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BREXIT: LA RELIQUIA DEGLI ANNI '70 TRA TTIP E SOVRANITA' FISCALE

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Questo post di Sofia compie una rassegna delle posizioni espresse nel Regno Unito sulla questione della Brexit. 
Risulta evidente come anche il minor "vincolo esterno" determinato dalla mera appartenenza alla UE, (senza quella all'UEM), sia più che sufficiente a denunciare la non convenienza e l'illogicità dell'attuale costruzione europea. 
Nel Regno Unito la maggioranza schiacciante dei cittadini è perfettamente cosciente di come l'UE sia solo un mezzo per imporre austerità fiscale e contribuzioni prive di qualunque corrispettivo, rigidamente svincolate dalle necessità del ciclo economico, nonché per instaurare un mercato del lavoro che deprime i salari, privilegiando gli interessi dei grandi gruppi industriali e finanziari nazionali ed esteri. Più di quanto i britannici non sarebbero disposti a fare per propria scelta (democratica).
PS: da notare, infine, quanto voci ufficiali della sanità pubblica e del mondo accademico, e politico, siano perfettamente coscienti degli effetti devastanti del TTIP sul sistema sanitario pubblico. Una cosa impensabile in Italia...



1. Lo scorso anno, subito dopo le elezioni nel Regno Unito,e  il trionfo di Cameron, il referendum sull'uscita Ue veniva prospettato come inevitabile e si è contemporaneamente rafforzato l’attacco mediatico catastrofista circa gli effetti per il Paese in caso di uscita dall’UE.
La Fondazione Bertelsmann e l’istituto di ricerca economica IFO hanno stimato addirittura una perdita netta di 300 miliardi di euro per la Gran Bretagna, tra 2018 e 2030, e impatti notevoli anche sul prodotto interno lordo tedesco e su quello di Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Svezia, Malta e Cipro (in attesa del referendum, a dire di questi “esperti”, molte aziende rimanderebbero gli investimenti e le banche sposterebbero il quartier generale da Londra a Dublino, Francoforte o Ginevra).

Così come stimano che per l’Italia si profilerebbero uscite aggiuntive per quasi 1,4 miliardi di euro in termini di contributi al budget Ue per compensare quelli del Regno Unito (8,64 miliardi nel 2014) che verrebbero meno (il che è possibile ma non è detto, visto che il bilancio UE è comunque annuale ed oggetto di concertazione – e quindi rivedibile - , pur  inserendosi in un piano di spesa a lungo termine della durata di sette anni, il cosiddetto quadro finanziario pluriennale, che consente all'UE di pianificare con anticipo i programmi di spesa).
Ma Bertelsmann e IFO sono, rispettivamente, una fondazione promanante dal maggior gruppo multimediale tedesco e un istituto di ricerca ecoomica di...Monaco.

2. Nell’ambito del dibattito tra chi vuole restare in Europa e chi vuole uscire, Alan Sked, fondatore dell’Ukip, (che lasciò il partito che aveva fondato per i profondi dissidi con Nigel Farage), e intellettuale storico della London School of Economics, ha detto, in una intervista all’Espresso:
“il referendum sull’Unione ci sarà, ma purtroppol’obiettivo di Cameron è di restarci. Cercherà di ottenere una ritrattazione di quell’articolo, nel trattato di Roma del 1956, in cui si parla di una “ever closer union”, cioè un’integrazione progressivamente sempre più stretta. Noi ne siamo di fatto già esentati, da quando abbiamo rifiutato l’unione monetaria, ma lui lo presenterà come un trionfo politico e convincerà gli inglesi a restare”.

