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IL MITO DELLA PRODUTTIVITA' E DELL'INNOVAZIONE (FLESSIBILITA' COL LAVORO DEI CASSINTEGRATI)

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In attesa che Quarantotto torni da Milano, dove ha potuto dare il suo contributo in tema di compatibilità costituzionale delle disciplina del risparmio derivante dal diritto europeo, pubblico un breve aggiornamento (per quel che emerge dalle notizie più recenti) sui grandiosi effetti del job act sul mondo del lavoro. 
Solo per rinfrescare la memoria agli illusi.
Sofia

1. Il Jobs Act non funziona. 
Il taglio degli sgravi garantiti lo scorso anno produce un segno negativo nei nuovi contratti a tempo indeterminato, con un saldo al ribasso.
Le assunzioni (attivate da datori di lavoro privati) a gennaio 2016 sono risultate 407.000, con un calo di 120.000 unità (-23%) sul gennaio 2015 e 94.000 unità (-18%) sul gennaio 2014.
Il rallentamento ha coinvolto soprattutto i contratti a tempo indeterminato (-70.000, pari a 39%, sul gennaio 2015 e -50.000, pari a -32%, sul gennaio 2014). C'è stata anche una diminuzione, anche se meno sensibile, dei contratti a tempo determinato (-15% sul gennaio 2015 e -14% sul gennaio 2014).
Mentre sono praticamente stabili le assunzioni con contratto di apprendistato. 
Nel primo mese dell'anno le assunzioni stabili sono state molto inferiori rispetto al gennaio 2015 quando partirono le decontribuzioni per chi assumeva. 

2. Lo dice l'Osservatorio INPS parlando dei contratti a tempo indeterminato, al netto delle trasformazioni, mentre nello stesso tempo si registra un aumento dell'utilizzo dei buoni lavoro. Nel gennaio 2016 risultano venduti 9,2 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro, con un incremento medio nazionale, rispetto al gennaio 2015 pari al + 36%).
E ovviamente questi dati (da cui è facile evincere come i nuovi assunti altro non sono che precari a tempo indeterminato) ben poco conto tengono degli effetti derivanti dall’art. 18 e dei licenziamenti sommari dei“vecchi” assunti, troppo “costosi” e troppo “tutelati”.

3. Ma Renzi difende imperterrito il suo operato e Padoan dice che il nostro jobs act ce lo invidiano pure in Cina.
In attesa di esportare il Jobs Act in Cina, ci ha pensato il ministro Poletti a spiegare meglio come stanno le cose.
Finiti gli incentivi, con il Pil fermo allo zero virgola e una crescita inferiore a quella del previsto, si possono fare tutti gli sgravi del mondo ma l'occupazione non riparte.
I numeri dell'Inps certificano proprio che i dati sull'occupazione sbandierati erano strettamente legati a sgravi temporanei e dunque tutt'altro che strutturali.
Ma lungi dall’imparare la lezione, con la legge di stabilità 2016 è stato introdotta una nuova forma di incentivo rivolta alle assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni di rapporti a termine di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, non hanno avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
La misura dell'agevolazione prevede l'abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (esclusi i premi INAIL) in misura pari al 40% (entro il limite annuo di 3.250 euro) per un biennio.
A dimostrazione, quindi, che l’esperimento jobs act, non è servito a nulla, se non a contribuire, ancora una volta, alla riduzione dei salari (ed infatti si registra una riduzione per le assunzioni a tempo indeterminato delle retribuzioni intermedie -tra 1.250 e 2.000 euro-, mentre un lieve incremento si verifica per quelle superiori a 2.000 euro).

