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OSSERVATORIO PUDE 5. CRONACHE DI UN CETRIOLO ANNUNCIATO.

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L'introduzione a questo quinto capitolo dell'Osservatorio PUD€ la lasciamo tutta a queste recenti parole di Krugman:
"Ciò che l'élite Europea non riesce a cogliere è che la percezione pubblica del loro diritto di governare dipende dalla loro capacità di raggiungere almeno alcuni risultati effettivi. Quel che hanno consegnato in realtà, tuttavia, sono anni di sofferenze incredibili accompagnate da ripetute promesse che la ripresa era proprio dietro l'angolo - e ora si stupiscono che molti elettori non si fidano più del loro giudizio, e si rivolgono a qualcuno, chiunque, che offra un'alternativa.

Vorrei poter credere che le elezioni italiane siano servite da campanello d'allarme - una ragione, ad esempio, per dare alla BCE il via libera per una maggiore espansione, una ragione per la Germania di fare un po' di politica espansiva e per la Francia di sospendere il suo non necessario stringere la cinghia. La mia ipotesi, tuttavia, è che avremo soltanto altre lezioni per gli italiani e per tutti gli altri su come non stanno dandoci abbastanza dentro."

Inutile dire che tutto questo diverrebbe attualissimo nel caso in cui si interpretasse il voto, da parte delle forze politiche tradizionali, solo come un fatto di "volti nuovi",  e cioè che, in  pieno delirio "cosmetico" (non a caso), pescassero qualche Jolly "inedito" rispetto alle stanze dei governi post-Maastricht, e ritirassero fuori le solite vecchie politiche...mentre i grandi gruppi finanziari e industriali esteri "mettono nel mirino" le imprese italiane, pubbliche e private, da acquisire a prezzi di saldo.
E' poi chiaro che nell'attuale situazione di instabilità politica italiana, sta proprio nella "svendita" la nuova frontiera degli appetiti dei creditori, non certo nel beggar thy neighbour commerciale, data la situazione recessiva.
Il grande spunto, agevolato dalla impossibilità di formare un governo forte, si colloca nella prospettiva delle Outrigt Monetary Transactions, preannunziate dalla BCE. In tale sede, di fronte a un abilmente concertato innalzamento degli spreads, scatterebbe la pressione, (più o meno efficace) verso la "condizionalità": ciò nel senso di accelerare i processi di dismissione e privatizzazione, già comunque programmati, mirati alla riduzione del debito pubblico. Ciò che presuppone la permanente compattezza politico-mediatica, all'interno del paese, nell'individuare in esso la causa della crisi nei paesi debitori (e comunque l'elemento su cui incidere come "unica soluzione possibile).

AGGIORNAMENTO DEL 7 MARZO 2013: segnalo questa bella intervista di Gennaro Zezza che con la sua consueta chiarezza e puntualità riassume i temi passati, presenti e futuri della crisi euro, confortando la linea di informazione qui sviluppata in particolare da "Aso e Abe..." e nei post dell'Osservatorio PUD€.  

The euro’s future begins now: Escaping debt traps and moving towards sustainable growth

Pier Carlo Padoan, Urban Sila, Paul van den Noord, 19 June 2012

The Eurozone is at the crossroads of two possible futures, depending on policies that are set today.
Along one path, the divergence continues, debtor countries face extremely tough conditions in financial markets and their economies slide into a vicious cycle of increasing debt and decreasing growth while creditor countries enjoy cheap capital. Along the other path, financial conditions in the Eurozone normalise, the southern countries go onto a recovery path and cohesion in the Eurozone is restored.
The first is the ‘bad equilibrium’ the second it the ‘good equilibrium’ – both are plausible futures for the Eurozone (see also DeLong and Eichengreen 2012 on possible equilibriums in Europe).

Come vedete, questo articolo di giugno (era passato il "positive trend" frettolosamente festeggiato nell'articolo di marzo commentato nell'Osservatorio PUDE-2), si parte direttamente con il riconoscere che i problemi non consistono nell'indebitamento pubblico, e in quello privato genericamente legati alla "risk aversion" e alla crisi finanziaria mondiale. Finalmente, di fronte alla schiacciante evidenza, si localizza la crisi nell'area UEM e si accenna alla crescita del debito...nei paesi "debitori" (UEM). Naturalmente non si dice come sia nato il debito di questi paesi, non certo causato dalla crisi dei sub-prime e precedente ad essa. E neppure si dice che questo debito è "privato". Altrimenti si dovrebbe ammettere che l'euro "è" il problema e che l'austerity è intrinsecamente illogica perchè è prociclica (cioè enfatizza la crisi di liquidità del settore privato dei paesi debitori sottraendogli violentemente il sostegno pubblico). 