Ma Alan Sked, non è il solo sostenitore della Brexit e risponde piccato alle provocazioni sui contraccolpi economici che potrebbero derivarne: "Nella City dicono che dovrebbero spostare il nostro settore finanziario a Francoforte o Parigi? Perché mai, devi forse fare parte della Cina per commerciare con i cinesi?"
Lo conferma un recente articolo sull’International New York Times   del 12.2.2016, a firma di Louise Mensch, ex parlamentare del partito conservatore, editoriali sul "Sun" e nota scrittrice: secondo la Mensch, la Brexit non è affatto giudicata negativamente ma, anzi, è sostenuta da almeno il 70% degli inglesi ed è vista come la “fuga dalla sempre maggiore invasione del superstato europeo sulla sovranità nazionale” e, quindi, Cameron, che per accontentare il proprio elettorato ha previsto il referendum solo nel 2017, potrebbe rimanere deluso dai risultati.

3. Come rammenta anche Prodi in un articolo su Il Messaggero del 7 febbraio 2016,  Cameron è tornato recentemente a Bruxelles con un pacchetto di proposte che mirerebbe ad ottenere il massimo delle concessioni, in modo che gli inglesi rivedano i loro convincimenti sulla Brexit. 
In verità, stando alle critiche dei giornali inglesi, si tratta di un pacchetto piuttosto debole: 
1) necessità di assicurare maggiore competitività della UE (completamento mercato unico e conclusione accordi commerciali, come il TTIP); 
2) "fairness", intesa come non-discriminazione dei Paesi non-Euro nei processi decisionali dell’Eurozona che abbiano impatto sul mercato unico; 
3) sovranità parlamentare, intesa come rafforzamento dei parlamenti nazionali; 
4) restrizioni al welfare che non mettano in discussione la libera circolazione dei lavoratori, ma che ne reprimano gli abusi e fissino limiti temporali minimi di residenza.

4. La Mensch, per contro, evidenzia come questa ultima misura (il freno alle prestazioni sociali per gli immigrati europei), proprio per la sua durata limitata, finirebbe per non avere affetti rilevanti a meno che non vi sia un accordo con gli altri paesi. Così come ritiene fallimentare il tentativo di Cameron di impedire che i lavoratori in Gran Bretagna inviino gli assegni familiari all'estero in favore delle persone a carico, che vivono altrove.

E poi, come si concilierebbe il completamento del mercato unico con la conclusione di accordi commerciali (quali il TTIP), che vanno in un senso esattamente opposto, a meno che l’accordo commerciale non serva ad asservire un mercato unico alle regole e alle condizioni di un altro mercato unico più forte?
E come si concilierebbe la proposta di reprimere gli abusi necessariamente legati alla libera circolazione dei lavoratori, se detta libera circolazione è proprio uno degli elementi basici dei Trattati?
La Gran Bretagna, forte della sua posizione di potenza economica mondiale,  pretende di avere maggiore voce in capitolo nell’Eurozona e nel Parlamento, ma non spiega come debbano essere eliminate le asimmetrie che determina la partecipazione di alcuni Paesi nell’UE ma non nell’UEM.
Insomma, Cameron fa affidamento sul vertice europeo della prossima settimana per portare a casa dei risultati, ma Schulz ha già frenato gli entusiasmi.

5. Prodi giudica l’atteggiamento del Primo Ministro come di uno che è convinto che l’uscita dall’Unione Europea sarebbe un evento “disastroso per l’economia britannica”, ma ne critica l’approccio autoritario, di colui che vuole  rimanere nell’Ue ma vuole una nuova idea dell’Europa, totalmente diversa da quella concepita dei padri fondatori, che non opererebbe più per raggiungere obiettivi comuni ma per tenere insieme gli interessi economici di soggetti che hanno obiettivi diversi.
In verità una parte dell’elettorato della Gran Bretagna, vuole rimanere in Europa, ma mantenendo un ruolo di leader anziché essere fagocitata dai soli interessi franco-tedeschi.
L’altra parte dell’elettorato (che a quanto riporta la Mensch sembra quello maggioritaria), ritiene che un divorzio amichevole, sia meglio  di un cattivo matrimonio e rivendicano la propria indipendenza, che ritengono positiva non solo per la Gran Bretagna, ma anche per tutti gli alleati europei.

