PREMESSA: oggi il blog compie un anno di vita. Ma bando alle ciance di circostanza. La situazione è sempre più grave e sempre meno seria. Per "festeggiare" questo compleanno "in trincea", vi propongo un post che cerca di andare al vero nucleo del problema complessivamente affrontato dal blog. E ciò nella sua tragica e scottante attualità: perchè "i nodi stanno venendo al pettine" e la campana suona sempre più forte...
Ovviamente un ringraziamento e un grande abbraccio a tutti voi che mi avete sostenuto costruttivamente e dato analisi e informazioni preziose nello sviluppo del discorso (un discorso che, nel suo "piccolo", si è allargato a circa 600.000 contatti). Posso dire che, appunto grazie a voi, il blog risulta, obiettivamente, il "cutting edge" culturale nel panorama italiano. Per un recupero della democrazia.
Ovviamente un ringraziamento e un grande abbraccio a tutti voi che mi avete sostenuto costruttivamente e dato analisi e informazioni preziose nello sviluppo del discorso (un discorso che, nel suo "piccolo", si è allargato a circa 600.000 contatti). Posso dire che, appunto grazie a voi, il blog risulta, obiettivamente, il "cutting edge" culturale nel panorama italiano. Per un recupero della democrazia.
1. Lorenzo Carnimeo pone questa articolata questione:
"...Tu quindi sosterresti che l'involuzione regressiva potrebbe essere "insita" nella politica liberista, la cui "norma fondamentale" (a questo punto -se non erro- descritta da Von Hayek nei suoi aspetti giuridico politici), cozza contro quella di "qualsiasi democrazia" così come la conosciamo, e quindi pertanto delle due l'una: o il liberismo, o la democrazia parlamentare basata sul suffragio universale.
L'esperienza, sia storica che attuale, sembrerebbe confermarlo. Da un lato, le società liberiste ottocentesche ammettevano il suffragio censitario e si mostravano insofferenti verso l'evoluzione in senso parlamentare della democrazia (vedi Italia di fine '800). Dall'altro, oggi, si cerca di "aggirare" i meccanismi della democrazia "proprio" per dare al liberismo la sua espressione più compiuta (approccio paternalistico de "il popolo va costretto perché non lo vorrebbe mai", delegittimazione delle istituzioni democratiche per via mediatica e tramite retorica della corruzione e di una presunta "incapacità di fondo" della politica di essere responsabile della sovranità conferitale, immagine della spesa pubblica come "spreco" a prescindere).
Qualora il liberismo accettasse di sottomettersi alle regole democratiche, semplicemente dovrebbe accettare di non realizzarsi mai!
E' sicuramente da approfondire. Ti domando però: in società anglosassoni, caratterizzate da una forte tradizione parlamentare (USA, UK), le due cose sembrano coesistere. Si tratta -allora- di una convivenza forzata e/o solo apparente? Quanto l'affermazione delle politiche liberiste ha compromesso, anche lì (ancorché in maniera meno appariscente) i meccanismi della democrazia?
O forse il carattere apparente della convivenza è dimostrata dalle misure poste in essere dalle banche centrali e dai governi di quei paesi, che, arrivati al punto di scegliere tra liberismo integrale e democrazia, hanno scelto, in entrambi i casi la seconda (al contrario dell'europa continentale dove sembra prevalere il primo?)."
2. La mia risposta è stata questa, nel contesto del dibattito:
"Caro Lorenzo, il libro illustra per esteso il punto.
Dipende da quale modello costituzionale, cioè legale-supremo, assumi. UK, ad esempio, non ritenne di creare (ed aggiornare) una Costituzione rigida: l'affermazione dello Stato interventista del welfare, a partire dal famoso "Rapporto Beveridge", fu possibile grazie all'affermazione politica del partito laburista.
Negli USA, abbiamo una struttura costituzionale diversa, certamente fondata su una visione liberale settecentesca, che spetta alla Corte Suprema aggiornare, in funzione della sensibilità politica in evoluzione. Ma hanno una banca centrale con una diversa mission, volta alla (più o meno) piena occupazione.
