ciò che vi sta accadendo), è esattamente come quello prima illustrato: solo che ce lo conferma, basandosi su fatti e valutazioni non più nascondibili, questo think tank, finanziato da Open Society, Soros e, anche, dalla stessa Commissione UE, a nome di Mark Leonard, esperto scientifico del think tank stesso che, in base alla sua biografia, è accreditato di essere un “Young Global Leader”!
12. Il nodo irrisolto però è questo: qualcuno, di molto potente e influente sulle cose €uropee, ha stoppato, per ora, il meccanismo di (auto)distruzione del sistema bancario italiano e, conseguentemente, di espropriazione del patrimonio italiano, con la distruzione accelerata della sua economia.
Questo qualcuno può aver indirizzato Draghi, cui certo le buone relazioni con gli ambienti dell'ordine mondiale dei mercati finanziari non mancano, e convinto, al momento, gli stessi Weidman a raggiungere l'unanimità sulle cose deliberate preliminarmente, il 21 gennaio, dal Consiglio dei governatori della BCE.
Ma i ricatti della "connettività", e la loro trasformazione in guerra di nuova generazione, all'interno dell'area liberoscambista più istituzionalizzata e vincolante del pianeta, restano.
Draghi, mostrando (abilmente, non c'è che dire) di ignorare l'applicabilità inevitabile del sistema di regole e di sanzioni di cui ossessivamente si nutre l'Unione monetaria europea, ha concesso una tregua, di forte valore politico, alla stessa Italia (come già col "whatever it takes", che s'è visto com'è finito...)
13. Rimangono così intatti tutti i motivi di conflitto interno all'UEM innescati dalle regole irrevocabili e ormai da applicare inderogabilmente.
La riduzione del deficit, verso il pareggio di bilancio, nella sede di verifica della legge italiana di stabilità, così come i limiti, derivanti dalle stesse regole €uropee, che incombono sui pretesi "illimitati poteri", per "reflazionare", reclamati da Draghi; allo stesso modo questi limiti incombono, su QUALUNQUE cosa potrà decidere il prossimo Consiglio della BCE, per rassicurare sulla stessa situazione di stagnazione e di crisi bancario-finanziaria dell'eurozona.
Tutto questo apparato di conflitto guerreggiato all'interno dell'UEM, non è scalfito dall'ennesima mossa di Draghi.
L'insieme delle regole adottate, e in folle inasprimento, prima o poi, esplicheranno tutto il loro significato di guerra (imperialistico-coloniale) in €uropa.
14. Insomma, per quanto di nuova generazione, all'appuntamento della Storia, il liberoscambismo, adottato in €uropa in versione federalista-ordoliberista, ancora una volta produce effetti equivalenti alle guerre delle cannoniere del XIX secolo: una guerra che è pur sempre ormai apertamente dichiarata.
Anzi: una guerra ottocentesca, scritta in regole che non lasciano spazio a mediazioni ed a compromessi.
Ma che, pur in questa fase di tregua (certamente armata), prelude solo alla scelta, da parte dei più forti che conducono l'offensiva, dei tempi più o meno strategici e tattici (come in ogni guerra) in cui passare alla depredazione di coloro che stanno per essere inevitabilmente sconfitti.
A meno che non si rammentino di poter ridivenire economie che "non dipendono da un singolo altro Paese" o, peggio, da un'autorità sovranazionale liberoscambista, e dotati di "un'economia diversificata" e dinamica.
Com'era sempre stata l'Italia, almeno sul piano economico e finanziario (cioè quello sul quale si sta svolgendo questo nuovo tipo di guerra), da quando era stata ripristinata la democrazia. Costituzionale.