L'Europa dà tempo in più alla politica italiana per dar vita a un Governo che affronti le priorità italiane, a partire dai conti pubblici. La valutazione sul "rispetto della regola del debito"è prevista per maggio, per allora "faremo anche la valutazione anche degli sforzi aggiuntivi chiesti all'Italia". Ma "è presto per saltare a conclusioni sul bilancio", perché prima bisogna vedere i dati del Pil 2017 e il possibile effetto trascinamento sul 2018, ha detto il vicepresidente della Commissione Ue responsabile dei conti pubblici, Valdis Dombrovskis.
Se non dovesse essere formato un nuovo governo in Italia entro la fine di aprile, la Commissione Europea è pronta a ricevere un Def basato su "uno scenario a politiche invariate", come è accaduto in altri Paesi che hanno avuto bisogno di tempo per formare un nuovo esecutivo dopo le elezioni.
Arriva intanto il country report sull'Italia. Debito, produttività, crescita, lavoro sono i punti dolenti del nostro Paese. In Italia si registrano "squilibri eccessivi", tra cui alto debito e una protratta bassa produttività che comporta rischi di "implicazioni transnazionali, in un contesto di crediti deteriorati ancora elevati e disoccupazione" scrive la Commissione Ue nel rapporto sugli squilibri. Il debito "si stabilizza ma ancora non ha imboccato un percorso di ferma discesa a causa del deteriorarsi del saldo strutturale", e lo slancio delle riforme "è in qualche modo rallentato".
L'Italia è tra i Paesi con squilibri eccessivi assieme a Cipro e Ungheria. Secondo Bruxelles ci sono stati "alcuni progressi"nell'attuazione delle raccomandazioni specifiche di maggio scorso. "Diverse misure sono in cantiere, in particolare nel settore del lavoro e politiche sociali, giustizia civile e ambiente per le imprese". Inoltre sta "mostrando effetto" lo schema per ridurre gli npl, e la Commissione ricorda anche gli sforzi per ammodernare la pubblica amministrazione e le misure anti-corruzione. Gli squilibri, spiega Bruxelles, si stanno comunque riducendo grazie a "condizioni economiche favorevoli e una riduzione dei rischi nel settore bancario". "C'è però comunque bisogno di un'attuazione più determinata di politiche".
1. Intanto che siamo qui che aspettiamo l'impenetrabile sviluppo degli eventi innescato da una miriade di variabili simultaneamente in gioco, vediamo almeno di chiarire se (hopefully) vi sia una qualche "prevedibilità", almeno costituzional-normativa, nella fase di "incarico" che, dopo l'elezione dei presidenti delle due camere, coinvolgerà il Presidente della Repubblica.
2. Traiamo qualche indicazione "di base" da un sito molto "ufficiale" che ci offre un quadro semplificato della possibile disciplina di riferimento:
"Anche se non espressamente previsto dalla Costituzione, il conferimento dell'incarico può essere preceduto da un mandato esplorativo che si rende necessario quando le consultazioni non abbiano dato indicazioni significative.
Al di fuori di questa ipotesi, il Presidente conferisce l'incarico direttamente alla personalità che, per indicazione dei gruppi di maggioranza, può costituire un governo ed ottenere la fiducia dal Parlamento.
L'istituto del conferimento dell'incarico ha fondamentalmente una radice consuetudinaria, che risponde ad esigenze di ordine costituzionale.
Nella risoluzione delle crisi si ritiene che il Capo dello Stato non sia giuridicamente libero nella scelta dell'incaricato, essendo vincolato al fine di individuare una personalità politica in grado di formare un governo che abbia la fiducia del Parlamento.
L'incarico è conferito in forma esclusivamente orale, al termine di un colloquio tra il Presidente della Repubblica e la personalità prescelta. Del conferimento dell'incarico da' notizia, con un comunicato alla stampa, alla radio e alla televisione, il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica. Una volta conferito l'incarico, il Presidente della Repubblica non può interferire nelle decisioni dell'incaricato, né può revocargli il mandato per motivi squisitamente politici".