How do we move away from the bad equilibrium and towards the good one?

The answer is not difficult intellectually and if we were allowed magic, it would be easy to implement – we could convert the Eurozone into a mature monetary union like the US overnight. The next day the bulk of public debt would be federal, backed up by federal taxing power, and the member states would have balanced budget rules enshrined in their constitutions knowing that bail-out is not an option. Some of them would surely face harsh conditions, but this would never become systemic.
Alas, we do not have the magic formula, nor does anyone else. Second-best action is called for, and very quickly, as time is running out.

Eh sì: voci ufficiali dell'establishment economico mainstream, sono costrette dall'evidenza (e dal fallimento del LTRO, "per loro" inaspettato...) ad ammettere che l'area valutaria è leggermente "difettosa", uscendosene col consueto rinvio agli USA.
Non dicono però che là i trasferimenti arrivano al 33% (20% agli Stati, 13% alle municipalità) delle entrate fiscali del bilancio federale e il sostegno finanziario conseguente oscilla tra i 9 e i 30 punti di PIL per i singoli Stati. Anche negli USA i singoli Stati si noti, sono vincolati al "pareggio di bilancio", ma sempre sulla predetta condizione di trasferimenti differenziati in un range che sarebbe impensabile in Europa. E questo perchè politicamente inaccettabile nelle chiarissime e "vibranti" posizioni espresse dalla Germania.
Il bilancio federale USA, invece, è in deficit eccome: solo che ricorre alla politica monetaria "concertata" con la FED, che acquista il debito connesso al deficit-fabbisogno con vari sistemi coordinati a banche operatrici su mandato. Non bisogna poi dimenticare che negli USA il tutto si basa sulla unità di regime fiscale delle imposte a maggior gettito (altro punto inaccettabile non solo per i tedeschi, ma anche per paesi "creditori" come Olanda e Lussemburgo che fanno del dumping fiscale un punto di forza e che fuggirebbero rapidamente dall'euro zona in caso di "federalismo"-OCA "US-pattern"), nonchè su una forte mobilità della forza lavoro, e quindi, non dimentichiamolo, della stessa base imponibile.
Insomma, Sapir ha abbondantemente dimostrato la impraticabilità del federalismo "cohesion-oriented", che costerebbe alla Germania 8-9 punti di PIL di contribuzione netta, pari a oltre 230 miliardi di euro all'anno da spedire ai PIGS (in un'ipotesi minimalista).
Consci forse di ciò, gli autori si richiamano a una "second best (???) action"...E quale mai potrà essere, questa soluzione capace di superare i limiti di praticabilità della moneta unica indicati dalla teoria di Mundell?

The debt blackhole: Event horizon at 106% debt-to-GDP ratio

In a recent paper (Padoan et al. 2012), we examine a possible set of policy actions in the pursuit of the ‘good equilibrium’, where debt is relatively low and stable and growth is sustained . We find that historically, on average for the OECD as a whole, the public debt ratio tends to 75% of GDP in a ‘good equilibrium’ whereas once a country breaches a 106% threshold it can no longer, on its own, escape from a ‘bad equilibrium’. The policy messages emerging from our exercise are clear.
First, countries in a ‘bad equilibrium’ need to be offered a way to backstop some if not most of their sovereign default risk (which may be the result of contagion). This may imply an open-ended guarantee for sovereigns (solvency risk) and banks (liquidity risk). Conversely like in any insurance scheme, conditions must be clear and strongly enforced to limit moral hazard. In such a case spreads would normalise and financial conditions in countries in distress ease.
Second, without a backstop even severe structural and fiscal adjustment is useless – contagion-driven rising spreads cancel the benefits of and undermine the support for reforms. The financial backstop would buy time and allow structural reforms to bear their fruits in terms of higher and stronger growth. Countries in distress would switch to a higher potential growth path, while easier financial conditions and stronger confidence ensure that demand is crowded in. The sovereign debt burden would be more manageable as output would grow faster than debt, in turn supporting the fall in yield spreads and making this less dependent on the financial backstops.
Third, as the above actions increase the available fiscal space, the required fiscal consolidation will be smaller, and more palatable and effective, thus reinforcing a virtuous circle that is likely to set in. Fiscal consolidation is clearly necessary, but there are ways to ensure it is both growth friendly and equitable. For instance, spending items like active labour market policy or education could be ringfenced and tax loopholes closed.

