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PROTEZIONISMO FINANZIARIO MONDIALE. IL PUD€ DISSIDENTE AMMASSA LE TRUPPE AL CONFINE DEL...25 LUGLIO

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Oggi ho comprato "Le Monde" e il quadro della crisi europea che ne viene offerto è abbastanza sconfortante. Si parte, nell'inserto "Economia e imprese" (pag 1 e 3) col dire che la ("ennesima") mossa di Draghi, nel dichiarare che i tassi BCE rimarrano al livello attuale, "ou plus bas", per un periodo prolungato" avrebbe rassicurato gli investitori, che avevano fatto risalire i costi del debito pubblico nella zona euro, di fronte a un "mauvais" cocktail di crisi politica in Portogallo, instabilità in Grecia e annuncia della Federal Reserve di una prossima riduzione del sostegno monetario all'economia (pare consolidata dal raggiungimento di una riduzione della disoccupazione pià veloce del previsto).
Questo clima, come emerge dall'intervista al membro francese del "direttorio" BCE, Benoit Coeurè, non deve far pensare che si abbia davanti del tempo per"fare le riforme" (e te pareva!), dato che le "tensioni finanziarie possono tornare" (un mantra BCE-puddino immancabile).
In linea con la più ortodossa delle ortodossie, alla domanda perchè in tutto il mondo solo la zona euro sia in recessione (che già è un interrogativo "coraggioso", per i nostri standards mediatici italiani, dato che i "giornaloni" paiono implicare che è tutta colpa nostra e della nostra dannata mancanza di "competitività" perchè abbiamo un mercato del lavoro troppo rigido e non lavoriamo abbastanza), il "buon" Coeurè risponde: "Ciò è all'interno di un processo di "disindebitamento" (c.d. deleverage, naturalmente "doloroso") che coinvolge attori pubblici e privati. Questo pesa sulla domanda interna, in particolare nei paesi dell'Europa del sud, dove l'aggiustamento è più forte. Il tutto in un clima di incertezza (chissà come mai? L'intervistatore non lo chiede...) perchè, se le riforme sono necessarie, esse creano anche ansietà. A cui i governi possono rispondere facendo della pedagogia di queste riforme e indicando degli obiettivi chiari" (ma è proprio perchè fanno pedagogia e indicano obiettivi chiari, e chiaramente falliti con gli strumenti che si stanno utilizzando, che si crea...l'ansia!).

Sempre a pag.3 dell'inserto "Le Monde" quasi si rallegra che "Il governo cinese promette di aprire il sistema bancario al capitale privato", mancando del tutto di cogliere quanto viene detto in un interessante articolo di Harold James, professore di Storia a Princeton e all'Università "europea" di Firenze, dove si enfatizza la ri-nazionalizzazione, in funzione protezionistica, del capitale finanziario, con un inquietante parallelismo con i fatti che precedettero la I guerra mondiale (riferimento che, chi è venuto a Viareggio, rammenterà brillantemente argomentato da Cesare Pozzi).
E a proposito di Cina e dintorni si dice "Geopolitics is intruding into banking practice elsewhere as well. Russian banks are trying to acquire assets in Central and Eastern Europe. European banks are playing a much-reduced role in Asian trade finance. Chinese banks are being pushed to expand their role in global commerce. Many countries have begun to look at financial protectionism as a way to increase their political leverage".
E tratteggia un quadro che conferma quanto anticipato qualche settimana fa su questo blog:"Alcune delle dinamiche pre-1914 stanno riemergendo. Nel post-crisi finanziaria del 2008, le istituzioni finanziarie appaiono sia come pericolose armi di distruzione economica di massa, sia come potenziali strumenti per l'imposizione dei poteri nazionali.
Nel gestire la crisi del 2008, la dipendenza delle banche straniere dal rifornimento di liquidità in dollari, ha costituito una grande debolezza, e ha richiesto la concessione di linee di credito immense da parte della FED, e di interrompere le attività intraprese dalle grandi istituzioni finanziarie" (un chiaro riferimento alla reintroduzione del paradigma Glass-Steagall, guidato però dalla coeva reintroduzione del controllo pubblico). 
Ma sentite l'analisi di scenario geopolitico: "Per i banchieri europei, ed alcuni governi (eufemismi che dissimulano il riferimento alla Germania, ndr.), gli sforzi attuali degli Stati Uniti di rivedere il proprio approccio alle operazioni sulle "sussidiarie" delle banche straniere sul proprio territorio, sottolineano questo imperativo. Essi hanno visto la "mossa" americana come un sorta di nuovo protezionismo finanziario e minacciano rappresaglie(!)" 
E quindi, lo scenario conflittuale ci fa capire molto bene anche l'irrealistico solipsismo, ai limiti dell'autismo, delle strategie UEM di forsennato "deleverage", quali ribadite da Coeurè, senza preoccuparsi minimamente dell'impatto sull'economia globale: "Il prossimo "step" in questa logica è riflettere su come il potere finanziario possa essere diretto a vantaggio nazionale in caso di conflitto diplomatico. Le "sanzioni" sono una "routine" (e non molto di successo) applicata a paesi "ruvidi", coime Iran e Corea del Nord. Ma la pressione finanziaria può essere applicata con molta più forza persuasiva a paesi che siano profondamente inseriti nell'economia globale".
 
