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BCE MUMBLE MUMBLE...VANE POLITICHE MONETARIE

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inflazione 
 Inflazione Italia


Mi imbatto in questa interessante ipotesi di intervento della BCE. Ve la riporto così come esposta:

"Nella fase attuale occorre quindi identificare meccanismi che garantiscano che la liquidità generata d’ora in avanti dalla Bce si traduca non in ulteriori acquisti di titoli di stato ma in nuovo credito all’economia. È in quest’ottica che si muove la nuova iniziativa annunciata il mese scorso dalla Bce. Le operazioni LTRO diventeranno TLTRO (Targeted LTRO) e saranno parte di un più ampio pacchetto di misure (inclusi tassi negativi sui depositi) per un totale che anche questa volta potrebbe arrivare agli ormai tradizionali mille miliardi.
Ma in che senso le LTRO saranno targeted? La novità sta nel fatto che già nel 2014 le banche potranno richiedere alla Bce liquidità per 400 miliardi con rimborso a quattro anni e a condizioni estremamente vantaggiose (si parla di un tasso dello 0.25%) a patto che si impegnino a utilizzarla per prestiti alle famiglie e alle imprese. Tutto bene allora? Forse sì, ma non è detto che l’obbiettivo sia pienamente raggiunto, e proprio nei paesi in deflazione. Da un lato molte banche stanno ancora facendo i conti con la crisi e con persistenti problemi di adeguatezza del capitale. E in paesi come l’Italia, in cui la crescita è nel migliore dei casi destinata a rimanere modesta e fragile e il problema delle sofferenze bancarie è gigantesco, non è per nulla ovvio che le banche siano ansiose di far ripartire in grande stile il credito alle piccole e medie imprese.
In poche parole, occorrerebbe forse dare alle banche incentivi ancora più forti. Un’ipotesi da considerare potrebbe essere quella di inserire tali incentivi nel contesto dell’Asset Quality Review (AQR) in corso da parte della Bce. L’AQR delle banche europee ha l’obiettivo di valutare la solidità e la qualità dei bilanci bancari e di aumentarne la trasparenza. Nell’AQR i punti critici sono diversi. Uno riguarda la valutazione della rischiosità delle sofferenze. Un altro riguarda invece proprio i titoli di stato, sempre in termini di rischiosità.
Recentemente, alcuni esponenti della Bce hanno chiarito che nell’AQR i titoli di stato detenuti come immobilizzazioni (cioè fino a scadenza) non saranno considerati asset “rischiosi”. Dato che solo il 10-15 % dei titoli di stato detenuti ad esempio dalle banche italiane sono immobilizzazioni, l’implicazione in questo caso sarebbe quella di dover affrontare un problema di rischiosità di dimensioni molto grandi.
Ma come ridurre tale eccessiva esposizione senza sconvolgere mercati come quello dei Btp (realizzando quindi ulteriori perdite in conto capitale)? Innanzitutto, la Bce potrebbe, in aggiunta al parametro qualitativo held to maturity, introdurre un limite anche quantitativo per il totale dei titoli di stato detenuti in portafoglio al di sotto del quale non scatta comunque la “rischiosità”.
Pragmaticamente, questo limite per il rapporto fra titoli di stato e asset totali potrebbe essere posto al 5%. Come evidenziato dal grafico, ciò sarebbe infatti neutrale per Germania, Francia, ecc. (che essendo al di sotto, verrebbero totalmente esentati da qualsiasi rilievo critico) e limiterebbe quindi l’ambito di intervento a paesi come Italia, Spagna e Portogallo.
Un’ipotesi per tale intervento potrebbe essere quella per cui, a fronte dell’imposizione del limite del 5% per il rapporto titoli di stato/asset totali (da raggiungere entro il 2014), le banche possono avere le seguenti alternative (anche in combinazione fra loro):
  • vendere i titoli
  • aumentare i prestiti all’economia
  • depositare i titoli presso la Bce per un LTRO “dedicato” a quattro anni.
È chiaro che banche come quelle italiane, che dovrebbero liberarsi di circa 180 miliardi di titoli in eccesso, privilegerebbero la terza soluzione, che consentirebbe loro, attraverso un unwinding graduale delle posizioni, di evitare le perdite in conto capitale associate a una liquidazione diretta e immediata dei titoli.
In questo modo inoltre si garantirebbe che la liquidità sia destinata al credito e quindi alla crescita, soprattutto nel sistema bancario dei paesi in deflazione (Italia in primis). La differenza con il TLTRO attualmente in gestazione starebbe proprio in questa certezza."

