Sì lo so: il titolo può risultare angosciante. E mi scuso subito se non ho fatto sempre parlare Cesare fino in fondo: ciò è dovuto al mio volerlo "stanare" sulle soluzioni praticabili. Ma anche alla preoccupazione, tutta mia (e come tale discutibile, lo ammetto) di "proteggervi" dalla schiacciante evidenza circa gli effetti irreversibili della devastazione del know how e della capacità industriale provocati da 15 anni di euro.
Intanto potrete ritrarre dal filmato un notizia significativa: la Cina già nel 1820 aveva il primo PIL mondiale. E ciò non ha impedito certo nè la seconda rivoluzione industriale nè la stessa crescita europea (certo, ancorata alla visione colonialista del mercato di "sbocco"), portata avanti dagli Stati nazionali.
Nel complesso, il discorso focalizza una possibile prospettiva positiva.
La si intravede soltanto, e richiede una chiarezza strategica molto accurata e tempestiva, come evidenzia Cesare, ma c'è. Ci torneremo e, proprio con Cesare, ci stiamo lavorando, consci dell'esigenza che ciò coinvolga il ripensamento istituzionale dell'assetto italiano . Che è poi un recupero della Costituzione "primigenia", rispetto agli elementi "spuri" del pareggio di bilancio e della stessa riforma del Titolo V.
Aggiungiamo che, per le caratteristiche strutturali dell'economia italiana, è più che mai una scelta necessaria: ma solo avendo la guida dello Stato nazionale democratico, in definitiva, la si può realisticamente perseguire, collocandosi, notate bene, proprio all'avanguardia di uno sviluppo sostenibile, guidato dalle conoscenze prodotte dal territorio; da ciascun territorio democraticamente governato con il coinvolgimento dei cittadini nella loro piena dignità.
E anche: certamente, solo questo sviluppo sostenibile può evitare il suicidio planetario, ma solo se non serva come formula (ipocrita) per mascherare una nuova colonizzazione tecnologica su scala globale (e intrisencamente contraddittoria rispetto ai suoi fini apparenti, contrabbandati dai media).
Se si realizzerà questa anticipazione di modello "pilota", italiana, non solo avremo salvato la nostra democrazia, ma avremo anche sconfitto l'internazionalismo finanziario della delocalizzazione.
La reingegnerizzazione industriale, non distruttiva delle limitate risorse del "fondo" ambientale, di cui si parla ampiamente, mostra una difficile via che presuppone una coscienza culturale di cui le forze che oggi governano l'Europa sono completamente prive.
Per il semplice fatto che parlano di tutela ambientale, certo, ma solo in termini di politiche di imposizione sanzionatoria-fiscale e di incentivi (supply side), senza governare il processo in termini di risorse pubbliche effettivamente disponibili e incontestabilmente accettate nella misura razionalmente necessaria: e ciò per non interferire nel dogma della libera circolazione dei capitali, svincolandolo dalla assoluta priorità politico-fiscale dell'investimento in "conoscenze", vuotamente enunciato ma del tutto subordinato al deleverage e al consolidamento fiscale a favore del sistema bancario visto come attore principale, se non unico, del fenomeno economico.
Tant'è vero che la stessa governance europea se ne cura solo in via subordinata ad una strategia che mira sempre più al libero-scambismo orientato verso l'unificazione col mercato nordamericano e verso l'accelerazione dello "Stato minimo".
Su questi ultimi oggetti, la riflessione potrà essere ulteriormente estesa.
Il "dialogo"lo trovate anche su youtube.
E poi, comunque, nonostante la lunghezza, sarà sempre meglio di Ballarò :-)