Quantcast
Channel: Orizzonte48
Viewing all articles
Browse latest Browse all 1237

LO "STRANO CASO TRUMP": LA FINE DELLA MOBILITA' SOCIALE. E DELLE ELEZIONI?

$
0
0

http://www.100casa.it/uploads/fine-trasmissioni-rai.jpg

1. Il deficit USA per il 2016 è ufficialmente stimato, in base al budget approvato nel 2015, al 3,3% del PIL.
In aumento rispetto a quanto registrato nel 2014 (2,8) e al 2015 (2,5): un certa propensione, si deve arguire, a ritornare, in chiave pre-elettorale, sulle politiche più restrittive imposte all'Amministrazione dalle maggioranza parlamentari repubblicane. Siamo ben lontani dai "picchi" post crisi (peraltro largamente impiegati in banking welfare di salvataggio, come lamentava Stiglitz, criticando indirettamente il piano di salvataggio del suo nemico Summers). 
Un futuro di "moderata" espansione fiscale, secondo la fonte ufficiale dell'ufficio budget del Congresso (come attualmente composto...),  attenderebbe gli americani (ma la stima sconta l'invarianza dell'attuale quadro legislativo, cioè è "under current law"):

https://www.cbo.gov/sites/default/files/cbofiles/images/pubs-images/49xxx/49973-land-fig1.png

2. In Europa, tutto ciò sarebbe visto come altamente peccaminoso, considerato che: 
a) gli USA avrebbero, ad usare gli indicatori di rilevazione della disoccupazione incorporati nelle statistiche Istat, una situazione prossima al pieno impiego: dunque si presenterebbe l'esigenza, - di "sana" finanza pubblica e per evitare l'inflazione (!) e la perdita di competitività-, di arrivare al pareggio strutturale di bilancio, coincidente quasi col pareggio nominale (e questo dimostrerebbe che il Washington Consensus è roba da esportazione, via FMI, e che non è entusiasticamente praticata nella sua patria di ideazione);

b) se si passa da un deficit in buona parte gonfiato dal welfare bancario, appunto, ad una gestione più fisiologica dell'intervento pubblico, anche un piccolo consolidamento, o quantomeno il tentato rispetto di un deficit-cap, non consente una crescita spettacolare e, quindi, mi devo porre il problema se il dato occupazionale abbia qualcosa che non va
Mentre, nella stessa logica, ho la certezza che il "welfare" di salvataggio bancario non implica alcuna crescita dell'economia reale, come si vede da questa radiografia del periodo che va dalla grande recessione al 2015:

http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/user5/imageroot/GDP%20historical.jpg

3. Di più. L'Amministrazione Obama, si mostra essere stata, sul piano del rilancio dell'economia, né carne né pesce:
"Barack Obama's estimated deficit of -3.3% of GDP in 2016 is 2.5 percentage point(s) less than his administration average of -5.8% when compared to other years in his administration. On average, the budget deficit was larger during the Obama Administration than in other presidential administrations(average = -3.1%)".

E infatti, il debitone se lo ritrovano anche loro, ben oltre ormai il 100% del PIL, nel silenzio dei media nostrani:
http://www.tradingeconomics.com/charts/og.png?url=/united-states/government-debt-to-gdp
Naturalmente, questa prospettiva fa strillare i rispettivi neo-liberisti, impegnati a non far vivere gli altri al di sopra delle proprie possibilità e quindi a invocare a più non posso l'effetto spiazzamento (qui, p.4), che tanto piace agitare per giustificare i drastici tagli TINA del "perimetro dello Stato" (effetto che non si verifica praticamente mai, perché a seguirne la ricetta il rapporto debito/PIL finisce semmai per aumentare). 
E così il terrorismo dilaga, sprezzante della realtà:


4. La "vibrata" denuncia mette in piazza lo scandalo. E' la spesa parassitaria dei "trasferimenti" che dilaga: il "mercato" si trova così impedito ad agire con le sue leggi naturali, la crescita impedita e il "fallimento" dietro l'angolo!



