

1. Perchè, vedete, il "trucco"è sempre lo stesso: prima si crea una situazione istituzionale sovranazionale (cioè un vincolo da trattato internazionale) che non consente agli Stati democratici la tutela dei diritti fondamentali (occupazione, salute, istruzione, previdenza) delle comunità sociali, le più ampie possibile in omaggio alla dottrina che i "confini" statali sono cattivi e guerrafondai.
Poi si invoca un rafforzamento di questa situazione istituzionale come rimedio alla insostenibilità creata da essa stessa.
Sappiamo ormai che questo è il metodo seguito con la moneta unica europea. Nonostante che questa metodologia fosse stata abbondantemente deunciata in anticipo, e tutt'ora, come distruttiva del benessere e della democrazia.


2. Ma, in realtà, come s'è pure già detto, il trucco del mondialismo, di cui l'UE-UEM sono l'esperimento-pilota, orwelliano, più avanzato - nel senso che se funziona sulle democrazie costituzionali di paesi economicamente e socialmente sviluppati, nulla poi sarà capace di opporglisi-, ha un'unica e solida matrice:
"in una federazione di stati nazionali la diversità di interessi è maggiore di quella presente all'interno di un singolo stato, e allo stesso tempo è più debole il sentimento di appartenenza a un'identità in nome della quale superare i conflitti stessi (…). Un'omogeneità strutturale, derivante da dimensioni limitate e tradizioni comuni, permette interventi sulla vita sociale ed economica che non risulterebbero accettabili nel quadro di unità politiche più ampie e per questo meno omogenee (Hayek, 1939, “The Economic Conditions of Interstate Federalism”pagg.121-122)".
3. Muovendo da questa matrice, il discorso può essere strategicamente sofisticato in modo tale da risultare incontestabile e da rendere definitivamente impotenti le reazioni democratiche dei paesi i cui popoli sono sottoposti alla condizionalità e al senso di colpa.
Un esempio di questa strategia l'abbiamo vista nelle teorie della Sassen sulla "globalizzazione buona", cosa che a sua volta presuppone quel diffuso benessere conseguente al molto presunto "maggior" progresso tecnologico che ne deriverebbe.
Nel suo linguaggio paludato, - ma circondato da un'ammirazione incondizionata negli ambienti mondialisti, divenuti paradigma mediatico del bene e della pace-, la Sassen ci spiega infatti che:
"La globalizzazione è frutto di "nuovi regimi giuridici", che, come sappiamo, fanno capo alla conclusione di trattati internazionali che, - come ammette senza alcuna preoccupazione, anzi, con un certo "apprezzamento", la Sassen-, constano:
a) di un punto di riferimento finale, cioè il titolare dell'interesse tutelato e realizzato dai trattati, individuato nelle "marche globali" (sarebbe poi a dire, le industrie multinazionali);
b) un punto di riferimento statuale nazionale, individuato in "alcuni settori", o "alcune componenti"interne allo Stato nazionale (!) che con un lavoro "altamente specializzato" - cioè di quelli ben retribuiti- portano avanti la denazionalizzazione per edificare uno spazio internazionalizzato nell'interesse non dei cittadini - che, necessariamente, sono coloro nel cui interesse devono agire i vari "settori" dello Stato-, ma delle imprese multinazionali.
Infatti queste, poverine, non avendo una persona giuridica che le tutela (a livello mondiale), si devono accontentare di...catturare settori dello Stato per fargli attuare politiche di proprio interesse...non nazionale!"
La Sassen poi precisa ulteriormente:
"Perché se riconosciamo i processi di denazionalizzazione, se in altri termini comprendiamo che la globalizzazione è un processo parzialmente endogeno al nazionale piuttosto che a esso esterno, possiamo capire che è proprio all’interno del nazionale che si stanno aprendo nuovi spazi politici potenzialmente globali per tutta una serie di attori confinati nel nazionale. Attori che possono prendere parte alla politica globale non solo attraverso strumenti globali, di cui possono anche non disporre, ma attraverso gli strumenti formali dello stato nazionale...".