Non è un caso quindi, che le democrazie europee:
a) da un lato abbiano registrato la proposizione del super-trattato come simulata evoluzione, internazionalista, delle Costituzioni dei diritti fondamentali (per farne accettare, in una cornice etica contraffatta come omogenea, la strisciante disattivazione);
b) dall'altro, vedano attualmente la stretta finale dell'attacco alle Costituzioni del welfare in nome di un preteso adeguamento (del tutto pretestuoso) al mondo che cambia ("la Cina")."Strano", (no?) nota bene, come negli USA non si parli di cambiare una Costituzione molto più risalente e meno dettagliata, sul piano delle implicazioni "Stato-garanzia dei diritti fondamentali".
Eppure anche per loro il mondo cambia e c'è, più che mai, la Cina.
Questa mistificazione (che nasconde il vero scopo dell'attacco sistematico alle Costituzioni), tipica dell'età neo-liberista, passa in Europa, per l'alibi della sovraesposizione dei diritti cosmetici (che, come illustro, sempre nel libro, cercano ipocritamente di affermare la fine dell'età del "bisogno")."
3. Ma una più approfondita riflessione mi porta a ritenere che sia necessaria qualche ulteriore puntualizzazione.
La democrazia dei diritti fondamentali, nella forma accolta in Costituzione, basata sull'obbligo di attivazione delle istituzioni di "governo", per rendere effettivi i diritti nella loro specifica portata assunta come "sociale", viene indicata, da Mortati stesso, come "forma necessitata".
Cioè affermatosi un concetto di democrazia capace di riassumere gli interessi equiordinati di tutti i cittadini senza distinzione di classe (sesso e credo reglioso), la democrazia o "vive" in questo obbligo di attivazione, e quindi nella realtà di politiche pubbliche rispondenti ai diritti fondamentali (di cui il lavoro, serve forse ripeterlo, è il primo) o "non è".
4. Il liberismo, per definizione, è uno schema diametralmente opposto alla democrazia "necessitata" accolta dalla nostra Costituzione.
Se non altro perchè esso postula, esattamente come i trattati UE, la proposizione astratta della "forte" concorrenza. Abbiamo visto come la "concorrenza perfetta", sul lato dell'offerta, non sia affatto predicata nè dai teorici del neo-liberismo (scuola austriaca, in primis), nè dai trattati.
Si ammette sia il fenomeno dell'oligopolio, predicandone il limite sfuggente della "non abusività" (una sorta di "licenza di rendita", purchè non si esageri...in danno degli altri concorrenti), sia un concetto dinamico di monopolio, e come tale lecito, a condizione che si riveli transitorio o comunque non portatore di "abusi", via via che i mercati si sviluppino nella loro naturale dimensione internazionalmente allargata. Solo lo Stato, con la sua fissità territoriale, e la sua correlata sovranità, sarebbe il responsabile dei monopoli da vietare (cfr; pur nella terminologia sfumata, gli artt.101, 102 e 106 del TFUE).
Ora, questa idea di concorrenza "fisiologicamente imperfetta" - non a caso chiamata nel diritto antitrust a matrice anglosassone "workable competition"- opererebbe, rispetto alla platea dei "produttori", mentre si suppone che il fattore finanziario, in regime di liberalizzazione della circolazione dei capitali, sia in sostanziale concorrenza perfetta, ignorando la frequente "nazionalizzazione" e settorializzazione degli interessi finanziari; ciò implica, che il puro agire della domanda e della offerta, al di fuori cioè di situazioni di vischiosità strutturale e di rendita, viene dallo stesso liberismo accettato come residuale.
5. Ma a quale "residuo" viene considerata incondizionatamente applicabile?
Al mercato del "lavoro", tanto che tutta la teoria macroeconomica neo-classica, si incentra sulla teorizzazione del lavoro come "merce", soggetto esclusivamente alla legge della domanda e dell'offerta (altrimenti si predica l'inefficienza del sistema, anzi, della stessa "struttura del capitale", secondo von Hayek).