4. A completare l’opera, la legge di stabilità 2016  modifica anche l’Art.26 della legge sui lavori socialmente utili consentendo l’utilizzo diretto dei lavoratori titolari di strumenti di sostegno al reddito (“Allo scopo di permettere il mantenimento e lo sviluppo delle competenze acquisite, i lavoratori che fruiscono di strumenti di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro nonché i lavoratori sottoposti a procedure di mobilità possono essere chiamati a svolgere attività a fini di pubblica utilità a beneficio della comunità territoriale di appartenenza, sotto la direzione e il coordinamento di amministrazioni pubbliche…”).
Anche questo, ovviamente, è un espediente per abbassare i salari allo stesso livello degli assegni di sostegno, per eliminare la cassa integrazione e, nello stesso tempo, di risolvere problemi legati alle procedure di mobilità.
Sei in cassa integrazione? Benissimo, con lo stesso livello di reddito ti metto a fare lo spazzino e se non accetti perdi la cassa integrazione e qualunque forma di sostegno al reddito.
Scuole, parchi e spiagge, pulizia delle strade, attraverso l'interessamento di Aster, e impieghi all'interno del Tribunale. Questi i lavori che sono stati pensati per i cassa integrati.
Compresi i lavoratori dell’ILVA. Ma è appena fallito il tavolo tecnico FIOM per i lavori di pubblica utilità per i dipendenti Ilva che dovrebbero partecipare ai progetti redatti dal Comune e dalla Regione sul territorio. 
Non solo perché i lavoratori interessati saranno poco meno di seicento, sul totale aggiornato di 1610 siderurgici, ma anche perché si tratta di misure di sostegno alla continuità occupazionale ma non certo reddituale, vista l’impossibilità di prevedere per i lavoratori Ilva una paga oraria superiore a quella dei dipendenti comunali.

5. Che pure il sole24ore confermi questo costante processo di deflazione salariale, pare significativo; che lo faccia pure Fabio Sdogati (ordinario di economia internazionale al Politecnico di Milano), pure: ridurre i salari ha un effetto e l'equazione tra tagli ai costi e produttività non lo convince, soprattutto quando passa per una scure più netta sulle retribuzioni: 
«Mi sembra la stessa interpretazione di quanti hanno chiesto deflazione salariale in Grecia perché il costo del lavoro avrebbe fatto aumentare le esportazioni e la produzione. Salvo dimenticare che in Grecia non esiste la manifattura – dice al Sole 24 Ore -. In una situazione in cui la domanda interna non tira e il reddito pro capite è molto minore dei livelli pre-crisi, ridurre i salari ha un effetto catastrofico». 
Ma l'alleggerimento nei costi del lavoro, in generale, non può essere inteso come un segnale incoraggiante? 
«Non è vero che le aziende beneficiano della deflazione salariale perché la produttività è determinata dagli investimenti e dalle innovazioni. La Germania ha un costo del lavoro pari a 31,4 euro l'ora, l'Italia del 28, Cipro di 15. Chi sta meglio? La produttività permette di pagare bene».
Purtroppo, però, pure Sdogati conclude male un discorso almeno in parte iniziato bene, perché in maniera contraddittoria, pur ammettendo che si sono voluti appiattire gli stipendi tanto che non vi sono più differenze considerevoli tra stipendi di lavoratori di diversi paesi, suggerisce di approfittare della fuga dei cervelli (“l'afflusso di professionisti stranieri può darci un'occasione importante, se le barriere non lo impediranno”). 
In fondo perché perdere un’occasione per abbassare ancora di più i salari assumendo lavoratori di paesi con retribuzioni più basse delle nostre?

ADDENDUM: ecco i primi effetti applicativi del Job acts che danno un reale riscontro strutturale delle sue finalità (le assunzioni-trasformazioni di posti già esistenti, non "devono" creare nuovi posti di lavoro effettivi, altrimenti non può funzionare: quindi, via libera ai "vouchers" dilaganti mentre i contratti a tempo indeterminato sono risolubili a piacimento, specie non appena finiscano gli sgravi contributivi):


Almeno lui la deflazione non la smentisce, contrariamente a quanto fa Scacciavillani secondo cui la deflazione salariale tedesca e le riforme Hartz sono tutta una balla, e coloro che dicono il contrario sono solo ciarlatani.


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