Tanto per cominciare vi rinvio al post di ieri e ai links in esso riportati, relativi a post, inscrivibili nel filone "frattalico", con ricognizione dello "sbarco in Sicilia", pre-25 luglio (sempre premesse le sfasature cronologiche di qualche mese indicate fin dal primo post frattalico).
Poi vi sottopongo questo post di 8 giorni fa.
PREMESSA IN ADDENDUM: ovviamente non sto dicendo che il PUD€ e il FOGNO abbiano finito di fare danni.
Questa è esattamente la questione che ci terrà occupati dopo l'8 settembre P.V..
Per capirsi, basta vedere cosa ci riserva l'offensiva di fine settembre del FMI, a sostegno delle raccomandazioni della Comissione UE, che il PUD€ attende come "manna dal cielo": TAGLIO DEI SALARI DEL 10% IN DUE ANNI, con presunto aumento dell'occupazione del 6/7%.
Dicono loro: ma basandosi su questo INTERESSANTE STUDIO, data l'incidenza della quota salari sul PIL italiano, la contrazione conseguente della base imponibile e l'effetto del moltiplicatore, l'UNICA CERTEZZA SAREBBE UNA RECESSIONE AGGIUNTIVA (o perdita di PIL, se credete alla "ripresina" di Saccomanni), DI CIRCA 4 PUNTI DI PIL per ciascuno DEI PROSSIMI 2 ANNI.
Infine, sempre che abbiate preso visione "di quanto sopra" (:-)), mi limito a riportarvi un brano de "La Repubblica" (!!!) odierna:
"La novità, in realtà, non è nel tenore delle critiche. Sta, piuttosto, in chi le agita ora. Quello che sta cadendo ora sul quartier generale di Francoforte è, infatti, fuoco amico, che proviene dagli altri organismi internazionali e dalle altre banche centrali. Non basta che tutte gli altri grandi istituti di emissione (l'americana Fed, l'inglese BoE, la giapponese BoJ) si muovano in senso opposto alla Bce.
Ora, in buona sostanza, lo fanno anche notare, rimproverando apertamente i tetragoni di Francoforte per le loro resistenze. Nel giro di poche settimane, infatti, l'Ocse, l'organizzazione che raccoglie i Paesi industrializzati, poi il Fondo monetario internazionale, il garante della stabilità finanziaria mondiale, e, in modo indiretto, ma trasparente, gli americani della Fed e finanche gli esperti della Bri di Basilea, la banca centrale delle banche centrali hanno indirizzato a Francoforte critiche convergenti tutte nella stessa direzione. Insomma, è una sorta di Germania-Resto del Mondo, a cui è appeso l'indirizzo dell'economia europea.
La ricetta contenuta nell'ultimo Outlook dell'Ocse è uno schiaffo a molte delle tesi sostenute, negli ultimi mesi, da Berlino. Al rischio di deflazione, dice l'Ocse, deve essere assegnato lo stesso peso del rischio di inflazione. E, poiché il primo è assai più vicino, la politica monetaria deve diventare estremamente accomodante: acquisti massicci di titoli sui mercati per sostenere la liquidità, spingendo le banche ad utilizzarla per prestiti alle imprese, invece di accumularla nelle riserve presso la Bce, che Francoforte dovrebbe far pagare.
Tutte ipotesi bloccate da Berlino, ma su cui è presto tornato, più o meno sulle stesse linee, l'Fmi che ha particolarmente insistito sull'unione bancaria. Tuttavia, avverte il Fondo «soluzioni di compromesso che lascino a livello nazionale il potere di chiudere una banca, mentre la supervisione è centralizzata», ovvero esattamente quello che propongono i tedeschi, «comportano rischi significativi».
Le critiche più dirette sono quelle che superano l'ostacolo del galateo tradizionale, perché vengono dal mondo stesso delle banche centrali, dove, normalmente, si evita di mettere il dito nell'occhio del collega. E' quello che, invece, fa Robert Hetzel, in uno studio redatto a titolo personale, ma che è pur sempre opera del capoeconomista della Federal Reserve di Richmond (è il distretto di Washington, la capitale).
