Quindi si afferma sempre più nettamente la distinzione tra favore plebiscitario dei media e consenso elettorale effettivo.— LucianoBarraCaraccio (@LucianoBarraCar) 16 maggio 2018
Se "votassero" solo i giornalisti (e sono abituati a farlo ogni giorno) in effetti sarebbe una democrazia molto..governabile.
Ma senza il popolo.
Strana, no?
1. Come detto anche nel post di ieri (p.1), proseguo in una personale propensione a non commentare nei suoi contenuti il "contratto di governo", pur reso accessibile nella sua forma definitiva; e ciò in quanto lo stesso è astretto da "limiti tattici"senza precedenti nella storia della Repubblica.
Un'operazione ermeneutica è dunque resa difficoltosa dalla impossibilità di conoscere dati essenziali, - sulla libera disponibilità dei rispettivi interessi sostanziali da parte dei contraenti-, che risultano estremamente rilevanti sul piano interpretativo.
Se la segnalata debolezza strutturale, già in fase genetica - che è poi una debolezza politico-metodologica, probabilmente inevitabile -, si rivelerà o meno problematica per la funzionalità del governo, lo potremo in seguito constatare, ma anche giustificare, in considerazione, appunto, della fase storica che stiamo vivendo.
2. Questa fase trova il suo tangibile punto di emersione, ma non certo il suo compimento, nell'evidenza del risultato delle elezioni del 5 marzo e può essere così sintetizzata:
"...l'evidenza dei segnali lanciati dall'elettorato è tale che nuove elezioni a breve potrebbero risolvere la situazione di stallo attuale, anche senza che sia mutata l'attuale legge elettorale: ciò in quanto, il processo di reindirizzo largamente maggioritario delle preferenze di voto del popolo italiano è, manifestamente, un processo che si sta compiendo e sul quale lo Spirito democratico che dovrebbe caratterizzare le istituzioni costituzionali di garanzia non avrebbe ragione di interferire.
Trattandosi di un'imponente trasformazione in atto, essa non può che essere compresa e favorita come un'espressione della coscienza popolare verso il pieno recupero della sua prerogativa sovrana di contribuire all'indirizzo politico democratico. E va compresa e favorita anche nei tempi, non necessariamente brevi, in cui essa si possa manifestare...
...questioni come le "clausole di salvaguardia" sono, appunto, automatismi la cui priorità, considerata correttamente nel suo significato politico-economico, non solo non è più attuale e "tecnicamente" attendibile, ma addirittura deve essere l'oggetto di una rimeditazione che costituisce una scelta politica fondamentale e che dà senso (molto) attuale al libero processo elettorale e alle forze politiche divenute più rappresentative; soprattutto perché la trasformazione in atto va compresa, con ragionevolezza e senso della realtà, proprio per il disagio sociale crescente, e presto incontenibile, che proprio tali automatismi hanno provocato".
3. Ma vorrei portare l'attenzione, piuttosto, sulla dimensione degli ostacoli che, invece, vengono sollevati e che spiegano i "limiti tattici senza precedenti nella storia della Repubblica", poiché ci forniscono l'urgente concretizzazione di quanto la democrazia sia in pericolo, almeno con riguardo alla coessenziale funzione del suffragio universale.
L'evolversi delle pressioni mediatiche e istituzionali contrarie al formarsi di una maggioranza di governo in condizioni fisiologiche secundum constitutionem, e quindi nell'ambito di una libera dialettica limitata al solo confronto (non coartato da limiti giuridicamente praeter constitutionem) tra le due forze "contraenti", conferma come la sovranità popolare, quella in cui l'indirizzo politico rifletta la libera espressione del voto e la conseguente pienezza del mandato democratico delle forze politiche, non può coesistere con la sovranità dei "mercati".
Sempre tenendo conto del principio per cui "sovrano è colui che ha il potere di dichiarare lo stato di eccezione".
4. E, per l'appunto, le pressioni che vengono oggi esercitate per alterare la fisiologia costituzionale della formazione di un governo non gradito al "sovrano", o meglio all'antisovrano, costituito dai privati timocrati che controllano i "mercati", consiste nella non celata minaccia di una serie pressocché infinita di ben noti stati di eccezione. Ripetute, tali minacce, in stereofonico coordinamento domestico-internazionalista.
Ed a queste minacce conseguono toni, affermazioni e linguaggi a dir poco estremizzati, in una colossale tentativo di corroborare, a favore dell'antisovrano, la profezia apocalittica di cui Monti è stato il più potente messaggero, instauratore di una nuova era che si pretende irreversibile.