Da qui i corollari della disattivazione dell'intervento dello Stato nell'economia, che viene visto come creatore di privilegi distorsivi a favore dello scambio puramente "libero" tra lavoro e salario, nonchè della stabilità del valore della moneta, in assenza di tensioni inflattive. Queste, infatti, sarebbero sempre il sintomo di rigidità nel mercato del lavoro, che provocherebbero eccessi di pretese retributive, (considerate normalmente agevolate dall'esistenza della spesa pubblica ad orientamento sociale-redistributivo).
Se questa è l'essenza del (neo)liberismo, confermata nei trattati dall'art.3, par.3, inteso nelle sue priorità proiettate su tutte le altre norme europee, è agevole rilevare che esso risulta inconciliabilmente in contrasto con le Costituzioni democratiche, interventiste, pluriclasse e incentrate sulla tutela integrale del lavoro (non cioè volte, come i trattati, alla mera "piena occupazione" intesa come qualsiasi livello di impiego raggiungibile in situazione di libera azione della legge della domanda e dell'offerta e di stabile riduzione delle aspettative di inflazione).
6. Le conseguenze pratiche del riaffermarsi del liberismo, o capitalismo "sfrenato" (secondo Popper), fondato sul lavoro merce, sono ben tangibili e immediate, in termini di sopravvenuta irrealizzabilità del dettato costituzionale (de facto e senza passare per le procedure di revisione costituzionale, che, tra l'altro, in materia neppure potrebbero intervenire, trattandosi di principi fondamentali riconducibili all'art.139 Cost.).
In un precedente post, si è sottolineato
:
"...ci permettiamo di rammentare alcuni passaggi ermeneutici, "sistematici", che consentono di meglio comprendere l'art.41 Cost., (e tutta la Costituzione economica di cui abbiamo parlato in questo post di Sofia dove è detto, come esempio di corretta interpretazione sistematica: "La tutela del risparmio in quanto tale, come valore economicamente e socialmente rilevante, sta a significare che non solo uno dei precisi compiti della “Repubblica” è di difendere come valore in sè la moneta, che è l’istituto giuridico (multiforme) in cui si traduce la liquidità, ma anche il reddito cioè il flusso di ricchezza che dà orgine alla stessa formazione del risparmio (il che è proprio un corollario dei principi degli artt. 1 e 4 Cost. ndr).
...Ciò anche per il fatto che non si tratta di un valore costituzionale isolato e da perseguire astrattamente (cioè mediante intepretazione estrapolante e asistematica ndr.), ma è la sintesi della costituzionalizzazione di una serie poteri concatenati...Le connessioni con altre norme costituzionali rilevanti sono facilmente deducibili (interpretazione sistematica, che è poi quella che usa la "stalinista" Corte costituzionale): ...MA ANZITUTTO, LA REPUBBLICA GARANTISCE CHE LA POSSIBILITA’ STESSA DEL RISPARMIO CI SIA, NON CHE IL RISPARMIO NAZIONALE DIVENGA ADDIRITTURA NEGATIVO COME IMPLICA IL FISCAL COMPACT").
...Tornando all'art.41 Cost., mi limiterò ad alcuni cenni (su questo poderoso problema che deve trovare, scientificamente, sempre soluzioni sistematiche e senza precomprensioni "estrapolatrici): non è vero che il nostro sistema disconosca e collettivizzi l'attività imprenditoriale e la figura dell'imprenditore".
...Ciò anche per il fatto che non si tratta di un valore costituzionale isolato e da perseguire astrattamente (cioè mediante intepretazione estrapolante e asistematica ndr.), ma è la sintesi della costituzionalizzazione di una serie poteri concatenati...Le connessioni con altre norme costituzionali rilevanti sono facilmente deducibili (interpretazione sistematica, che è poi quella che usa la "stalinista" Corte costituzionale): ...MA ANZITUTTO, LA REPUBBLICA GARANTISCE CHE LA POSSIBILITA’ STESSA DEL RISPARMIO CI SIA, NON CHE IL RISPARMIO NAZIONALE DIVENGA ADDIRITTURA NEGATIVO COME IMPLICA IL FISCAL COMPACT").
