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DA ORIZZONTE48 EMERGE L'UMANESIMO...48. l'INVALICABILITA' DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA NOSTRA COSTITUZIONE AD OPERA DEL DIRITTO COMUNITARIO

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Da "Umanesimo48" riceviamo e volentieri pubblichiamo questo primo contributo che inaugura la costruzione collettiva della nostra "Costituente"...e di un nostro futuro "nella democrazia".
"Umanesimo", che è un prestigioso docente universitario di diritto pubblico, ha avuto il pregio di affermare dei principi chiari e puntuali, mantenendosi nel solco divulgativo che qui cerchiamo di perseguire, in modo da porre tutti in condizione di comprendere questi complessi problemi.
Insomma, stiamo "rimuovendo gli ostacoli" di cui parla l'art.3, secondo comma, della Costituzione. Per voi tutti.
A questo punto da Gian Luca Menti, Chicco D.M. e da tutti gli altri che generosamente si offrono per portare avanti l'iniziativa di "doppia rimessione", - alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia europea, delle questioni inerenti alla legittimità costituzionale non solo delle norme interne di recepimento di quelle "europee", ma di queste ultime con gli stessi principi "fondamentali" dei trattati, correttamente intesi, cercando di fermare la "follia contabile" che li sta cancellando (oltre la misura della stessa ambiguità delle formule adottate)-, mi aspetto un impulso alla organizzazione dell'iniziativa.
Ovviamente con i tempi e le possibilità di concreta disponibilità "personale"del caso. Cosa che può richiedere l'ausilio e l'impegno, ognuno per la sua parte, di tutti coloro che "sentono" l'urgenza di questo impegno civile.
Il supporto di questo blog (vedrete!) non mancherà, ma i primi attori siete voi tutti, come vi ho detto fin dal primo post
Ecco il contributo di "Umanesimo48"... 

La domanda che va posta è: può un governo, anche per il tramite del parlamento, modificare (peggiorando il livello di tutela e di garanzia) norme sul diritto al lavoro, sul diritto alla pensione (vedi anche la condizione dei c.d. "esodati"), sul diritto all'assistenza, sul diritto allo studio, sul diritto alla salute, e quant'altro, in deroga - se non in contrasto - ai principi fondamentali della nostra Costituzione, ed in nome di una - sedicente – “necessità” di una politica di austerità, pur nel pieno di una crisi economica?
Vi è, certamente, una ingiustificabile mancanza di considerazione di un canone-base della teoria economica: "l'austerità va praticata nelle fasi di espansione, non in quelle di crisi" (Keynes), altrimenti si produce la distruzione dei posti di lavoro.
Quando non si produce alcuna politica industriale, non si pensano misure per alleggerire il carico fiscale delle imprese e delle famiglie, si allunga l'età pensionabile, si  affievoliscono le misure di garanzia e di tutela dei lavoratori adottando strumenti che, anzi, ne “ incentivano l'uscita" l’uscita dalla condizione lavorativa attiva, quando non si introduce il meccanismo delle compensazioni tra amministrazione dello Stato e le aziende (o imprese) e quant'altro, si genera un sistema di misure che, messe tutte insieme, danno l'impressione (per non dire, la certezza) di un gioco al massacro sociale. Senza voler ricordare le ultime uscite del governo in ordine al sistema sanitario, sempre con il supporto di rito secondo cui il livello di spesa non è più sostenibile. Argomento quantomeno strano, a fronte dei dati europei che pongono il nostro sistema sanitario - sul piano della spesa e dei costi - al gradino più basso.
Insomma, ogni misura sembra pensata solo in senso "contabile", senza tener conto degli effetti sociali in cui risiedono le garanzie, la dignità, il benessere, la solidarietà, l'uguaglianza, la libertà di ogni  uomo. Anzi, in nome della "contabilità" sembra giustificarsi qualsiasi negazione del diritto, fino a liquidare come "danno collaterale" la scelta di quanti sono giunti a concepire anche gesti estremi per aver perso la dignità e la speranza di una vita serena.
Ma tutto questo è coerente con l'essenza, i principi fondamentali della nostra Costituzione? Lascio a ciascuno degli eventuali lettori ogni considerazione, dopo aver offerto qualche elemento di riflessione.
L'anima (il valore fondamentale) della nostra Costituzione è certamente quella di una Carta costituzionale di uno Stato di democrazia classica. Il suo riferimento - o la sua finalità - è il benessere dell'uomo e intorno ad esso (ovvero nel suo interesse) è costruito un sistema di norme che contengono principi fondamentali non revisionabili, ovvero non sopprimibili, altrimenti verrebbe meno la stessa natura "democratica".
Su tale assunto si basa anche l'art. 139 Cost., quando afferma che la "forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale", laddove nel termine "repubblicana" è insito il collegamento all'art. 1 della stessa Costituzione ed al suo richiamo al fondamento del lavoro: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".
Con ciò non si vuol dire che se tutti non lavorano viene meno la stessa Repubblica, ma che il lavoro è il valore essenziale attraverso il quale si afferma la dignità e la libertà di ogni individuo, in ossequio al principio - formale e sostanziale - di uguaglianza, il quale "impone" alla Repubblica - e, dunque, ad ogni organo costituzionale chiamato ad agire in nome del popolo sovrano- di rimuovere ogni ostacolo "di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (...)".
Così, l'art. 4 della Costituzione con il riconoscimento del diritto al lavoro a tutti i cittadini, promuovendo "le condizioni che rendano effettivo questo diritto". Allo stesso modo la parte relativa ai "Rapporti economici", in cui si afferma la tutela del lavoro(art. 35), il diritto ad una "retribuzione proporzionata alla quantità e qualità" del lavoro e "in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé (il lavoratore) e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa" (art. 36). Non di meno quando la Costituzione prescrive che l'iniziativa economica "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" (art. 41 Cost.).
Tutto ciò significa che qualsiasi misura o norma in contrasto con i principi che ho fin qui ricordato sono incostituzionali e lo sono anche se "ce lo dice (o ce lo fa intendere) l'Europa".
Infatti, se è vero che oggi vige il c.d. "primato" del diritto comunitario sul diritto interno, ciò non può, comunque, valere se in ragione del diritto comunitario vengano emanate norme che violano i principi fondamentali della nostra Costituzione.

