
"Ed infatti, a proposito di Caffè, nel sostenere che il benessere economico non elimini comunque il rischio di emarginazione dalla vita civile, in un'intervista del 1977 egli afferma:
"...se per miracolo qualche risultato si dovesse raggiungere, ma andasse nel senso di un avvicinamento della nostra situazione a quella, poniamo, della Germania, non è questo il destino che augurerei al mio paese. Si tratta, infatti, di una situazione in cui i lavoratori, pur godendo di un certo benessere, sono in una posizione fortemente subalterna.
Non credo, in altri termini, che il risanamento della bilancia dei pagamenti e un riassetto dell'economia, SENZA L'INTRODUZIONE DI VERI ELEMENTI DEL SOCIALISMO, sia qualcosa che vale, un traguardo degno di essere indicato alla società italiana. Se ci mettessimo su questa strada, tradiremmo per la seconda volta gli ideali della Resistenza. non vorrei apparire retorico.
Ma tradiremmo l'ideale di costruire un mondo in cui il progresso sociale e civile non rappresenti un sottoprodotto dello sviluppo economico, ma un obiettivo coscientemente perseguito" [F. CAFFE', 1977b,in Federico Caffè. Un economista per gli uomini comuni, a cura di G. Amari e N. Rocchi, Roma, Ediesse, 2007, 311]".
1. Un breve aggiornamento.
Spero sia ormai chiaro quanto sia irrealistico credere che, siccome l'economia dell'eurozona non si riprende, e la deflazione appare irrisolvibile (anzi, in riacutizzazione, nonostante qualsiasi QE immaginabile), ciò debba, necessariamente e immediatamente, condurre a qualche forma di allentamento della presa neo-liberista, monetarista e anti-Stato sociale, sulle società occidentali.
Spero sia ormai chiaro quanto sia irrealistico credere che, siccome l'economia dell'eurozona non si riprende, e la deflazione appare irrisolvibile (anzi, in riacutizzazione, nonostante qualsiasi QE immaginabile), ciò debba, necessariamente e immediatamente, condurre a qualche forma di allentamento della presa neo-liberista, monetarista e anti-Stato sociale, sulle società occidentali.
Un indicatore ce lo danno le questioni Wolkswagen, Deutschebank e Monsanto-Bayer. Dopo anni di lambiccate analisi sulla prospettiva di un riesplodere delle ostilità tra la Germania e gli USA, dovremmo prendere atto che si tratta di episodi sempre e comunque da contestualizzare.
E il contesto è, come ci ricorda Bazaar, quello della solidarietà di classe, - rafforzata da decenni di recenti inarrestabili successi-, tra gli "operatori razionali" del capitalismo finanziario e oligopolista sovranazionale.
2. Per cui, in questo contesto, tutto sommato:
"Appunto: sono segnali contraddittori nel complesso.
E confermano che, negli USA, si ha una prevalente visione non "destabilizzante" dei rapporti con la Germania: perchè ci sono fin troppe questioni intrecciate, e convergenti visioni prevalenti, rispetto ai motivi di dissapore.
In particolare, gli USA non possono non considerare l'enorme utilità della Germania per disciplinare il resto dei paesi UEM, quelli con le "Costituzioni antifasciste", ed eliminare una volta per tutte la tutela del lavoro, flessibilizzandolo e privandolo del welfare (salario indiretto di "resistenza" alla durezza del vivere), e liquidare anche solo una parvenza di senso del sindacato.
Prima questo: poisi ragiona eventualmente sul resto.
Salvo complicazioni: che gli USA possono avere dal fronte interno, cioè dalla fine della loro mobilità sociale e dai suoi riflessi elettorali forse imminenti, ovvero da Putin. Ma non dalla Germania".
E confermano che, negli USA, si ha una prevalente visione non "destabilizzante" dei rapporti con la Germania: perchè ci sono fin troppe questioni intrecciate, e convergenti visioni prevalenti, rispetto ai motivi di dissapore.
