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Dei concetti espressi da questo ultimo post di Alberto Bagnai vi consiglio un'attenta lettura. Ci rende l'idea di quanto sia tetragona la politica italiana a prendere atto delle cause della crisi e degli strumenti di sua risoluzione praticabile.
Si tratta quindi di rendersi conto che non basta ripetere i concetti, per anni, in tutte le salse, per ottenere una qualche ragionevole risposta nell'indirizzo politico-economico del nostro Paese.
La crescita, in una crisi da domanda innescata da squilibri commerciali strutturali tra Stati che usano la stessa moneta - e che è quindi una crisi solo UEM che, semmai, rischia di far precipitare il resto del mondo- , soltanto la crescita, risolve tutti gli altri problemi, che sono la conseguenza e non la causa della crisi stessa.
Del post di Alberto vi porgo questi "estratti" per me significativi, che dicono, molto bene cose che, insieme con la proposizione di alcuni aspetti a dir poco problematici dei trattati, sono state (in modo sicuramente meno "lineare" di quanto non sappia fare lui), trattate in vari post su questo blog (accanto a ciascuna citazione il link col post relativo).
Insomma la perorazione di Alberto è ed è stata anche la nostra e questa occasione ci consente di fare una sorta di briefing riepilogativo; se non altro, per non perdere la lucidità mentre il voto europeo rischia di mettere una pietra tombale sulla democrazia italiana:
- i capitalisti tedeschi sono disposti a fare qualcosa di più che un'elemosina ai loro proletari, ora che hanno vinto la battaglia?
- se l'Europa volesse fare una politica industriale comune, perché non menzionarla nei Trattati?
- il problema è che la crescita dei salari reali va parametrata su quella della produttività, e la Germania non l'ha fatto
- La disoccupazione si riassorbe con la crescita della domanda, quella domanda interna che viene strozzata dal cambio rigido mediante un meccanismo simple comme bonjour, che perfino i liberali liberisti mi hanno lasciato spiegare e hanno capito
- Ma quando xxxx mai c'è stato il coordinamento delle politiche fiscali in Europa, se in più di 60 anni non siamo riusciti ad armonizzare nemmeno le imposte indirette, se i problemi che l'Irlanda si è tirata in capo derivano dal suo noto tentativo (fallito) di forzare il mercato col dumping fiscale? Coordinamento de che? Ma se lo sappiamo tutti che un altro fattore scatenante degli squilibri europei è dato dalle politiche sociali scoordinate della Germania, che ha fatto leva sul finanziamento mediante fiscalità generale del prelievo contributivo per abbattere i suoi costi del lavoro e fotterci con un colossale dumping salariale?
v. ai links nn,2) 3) e 4)
- quelli che ci hanno messo in crisi non sono i movimenti di capitale "speculativi" (parola che vuole dire tutto per non dire niente), ma quelli strutturali, i deficit esteri persistenti dei paesi del Sud, che si sono potuti permettere un simile indebitamento solo perché il cambio fisso li aveva resi credibili.
- il problema del debito si risolve solo con la crescita (che ovviamente presuppone repressione finanziaria, che ovviamente presuppone...la sovranità monetaria, aggiungendoti alla truce lista dei riscrittori dell'art. 1 della Costituzione)
- La ristrutturazione del debito, il default, significa dare indietro meno soldi e tenersi lo squilibrio competitivo. Il riallineamento dei cambi significa dare indietro meno soldi (soldi più "leggeri") ma ripianare lo squilibrio competitivo.