Esiste, infatti, una sfera "intangibile" dell'ordinamento costituzionale che si pone come barriera all'espansione illimitata (o irragionevole) del diritto comunitario.
Mi riferisco (come ricorda Gustavo Zagrebelsky) ai c.d. "principi supremi" che non possono essere superati neanche dalla cessione di sovranità derivante (attraverso un'interpretazione estensiva) dall'art. 11 della Costituzione.
Quindi, se il nostro diritto interno é cedevole di fronte al diritto comunitario, quest'ultimo non può derogare o superare i "principi supremi" della nostra Costituzione.
Una regola questa ribadita dalla Corte costituzionale (sent. 284 del 13 luglio 2007).
Di essa (ndQ, nota di Quarantotto...grazie Alberto del metodo segnalato J!) segnaliamo questo passaggio, che dà risposta ad alcune questioni sollevate nel dibattito al post precedente: “Ora, nel sistema dei rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario , quale risulta dalla giurisprudenza di questa Corte, consolidatasi, in forza dell'art. 11 della Costituzione, soprattutto a partire dalla sentenza n. 170 del 1984, le norme comunitarie provviste di efficacia diretta precludono al giudice comune l'applicazione di contrastanti disposizioni del diritto interno , quando egli non abbia dubbi - come si è verificato nella specie - in ordine all'esistenza del conflitto. La non applicazione deve essere evitata solo quando venga in rilievo il limite, sindacabile unicamente da questa Corte, del rispetto dei principi fondamentali dell' ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona (da ultimo, ordinanza n. 454 del 2006).

Quindi, se una legge dello Stato viola la Costituzione nei suoi principi fondamentali è direttamente incostituzionale.
Ma lo è anche se viola i principi fondamentali o supremi della Costituzione per "mandato" europeo. In ogni caso, un'eventuale violazione dei principi supremi della Costituzione da parte di norme comunitarie non vengono direttamente affidate al giudizio della stessa Corte costituzionale, ma indirettamente, attraverso il sindacato di costituzionalità della legge interna, di attuazione dei Trattati istitutivi dell'Unione, nella parte in cui consente - incostituzionalmente - di contraddire i principi inderogabili della Costituzione (così numerose sentenze della Corte costituzionale).
Quindi, in conclusione, non è sufficiente che "ce lo dica l'Europa" per giustificare la violazione di principi fondamentali costituzionalmente garantiti, anzi ,che sono l'essenza della Costituzione stessa.

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