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IL NATALE AL TEMPO DELLA GRANDE DISTOPIA

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Ché poi, il Natale, è diventato anch'esso parte della strategia di propaganda. Lo era già, anche nei tempi passati (della democrazia in faticoso cammino), nel senso della famosa "celebrazione consumistica" su cui ci mettevano in guardia quando ancora ero bambino; il fatto che ci mettessero in guardia, peraltro, richiamandosi ai "veri valori religiosi", era anch'esso parte di un sistema di controllo sociale. Ma quello era ben diverso. Ammettere un certo grado consumismo in progress , (scardinante a sua volta i riti della famiglia allargata di un'Italia contadina che si dissolveva nell'inurbamento industriale), consentiva una certa "soddisfazione diffusa" nel constatare il cammino fatto; e il richiamo al fondamento religioso della ricorrenza serviva in un certo modo a saldare questa soddisfazione, in un coerente quadro dell'identità sociale. Era uno schema: suscitava accese critiche, ma funzionava da catalizzatore di un'autopercezione progressiva del benessere.

Ma oggi è diverso. Quelli che fra voi si troveranno a leggere "these lines", oggi, e per il fatto che non trovano motivo serio per "staccare" da un discorso sulla ragion critica, avranno comunque abbracciato una visione "umanitaria" del Natale.
Perchè, semplicemente, non avranno sentito l'ennesimo "stato di eccezione", negatore della natura umana e privo di qualunque base logica, che dovrebbe indurre a "sospendere" la Resistenza (umanitaria), cioè nutrita di un substrato ideale tra i più nobili, alla instaurazione della GRANDE DISTOPIA.

Perchè, come vi accorgerete guardando anche distrattamente i bollettini mediatici del PUD€, tambureggianti e reiterativi, "LORO" NON SI FERMANO MAI.
E quindi, qualunque clima di tregua, ancorché piccolo e transitorio, è un cedimento del terreno faticosamente conquistato.

Immaginate lo sviluppo di un mondo privo della stessa ipotesi frattalica (ormai è stata formulata e, in ragione di ciò, è GIA' nel quadro del reale, inteso come frazione dell'Intenzionalità che compone il quadro della percezione sociale di un "certo" Tempo).
La loro distopia ci proietta, senza alcuna mediazione o cedimento (da parte "loro"), verso un mondo dove ogni elemento programmatico della "Grande Società" ordoliberista si realizza in una nuova tappa, mentre vengono implacabilmente gettate le basi del nuovo tassello della strategia anti-umanitaria.
Lo "sterminio" dei diritti sociali, che è soppressione della democrazia nel suo fondamento sostanziale, rinnova l'incubo di un'€uropa che, come nella seconda guerra mondiale, mostra all'intera Umanità il volto dell'Irrazionale che non può essere contrastato e piomba ogni residuo "rappel a l'ordre", in una dimensione spettacolare paradossale: nessuno potrà mai spiegare fino in fondo come ciò sia potuto accadere, in questa forma così estrema, così priva di resistenze collettive consapevoli, ponendo definitivamente gli esseri umani di fronte al dilemma, già affrontato all'indomani della seconda guerra mondiale, del come fare "affinchè tutto questo non si ripeta mai più".

Se nulla si opporrà in forma organica, consapevole e basata sulla "memoria", a questa distopia, potremo soltanto "contare i morti". I morti prematuri, privati delle esistenze che la legittimità del sistema costituzionale avrebbe consentito loro di condurre e invece ingiustamente gettati sulla bilancia occulta del loro "risanamento dei conti", della loro "crescita" (delle disparità), dove l'accorta programmazione delle parole d'ordine li farà pesare...nulla.
Quanti moriranno anzitempo perchè i sistemi pensionistici e sanitari saranno letteralmente smontati nel livello minimo essenziale? Quanti moriranno e sfoltiranno le fila dell'"esercito di riserva dei disoccupati" e dei precari, in modo da controllarne la massa esattamente nel numero progressivamente ridotto che conviene all'equilibrio dello shock permanente con cui intendono governarci..."per sempre"?

Creare implacabilmente una crescente e poi immensa schiera di nuovi poveri per "placare gli dei del mercato" ci rammenta che "escludere i poveri dallo stato sociale è una pratica totalmente analoga ai sacrifici umani".
Il contesto da cui, non casualmente traggo queste frasi che riassumono il concetto di urgenza che mi pareva giusto trasmettere, specifica pure che, appunto, "Il concetto che gli dèi del mercato debbano essere placati in un paese padrone della propria moneta è assurdo;", tanto che specifica come "i sostenitori dell’austerità richiameranno l’esempio della Grecia e della periferia dell'eurozona come esempi di paesi dove i bond vigilantes sono apparsi e hanno distrutto l'economia. Ma si tratta di paesi appartenenti a un'unione monetaria, che non controllano la propria valuta. La loro disponibilità di moneta — e quindi il prezzo del loro credito — è in balia di una banca centrale estera".

Ma vedete, il punto è tutto qui: una denunzia del genere, compiuta in UK, e che riecheggia altre voci che variamente si affacciano sullo scenario USA, è ormai divenuta impensabile nella €uro-realtà. Certamente nella sua dimensione mediatica di Potere monolitico.
Non c'è De Grauwe o Stiglitz che possano indurre al "rappel a l'ordre" alcuno dei leader €uroti in carica attualmente, al massimo capaci di concepire ridicoli compromessi che vengono offerti come soluzioni, ma non alterano di un millimetro la rotta pervicacemente intrapresa.

Mi piacerebbe poter dire che "noi non ci arrenderemo", che alla fine la razionalità umanitaria prevarrà, che la "Grande Distopia" imploderà politicamente come prevede De Grauwe.
Ma l'Italia, proprio l'Italia, versa in condizioni di degenerazione civile e democratica così assolute, fino al radicamento nella "coscienza diffusa", e apparentemente irredimibili, che non possiamo accontentarci di assistere (per di più in pochi) alle "voci dall'estero".
Dobbiamo "credere", perchè non c'è alternativa etica dotata di dignità umana, di poter continuare a lavorare per la democrazia fino a che "loro" non saranno sconfitti. Anche in Italia. Anche ricordandocelo il giorno di Natale; anzi, specialmente oggi.




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