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RASSEGNA SULL'ART.18. "MAPPE COGNITIVE" E "LINEE INTERPRETATIVE". LOTTA DI CLASSE: CHE CAFONATA!

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Costretta dai "vincoli" della sala d'attesa di un aeroporto, Sofia ci manda una rassegna stampa "monografica", nascente dalla lettura del Fatto Quotidiano. 
Una sorta di panorama sistematico che lumeggia un atteggiamento di fondo: si può dubitare della bontà o meno della riforma dell'art.18, ma non della "colpa di popolo", irredimibile, che, chissà perchè, attinge gli italiani più di qualsiasi altro paese UEM (che, pure, ha problemini economico-fiscali ben più gravi).

Con l'art.18 usano il solito metodo: distogliere l'attenzione dalle cose importanti, come la recessione, che ci sta regalando ogni giorno dati significativi, e nello stesso tempo  dare tante, troppe informazioni, perchè cosî non ci si capisca niente.
Sul Fatto quotidiano di oggipare non si parli d'altro. 
 
Tutta la pag 5, parla della riforma del lavoro e delle guerre interne al PD, del peso politico dei bersaniani sulla riforma del lavoro e sulla introduzione del job act.
Oscar Farinetti (il signor Eataly):"dell'art. 18 il problema è il concetto di "giusta causa" che giustifica il licenziamento e quello dei magistrati che lo interpretano nel senso sbagliato visto che dispongono il reintegro nel 90% dei casi"
Insomma art 18 non va modificato, va abolito. 
Al coro si unisce De Benedetti che ritiene la norma superata per i tempi e per la situazione che l'Italia sta affrontando.
 
Cesare Damiano (presidente della commissione lavoro della Camera) rilancia il contratto a tutele crescenti al quale andrebbe applicato un monitoraggio di tre anni per verificarne gli affetti.
E cosa si aspettano di poter verificare al termine di questi tre anni? Pensano che la situazione drammatica della disoccupazione si risolva o che vi siano risultati positivi in tre anni solo perchè liberalizzerebbero il mercato del lavoro in uscita, senza agire sulla domanda? 
Comunque, indipendentemente dai risultati, al termine del triennio il datore di lavoro può licenziare senza alcun contenzioso, come se si trattasse di un contratto a termine, o assumere con le regole della legge Fornero. 
Poiché gli  imprenditori opteranno sicuramente per la prima soluzione, (e quindi sanno benissimo che la situazione della domanda non migliorerà e che quindi non migliorerà neppure l'occupazione), lo Stato offre un incentivo fiscale per l'assunzione, soddisfacendo le richieste dell'Europa, che ci chiede di allungare il periodo di prova e di ridurre il costo del contratto (Ecco risolto l'arcano! A loro interessa solo dire all'Europa che hanno modificato e quindi maggiormente liberalizzato il mercato del lavoro, misura che avrà come inevitabile effetto una maggiore deflazione salariale).
 
Pag.6: Caterina Soffici se la prende con la burocrazia, le tasse, la criminalità e la mancanza di certezza del diritto (non se n'è scordata nemmeno una!). Molti servizi potrebbero essere effettuati per via telematica e, come prova di coraggio, si aspetta dal PD  l'abolizione dei notai invece della modifica dell'art.18, visto che il reintegro rimane un problema secondario se le imprese non assumono. 
Almeno in quest'ultima affermazione ha ragione; tuttavia...si rende conto che i servizi resi per via telematica, così come tutta la semplificazione della burocrazia, la diminuzione delle tasse e il rafforzamento della lotta alla criminalità, richiedono investimenti pubblici enormi, - esattamente come la lotta alla disoccupazione - e che quindi tutti questi problemi hanno la stessa matrice?
 
Non è mica finita qua.
A pag.11 si parla di Bonanni che lascia la CISL ( sia fatta la sua volontà!!!!!) del cui ruolo nell'ambito dei sindacati ho già scritto.
 
