Non sottovaluterei la lettera di Padoan diretta alla Commissione UE con cui si preannunzia il rinvio di un anno del "pareggio strutturale di bilancio" dal 2015 al 2016. Sulla decorrenza del fiscal compact e sulla "palude" di clausole a discrezionalità "capricciosa" che consentono ai controllori europei un arbitrio quasi illimitato nel valutare l'andamento della finanza pubblica italiana - e solo italiana, a quanto pare- abbiamo già detto in precedenza.
La cosa che colpisce della "lettera", per come riportata nel Sole 24 ore sopra linkato, è tuttavia un dato sulla crescita, esposto quasi con nonchalance in questo passaggio:
"...Poi conferma la fiducia del Governo che l'insieme delle riforme e delle misure strutturali avranno «un impatto permanente importante sulla capacità di crescita del paese», stimata «prudenzialmente» in una crescita del Pil dello 0,3% già nel 2014. Stima «che potrebbe raggiungere gradualmente nel 2018 2,25 punti percentuali in più». «Possono sembrare numeri modesti - ammette - ma non lo sono se si pensa all'eseguità dei valori di crescita dell'Italia negli ultimi decenni». Poi una nota di ottimismo: «non sarei sorpreso se i risultati fossero migliori di quanto previsto adesso», ricordando che la stima del Def é dello 0,8%, più bassa della stima precedente del Governo Letta".
Prendiamo atto che il dato del DEF è immediatamente smentito: la crescita a 0,8 per il 2014 è un dato attualmente irrealistico e il dato previsionale, cioè affermabile come "prudenzialmente" attendibile è invece un ben minore: 0,3. Il che equivale all'asserzione che il DEF non è prudenziale ma probabilisticamente inattendibile.
Le conseguenze di una crescita allo 0,3 non sono indifferenti; significa minor base imponibile per le stime sulle entrate e, per inevitabile conseguenza, anche uno scostamento del deficit. In una situazione in cui, per la Commissione, i decimali sono considerati errori insostenibili per i conti italiani (only).
E tutto questo dando per scontato che, come già in precedenza, il moltiplicatore fiscale sia sottostimato nelle previsioni del nostro governo, se non altro per compiacere l'ostinazione in tal senso della Commissione. Ciò significa che viene dato per scontato, da Padoan, un insieme di misure tributarie e di taglio della spesa pubblica che avranno un effetto depressivo maggiore di quello stimato sicuramente dal governo Letta e in ogni modo nello stesso DEF.
Dando per acquisito l'errore di stima del moltiplicatore fiscale, ciò pare oggettivamente preludere a ulteriori misure correttive post elettorali: cioè ad un inasprimento sia della pressione fiscale, alla faccia degli 80 euro in busta paga (naturalmente da coprire in "pareggio di bilancio"), sia dei tagli della spesa originariamente preventivati da Cottarelli. I famosi 4,5 miliardi confermati dal DEF che vengono visti come troppo timidi da una schiera di livorosi all'opera sui media.
La conclusione implicita che si può trarre da questa ammissione "understated" di Padoan è che, applicando un realistico moltiplicatore, la crescita si potrebbe rivelare la solita "vendita della pelle dell'orso" per lo stesso 2014 ed anche a +0,3!
Un'ultima notazione fondamentale: se nel 2014 ci sarà questa presunta crescita, ancorchè minima, il rinvio del pareggio di bilancio non dovrebbe risultare così scontatamente legittimo.
Se non altro perchè con le regole vigenti dall'esercizio in corso, in base all'art.81 Cost, diversamente da quanto si afferma entusiasticamente in TV, non sarebbe consentito per il 2015, un ricorso all'indebitamento.
Si richiama infatti, allegramente, solo il primo comma dello stesso art.81 (Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico), parlandosi solo del concetto di "equilibrio" come non equivalente a "pareggio", ma si dimentica il secondo comma:
"Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali."
Poichè, infatti, nel 2014 tornerebbe la crescita (dicono), non sarebbero invocabili più "eventi eccezionali" e "effetti del ciclo economico" negativi, e quindi l'indebitamento nel 2015 sarebbe vietato: perchè questa è l'altra faccia del dire, in Costituzione, che "è consentito solo al fine...", cioè a precise condizioni che non sarebbero, secondo le affermazioni dello stesso DEF (e della lettera di Padoan) più invocabili.