3. Alla luce del quadro che precede possiamo trarre alcune evidenti conclusioni di principio:
a) non c'è un'esatta previsione costituzionale che definisca presupposti e procedimento da seguire per effettuare le scelte in questa fase e ci si deve affidare alla "consuetudine" o "prassi" costituzionale. Ma solo se questa sia riconoscibile, almeno sul piano della c.d. analogia (ci torneremo poi);
b) l'ipotesi fisiologica, che in un certo senso giustifica tale assenza di specifiche disposizioni costituzionali, è che una maggioranza parlamentare scaturisca dalle indicazioni del voto, in quanto cioè uno o più gruppi parlamentari siano in grado di fornire un'immediata ed (auto)evidente indicazione circa una loro volontà convergente di dar vita a una maggioranza, sul presupposto di ben riscontrate consistenze numeriche;
c) l'ipotesi sub b) è esattamente quella in cui NON siamo: anzi, abbiamo una situazione del tutto nuova, come nuova è la legge elettorale applicata:
c1) un gruppo parlamentare ha la maggioranza relativa, cioè è senz'altro quello più votato, ma, al contempo, non è attualmente in grado di presentarsi al PdR accompagnato da un altro gruppo parlamentare che sia concorde nell'appoggiarlo nella formazione di una maggioranza, fornendo al primo gli indispensabili voti mancanti.
c2) una coalizione, consentita e incentivata dal meccanismo elettorale dei collegi uninominali - parzialmente correttivo della natura proporzionale della legge, a sua volta corretta anche dallo sbarramento al 3% -, a sua volta, può godere sia del maggior numero di voti di qualsiasi altro competitore alle elezioni, sia della (per ora) volontà concorde di più gruppi parlamentari; non di meno, tale coalizione non ha neppur essa i voti per ottenere la maggioranza e, allo stato, neppure può addurre la concreta volontà concorde di un altro gruppo parlamentare per raggiungere i voti che le mancano.
4. Dunque, nonostante i correttivi anzidetti, la decisione del PdR dovrà essere adottata - almeno allo stato (ma mancano due o tre settimane di "trattative possibili" per poterlo dire con certezza)-, in base al mero sviluppo precedente della prassi (consuetudinaria in senso lato) e, per di più, in assenza di un chiaro riferimento analogico: cioè di un precedente che presenti almeno la gran parte degli elementi fondamentali caratterizzanti la situazione presente; appunto "nuova".
E "nuova" lo è anche perché consegue ad oltre un ventennio in cui la legge elettorale, con varie forme maggioritarie, tendeva a favorire coalizioni preventive; ma, a parte questo aspetto politico-istituzionale, nuova lo è ulteriormente perché, in ogni modo, è lo stesso elettorato a presentarsi concentrato in una struttura tripolare e non semplicemente bipolare.
5. Ed è questa bipolarità, peraltro, l'ipotesi che le forme elettorali maggioritarie tendono a favorire e a strutturare ma che, al contempo, dato il suo funzionamento semplificatorio e omologante dell'indirizzo politico delle due maggiori "polarizzazioni", sta saltando in tutta l'eurozona.
Insomma, al di là delle alchimie tecnico-legislative in materia elettorale, la tranquilla navigazione del giochino bipolare, cioè la preferenza di elezione delle "democrazia liberale", sta naufragando proprio quando il suo optimum, cioè l'alta astensione che consente di meglio governare alle elites (cosmopolite e finanziario-liberoscambiste), pare essere giunto a massimizzare il suo effetto (ottimo-paretiano...per ESSI).
Uno sconvolgimento di questa portata rispetto al processo idraulico della "numerazione" controllabile, - come evidenziava Gramsci- può comprendersi solo con una tendenza che Wolf (pp. 3-19) aveva analizzato un paio di anni fa, prima della Brexit e delle elezioni presidenziali in USA: il "populace", la plebaglia di Attaliana memoria, va a votare perché ne viene eccessivamente intaccato il benessere e le speranze di un futuro non diciamo "migliore" ma almeno decente per sé e per i propri figli.
6. Fatta questa precisazione (cioè resici conto che quello che accade in Italia è solo per una parte trascurabile dovuto alla legge elettorale in sé; certo, Macron ha avuto alle legislative dei decisivi vantaggi dal meccanismo del ballottaggio, ma alle presidenziali ha fruito di ben diverse spinte sistemiche favorevoli), veniamo alla consuetudine (costituzionale) in tema di incarichi.