Questo passaggio può apparire un po' criptico e, addirittura, (nella tentazione di andare oltre), può indurre a soprassedere. Mal ve ne incoglierebbe! Quello che la Sassen ci sta dicendo nel suo metalinguaggio (che l'ha ormai resa celebre) è, tradotto in corretti e concreti termini giuridico-economici:
- i politici che assumono il ruolo di promuovere, concludere e, successivamente, attuare i trattati internazionali che tutelano gli interessi delle "marche globali"(="multinazionali") acquistano un maggiore e crescente spazio istituzionale, funzionalmente giustificato dallo sviluppo dell'azione agevolatrice già svolta."

4. Ora, in margine al famoso trilemma di Rodrik, che in realtà è una versione abbastanza standard di cose che altri dicono ancor più esplicitamente - come Sen sopra riportato o prima ancora Rawls, Keynes e Caffè -, si è riaccesa l'attenzione: ovviamente per la preoccupazione di confutarlo, in un momento in cui il capitalismo sfrenato, che è il volto nascosto del mondialismo, pare impaziente di superare gli ostacoli che si frappongono alla sua definitiva affermazione istituzionale.
Non sorprendentemente, provvede alla sua dose di confutazione il Sole24 ore.
Si espone la spiegazione di Rodrik circa la soluzione per una globalizzazione più o meno, (moderatamente), democratica:
«Io non ho dubbi: la democrazia e la determinazione nazionale devono prevalere sull’iperglobalizzazione - spega ancora Rodrik - . Le democrazie hanno il diritto di proteggere i loro sistemi sociali, e quando questo diritto entra in conflitto con le esigenze dell’economia globale, è quest’ultima che deve cedere. Restituire potere alle democrazie nazionali garantirebbe basi più solide per l’economia mondiale, e qui sta il paradosso estremo della globalizzazione. Uno strato sottile di regole internazionali, che lascino ampio spazio di manovra ai Governi nazionali, è una globalizzazione migliore, un sistema che può risolvere i mali della globalizzazione senza intaccarne i grandi benefici economici». Non ci serve una globalizzazione estrema, riassume con uno slogan, ma una globalizzazione intelligente."
5. Ma il gran finale dell'articolo del Sole è dedicato alla confutazione di questa idea (implicitamente bislacca e retrograda).
La liquidazione di Rodrik, come vedrete, è alquanto perentoria (abbiamo aggiunto il link al c.v. di Rosa Lastra. A proposito, perchè rivolgersi proprio e solo a lei, esperta di diritto internazionale della finanza e della moneta, per dare una valutazione sul pensiero di un economista dello sviluppo, in tema di implicazioni istituzionali di assetti macroeconomici internazionali?):
"Dunque la ricetta per una globalizzazione intelligente sarebbe un ritorno agli Stati nazionali? Rosa Lastra, docente di International Financial and Monetary Law alla Queen Mary University of London, non è per nulla d’accordo.
«Secondo me la dicotomia tra mercati internazionali e leggi nazionali può essere meglio affrontata proprio attraverso l’internazionalizzazione delle regole e delle istituzioni che governano i mercati mondiali - spiega - . La risposta è quella di più leggi internazionali e meno nazionali». Quindi una strada opposta rispetto a quella indicata da Rodrik. L’eccessiva fiducia nelle leggi nazionali accompagnata da deboli standard normativi internazionali è stata anzi una delle cause della crisi finanziaria globale, spiega ancora Lastra. Ma chi può gestire il cambiamento? «Il Fondo monetario internazionale, istituzione al centro del sistema monetario e finanziario internazionale, è nella miglior posizione per diventare uno “sceriffo globale” della stabilità», conclude la studiosa. Con buona pace del trilemma".
6. Circa la mission del FMI e di come si sia andata trasformando nel tempo, rinviamo a quanto illustrato qui, citandone un passaggio saliente:
"Siamo di fronte, oggi più che mai, a quello che Lordonchiama il diritto internazionale privatizzato (cioè, poi, come evidenzia Chang, non certo a vantaggio delle comunità sociali, ma rispondente agli interessi degli eletti, i"Bad Samaritans", professanti il free-trade da invariabili posizioni di forza).