Ma se in Italia si disquisisce di confusi rinvii, nel dati macroeconomici previsionali e necessariamente nei saldi attesi delle manovre fiscali, del pareggio di bilancio al 2016, una notizia parallela interessante ci viene dalla Francia.
Su Financial Times del 15 aprile (pag.6) Hugh Carnegy ci racconta del deficit francese. Il neo-primo ministro Valls, richiamata la inevitabile "credibilità di cui nessuno può dubitare", aggiunge "stiamo costruendo la nostra strategia di bilancio per il 2015 sulla base del 3%". Capite il 3% fatidico e non certo sul pareggio di bilancio!
E questo, quando la Francia sa benissimo di aver aderito anch'essa al fiscal compact, naturalmente non costituzionalizzando il pareggio di bilancio: e la Francia non può vantare certo nè il rispetto del limite del 3% negli ultimi anni nè, tantomeno, risulta essere giunta alla chiusura della procedura per debito eccessivo.
In realtà avrebbero dovuto essere una sequenza di procedure (usando il metro adottato per l'Italia). Ma la Commissione, su basi risibili, ha stabilito quanto segue:
"La Commissione raccomanda di prorogare di due anni il termine per la Francia, per consentire al paese di porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo entro il 2015.La Francia deve arrivare a un disavanzo nominale del 3,9% del PIL nel 2013, del 3,6% nel 2014 e del 2,8% nel 2015, coerentemente con un miglioramento del saldo strutturale dell'1,3% del PIL nel 2013, dello 0,8% nel 2014 e dello 0,8% nel 2015, in base alle previsioni di primavera 2013 dei servizi della Commissione (estese al 2015)."
Nè la Francia potrebbe invocare la clausola dell'art.3 del fiscal compact: rilevato che il suo debito pubblico su PIL risulta essere abbondamentemente al di sopra del 60%, essendo ora oltre il 93%, non solo si ha una inspiegabile indulgenza nell'applicazione dei criteri europei sul rispetto del limite del 3%, ma addirittura il pareggio di bilancio risulta immotivatamente disapplicato, in anticipo, nei suoi confronti. E questo con la sola concessione di una proroga che ne vanifica ogni seria applicazione paritaria alla stregua dei criteri utilizzati con l'Italia.
Che quella del fiscal compact si stia rivelando una "burletta" (o piuttosto un vaudeville) - essenzialmente in danno italiano, confermata dalla lettera di Padoan, che "rinvia" il pareggio, facendo però così acquiescenza al FC ad personam-, ci è però ulteriormente confermato dall'articolo del Financial Times, che ci dice:
"Rimangono forti dubbi sulla capacità del governo francese di rispettare il target...Il deficit era l'anno scorso al 4,3 del PIL, al di sopra delle proiezioni della Commissione al 4,2 (ma qui i decimali non contano, ndr.). Bruxelles prevede per il 2015 un deficit della Francia al 3,9%". Anzichè del 2,8, come da concessione proroga messa nero su bianco.
Or capite bene che qui stiamo al clamoroso: il fiscal compact è dimenticato già in sede di misteriosa applicazione dei suoi criteri nel concedere una moratoria addirittura per il vecchio limite del 3%; non soddisfatti di ciò, gli stessi euroburocrati constatano che la Francia non rispetterà neppure la moratoria stessa.
Il che esclude che sia rispettato il criterio, enunciato dalla Commissione, che condiziona la concedibilità di qualsiasi proroga al rientro nel limite del 3%, e che presuppone che "lo Stato membro abbia dato "seguito effettivo" alla raccomandazione o all'intimazione del Consiglio".
Ma tutto questo non pare disturbare Parigi, nè tantomeno i nostri governanti che, pure, qualche ragione di esigere chiarimenti l'avrebbero, tanto che il Financial Times aggiunge:
"La previsione francese (per il 2015, ovviamente, ndr.) è di un deficit al 2,8%, ma dovrà essere rivista la prossima settimana, quando Parigi pubblicherà i suoi piani di bilancio per i prossimi tre anni. La proiezione è posta in dubbio in ragione di sgravi fiscali privi di copertura promessi da Valls all'atto dell'insediamento".
Che dire? La "burletta-vaudeville" continua e non sarà evitata dal mumbo-jumbo euro-burocraticorum.
Viva l'Itaglia sempre!