La geniale soluzione che vuole un'OCA perfetta senza ricorrere alla teoria dell'OCA è, indovinate un pò: RIDURRE IL DEBITO PUBBLICO per superare una crisi da squilibri commerciali e quindi di debito privato! Ovviamente mediante un piano di riforme strutturali, tra cui primeggia l'inevitabile consolidamento fiscale che impedisca agli Stati debitori di sostenere l'economia (ritardando l'equilibrio naturale della...disoccupazione, what else?)
E quale sarebbe la base teorica? Il fatto che l'equilibrio "buono" si raggiunga "storicamente" quando il debito pubblico, come nella media dell'OCSE, raggiunga il 75% del PIL. Mentre se un singolo paese si azzarda ad andare oltre la soglia del 106%, rompe questo equilibrio! Diamine, non ditelo ai giapponesi!
Abbiamo già visto come Panizza abbia compiuto studi, da specialista della materia di assoluto valore mondiale, che dimostrano che questa relazione tra debito pubblico e mancata crescita è del tutto aleatoria e empiricamente non attendibile, dimostrando, al contrario, che l'alto debito è la conseguenza e non la causa della mancata crescita (pare ovvio ma non per gli economisti mainstream che vivono nel controintuitivo e lo impongono come pensiero "altamente tecnico": "ragazzo lasciami lavorare"! Ah: e il Giappone lo ha ormai capito benissimo e mette da parte il mainstream).

Ma non solo: anche offrendo agli Stati con debito al di sopra di tale soglia il backstop ipotizzato, cioè un meccanismo di "garanzia" al default sovrano e alla crisi di liquidità bancaria, si dà il caso che i paesi che sono entrati in crisi (Irlanda, e Spagna sopra a tutti) avevano bassi debiti pubblici su PIL (anche inferiori al 40%), mentre l'Italia, nel periodo antecrisi del 2008 aveva tagliato il debito pubblico di ben 9 punti: e quindi la teoria soffre della petizione di principio di non riuscire a spiegare come un paese che sia in condizioni di (ipotizzato) superquilibrio "buono" sia entrato nell'inferno del debito e possa poi uscirne rientrando nella condizione stessa che non gli aveva impedito di entrare in crisi
Sia come sia, l'obiettico del back-stop (non viene pronunciato l'acronimo ESM forse perchè dati i suoi meccanismi di finanziamento a ulteriore debito pubblico dei...paesi debitori e il "volume" di intervento potenziale, considerati i costi del "vero" federalismo di trasferimenti, sarebbe parso troppo improbabile), serve a consentire che il consolidamento fiscale (nuove tasse e tagli spese in paesi indebitati con l'estero e in stagnazione-recessione) sia "più piccolo, più "digeribile" e più efficace.
Come dire: recessione va bene, ma non tutta insieme altrimenti la gente non la digerisce.

What a good equilibrium would look like

Figure 1 below illustrates numerically how a ‘typical’ Eurozone country in distress would recover. In a baseline without policy action, adverse developments in growth, interest rates and debt mutually reinforce each other, trapping the economy in a perpetuous downturn. Unlimited (but conditional) financial backstops that achieve a cut in market bond yields of the order of 500 basis points would sunstantially slow down the economic contraction and contain the rise in the debt burden.
Next, structural reform that manages to close the gap from the OECD average economic performance within 20 years would boost growth by 0.75% per year and bring support for fiscal sustainability (OECD 2012). A once-and-for-all cut in the primary fiscal deficit of the order of 6% of GDP would then suffice to stabilise the debt ratio and secure sustainable growth and low interest rates.
Importantly, in a medium-term timeframe the trade-off between ‘austerity’ and growth vanishes. However, as depicted in Figure 1, in the very short-run it does exist (growth is initially lower with than without fiscal consolidation), and this is complicating the political economy of fiscal consolidation. This is why it is necessary for countries attempting to escape from a bad equilibrium to be able to benefit from a ‘confidence bridge’ through financial backstops while implementing credible structural adjustment.
Figure 1. How a ‘typical’ Eurozone country can recover...

