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UN NUOVO ANNO PER VECCHIE POLITICHE "CON MENO COSTITUZIONE" E ANCORA "PIU' EUROPA"?

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Questo post di Umanesimo 48 inaugura il nuovo Anno sul nostro blog.
E' la "versione" di un giurista della "nuova democrazia", di quel movimento di risveglio della corretta gestione delle politiche generali che rivendica uno Stato fedele agli obiettivi che sancisce la Costituzione democratica.
Il primato della Costituzione trascende, per la sua natura di "patto fondamentale,  sia i rivolgimenti delle maggioranze politiche, sia la presunta e giuridicamente insostenibile (come luogo comune senza un accettabile fondamento) logica del "più europa" prevalente su ogni altro valore.
Questo richiamo (in tutto il mondo occidentale riassunto nel "neo-costituzionalismo")  pare oggi paradossalmente rivoluzionario, rispetto a un "nuovo ordine" che i cittadini subiscono "a loro insaputa" (come confermano gli articoli di Ostellino sul Corriere della sera che invoca meno "sicurezza" e meno Stato sociale, ignorando la Costituzione, e di Giannini su Repubblica che ammette ancora "inevitabili sacrifici", certamente pro-ciclici, come se un generico richiamo alla giustizia sociale possa rendere meno grave la disattivazione dei principi costituzionali fondanti..e di cui l'Europa può essere solo un mezzo di potenziamento e mai di negazione, intendendo correttamente l'art.11 Cost.).
Notare che non si sostiene che politiche anticicliche, keynesiane, di crescita sarebbero in contrasto col "mero" (chiamiamolo così) fiscal compact (cosa che equivarrebbe ad attaccare il corollario e non il "fenomeno" essenziale del vincolo in sè, cioè dell'euro come moneta unica).
Piuttosto si "avverte" che qualunque  politica anticiclica, keynesiana, che eviti "ulteriori sacrifici" e misure aggiuntive di consolidamento del bilancio, (le quali, è ormai chiaro, ignorano la causa specifica della crisi: l'accumularsi del debito "privato", sistemico, provocato dagli squilibri delle partite correnti imputabili ai differenziali di inflazione all'interno dell'UEM), entrerebbe, o meglio "entrerà" (perchè le forze politiche di sinistra sono compatte nel ribadire, acriticamente,  la "equazione" europa=euro), "in rotta di collisione con l'attuale modello europeo, non confederale e non federale" (dato cioè da una moneta unica senza politiche "federali" di bilancio e di trasferimento in misura adeguata, peraltro ancora fermamente negate dai paesi "core").
Insomma anche rinegoziando il fiscal compact (cosa che non risulta affatto affermata univocamente dalle forze politiche di sinistra) non c'è altro margine che il solo, ipotetico, "ritardare" la drammatica, ma inevitabile, crisi "finale" dello Stato democratico costituzionale, cioè la disattivazione dei principi fondamentali della Costituzione in nome del "lo vuole l'Europa". Ma di questo riparleremo molto presto.

Non possiamo non considerare quanto si stia profilando nella prospettiva delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento italiano.
Le argomentazioni del blog che ci ospita devono pur sempre rivolgersi all'attuazione, poiché, in caso contrario, resterebbero ragionamenti astratti o, comunque, sul piano tecnico-scientifico, svincolati dalle reali applicazioni.
In Italia si sta determinando un assetto elettorale su tre aree: sinistra, centro, destra.
Il centro (Monti), per giustificare la propria esistenza cerca di convincere che sinistra e destra sono categorie superate; la destra (Berlusconi), dopo aver offerto la leadership a Monti, per darsi credibilità, attacca Monti e le politiche montiane; la sinistra (Bersani), con una presa di coscienza rispetto alle politiche fin qui, in qualche modo, sostenute a supporto del governo dei tecnici, afferma la necessità di modificare la linea (o agenda) del governo Monti.
Quanto al tentativo di Monti, circa l'esistenza delle "categorie", mi pare una manovra intellettualmente oltre che politicamente ardita, atteso che nel mondo e, in particolare, in Europa (proprio quella cui si richiama lo stesso Monti), esistono la sinistra democratica e la destra liberaldemocratica. Non c'è il centro. Ci sono progressisti e conservatori. Ci sono laburisti e conservatori(GB). Ci sono (in USA) democratici e conservatori.
E su quelle basi, si distinguono le politiche economiche e di governo. Basti vedere lo sforzo oggi in atto negli Stati Uniti in ordine al Fiscal cliff e le resistenze opposte.
Un dato è certo: Monti propone la continuazione della sua agenda, nonostante la "questione sociale" avvertita dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio di fine anno.
Continuare nell'attuazione dell'azienda-Monti, significa continuare a disattendere i canoni fondamentali dell'economia classica: l'austerità si può adottare nelle fasi di espansione non nelle fasi di crisi. Con l'austerità aumentano le imposte, si taglia la spesa, dunque, diminuiscono potere d'acquisto e investimenti (pubblici e privati), producendo una inevitabile riduzione (o fine) dell'offerta occupazionale. Meno lavoro, minore propensione al consumo e agli investimenti.
L'unico "investimento" pubblico concepito (con la giustificazione della protezione dei risparmiatori) è stato l'intervento a favore delle banche (vedi Monte Paschi). Nessun intervento (sul piano fiscale) per le imprese e nessuna spesa per le infrastrutture, la cultura, la ricerca. Anzi, il contrario.
Per non parlare dell'Europa, guardata come fonte da cui accogliere qualsiasi atto purché sia di austerità, non importa se in violazione dei principi fondamentali della nostra Costituzione e del principio - in particolare - della parità di condizioni (art. 11 Cost.).
Il fine giustifica i mezzi, anche se i mezzi si traducono in mancanza di solidarietà, di equità, di diritti, di libertà.
La destra, dice tutto ed il suo contrario. Quindi non si capisce. L'unica cosa certa è che usa temi e soluzioni di ogni tipo o parte pur di recuperare il consenso, perso per le politiche adottate nel periodo del suo governo, non lontane da quelle realizzate dal governo in carica.
La sinistra, dopo la fase di emergenza, che avrebbe fatto meglio a non assecondare, cerca di recuperare la sua anima socialdemocratica e dunque keynesiana: politica sociale, investimenti, spesa pubblica (buona). Se così farà, non potrà non entrare in rotta di collisione con l'attuale modello europeo, non confederale e non federale. Un ibrido, incapace di una politica monetaria necessaria ad equilibrare il sistema e a garantire il debito.
Ma è possibile che siamo solo noi (del blog e chi vi partecipa) a comprenderlo? Non credo.  Quindi, ogni atteggiamento diverso non èignorantia stati ma incapacità o malafede.

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