In attesa di una più chiara evoluzione della situazione, ci pare interessante segnalarvi questo articolo di Raffone, sul "Sussidiario.net", che pragmaticamente, e senza troppe analisi "giurisprudenziali", parte dal presupposto che già ora la Corte tedesca, avendo esplicitamente affermato sul proprio versante l'applicabilità della Lissabon Urteil doctrine all'OMT, ha già tirato fuori la Germania dal vincolo europeo, anche quand'anche la CGUE lo dichiarasse conforme all'art.123 (e a gli artt.124 e 125 TFUE). Quindi: qualora essa - OMT- si manifestasse in una qualsiasi "azione", la Germania vi parteciperebbe solo previa approvazione del Bundestag (in base al prevalere della norma costituzionale interna sulla "determinazione" dell'istituzione UE).
La conseguenza, come leggerete tra le righe, è quella di una "non svalutazione" dell'euro rispetto al dollaro. Cioè un compromesso, tra le righe, che la Germania è disposta a fare per proseguire utilmente il drang nach ost.
Quello che è interessantissimo, in chiave frattalica è l'assunto che l'Italia cerchi ora, in tutta fretta, un assetto di vertice istituzionale che faccia in qualche modo contenti sia i tedeschi (Prodi) che gli USA (Renzi), almeno per quanto è dato di intuire fra le righe del pezzo.
Letta avrebbe contrariato i secondi (tra l'altro, but not only, col non possumus sulla bad bank italiana), mentre Renzi, specie con il Job Act, e lo svuotamento delle tutele pensionistiche del sistema pubblico, garantirebbe l'assetto conforme all'avanzamento dei negoziati Ttip (l'accordo di libero scambio USA-UE).
Sono tutti temi su cui avremo modo di tornare.
La prospettiva che ci fornisce l'articolo è quella di un "compromesso" di assetto politico- istituzionale che dia l'impressione che l'Italia assecondi entrambi i contendenti, affrancandosi, (rigorosamente) a metà, da una linea "esclusivamente" filogermanica (rischiando di contrariarli entrambi: ma la speranza, evidentemente, è quella che, nel frattempo, uno soltanto ne esca vincitore e si possa, poi, compattamente dichiarare di essere stati dalla sua parte...altra reminiscenza dejavu).
Un vecchio atteggiamento che portò al 25 luglio (con la necessaria rimozione del "vertice" che si connotasse per il fronte perdente) e poi all'8 settembre.
Intanto possiamo dire (ma anche su questo si tornerà) che la Germania non ha realisticamente alcun interesse a "uscire" dall'euro (la sua "dote" nel commercio mondiale drang nach ost), quanto, piuttosto può puntare a tirare tatticamete la corda per costringere "altri" a farlo.
Se mai avessero il coraggio (oligarchico nazionale) di farlo; cosa molto improbabile - e su questo puntano anche gli stessi tedeschi per tenere aperta la difficile partita "mondiale"- visto che l'euro stesso è il presupposto emergenziale continuo, badate bene, per fare le riforme strutturali gradite "anche" agli USA in prospettiva Ttip.
Il che ci indurrebbe a pensare"siamo fritti!", almeno come democrazia costituzionale...basterà infatti accelerare le riforme costituzionali, che a questo punto diventano una partita in progressione: dall'aspetto "istituzionale-deliberante" (monocameralismo e legge elettorale per maggioranze "stabili") a quello successivo abrogatore-manipolatore, dei principi fondamentali dello Stato sociale, consentito da un assetto deliberativo più snello ed "efficiente".
Insomma, nel nome della logora parola d'ordine della "governabilità" si punta al "bersaglio grosso" indicato da JP Morgan e Wall Street Journal.
Ecco i passaggi salienti dell'articolo linkato:
"...I problemi sorgeranno (a seguito della già assunta posizione della Corte tedesca, ndr.) per i governi che dovessero trovarsi in difficoltà con i titoli di debito. Dovranno sottoporsi alle “cure” della Troika, attivando gli strumenti “di salvataggio” (Esm; Efsf) accettabili dal Bundestag. È chiaro che la questione è eminentemente politica: da un lato, la Bce di Draghi ha ancora il “bazooka”, ma nella realtà può solo annunciarne l’uso che senza l’accordo politico del Bundestag è escluso; dall’altro, il Bundestag difficilmente accetterà qualsiasi forma di bailout ex ante (Omt). Quanto alla sentenza della Corte europea, sarà difficile che essa si schieri contro la Bce sull’Omt, lasciando quindi alla politica la responsabilità sulla sua eventuale attivazione.
Il fatto che finora non sia salito lo spread sui titoli di debito dei periferici potrebbe essere interpretato come un atto di speculazione “politica” dei mercati che, come la Corte tedesca, fanno finta di credere alle parole di Draghi perché sanno che al momento giusto potranno far man bassa nei paesi in difficoltà. Infatti, la “non-decisione” sull’Omt è un chiaro segnale di sfiducia per il presidente della Bce, Mario Draghi. Come evolverà lo scontro politico tra la Bce di Draghi e il Bundestag dipenderà anche dagli equilibri che si verranno a determinare nella politica interna tedesca, e in quella europea, dopo le elezioni europee del maggio 2014.