Ora, una piccola obiezione: l'impedimento alla conversione della liquidità concessa alle banche (segnatamente italiane) in credito erogato all'economia reale, è così indicato in questo contesto: "...molte banche stanno ancora facendo i conti con la crisi e con persistenti problemi di adeguatezza del capitale. E in paesi come l’Italia, in cui la crescita è nel migliore dei casi destinata a rimanere modesta e fragile e il problema delle sofferenze bancarie è gigantesco, non è per nulla ovvio che le banche siano ansiose di far ripartire in grande stile il credito alle piccole e medie imprese."
Stando così le cose perchè mai con l'imposizione di un limite (più correttamente di una "soglia massima") di detenzione risk-free, con la costrizione de facto a liberare i bilanci dei titoli eccedenti tale limite- per evitare minusvalenze da realizzo obbligato- le stesse banche dovrebbero poi preferire l'utilizzo in credito verso le imprese? Perchè cioè questa imposizione, che oltretutto pone a rischio sistemico i corsi dell'intera gamma dei titoli pubblici emessi, dovrebbe spingerle ad assumere un rischio di insolvenza sostanzialmente intatto (se non accresciuto, dato l'assestarsi della deflazione), della liquidità ottenuta? 
Il profilo di rischio delle stesse imprese verrebbe forse attenuato dalla minaccia "mossa" alle banche di ridurre la detenzione di titoli, in maniera praticamente obbligata, (per liberarsi della patata divenuta bollente)?
Non permarrebbero "i problemi di adeguatezza del capitale" e le prospettive di aumento delle sofferenze, che acuirebbero i problemi di bilancio, a fronte delle pacifiche attese di crescita "modesta e fragile, nella migliore delle ipotesi"?
Insomma, se non si agisce sulle cause della mancata crescita, - chiaramente individuabili nel quadro valutario "unico", nel suo sviluppo asimmetrico e nei vincoli fiscali che ne costituiscono l'unica correzione consentita dal quadro istituzionale imposto fin da Maastricht e acuito dalla egemonia politica dei paesi creditori (in testa la Germania)- quali prospettive di solvibilità aggiuntive darebbero di per sè le imprese "beneficiate" di fronte alla persistente debolezza della domanda e quindi della redditività delle rispettive attività?
Si fallisce perchè non si vende il prodotto e perchè contemporaneamente la correzione fiscale €uro-imposta impone una pressione tributaria insostenibile, mica perchè il prodotto non è producibile a costi di credito convenienti.

Ci si illude che cambiando strumenti di elargizione (a termine) della moneta al sistema bancario questo renda automaticamente elastica la curva IS e cioè induca le imprese ad effettuare gli investimenti, e quindi a domandare credito?
Perchè il credito può essere offerto, ma l'altra faccia del credit crunch, quella ormai più strutturale,  è che invece è venuta a mancare la domanda di credito; è in caduta la "propensione" all'investimento netto e persino lordo, cioè, in sostanza, (anche) la propensione all'utilizzo nel ciclo produttivo  della moneta immessa nel circuito bancario dalla banche centrali. 
Può questo essere cambiato  in base al solo livello vantaggioso del tasso di interesse, cioè all'aumento dell'offerta dello stesso credito, per di più "forzata"? 
Ma se così fosse, perchè la situazione non si sarebbe sbloccata già autonomamente con i ribassi del tasso di interesse medesimo? 
Abbiamo invece avuto la deflazione, cioè tassi in calo ma "reali positivi" perchè il livello dei prezzi,- si conferma ancora una volta-, è determinato da quello della domanda, che è scesa più repentinamente e sostanziosamente dei tassi stessi. Una domanda che si è voluta deprimere per limitare e correggere gli squilibri commerciali interni all'area UEM. E  che non si fa nulla per sostenere. Anzi, si continua a perseguire il consolidamento fiscale, negandosi ogni "flessibilità", e continuandosi a drenare liquidità dai paesi debitori.

Il (forte) sospetto è che si continui ad ignorare che in assenza di domanda pubblica - indirizzata in misura aggiuntiva e anticiclica all'economia reale, ed anzi gravata tutt'al più dagli aumenti, non risolutivi come stimolo, degli stabilizzatori automatici legati alla crescita della disoccupazione indotta dalla drastica e prolungata flessione della domanda privata interna- , non si risolve la crisi da...domanda
Perchè di questo si tratta. 
E certo non la si risolve puntando sulla domanda estera"soltanto";  dato che questa, anche nei mutati saldi delle partite correnti italiane,  è stabile -finora e neppure si sa per quanto ancora- e l'attivo delle partite correnti è solo dovuto alla contrazione delle importazioni. Cioè al calo della domanda stessa. 
Il rebus, collocato all'interno delle demenziali condizioni della valuta unica, non ha soluzione. 
Quali che siano le alchimie della banca centrale e le pressioni da essa esercitate su un sistema bancario stremato dalla sua stessa pressione deflattiva (esercitata per tanti anni senza pensare alle conseguenze)...

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