In realtà, la "piena occupazione" diviene, di fronte a questa cultura dilagante (che nasce negli USA e si trasmette in Italia-in-quanto-€uropa), un concetto mobile e statisticamente opinabile, come abbiamo visto e come vedremo.
Il pregio degli USA è che non tutti i media, a differenza dell'Italia, sono piegati ad accettare le statistiche ufficiali in modo acritico, tanto che si chiedono: "Is the unemployment rate really just a 'Big Lie'?"
Magari si "fanno delle domande" sul rateo della popolazione attiva come "forza lavoro"
employment.population

5. E, perciò, sulla disoccupazione effettiva, almeno quella U6, (quella a cui, invero, la Yellen presta attenzione, pur "dovendo" dichiarare il risanamento raggiunto, e i tassi in una qualche prospettiva di dover aumentare, per ipoteticamente raffreddare una tiepida economia), si guarda a dati che, in Italia, non vengono minimamente forniti e scorporati da quelli dei bollettini ufficiali:

US Unemployment Rate Chart

Il dato USA U6 è praticamente doppio rispetto a quello ufficiale: il che, considerata anche la dilagante questione del voucher selvaggio, dovrebbe valere anche per l'Italia - almeno in modo equivalente se non peggiorativo. Vediamo alcuni dei criteri che vengono utilizzati per i vari "livelli-ambiti" di disoccupazione calcolabili (notare che il rapporto U6/U3, alle soglie del 2016, rimane sempre pressocchè di 2 a 1):

URates

6. Dunque, lungi dal colpire i redditi e la crescita (a causa della spesa sociale...determinata dalle politiche deflattive!), questo stato di cose, implica piuttosto il famoso equilibrio della sottooccupazione, che non solo determina la strutturazione di una crescente fascia sociale di working-poors con redditi poco sopra la "fame", ma anche la modesta crescita del PIL e, ancor più, l'appropriazione degli incrementi di reddito in una ristretta fascia della popolazione
Fioriscono articoli mediatici che si domandano (senza per questo essere censurati di essere pessimisti o di "remare contro"): "US middle class has disappeared into higher-income groups; recent stagnation explained by changing household demographics?" Fornendo il tipo di dati che, anche tra qualche anno, in Italia nessuno avrà il "permesso" di dare (senza essere accusato di ideologia comunistaaaaa!). 
Significativi sono quelli sulla evoluzione numerica della consistenza della varie fasce di reddito (per quanto distinte in aggregati approssimativamente non troppo distanti tra loro).
In pratica, una crescente categoria di benestanti si contrappone a una descrescente ma pur sempre schiacciante maggioranza di non benestanti, destinati, come vedremo, a non essere più presi in considerazione nei calcoli della classe politica:

income


Household Wealth

7. Poi si arriva a vedere quali conseguenze elettorali derivino da questo prolungato stato di cosee ci si accorge che la maggior parte dell'elettorato non si preoccupa della eccessiva spesa pubblica nel welfare, come i "simpatici" neo-liberisti seguaci di Barro visti più sopra, quanto, piuttosto, semmai, della insufficienza dell'intervento pubblico svolto per ridurre le differenze di ricchezza interne al popolo americano:

classwarfare2

Anche perché, negli USA, dove non pensano affatto ad abolire il Senato (nemmeno per finta), l'accusa alla politica non è di metterci troppo a fare le leggi, a causa del bicameralismo previsto dalla loro Costituzione, ma quella di una eccessiva sensibilità degli eletti verso i più ricchi degli elettori (sia pure con una leggera attenuazione di questo squilibrio di "attenzione", dovuto al fatto che gli elettori divengono sempre più poveri, anche quelli appartenenti alla middle class, un tempo un pochino più benestante):