...A questa situazione si deve aggiungere che nel campo finanziario europeo la frattura tra i due sistemi di valorizzazione borsistica, Ice-Nyse-Euronext e Deutsche Borse-Clearstream [2], si traduce in una divergenza strategica: l’una euratlantica, con perno a Londra e New York; l’altra, eurasiatica, con perno a Francoforte, Singapore e Shanghai.
È noto che l’americana Ice vorrebbe consolidare in area dollaro i valori reali del suo sistema borsistico, mettendo sul mercato l’enorme massa di derivati finanziari (prevalentemente di origine energetica e monetaria) che Londra sarebbe pronta ad acquistare. Questo spiegherebbe il dichiarato interesse britannico sul modello di “Unione bancaria europea” e su quello della costituzione delle “bad banks”, e le frizioni appena celate tra Londra e Berlino su queste materie.
D’altra parte, è noto che la Germania e la Russia hanno una consolidata “relazione speciale”, non solo energetica, che presupponeda un lato il mantenimento della “dote tedesca”, il mercato unico europeo, e dall’altro la supervalutazione dell’euro a spese dei paesi periferici ma a vantaggio dell’intermediario, la Germania, nel commercio mondiale...
Su tutto ciò si inseriscono gli interessi americani che non si fidano dell’Unione europea, ma temono che una Germania troppo forte si incunei nell’equilibrio strategico globale, particolarmente con Russia e Cina. La crisi ucraina e le velate tensioni tra Usa e Russia rischiano di riproporre una “nuova Guerra fredda” che avrebbe lo scopo di mitigare l’autonomia strategica tedesca che il 2 febbraio era stata invece rilanciata dal presidente federale Joachim Gauck nel suo discorso alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera.
Intanto, di ritorno da Sochi, il 9 febbraio Enrico Letta aveva dichiarato di bocciare la proposta “europea” (cioè anglosassone) di costituire una “bad bank nazionale”, perché avrebbe avuto riflessi sul rating dell’Italia. Nel giro di una settimana, il governo Letta è stato indecorosamente “licenziato” dalle “smisurate ambizioni” del Pd a guida di Matteo Renzi. Le “ambizioni” di Matteo Renzi sono commensurate al contesto che abbiamo appena descritto?
... Sarebbe interessante capire se la fine del governo di Enrico Letta si debba cercare tra i sostenitori di Matteo Renzi per il posto di primo ministro e di Romano Prodi per quello di presidente della Repubblica, invece che nelle combriccole squattrinate nazionali. La scelta di sostituire il governo Letta, piuttosto che a “smisurate ambizioni” nazionali potrebbe rispondere a filiere di interessi euratlantici ed eurasiatici. La doppietta Renzi-Prodi soddisferebbe entrambi.
Se così fosse si dovrebbe inserire questo scenario nel quadro più ampio dei dissapori tra Usa e Germania, particolarmente in merito alle politiche di rilancio dell’economia.
Mentre alacremente si firmano capitoli del documento Ttip (Transatlantic Trade and Investement Partnership) sia a livello (segreto) dell’Ue, sia a livelli nazionali, il presidente Obama in visita in Europa a fine marzo ha bisogno di tornare a casa con qualcosa di concreto.
Oltre alle firme in calce al trattato di libero scambio, quel che interessa di più è il consolidamento dei valori borsistici dell’Ice-Nyse-Euronext a sostegno della “ripresa” economica americana e il mantenimento del cambio valutario favorevole alle esportazioni in dollari. Come abbiamo visto sopra, Londra ha interesse a che la cosa passi in modo da recuperare tutto il lucrativo mercato europeo dei derivati. La Germania, con la decisione sull’Omt, ha dato il segnale di essere aperta a trovare un compromesso utile per tutti.
Se questo scenario troverà conferme nei prossimi giorni, resta comunque da chiarire quale sia stato e qual è il ruolo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Certo è che se un peso massimo del giornalismo anglo-americano, Alain Friedman, è intervenuto proprio in questi giorni negli affari italiani non è casuale. Elkann e Marchionne lo avevano già capito e così prudentemente hanno deciso di migrare in “giurisdizioni” più favorevoli ai loro interessi, con buona pace della Cgil, della Fiom, del Pd e del governo italiano.
Un dubbio mi perseguita: Matteo Renzi è consapevole delle conseguenze di quel che sta facendo? Invece, sono quasi certo che il maltrattato Enrico Letta si sia già amaramente pentito di aver dichiarato la sua contrarietà alla creazione della “bad bank” come era stato richiesto dai poteri forti di Londra. Una svista o un errore patriottico?