6. La Gran Bretagna, infatti, evidenzia la Mensch, avrebbe:
- più soldi per il propro bilancio pubblico, per il venir meno dei contributi che devono essere versati al bilancio UE con il connesso il venir meno dei tagli alla spesa pubblica che sinora il Paese ha dovuto effettuare, riuscendo, così a sanare il proprio deficit più velocemente se fosse al di fuori dell'Unione Europea;
- più controllo sulle prestazioni sociali e sulle politiche fiscali;
- una prospettiva allargata di libero scambio con i paesi anglofoni extra-UE;
- e un'immigrazione pianificata (solo con riferimento agli immigrati clandestini che Angela Merkel pretende siano accolti, i cittadini britannici ritengono che il proprio paese dovrebbe accettare un minor numero di rifugiati perché la Turchia, da cui la maggior parte di questi migranti arriva, è già una destinazione sicura).
E non è un problema di destra o sinistra: il membro laburista del Parlamento Kate Hoey ritiene che l'Unione europea è fatta per le grandi imprese e calpesta i salari dei lavoratori britannici, perché sfrutta quelli dell'Europa orientale e si tratta di una posizione sostenuta anche dalla sinistra sindacale R.M.T.

7. Semplicemente la Gran Bretagna è conscia di essere la quinta più grande economia del mondo, con profondi legami culturali ed economici con tutto il mondo di lingua inglese, non si sentono anti-immigrati; piuttosto, vogliono gestire la loro politica di immigrazione; non si sentono estremisti pro-libero mercato, ma sanno di essere il mercato di esportazione leader per l'Unione europea (cioè sono forti importatori dai partners UE), e non vedono la necessità di pagare per l'accesso ai propri mercati; e vogliono più libertà di commercio con l'India, la Cina e il resto del mondo.
E a coloro che ripetono che l'adesione all'euro è stata una buona idea, e presagiscono disastri dall’uscita, rispondono che la Grecia è il vero esempio di cosa vuol dire stare nell’UEM e la Gran Bretagna è l’esempio di cosa vuol dire mantenere la propria moneta.
La Mensch ritiene l'Unione europea, una reliquia degli anni '70 senza la quale la Gran Bretagna continuerebbe comunque a commerciare con gli alleati europei come è accaduto per un migliaio di anni.
A maggior ragione, agli euroscettici, preoccupa una Europa assoggettata al TTIP.

8. In un articolo sul British Medical Journal, Matthew Limb esprime preoccupazioni per gli effetti del TTIP, soprattutto con riferimento ai rischi sul Sistema Sanitario nazionale Inglese ed in considerazione di studi di impatto effettuati dalla Facoltà di salute pubblica del Regno Unito. Nonostante i sostenitori dell’accordo, ritengono che questo migliorerebbe la cooperazione in campo normativo e ridurrebbe gli ostacoli al commercio, aumentando in tal modo gli investimenti e la crescita economica, i critici ribadiscono i gravosi effetti sui servizi pubblici vitali, tra cui il servizio sanitario (NHS), dando agli investitori stranieri e alle aziende un accesso privilegiato ai mercati e il ricorso ad una forma di giustizia arbitrale segreta.

John Ashton, professore alle Università di Southampton e Liverpool, e alto dirigente del servizio sanitario nazionale, ritiene che l'utile delle aziende private straniere e dei loro azionisti sarà messo al di sopra del diritto alla salute; il TTIP rischia di radicare ed esacerbare le disuguaglianze nel campo della salute per le generazioni a venire.
"L'UE ci dice che le aziende non saranno in grado di costringere il governo del Regno Unito a modificare le proprie leggi. Tuttavia, quelle stesse imprese potrebbero costringere il governo a pagare ingenti somme di denaro (denaro dei contribuenti) a titolo di risarcimento se le leggi non si dovessero adattare gli interessi degli azionisti. Questo potrebbe significare che gli standard critici che proteggono la salute pubblica contro i beni di consumo non sicuri, i luoghi di lavoro pericolosi e rischi ambientali possono essere abbassati a livelli pericolosi".
 Gli effetti del TTIP, inoltre, riguarderebbero anche i salari.