La Bce, dice Hetzel, «non ha una strategia monetaria coerente per sostenere lo sviluppo dell'economia». In particolare, «dovrebbe comprare pacchetti di titoli di Stato nella quantità che si renda necessaria per creare una forte crescita di domanda nell'economia».
Come se questo non bastasse a far insorgere Berlino, Hetzel aggiunge l'equivalente di una ginocchiata all'inguine: «La Bce deve dire chiaro e tondo a Paesi in surplus, come la Germania, che avranno un'inflazione sopra il 2% per un lungo periodo. E dovrà spiegare ai tedeschi che questa inflazione non è affatto una rinuncia alla disciplina che ha consentito loro di avere un bilancio con l'estero in attivo».
Che non sia una rinuncia, ma il riconoscimento di una propria responsabilità lo spiega Philip Turner in uno studio pubblicato dalla Banca dei regolamenti internazionali di Basilea. Se, in Europa, c'è stato chi ha fatto troppi debiti, indica Turner, è anche perché c'è stato chi ha fatto troppi prestiti e hanno sbagliato gli organismi di sorveglianza a consentirlo. Adesso, fallimenti a catena dei debitori ferirebbero anche i creditori. E' dunque interesse e, insieme, responsabilità anche dei Paesi creditori «trovare soluzioni comuni a squilibri eccessivi o prolungati».
Se si vogliono, dunque, evitare gli scenari drammatici degli anni ‘30, è la conclusione, «è necessaria una qualche simmetria nell'aggiustamento economico». In altre parole, dove i debitori stringono la cinghia, i creditori devono allargarla, pena il crollo della domanda complessiva. Un invito a cui sembra far eco immediatamente l'Fmi che, a distanza di poche ore, ha prima invitato la Francia a non inasprire le tasse, per non colpire la domanda, e poi la Germania ad «una crescita più bilanciata», che dia cioè spazio ai consumi."
Non credo che occorrano ulteriori commenti. Basti pensare che "un'estate fa- anche per Repubblica- "non c'era che lui". E giù a colpevolizzare "l'italietta e la liretta" e giù con "debitopubblicobruttospesapubblicacorruzionebrutto".Fate un pò voi, ma 'sto 25 luglio è alquanto vicino: accetto scommesse...
Poi vi sottopongo questo post di 8 giorni fa.
PREMESSA IN ADDENDUM: ovviamente non sto dicendo che il PUD€ e il FOGNO abbiano finito di fare danni.
Questa è esattamente la questione che ci terrà occupati dopo l'8 settembre P.V..
Per capirsi, basta vedere cosa ci riserva l'offensiva di fine settembre del FMI, a sostegno delle raccomandazioni della Comissione UE, che il PUD€ attende come "manna dal cielo": TAGLIO DEI SALARI DEL 10% IN DUE ANNI, con presunto aumento dell'occupazione del 6/7%.
Dicono loro: ma basandosi su questo INTERESSANTE STUDIO, data l'incidenza della quota salari sul PIL italiano, la contrazione conseguente della base imponibile e l'effetto del moltiplicatore, l'UNICA CERTEZZA SAREBBE UNA RECESSIONE AGGIUNTIVA (o perdita di PIL, se credete alla "ripresina" di Saccomanni), DI CIRCA 4 PUNTI DI PIL per ciascuno DEI PROSSIMI 2 ANNI.
Infine, sempre che abbiate preso visione "di quanto sopra" (:-)), mi limito a riportarvi un brano de "La Repubblica" (!!!) odierna:
"La novità, in realtà, non è nel tenore delle critiche. Sta, piuttosto, in chi le agita ora. Quello che sta cadendo ora sul quartier generale di Francoforte è, infatti, fuoco amico, che proviene dagli altri organismi internazionali e dalle altre banche centrali. Non basta che tutte gli altri grandi istituti di emissione (l'americana Fed, l'inglese BoE, la giapponese BoJ) si muovano in senso opposto alla Bce.