...Tornando all'art.41 Cost., mi limiterò ad alcuni cenni (su questo poderoso problema che deve trovare, scientificamente, sempre soluzioni sistematiche e senza precomprensioni "estrapolatrici): non è vero che il nostro sistema disconosca e collettivizzi l'attività imprenditoriale e la figura dell'imprenditore".
Quindi, una volta prevalente, in via politica (sovranazionale), la volontà di riaffermare il modello liberista, tramite un'applicazione progressiva ed inesorabile, imponendo ai parlamenti di rilegiferare il lavoro come merce, ciò implica inevitabilmente il transito verso un sistema diverso da quello costituzionale.
7. Questa situazione di rottura della legittimità costituzionale potrebbe, in astratto, verificarsi solo se si manifestasse un Potere costituente (cioè ascrivibile al popolo nella sua unità identificativa della sovranità), che assumesse esplicitamente questo modello in base all'univoco consenso dello stesso popolo sovrano. Diversamente si tratterebbe di un atto eversivo.
Non a caso Carli, nel definire l'appropriazione (extra-legem) della pretesa indipendenza della banca centrale dal governo-parlamento, parlò, a suo tempo, di atto "sedizioso".
Sono gli stessi epigoni attuali del liberismo internazionalista della finanza globalizzata a porre, dalla loro angolazione, il problema in questi termini.
Cioè gli stessi neo-liberisti, abbandonando ormai ogni velatura alla loro autoaffermazione autoritaria, pongono il problema strategicamente : cioè cercano una soluzione istituzionalizzata del nuovo assetto di potere, a vari livelli di enunciazione, esplicita negli studi "privati", camuffata tra altri concetti mimetici o "cosmetici", di valore normativo pari a "zero", nei trattati UE - e la affermano in termini di "o noi o loro".
8. Il punto, allora, è se i cittadini dei paesi democratico-costituzionali siano simmetricamente capaci di un comportamento strategico di estrema difesa di fronte a questa aggressività (mediatica e istituzionale sovranazionale). Una estrema difesa che esigerebbe una diffusa consapevolezza culturale dei presupposti storici e socio-economici della democrazia intesa nel suo senso sostanziale, e non meramente procedurarle-formale.
Solo compiendo questa operazione culturale, di portata molto pratica, i cittadini, titolari dei diritti che danno contenuto alla stessa democrazia, saranno in grado di rivendicare la propria angolazione, contestando sia il concetto di aggiustamento (deleverage, pro-creditori) sia l'inarrestabile invadenza dei portatori istituzionali-UEM di questa aggressione, perseguita ormai in forma di lotta totale.
E questo ci rammenta che la democrazia può definirsi "viva" in quanto si esprima nella continua vigilanza attiva che rinnovi il senso radicato di quei diritti e la consapevolezza delle lotte coraggiose e degli sforzi costanti ed alterni che hanno portato alla loro affermazione.
Una vigilanza democratica che esige il profondo convincimento che una società giusta e libera non può mai considerarsi un risultato acquisito e da dare per scontato, avvinti dalla pigrizia di illusori e confortevoli materialismi, pronti a svanire per la mano predatoria degli stessi che li hanno indotti come artificiali bisogni.
Solo compiendo questa operazione culturale, di portata molto pratica, i cittadini, titolari dei diritti che danno contenuto alla stessa democrazia, saranno in grado di rivendicare la propria angolazione, contestando sia il concetto di aggiustamento (deleverage, pro-creditori) sia l'inarrestabile invadenza dei portatori istituzionali-UEM di questa aggressione, perseguita ormai in forma di lotta totale.
E questo ci rammenta che la democrazia può definirsi "viva" in quanto si esprima nella continua vigilanza attiva che rinnovi il senso radicato di quei diritti e la consapevolezza delle lotte coraggiose e degli sforzi costanti ed alterni che hanno portato alla loro affermazione.
Una vigilanza democratica che esige il profondo convincimento che una società giusta e libera non può mai considerarsi un risultato acquisito e da dare per scontato, avvinti dalla pigrizia di illusori e confortevoli materialismi, pronti a svanire per la mano predatoria degli stessi che li hanno indotti come artificiali bisogni.
Anche tenendo ben presente che non sono stati certo gli stessi cittadini a dire, per primi, "o noi o loro".