Ricorriamo a un'altra fonte sufficientemente "istituzionale", sebbene "privata", (a vedere i "soci" della compagine, la si potrebbe definire istituzional-accademico-industrial-finanziaria):
7. Da quanto appena visto emerge che il precedente di prassi più analogicamente vicino risulterebbe essere quello di Bersani (e infatti, il medesimo è stato il primo a godere della "novità" del tripolarismo, al tempo inaspettato o quasi).
Se dunque non ci saranno novità realmente concrete nei giorni che ci separano da fine marzo, o più prevedibilmente dai primi di aprile (non dimentichiamo che quest'anno Pasqua cadrà domenica 1° aprile), l'incarico che potrebbe essere conferito sarà di tipo "pre"(incarico): cioè l'incaricato è una parte importante delle forze in gioco e però questi stesso deve approfondire le sue chances oltre il livello, più formale e "per gruppi separati", consentito dalle consultazioni presidenziali.
8. Invece, un mandato esplorativo, cioè affidato a un personaggio con un certo crisma di terzietà, al fine di chiarire le potenzialità delle alleanze possibili, in quadro che al PdR possa risultare incompleto, ci pare un poco meno probabile. Se non altro perché i due interessati che detengono le due sopraviste diverse forme di maggioranza relativa, almeno allo stato, reclamano la propria immediata disponibilità a tentar di formare un governo. Ma in parte dipenderà anche, è inutile nasconderselo, da quanta pressione l'Ue, ovvero "i mercati", riterranno conveniente esercitare.
Cioè da quanto alla endiadi "Ue-mercati" parrà conveniente far emergere, più o meno rapidamente, lo stallo e la debolezza di qualsiasi possibile formazione di maggioranza a genesi puramente "politico-elettorale": è chiaro, ad esempio, che la soluzione Citigroup sarebbe favorita dal protrarsi di una trattativa irrisolvibile sul piano politico-partitico e dal sopravvenire della "necessità" di un ricorso a un governo tecnico-istituzionale a programma limitato, meglio ancora se non legittimato, com'è stato appena detto, a cambiare le linee dell'indirizzo politico-economico.
9. Entrambe le ipotesi di "incarico non pieno", peraltro, sono in astratto possibili: dipenderà dal grado di persuasività che potranno offrire gli interessati al PdR circa le proprie aspettative di svolgere utilmente il rispettivo pre-incarico.
Da questa persuasività (rispetto a cui sarà decisiva la capacità di trattativa nei prossimi giorni: almeno per chi fosse seriamente intenzionato ad andare al governo...) dipenderà la sceltà tra i due "casi nuovi" di maggioranza relativa che teoricamente si presentano in queste elezioni (situazione sostanzialmente dissimile da quella del 2013, in cui il M5S era esplicitamente preclusivo di ogni alleanza).
10. Allo stato, purché la coalizione si dimostri durevolmente compatta, l'elemento numerico, cioè la maggior prossimità quantitativa a raggiungere una maggioranza, deporrebbe per un pre-incarico a Salvini (molti i "se", allo stato delle varie dichiarazioni che si affastellano in queste ore).
Ma l'elemento "verosimiglianza probabilistica di possibili alleanze"potrebbe propendere a favore del leader 5S, a condizione però che non attenda che siano "gli altri" ad andare a parlare con lui, dato che, nella sua posizione, è logico esattamente fare esattamente l'opposto.
Ove fosse poi impossibile che il governo sia formabile da entrambi i potenziali pre-incaricabili (attuali), la soluzione Citigroup, in tutte le varianti abbondantemente auspicate dai media prima delle elezioni, riprenderebbe corpo.
ADDENDUM...Una beffa? Dipende. Anzitutto sarebbe tale solo se si assume il punto di vista del (tentato) recupero della sovranità e dell'interesse nazionale. La soluzione Citigroup si fonda sul fatto di suggerire una prospettiva win-win per tutti i partiti (che possono votare con "distinguo" e, comunque, NON intestarsi il prossimo €-massacro per sperare di essere premiati alle successive elezioni). Testualmente dal report: “Cinicamente se nessuno sta governando, nessuno può lamentarsi per l’introduzione di riforme impopolari e tasse“. Appunto: cinicamente.