E in Italia?
Beh, per chi si preoccupasse su quale fine avesse fatto la strategia di riposizionamento "preventivo" del PUD€ dissidente, oggi si può assistere a un florilegio di prese di posizione.
Giuliano Ferrara scrive un editoriale su "Il Giornale"odierno, intitolato "Se non aggiustiamo l'euro l'economia resterà in panne".
Sentite cosa scrive:
"...il Cav guarda i sondaggi, capisce che la maggioranza assoluta degli italiani non si fida dei modi in cui le classi dirigenti hanno impostato l'economia della moneta unica, non vuole correre inutili e controproducenti avventure, ma in pari tempo si domanda se per risollevarsi non sia necessario un ripensamento strategico all'altezza dei casini che percorrono economia e società italiana. Tornare unilateralmente alla lira sarebbe un suicidio, non lo hanno fatto nemmeno i greci con la dracma, e sarebbe stata una scorciatoia per quanto illusoria. Ma mettere in discussione l'euro, i patti che lo hanno fatto nascere, le regole che ne fanno un cappio per certe economie, per certi sistemi di produzione e consumo, questo è il tipico ragionamento non ortodosso, da outsider, che un leader come Berlusconi ha in mente, e sul quale sta lavorando studiando e consigliandosi con gli imprenditori ed economisti di cui si fida.Berlusconi è un tipo che non si è mai fatto ricattare dall'ortodossia e dalla corrente convenzionale del pensiero unico. In questo è perfino esagerato, basti pensare alla surreale trovata di perorare la restituzione dell'Imu, una tassa per la quale obiettivamente basta e avanza una sospensione oggi e una ristrutturazione intelligente domani, qualunque sia l'opinione autorevole del Fondo monetario internazionale. La sola idea che sia proibito per dogma ideologico agire liberamente per un'Europa compatibile non con il nostro debito pubblico, al quale dobbiamo provvedere con tenacia, non con i nostri problemi strutturali, che hanno bisogno di riforme, ma con il futuro della nostra economia e del nostro sistema finanziario, questa sola idea induce un leader come lui e il suo blocco sociale, con gli interessi rappresentati, a esaminare in ogni dettaglio l'ipotesi di uno strappo, che poi è la versione realistica del braccio di ferro.Mario Draghi, i tedeschi più accorti e meno arcigni nel perseguimento dei loro interessi nazionali a scapito della coesione europea, e gran parte delle classi dirigenti, perfino una parte della sinistra in molti Paesi dell'area euro, lo hanno capito benissimo. Non è questione di aspettare il risultato delle elezioni in Germania, magari per vedersi concessa una qualche deroga, non è quello il problema. Ci vuole una nuova convenzione, un nuovo patto costituente dell'Europa unita che corregga aspetti fondamentali della recente storia dell'euro, al di là dei moralismi e dei sensi di colpa o delle paure ataviche che percorrono l'Europa e rincorrono tendenze inveterate all'egemonismo. Un sistema monetario più flessibile per una casa comune in cui non ci si senta prigionieri: a questo, tenendo in gran dispetto i richiami all'ordine dei soliti conformisti, e preoccupandosi delle angosce degli italiani e della necessità di darsi da fare per trovare una soluzione strategica valida per tutti gli europei, sta lavorando, senza colpi di testa, Silvio Berlusconi."
 
La Santanchè dà le pagelle: insufficienza a Letta, e chiede la testa di Saccomanni, predicando l'inopportunità di un esponente di Bankitalia al dicastero dell'Economia, mentre invece occore oggi saper rinegoziare con fermezza la nostra posizione in Europa.
 
Infine Raffaele Jannuzzi analizza non solo l'insostenibilità delle politiche dettate all'Italia dal suo inserimento dell'Europa, ma ne predica la radicale incompatibilità con la "dottrina sociale" della Chiesa, che risponderebbe alla vera via italiana al capitalismo (dimenticando la Costituzione; ma senza che questo sia una sopresa). In particolare si accusa la Merkel di essere abile tattica ma non buona stratega e, ancor peggio, di "sfidare" la dottrina sociale della Chiesa. Di rilievo l'accusa di "nonsense" all'austerità, al pareggio di bilancio e allo stesso limite del deficit al 3%...

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