Ora, in buona sostanza, lo fanno anche notare, rimproverando apertamente i tetragoni di Francoforte per le loro resistenze. Nel giro di poche settimane, infatti, l'Ocse, l'organizzazione che raccoglie i Paesi industrializzati, poi il Fondo monetario internazionale, il garante della stabilità finanziaria mondiale, e, in modo indiretto, ma trasparente, gli americani della Fed e finanche gli esperti della Bri di Basilea, la banca centrale delle banche centrali hanno indirizzato a Francoforte critiche convergenti tutte nella stessa direzione. Insomma, è una sorta di Germania-Resto del Mondo, a cui è appeso l'indirizzo dell'economia europea.
La ricetta contenuta nell'ultimo Outlook dell'Ocse è uno schiaffo a molte delle tesi sostenute, negli ultimi mesi, da Berlino. Al rischio di deflazione, dice l'Ocse, deve essere assegnato lo stesso peso del rischio di inflazione. E, poiché il primo è assai più vicino, la politica monetaria deve diventare estremamente accomodante: acquisti massicci di titoli sui mercati per sostenere la liquidità, spingendo le banche ad utilizzarla per prestiti alle imprese, invece di accumularla nelle riserve presso la Bce, che Francoforte dovrebbe far pagare.
Tutte ipotesi bloccate da Berlino, ma su cui è presto tornato, più o meno sulle stesse linee, l'Fmi che ha particolarmente insistito sull'unione bancaria. Tuttavia, avverte il Fondo «soluzioni di compromesso che lascino a livello nazionale il potere di chiudere una banca, mentre la supervisione è centralizzata», ovvero esattamente quello che propongono i tedeschi, «comportano rischi significativi».
Le critiche più dirette sono quelle che superano l'ostacolo del galateo tradizionale, perché vengono dal mondo stesso delle banche centrali, dove, normalmente, si evita di mettere il dito nell'occhio del collega. E' quello che, invece, fa Robert Hetzel, in uno studio redatto a titolo personale, ma che è pur sempre opera del capoeconomista della Federal Reserve di Richmond (è il distretto di Washington, la capitale).
La Bce, dice Hetzel, «non ha una strategia monetaria coerente per sostenere lo sviluppo dell'economia». In particolare, «dovrebbe comprare pacchetti di titoli di Stato nella quantità che si renda necessaria per creare una forte crescita di domanda nell'economia».
Come se questo non bastasse a far insorgere Berlino, Hetzel aggiunge l'equivalente di una ginocchiata all'inguine: «La Bce deve dire chiaro e tondo a Paesi in surplus, come la Germania, che avranno un'inflazione sopra il 2% per un lungo periodo. E dovrà spiegare ai tedeschi che questa inflazione non è affatto una rinuncia alla disciplina che ha consentito loro di avere un bilancio con l'estero in attivo».
Che non sia una rinuncia, ma il riconoscimento di una propria responsabilità lo spiega Philip Turner in uno studio pubblicato dalla Banca dei regolamenti internazionali di Basilea. Se, in Europa, c'è stato chi ha fatto troppi debiti, indica Turner, è anche perché c'è stato chi ha fatto troppi prestiti e hanno sbagliato gli organismi di sorveglianza a consentirlo. Adesso, fallimenti a catena dei debitori ferirebbero anche i creditori. E' dunque interesse e, insieme, responsabilità anche dei Paesi creditori «trovare soluzioni comuni a squilibri eccessivi o prolungati».
Se si vogliono, dunque, evitare gli scenari drammatici degli anni ‘30, è la conclusione, «è necessaria una qualche simmetria nell'aggiustamento economico». In altre parole, dove i debitori stringono la cinghia, i creditori devono allargarla, pena il crollo della domanda complessiva. Un invito a cui sembra far eco immediatamente l'Fmi che, a distanza di poche ore, ha prima invitato la Francia a non inasprire le tasse, per non colpire la domanda, e poi la Germania ad «una crescita più bilanciata», che dia cioè spazio ai consumi."
Non credo che occorrano ulteriori commenti. Basti pensare che "un'estate fa- anche per Repubblica- "non c'era che lui". E giù a colpevolizzare "l'italietta e la liretta" e giù con "debitopubblicobruttospesapubblicacorruzionebrutto".Fate un pò voi, ma 'sto 25 luglio è alquanto vicino: accetto scommesse...