Qua il discorso si fa un pò misterioso: hanno lanciato là un backstop, che garantisca il debitore da immediate crisi di liquidità e insolvenza sovrana, senza menzionare l'ESM, ma probabilmente immaginando che, di lì a poco, Draghi avrebbe salvato VERAMENTE il gioco dell'OCA zoppa ("avulsa" da Mundell), cioè l'euro, attraverso il sostegno "per tutto quanto sarà necessario" ai titoli del debito pubblico dei paesi in crisi.
Rompendo però, nella "loro" matrice teorica, la facciata della "politica monetaria credibile", cioè che si limita a reprimere i prezzi (recte: salari), ma guadagnando il tempo necessario a non far percepire con eccessiva intensità nel tempo le riforme strutturali e l'austerity.
Chiariscono che il backstop-garanzia, bel oltre lo schema provvisorio di Draghi, debba strutturarsi nella "condizionalità".
Cioè bisogna comunque, per gli autori, vincolare i debitori a questi "aggiustamenti strutturali credibili" (tagli spesa pubblica, tasse, e deflazione salariale indotta da massima flessibilità, svendite, nonchè privatizzazioni e liberalizzazioni: non lo dicono espressamente ma ci scommetto quello che volete che è questo che intendevano,) una volta calmati gli spread.
Questi ultimi, peraltro, (come termine comparativo con l'onere di interessi sostenuto da altri paesi che adottano la stessa moneta), non sono legati all'ammontare dei deficit  e dei debiti pubblici, ma significano che i mercati non credono alla sostenibilità di una moneta unica che amplifica gli squilibri commerciali-posizioni creditorie tra i paesi partecipanti.
Una volta che la garanzia+condizionalità abbia garantito l'effettuazione dei suddetti (misteriosi) "aggiustamenti credibili", per gli autori, scatta la "nuova età dell'oro": per 20 anni austerity fiscale e deflazione salariale garantiranno una crescita annuale dello 0,75% (...!) all'anno, assicurando la sostenibilità fiscale: cioè la diminuzione del debito che calerebbe, in questa ipotesi, grazie a questa fantastica crescita "credibile" che non avrebbe certo effetti neutrali sulla distribuzione dei redditi.
E questo considerato che, per i mainstream, una crescita consentita da interventi statali di sostegno alla domanda aggregata e fruendo dei naturali aggiustamenti dei cambi flessibili, è evidentemente "incredibile": anche se adesso vaglielo a spiegare ai Aso-Abe e a Obama e poi anche ai francesi.
E come lo dimostrano? Ma con la figura 1 (che vi invito ad andarvi a vedere sull'articolo in originale)! Che non riporta i dati di come effettivamente vada l'economia che so, della Grecia, dell'Irlanda o dell'Italia, a partire dalla crisi e dall'adozione degli aggiustamenti credibili, ma quelli di un astratto lungo periodo di applicazione del fiscal compact.
E avrebbe potuto benissimo basarsi sui dati effettivi, perchè in effetti le politiche di riduzione del deficit pubblico, pro-cicliche, in essenza, sono state seguite almeno dal 2011. E gli andamenti sono stati analizzati per il passato e anche in proiezione dallo stesso FMI. 
Ci parlano invece di un ipotetico paese tipo dell'eurozona, "avulso" dalle serie storiche effettivamente registrabili nei paesi in cui si stanno già applicando queste teorie.
Cioè si ipotizza un risultato, si accoppiano indici, tipo un "moltiplicatore fiscale" rigorosamente "dedotto" sulla carta e non legato ai fattori strutturali che "nella realtà" lo determinano (secondo il FMI!), e inevitabilmente il risultato è quello ipotizzato in partenza. Una specie di ipotesi autodimostrativa. E si chiama "deduttivismo".
Per capire che gli effetti delle riforme strutturali non sono quelli ipotizzati e che l'austerity ha invece gli effetti determinati dai "veri" moltiplicatori fiscali, senza spendere ulteriori confutazioni teoriche, basta guardare alle ben diverse "curve" della crescita registrate nella realtà nei paesi sottoposti a terapia in questo studio, (lo so, è keynesiano, sarà grave?) nonchè dal FMI sopra citato,  fondati sulle serie storiche registrate nella realtà, da cui si possono trarre conclusioni del tutto diverse con metodo "induttivo". Le rispettive curve, che rinviano necessarimente a una pretesa quanto aleatoria "crescita" nel primo caso, "stranamente", non assomigliano affatto a quelle studiate sui dato reali: che una delle due "versioni" non sia rigorosamente scientifica?

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