Anzi tale sistema "istituzionalizzato"risponde, più esattamente, alle potenze vincitrici "occidentali" (problema che ha prima reso scarsamente efficace lo stesso ruolo dellONU e che poi lo ha quasi del tutto reso inutile).
Tali potenze hanno esercitato e tutt'ora cercano di esercitare, secondo la loro convenienza politico-economica, il controllo (governance) su WTO, OCSE, WB, e, più che mai, sul FMI. Quest'ultimo è ormai irreversibilmente trasformato in un organismo che nulla più ha a che fare, semmai in passato l'abbia avuto, con i principi della Carta della Nazioni Unite, cioè con gli scopi fondamentali di queste ultime. Tant'è che nessuno penserebbe di rivolgersi con qualche speranza di essere ascoltato, all'Assembea o altro organo arbitrale delle NU, - divenute ormai troppo "deboli" se non inutili-, per dedurre l'illegittimità provocata dalla inosservanza dell'accordo (di mera forma, ai sensi degli artt.57 e 63 della Carta ONU) concluso dal FMI con le NU, violazione concretizzatasi nella imposizione di una "lettera di Intenti".Queste "lettere di intenti" sono normalmente impositive, allo Stato indebitato con l'estero, di pesanti "condizionalità" in cambio dell'accesso, mediato attraverso i c.d. "diritti speciali di prelievo", alla valuta di riserva occorrente nelle transazioni internazionali (quella valuta che i paesi del c.d. "terzo mondo" prima, e poi, grazie alla asimmetria strutturale dell'euro, i paesi "periferici" dell'UEM, non vantano più come "riserva", essendo impediti, grazie al funzionamento dei mercati "liberalizzati"di capitali e di merci, a procurarsela mediante dei fisiologici attivi della bilancia dei pagamenti, resi impossibili dal funzionamento del free-trade).
Ma non risulta che tali "condizionalità" imposte dal FMI siano mai state oggetto di censura, mediante raccomandazioni (art.63 della Cartta), di organi dell'ONU, ovvero di lamentela da parte degli Stati per aver violato ciò che l'accordo che "dovrebbe" legare il FMI all'ONU sarebbe teso a garantire: cioè che il FMI (in quanto istituto specializzato delle NU) debba operare nel quadro dei fini indicati come prioritari dall'art.55 della Carta...
Ma non risulta che tali "condizionalità" imposte dal FMI siano mai state oggetto di censura, mediante raccomandazioni (art.63 della Cartta), di organi dell'ONU, ovvero di lamentela da parte degli Stati per aver violato ciò che l'accordo che "dovrebbe" legare il FMI all'ONU sarebbe teso a garantire: cioè che il FMI (in quanto istituto specializzato delle NU) debba operare nel quadro dei fini indicati come prioritari dall'art.55 della Carta...
...Gli esiti delle "cure" propinate ai vari paesi dalle condizionalità imposte dal FMI non possono certamente ricondursi, neppure nelle più sfrenate fantasie, a tali finalità ed obiettivi.
E le Nazioni Unite, prescegliendo, attraverso il proprio Consiglio economico e sociale, di tralasciare la verifica sostanziale del rispetto dell'art.55 da parte dei suoi istituti o "agenzie" specializzati, hanno lasciato mano libera al FMI per instaurare una precisa concezione del ruolo della moneta e dei modi di correzione degli squilibri nei pagamenti internazionali che ha finito per negare, anzichè tutelare, diritti umani e piena occupazione, elevazione culturale e autodecisione dei popoli."
E le Nazioni Unite, prescegliendo, attraverso il proprio Consiglio economico e sociale, di tralasciare la verifica sostanziale del rispetto dell'art.55 da parte dei suoi istituti o "agenzie" specializzati, hanno lasciato mano libera al FMI per instaurare una precisa concezione del ruolo della moneta e dei modi di correzione degli squilibri nei pagamenti internazionali che ha finito per negare, anzichè tutelare, diritti umani e piena occupazione, elevazione culturale e autodecisione dei popoli."
7. Insomma, si poteva chiedere anche una serie di pareri sul tema della globalizzazione, e sulle stesse teorie di Rodrik, a chi, per c.v. e autorevolezza scientifica, è più noto per essersene occupato. Tipo lo stesso Lordon o Chang, che non sono certo gli ultimi arrivati. E lo si poteva fare, se non altro, per completezza di contraddittorio e di informazione.