 File:Senate Income Votes.SVG

8. In sostanza, la lotta contro l'1% viene sedata da un 20% di famiglie che ha visto migliorare la propria posizione economica ed è attivamente partecipante al voto, al contrario del restante 80%, sempre più demotivato, facendo parlare di "pericolosa separazione del 20% a reddito più elevato dal resto della società" (impoverita in massa). 
La "upper middle class" in pratica fornisce l'esercito elettorale di manovra all'1% (o meno) dei superprivilegiati
Il problema, che i democrats, come pure i "rep", si trovano a fronteggiare, è che questo stato di cose rende sempre più difficile conservare il consenso elettorale senza cambiare le politiche basate sull'idea dello spending-cut e dell'alleggerimento delle tasse, proprio perché si assottiglia la base sociale a cui queste cose possono piacere, avendo la materiale convenienza a credere alla storiella dello "spiazzamento" delle risorse, - contrario ai fantomatici investimenti privati-, determinato dall'eccessivo intervento dello Stato.
Insomma, la "durezza del vivere" ha un po' preso la mano e i "naturisti" del mercato si trovano a dover rifare i conti con l'autopercezione della schiacciante maggioranza dell'elettorato:

Reeves 93001


9. E quindi, quando la fine della mobilità sociale esplode, il sistema mediatico delle "elites" arriva a non poter più garantire il controllo idraulico elettorale.
Con buona pace dei tentativi di Wolf di vederla ancora e solo come una mera ricalibratura del "messaggio" da dare, tentando cioè, ancora una volta, la pastura sedativa di prevalenti "diritti civili", cioè cosmetici e "a costo zero", capaci di alimentare una democrazia di mera facciata, che utilizza la via dei conflitti sezionali "politically correct" che, alla faccia del neo-costituzionalismo €urofilo, non riescono più a oscurare il conflitto sociale che si vorrebbe superato per sempre. 
In pratica: se sei passabilmente ricco, e quindi appartenente per NASCITA al 20% di upper middle-class, puoi permetterti di studiare e perpetuare, senza patemi d'animo di divenire, oltretutto, un debitore sub-prime sul credito allo studio (in colleges di secondo e terzo "ordine"), la tua condizione di reddito medio-alto e magari aspirare a divenire ricco.
Se non appartieni a quel 20%, la vedi dura e sei leggermente...adirato sull'assenza di ascensore sociale. Specialmente se ritieni di non compensare questa mancanza di chances con l'unico sistema rimasto a disposizione, cioé unendoti alle fila dei vari "trafficanti" di sostanze stupefacenti, col rischio di aggregarsi alla più ampia popolazione carceraria, privatizzata, del mondo!

Reeves 93004

Reeves 93005

Reeves 93008

10. Insomma, credere nel "duro lavoro" come modo per diventare veramente ricchi, e quindi abbracciare l'american dream, è divenuto il retaggio dei privilegiati a cui non costa fatica mantenere questa convinzione.

Mentre la situazione della working class in senso eponimo, cioè gli operai della grande industria in via di estinzione (grazie alla mobilità dei capitali ed alla delocalizzazione sistemica), è addirittura in via di accelerato peggioramento. 
Un andazzo che denota condizioni che stanno maturando rapidamente anche in Italia, con buona pace per l'accanimento USA-BCE sulle riforme verso il lavoro-merce, e che passa per quella mutazione del ruolo del sindacato che, senza alcuna speranza, avevamo già segnalato:
"Il problema principale delle Unions, sia prima della crisi, sia dopo la crisi, è sempre stato quello di avere buone relazioni con le imprese, facendo attenzione a limitare al massimo gli scioperi ufficiali e non solo per evitare la spesa delle Casse di sostegno agli scioperanti, ma soprattutto perché c’è l’impegno a controllare le locals affinchè il management abbia assicurata l’agibilità sui posti di lavoro.
Ci sono stati pochi, anche se significativi, scioperi proclamati dalle Unions; ma ci sono stati – soprattutto nel periodo della riorganizzazione produttiva – moltissimi scioperi spontanei che solo in rari casi sono stati legittimati dalle Unions.
La politica delle concessioni ha portato all’accettazione di misure come il congelamento dei salari, la rinuncia ad indennità, la riduzione dei servizi sanitari ed il blocco dei fondi pensione. 
Nella metà degli anni 2000 è successo qualche cosa di diverso: per parare la minaccia di ulteriori interventi sulla massa salariale degli occupati, i Sindacati hanno proposto il sistema dei due livelli salariali. I vecchi lavoratori, pur avendo rinunciato ad una serie di indennità, hanno mantenuto inalterato il livello del salario. I nuovi sono stati assunti a mezzo salario, per fare lo stesso lavoro dei vecchi assunti, e con la stessa efficacia nei risultati.
Iniziata in alcuni settori, questa pratica si è diffusa nell’industria dell’acciaio, dell’abbigliamento, degli attrezzi agricoli, dei mezzi pesanti. Su questa base la General Electric sta riportando negli Stati Uniti attività che aveva decentrato all’estero.
Attraverso la serie di concessioni successive siamo arrivati alla piena collaborazione tra imprese e Sindacati
Il settore dell’auto è emblematico. Bob King, Presidente del Sindacato dell’Auto, dice: “Abbiamo il legittimo interesse che la nostra produttività sia elevata per aumentare il numero dei nostri iscritti e dare luogo sul lungo termine alla sicurezza del lavoro. Non sarà possibile se non siamo competitivi a livello mondiale, ecco il motivo della nostra partnership”.