9. Secondo Caroline Lucas, l'ex leader del partito dei Verdi e deputata inglese, in un dibattito alla Camera dei comuni britannica, l'intesa stretta tra le due potenze mondiali potrebbe portare a un calo degli stipendi di 3 mila sterline l'anno nel Regno Unito, visto che gli  Usa non hanno mai sottoscritto le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernenti la libertà di associazione sindacale, il diritto a contratti collettivi ecc.
Inoltre associazioni di PMI della Gran Bretagna si sono mobilitate contro il TTIP per l’esigua quota di esportazioni che le riguarderebbe nei commerci con l’America.

Un rapporto della Commissione europea sostiene che TTIP causerà una notevole ri-dislocazione dei lavoratori dell'UE, radicando la disuguaglianza tra le regioni europee, perché la verità è che questo accordo non vuole ridurre le barriere tariffarie tra l'Europa e gli Stati Uniti, che sono già basse, ma vuole abbassare gli standard di regolazione sociale e ambientale, e nei servizi pubblici.
Queste sono solo alcune delle voci con cui  Cameron deve fare i conti e comunque è consapevole che se questa Europa non va bene, ancora peggio sarebbe riuscire a intrattenere rapporti politico-economici con l’Europa schiava del patto Transatlantico, con la sottoposizione pressoché automatica  all'aspetto valutario del TTIP, in base ad accordi di cambio coi partner "transatlantici” conclusi direttamente dalla Commissione e dal Consiglio UE. Il parlamento UE non avrebbe alcun peso, quindi, nonostante Prodi sia così preoccupato della riduzione dei poteri dello stesso; nè, ovviamente li avrebbero i parlamenti nazionali.

1o. In vista del  peg sul dollaro, quindi, il Regno Unito potrebbe tentare di anticipare i tempi e regolare nella maniera più conveniente possibile, e direttamente, i rapporti commerciali con gli USA.
Ovviamente, i negoziati per il TTIP sono tanto più avanzati quanto più l’Europa partecipa compatta (Stati Uniti e Unione europea sono partner con più o meno uguale potenza negoziale).
Diverso sarebbe se un paese decide di negoziare un accordo con gli Stati Uniti in via autonoma.
Un trattato TTIP senza il Regno Unito sarebbe possibile ma anche geopoliticamente meno importante.
Ma ovviamente potrebbe non essere semplice neppure per la Gran Bretagna negoziare tale accordo di libero scambio con gli Stati Uniti.

11. Quest’ultima possibilità, è già stata raffreddata dal rappresentante USA per il commercio, Micheal Froman secondo il quale gli Stati Uniti non sono entusiasti all’idea di definire un accordo di libero scambio separato con la Gran Bretagna, se questa dovesse lasciare l’Unione Europea.
I commenti fatti da Froman minano alla base i principali argomenti economici messi in campo dai sostenitori dell'uscita, i quali dicono che la Gran Bretagna può prosperare da sola ed è in grado di stabilire autonomamente degli accordi di libero scambio (FTAs) coi partner commerciali.
Anche se gli USA sono il più grande mercato per le esportazioni della Gran Bretagna, dopo l'Unione Europea stessa (nel 2014 ha acquistato oltre 54 miliardi di dollari in beni e servizi prodotti nel Regno Unito), Froman è convinto che la Gran Bretagna ha maggior voce in capitolo al tavolo dei trattati commerciali se resta parte dell'Unione Europea, in quanto parte di un'entità economica più ampia, e che l'appartenenza all'Unione Europea dà alla Gran Bretagna più influenza nelle trattative.
Insomma, questo spiegherebbe perché la Gran Bretagna si stia muovendo su più fronti e, nell’impossibilità di raggiungere un accordo di libero scambio direttamente con gli USA, prova a cambiare l’Europa in un senso più conforme ai propri interessi.



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