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"DIETRO LE QUINTE" : I "SOCIALMENTE IRRESPONSABILI" E L'ITALIA IN TESTA AL GRUPPO (del "più miseria per tutti").

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Un articolo sul "The National" ci spiega che la stabilità dei prezzi del petrolio degli ultimi due anni, connessa al mutamento dell'approvviggionamento energetico intrapreso nella maggior parte dei paesi e dei settori produttivi e alla stessa incertezza dell'andamento della produzione industriale mondiale,  non promette nulla di buono. E questo perchè troppi investitori sono coinvolti in aspettative di crescita del prezzo del petrolio in base ai contratti stipulati nello stesso periodo.
Questa stabilità, si chiede l'articolo, è una cosa "normale"?
L'analista di Reuters, Kemp, avverte di non contarci. E prosegue citando il lavoro di "un economista un tempo oscuro, Hyman Minsky, le cui visioni sulla stabilità del mercato stanno diventando ora "mainstream".
Capite cosa ci dice Reuters? La rivincita di Minsky, di fronte ad un capitalismo finanziario che non ha più un "escape gateway" per la prossima crisi innescata da una bolla sempre più annunziata.

Nato nel 1919, Minsky era in origine un matematico, che si convertì all'economica guadagnando un Ph.D a Harvard. Forse come risultato dell'essere cresciuto durante la Grande Depressione, la sua carriera si focalizzò sulla comprensione de movimenti del mercato e sulle crisi finanziarie.
La causa di questi fenomeni di devastazione dell'economia sono al centro di accese dispute, non ultimo perchè paiono situati fuori della portata della teoria economica.
Il recente premio Nobel Eugene Fama, dell'Università di Chicago, sottolinea che gli economisti ancora litigano sulle cause della Grande Depressione, affermando "L'economia non è molto brava nello spiegare i cambiamenti di segno dell'attività economica".

Minsky decise comunque di cimentarsi ed elaborò una teoria che può sinstetizzarsi nella frase "la stabilità è destabilizzante".
La sua asserzione fondamentale, prosegue Kemp, è alquanto semplice e preoccupante. Secondo la teoria economica standard i mercati sono sostanzialmente "solidi" a meno che non siano colpiti da shock inattesi,
Il mercato del petrolio rientra in questa ipotesi, Nel 1973, la guerra arabo-israeliana innescò un quadruplicarsi del prezzo, provocando un terremoto economico globale.
Ma secondo Minsky,  i mercati sono ben capaci di provocare da soli le proprie crisi. Esse sorgono attraverso le azioni di ciò che guida i mercati: la psicologia umana.
Dopo alcuni anni di stabilità, i mercati acquistano la reputazione di essere stabili fino alla noia. Questo porta all'emersione di comportamenti "rischiosi", e all'uso di più indebitamento e effetto leva,  per trarre il massimo profitto dalla apparente crescita infinita del mercato.
Alla fine, il mercato raggiunge uno stato in cui solo la credenza continuativa nella sua ascesa può giustificare la stessa, e il rischio assunto ignora totalmente la possibilità che possa accadere qualcos'altro.
Alla luce di tale irrazionalità, qualsiasi timore può causare il risveglio del mercato dalla sua illusione e il suo crash, con risultati devastanti.
Minsky mostrò come i mercati si sono ripetutamente fatti "esplodere" in questo modo, con esempi storici come la famosa Bolla del Mare del Sud e quella di Wall Street della sua infanzia.
Rammentiamo che una bolla sui derivati del settore petrolifero, in questo momento, avrebbe un effetto di crisi di liquidità-insolvenza che, innescandosi su una situazione di mai recuperato livello di occupazione, retaggio della crisi del 2008, innescherebbe un blocco dell'intera economia "reale" mondiale, che già non gode di particolare salute: e questo dalla Cina al resto dei Brics, per terminare all'UEM della stagnazione "quasi-in-deflazione", programmata in una folle correzione gold-standard, cioè depressiva della domanda interna di lunga durata.



A dimostrazione che il mondo -ove siano presenti tracce di vita intelligente- si debba preoccupare oggi di livello di disoccupazione e di tasso di inflazione troppo ridotto, proprio per essere in grado di assorbire, senza una devastazione di proporzioni "tsunami", la nuova esplosione di una bolla finanziaria, va dunque letta "controluce"l'ultima dichiarazione della presidente della FED Janet Yellen.
Non si tratta solo della preservazione della stabilità sociale - il bene più prezioso della comunità umana nelle moderne organizzazioni democratiche (più o meno)- in termini di potenziale dei fattori oggi in campo. 
Si tratta della stessa preservazione, ancor più drammatica, in vista della pericolosità esplosiva dei comportamenti dei mercati, - cioè, come spiega Galbraith, degli imprenditori finanziari, che poi coincidono con a.d.-executives, che pretendono di essere socialmente irresponsabili
E dunque: Janet Yellen, questo mercoledì, nel suo secondo discorso ufficiale dopo la successione a Ben Bernanke,  ha detto che la FED continuetà a tenere il tasso di interesse vicino allo zero per tutto il tempo che occorre a raggiungere il target di occupazione e inflazione fissato dalla banca centrale.
Sempre un commentatore di Reuters, Feliz Salmon (sembrano parecchio preoccupati di questi tempi!), ha chiosato:
"Sono sollevato che sia preoccupata di ciò perchè c'è una grande trascuratezza sul mercato del lavoro...L'inflazione opera come un lubrificante dell'economia. Se sai che i prezzi domani saliranno, spenderai oggi i tuoi soldi. E ti esalterai dei prezzi che salgono e di fare più soldi in futuro. E' strano, ma vero, che a un modesto livello di inflazione sia una cosa buona sia per l'economia che per l'occupazione".

Ora, tutto questo in €uropa non l'hanno minimamente capito: il super-euro e un tasso di inflazione allarmante, per la sua quasi scomparsa, non preoccupano seriamente nessuno, meno che mai il nostro governo che pare, su mercato del lavoro e politiche di spesa, ancorato alla più bieca tradizione deflazionista
E mentre Draghi ventila inutilissimi palliativi di intervento monetario, diretti comunque al settore finanziario privato - cioè alla stabilità finanziaria che nutre il rientro in termini reali del credito (in azzardo), e non modifica l'andamento dell'economia produttiva- si continuano a considerare irrinunciabili le riforme strutturali deflattive del lavoro (addirittura, in Italia, bacchettati perchè non ne abbiamo ancora abbastanza inasprito instabilità e capacità deflattiva interna).
Insomma, siamo praticamente in una situazione opposta a quella degli anni '70, e con fondamentali di scenario praticamente invertiti, ma "Essi" continuano a praticare la cara vecchia forma neo-liberista distruttrice del livello di occupazione e della "inflazione", imperterriti (e ansiosi di realizzare il "meraviglioso mondo di von Hayek"); e infatti siamo governati dalle banche centrali indipendenti, ringhianti contro pericoli immaginari.
Il suicidio collettivo continua. 
E l'Italia è in testa al gruppo. Ma non potrà vincere altro che "più miseria per tutti". 
Governati come siamo, dietro le quinte, ma non troppo, dagli stessi executives del settore finanziario, socialmente irresponsabili.


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