11. Questo è dunque il quadro in cui si colloca l'apparentemente sorprendente "caso Trump" e la difficoltà che può incontrare la Clinton ad intercettare il voto di massa (relativa...) che le servirebbe per essere sicuramente eletta (come pensava all'inizio della sua vicenda politica).
Ma questo è anche il quadro evolutivo, con lo scarto appena di qualche anno, in cui andranno a porsi i notevoli problemi di consenso che incontrerebbe qualsiasi partito che volesse ancora legarsi non tanto all'idea dell'UE ma alla ideologia neo-ordoliberista che essa implica (nei modi tante volte evidenziati in questa sede).
Instaurare il mercato del lavoro-merce con la sua sfrenata deflazione salariale, porta invariabilmente a problemi di debt-deflation, di crisi industriale strutturale e di stagnazione della crescita. Problemi tanto più drammatici quanto più vige l'idea dello Stato come una famiglia che deve raggiungere il pareggio di bilancio.

12. Il timore è che, se in USA l'applicazione di questo paradigma - sia pur temperato dalla mantenuta sovranità fiscale e monetaria, come si accorge, probabilmente inascoltato, Krugman- può mandare la situazione fuori dal controllo mediatico-orwelliano, si può arrivare alla abolizione del voto: magari dichiarando lo stato di guerra (che fra tutti gli stati di eccezione è il più travolgente di ogni dibattito interno sulla giustizia sociale come sostanza della democrazia).
In fondo, quando la crescita ristagna e si vuol promuovere la spesa pubblica - "rischiando" di avere la temutissima piena occupazione (qui pp. 6-7)- ma senza creare danni all'ideologia dominante, quando non funziona più la persuasione di massa che il problema sia il debito pubblico e, però, si teme per una concreta ingestibilità del conflitto sociale in cui la oligarchia ha "vinto troppo", la guerra rimane il rimedio più efficace per rimettere tutto a posto:

http://i2.wp.com/metrocosm.com/wp-content/uploads/2016/02/us-national-debt-history.png
13. Perciò, non vi preoccupate se il vostro voto vi sembra inutile perché non sapete più chi possa veramente risolvere crescenti problemi materiali di ordine sociale, dato che non esistono più i "partiti di massa" (ma solo di elite, che si spartiscono il 20% affidabile di elettorato a suon di diritti cosmetici e conflitti sezionali), mentre vi raccontano che tutto andrà bene: il voto potrebbe essere abolito e voi ritrovarvi in una bella economia di guerra (qui, p.2). "Globalizzata", questa volta, non semplicemente mondiale...
La democrazia (cioè il "populismo") sarà poi accusata di essere stata la causa di tutto, per il suo cattivo gusto di alimentare l'unico conflitto "sezionale" che non piace (quello tra lavoro e capitale): un conflitto sezionale che, per non confonderlo con quelli politically correct, verrà bollato come "rinascente nazionalismo guerrafondaio".
Non importa se a causare la guerra sia lo spirito di conservazione dell'oligarchia internazionalista e aristocraticamente "cosmopolita".
Per pagare storici, filosofi "politici" e teorici kantiani dello Stato, "poi", a eccidio consumato, le "risorse" si trovano sempre...

Viewing all articles
Browse latest Browse all 1237

Trending Articles