Monti è un apripista, il portatore della "profezia apocalittica", che viene mandato avanti perchè "notifichi", - il preavviso di estinzione seriale dei diritti costituzionali— Luca Deiana (@Deiana_Luca9) 18 maggio 2018
https://t.co/bu4a2C8d3s#GovernoM5SLega#contrattodigoverno#Mattarellapic.twitter.com/DirfuoiD0F
5. L'uso spregiudicato di iperboli e di aggressività verbale raggiunge risultati che, in condizioni di normali capacità critiche da parte dei media italiani, dovrebbero essere ridicolizzati o almeno destare "perplessità", anziché essere seriosamente "irradiati":
E non che le irpeboli vaticinanti provengano solo da tedeschi dalla smisurata capacità di "rimozione" (quantomeno del buon gusto) e media anglosassoni. La produzione autoctona tiene "brillantemente" il passo, debordando a sua volta in una certa criptica apoditticità:«Aleggerà per sempre come una cappa inestinguibile sul vostro paese» Per sempre. Inestinguibile. Detta da un economista tedesco. Ma ci rendiamo conto? pic.twitter.com/li1RMxGSSM— Massimo D'Antoni (@maxdantoni) 18 maggio 2018

6. Talora, episodi di transitoria, e scontatamente ideologica, volatilità del mercato assumono i contorni di una sfrenata mancanza di senso delle proporzioni:
E su nulla ci viene risparmiata la reiterazione ossessiva dei semplici e virili concetti che fondano l'etica della durezza del vivere:
Non ho altre domande...https://t.co/7c0hpoXwFEpic.twitter.com/ziagSiapc5— LucianoBarraCaraccio (@LucianoBarraCar) 18 maggio 2018
7. Ci piace perciò rammentare, se mai (in un mondo ideale della ragion democratica) potesse risultare utile, quali siano i capisaldi del tradizionale liberalismo, attualizzato nelle teorie economiche neo-classiche oggi rivisitate in chiave €uro-mercatista, con riguardo al ruolo dei parlamenti, del suffragio popolare e della relativa pretesa (assurda) di sovranità. Ci rifacciamo a Gustave Le Bon (p.1.7, d), la cui matrice è un sempreverde che si può indossare in tutte le stagioni (più tristi per la democrazia pluriclasse):
"Come la tradizione liberale, ai cui rappresentanti (Tocqueville, Macaulay, Spencer) fa spesso riferimento, Le Bon mette in connessione l’estensione del suffragio e il diffondersi delle idee socialiste che, violando le “leggi economiche”, pretendono di “regolare le condizioni dell’impiego e del salario”, diffondendo la “fiducia superstiziosa nello Stato provvidenziale” e l’attesa della soluzione di una presunta questione sociale mercé l’intervento legislativo nei rapporti di proprietà. Tutto ciò ha già avuto e può ancora avere effetti rovinosi: “le fantasie di sovranità popolare ci costeranno di sicura ancora più care (Le Bon, 1980, pp. 34, 125 e 224)"
"Nella denuncia di questa «pericolosa chimera» che ha preso piede a partire dalla rivoluzione francese e di cui «invano filosofi e storici hanno tentato di dimostrare l'assurdità» (Le Bon, 1980, pp. 117 sg.), lo psicologo delle folle è d'accordo con Tocqueville (cfr. supra, cap. i, § 2), da lui più volte citato. Solo che ben diversamente si configura il rimedio suggerito, il quale ora è da ricercare non nel sistema elettorale di secondo grado o in qualche altro accorgimento per limitare o contenere il suffragio universale diretto.
Quest'ultimo dev'essere, al contrario, portato a compimento perché il capo, senza essere ostacolato da barriere e diaframmi, possa agiresulle massericorrendo a strumenti di persuasione che vengono così descritti:
L'affermazione pura e semplice, svincolata da ogni ragionamento e da ogniprova, costituisce un mezzo sicuro per far penetrare un'idea nello spirito delle folle.
L'affermazione pura e semplice, svincolata da ogni ragionamento e da ogniprova, costituisce un mezzo sicuro per far penetrare un'idea nello spirito delle folle.
Quanto più l'affermazione è concisa, sprovvista di prove e di dimostrazioni, tanto maggiore è la sua autorità. I testi sacri e i codici d'ogni tempo hanno sempre proceduto per affermazioni. Gli uomini di Stato chiamati a difendere una causa politica qualsiasi, gli industriali che difendono i prodotti con la pubblicità conoscono il valore dell’affermazione. Tuttavia quest’ultima acquista una reale influenza soltanto se viene ripetuta di continuo, il più possibile e sempre negli stessi termini.
Napoleone diceva che esiste una sola figura retorica seria, la ripetizione. Ciò che si afferma finisce, grazie alla ripetizione, col penetrare nelle menti al punto da essere accettato come verità dimostrata”.
8. Detto questo capirete bene perché il contesto in cui ci troviamo, induce a porre l'attenzione non tanto sul contenuto del "contratto di governo" (che, conoscendo i principi generali del diritto e la cultura tedeschi, avrebbe potuto con più esattezza e misura essere denominato "Convenzione"), quanto sull'esigenza vitale di preservare la prosecuzione del difficile processo di reindirizzo del consenso elettorale; un fenomeno che, se non verrà traumaticamente arrestato da "forze esterne, che stiano al di sopra del popolo e al di fuori dello Stato", come ammoniva Calamandrei,dimostra come il disagio sociale è meglio, molto meglio, che si esprima nel suffragio universale e nella composizione democratica del parlamento, piuttosto che nella sua negazione e nell'insistenza a colpevolizzare un popolo solo perché crede di poter esercitare la sovranità che gli riconosce la sua Costituzione.