Di Lordon riportiamo questa citazione, proprio perché è particolarmente attinente al tema (ed essendo tratta da "Le Monde Diplomatique", non era certo meno autorevole):
"Ripiegamento nazionale", in ogni caso, è diventato il termine spauracchio, suscettibile, nella sua genericità, di essere opposto a qualsiasi progetto di uscita dall'ordine neoliberale.
Dal momento che, se quest'ordine in effetti si definisce come sforzo di dissoluzione sistematica della sovranità dei popoli, perché possa così dispiegarsi senza intralcio la potenza dominante del capitale, qualsiasi idea di porvi fine non può avere altro senso che quello di una restaurazione di questa sovranità. [...]
Pronunciare la parola "nazione", come una delle possibili vie di questa restaurazione della sovranità popolare, forse anche la più agevole o almeno la più facilmente accessibile a breve termine - precisazione temporale importante, visto che il jacquattalismo mondiale può aspettare - pronunciare la parola "nazione", dunque, significa esporsi ai fulmini dell'internazionalismo, o almeno della sua forma più inconseguente: quella che, o sogna un internazionalismo politicamente vuoto, visto che non indica mai le condizioni concrete della deliberazione collettiva, oppure, indicandole, non si accorge che sta semplicemente reinventando il principio (moderno) della nazione su scala più ampia!"
8. In definitiva,la soluzione offerta dalla Lastra è proprio quel meccanismo sul quale abbiamo portato l'attenzione all'inizio del post: un vincolo esterno rende gli Stati impotenti perchè, contrariamente a quello che afferma la Lastra, le regole derivanti dal diritto internazionale "privatizzato", dei trattati, vengono affermate in assunto come più forti.
Ma tali regole sono forti proprio in quanto hanno un inarrestabile effetto programmatico liberalizzante di scambi e movimenti dei capitali; quindi, sono volte ad affermare la deregolazione dell'intervento e degli interessi pubblici, come discende appunto dalle lettere di intenti del FMI (o dai memorandum della trojka UE), per giungere alla neo-liberista "libertà" degli operatori economici sovranazionali.
In altre parole, gli standard delle "leggi" internazionali sono già estremamente forti.
Se dovessero non avere più questo contenuto "debole", che è appunto segno di una grande forza normativa (capace di destrutturare Stati e sovranità!), semplicemente dovrebbero regolare altri, nel senso di "ulteriori", interessi: ma gli interessi di chi e, soprattutto, prescelti come?
E quali sarebbero le sedi di rappresentanza istituzionale di tali interessi a livello internazionale?
Come e da chi sarebero "votate/adottate" leggi di regolazione nel pubblico interesse del sub-strato sociale internazionale? Ammesso che è questo quanto si intenderebbe fare e ammesso che questo pubblico interesse internazionalizzato sia identificabile e concretizzabile, cosa che Hayek nega radicalmente, con una geniale intuizione, ponendo tale negatoria alla base dell'internazionalismo istituzionalizzato (ovvero, del mondialismo della globalizzazione per trattato, ai nostri giorni)?
E un tale paradigma è, sia pur in negativo, cioè come paralisi delle potestà normative statali (avete presente la storiella degli "aiuti di Stato" di fronte a una crisi bancaria che travolga i risparmi tutelati dall'art.47 Cost.?), il massimo della forza cogente storicamente raggiunta dai trattati: cioè la paralisi e la delegittimazione delle fonti giuridiche supreme degli Stati nazionali, cioè le Costituzioni.
Questi problemi non sono neppure considerati lontanamente nella semplificata e apodittica confutazione del trilemma di Rodrik da parte della Lastra (e dunque nell'articolo del Sole24h.). Gli interrogativi sopra posti non hanno cioè alcun tipo di risposta.
Ma questo, se dal punto di vista mediatico, può essere un abile sistema semplificato di sostegno al paradigma mondialista, dal punto di vista pratico, cioè della soluzione dei problemi macroeconomici e sociali, che si pongono a causa del mondialismo, è solo quello che appare: una pericolosa non risposta.