In particolare, gli USA non possono non considerare l'enorme utilità della Germania per disciplinare il resto dei paesi UEM, quelli con le "Costituzioni antifasciste", ed eliminare una volta per tutte la tutela del lavoro, flessibilizzandolo e privandolo del welfare (salario indiretto di "resistenza" alla durezza del vivere), e liquidare anche solo una parvenza di senso del sindacato.
Prima questo: poisi ragiona eventualmente sul resto.
Salvo complicazioni: che gli USA possono avere dal fronte interno, cioè dalla fine della loro mobilità sociale e dai suoi riflessi elettorali forse imminenti, ovvero da Putin. Ma non dalla Germania".
3. E noi italiani, in mezzo a tutto questo?
Attendiamo appunto.
Attendiamo che si completi la riforma incessante del mercato del lavoro, lo smantellamento del welfare in vista della sua privatizzazione (TTIP o meno che sia), e, in sostanzala fine della democrazia sociale (non liberale, che è invece l'obiettivo che, se siamo fortunati, ci viene riservato dal capitalismo finanziario e oligopolistico).
Con questa nostra traiettoria rigidamente prestabilita, il referendum ha, in fondo, solo un'interferenza strumentale: la Costituzione, nei suoi principi fondamentalissimi che delineano il modello socio-economico voluto dal Potere Costituente democratico,è ormai praticamente già disattivata.
Il referendum sarebbe, se vincessero i sì, una mesta ratifica formalizzatrice di questo stato di cose.
E servirebbe da propulsore nell'accelerazione della traiettoria.
E servirebbe da propulsore nell'accelerazione della traiettoria.
Se vincessero i no, (solo) l'indebolimento di una serie di personalità che si sono autopromosse come "i migliori garanti" del completamento del disegno delle oligarchie sovranazionali riservato a noi italiani (ovviamente non soltanto a noi italiani, ma per noi "di più"...et pour cause).
E servirebbe come presupposto per uno "stato di eccezione" (v. n.4 successivo) da cui rafforzare la traiettoria stessa.
E servirebbe come presupposto per uno "stato di eccezione" (v. n.4 successivo) da cui rafforzare la traiettoria stessa.
Ma il disegno e la sua scansione inarrestabile (almeno da parte di forse endogene) rimarrebbero in qualsiasi dei due casi.
4. Intanto, persino i più estremi rappresentanti-fiduciari di questa elite restauratrice, sono scettici sull'esito del referendum:
"...la banca francese ieri ha sfornato un corposo report sul Belpaese dall’eloquente titolo “il referendum italiano sta per aprire un periodo di instabilità politica”. Sin dalle premesse il testo ci va giù duro, arrivando addirittura a prevedere “un 55% di possibilità che il referendum fallisca”.
Da qui tutta una serie di conseguenze. “Nel breve termine”, scrivono gli analisti dell’istituto transalpino, “l’Italia entrerebbe in una nuova fase di instabilità e di assenza di azione politica dopo le dimissioni di Renzi”. Nel medio termine, in ogni caso, “formare un governo e varare una qualsiasi riforma controversa sarebbe rischioso”.
In particolare, prosegue il report sempre nelle sue premesse, “anche se il Movimento 5 stelle vincesse le elezioni nel 2018, dovrebbe effettuare una completa inversione di marcia e formare alleanze in Senato”.
E questo “non soltanto esacerberebbe dissensi all’interno dello stesso Movimento, ma limiterebbe la sua capacità di governo e incrementerebbe i rischi di nuove elezioni”. Dopodiché, tutte queste posizioni nel resto del report vengono approfondite, con tanto di tabelle. Ma il senso ultimo dell’analisi non cambia".
5. Il "senso ultimo" di tutto questo è che, comunque la si voglia mettere, il "piano" deve andare avanti e si prepara l'arrivo di una trojka, formalmente in nome dell'€uropa. Forse: dipende da quanto tra qualche mese andrà il "brand" (come direbbe Lapo).
Per chi fosse interessato (e motivato), ci vediamo a Chianciano!