E poi c'è altro articolo di Stefano Feltri che si domanda se ha ragione Renzi o la CISL: le imprese non assumono perchè non possono licenziare? 
Secondo lui non c'è risposta alla domanda (guarda un pò). 
Anzi. Alla domanda si risponde con dati alla mano, quelli sul monitoraggio della legge Fornero del 2012 che ha giá modificato l'art. 18. In base ai dati del Ministero (lui dice) sappiamo solo che la flessibilità è aumentata in conseguenza della possibilità di licenziare...in imprese con meno di 15 operai, dove art. 18 non si applica; nonchè che molti super precari hanno brevi contratti a tempo determinato (ma questo non gli dice proprio niente?)
Ma poi finalmente pure lui una cosa giusta la dice: cambiare le regole del lavoro in periodo di recessione non permette di misurarne gli effetti, mentre sottolinea l'errore di partire sempre, quando si parla della situazione del lavoro, dalla facilitá dei licenziamenti, senza prove che sia la variabile decisiva (si tiene sul vago, non sia mai assumersi la responsabilità di avanzare un'ipotesi. A proposito delle prove: per lo specialista Riccardo Realfonzo, sicuramente non si hanno che la precarizzazione e flessibilizzazione in uscita aumentino l'occupazione, valendo come più probabile - e confermata dai dati di tutta l'UEM- l'ipotesi opposta.)

Dulcis in fundo, Mauro Magatti (bocconiano laureato in discipline economiche e sociali) sostiene che è finita la società dei consumi: avere un impiego non serve solo a produrre merci, ma a permettere alle persone di esprimersi e dare senso alla propria vita Sembra quasi che abbia capito il senso del lavoro come diritto fondamentale costituzionalmente garantito: ma da un "bocconcino"è chiedere troppo!
Infatti, continua a dire cose controintuitive: pensare al possibile futuro del lavoro richiederebbe un nuovo modello di sviluppo che esprima la capacitá di essere produttivi (è appurato: siamo improduttivi e scansafatiche) e garantisca equità sociale (il problema insomma è sempre la redistribuzione, ma...tra sottoccupati e disoccupati). 
 
Ritiene che spostare il baricentro sul consumo e la concentrazione di ricchezza (di chi? Degli esportatori di capitali e dei delocalizzatori? Non pare prenderli in considerazione), ha fatto perdere rilievo al lavoro e alla sua importanza economica sociale ed esistenziale. (Davvero? Ma com'è successo esattamente? Dunque i disoccupati si danno troppa importanza! Pensassero a tutelarsi come consumatori e pagatori di tasse sul patrimonio!)
Per questo, prosegue, il lavoro ha perso quota sul valore aggiunto del prodotto in due decenni (non sarà la precarizzazione-disoccupazione-deflazione salariale la causa di ciò, piuttosto che l'effetto?)
 
Secondo lui la soluzione forse non c'è (e certo: la curva di Phillips non viene neppure menzionata. E dire che siamo in deflazione "quasi" conclamata!) e, comunque, se proprio di soluzione bisogna trovarne una, allora bisogna rivedere le categorie: non contratti a tempo indeterminato o determinato, ma contratti per chi si occupa di ambiente o di sanità o altro.  
Che poi divengano a tempo determinato "tutti" i contratti in questi settori, perchè mai chi si occupa di lavoro "utile e degno",  (essendo il resto del lavoro inutile e indegno?), dovrebbe preoccuparsene e dimostrare avida ricerca di inutili privilegi? Certo! Cambiamo le categorie e vedrete come aumenta l'occupazione, che idea geniale, ma come mai non ci hanno pensato prima!!!!
 
Aggiunge che bisogna investire su "mappe cognitive", linee di ricerca che aprono "piste interpretative" nuove, perchè poi il problema è sempre lo stesso: siamo inefficaci, arretrati, obsoleti e tutti so' più bravi di noi!
Richiama infine il pensiero marxista ad esprimere al meglio le proprie capacità in una società liberata dall'ossessione della crescita. Bisogna spostare accento sulla capacitá collettiva di produrre valore, possibile solo se cambia il modo di vedere e trattare il lavoro; non solo merce da scambiare e sfruttare ma espressione della capacitá personale di iniziativa, creatività e realizzazione, elemento fondamentale di una economia giusta e una società umana. 
 
Apprendiamo dunque che il pensiero marxista si dovrebbe preoccupare di ricategorizzare il lavoro, in funzione dei settori che...consentano di liberarsi della "ossessione della crescita"...specialmente salariale, ovvio! La lotta di classe finirebbe se, si desume, coloro che vengono pagati...il meno possibile, non ci fanno caso, in quanto impegnati a "salvare il mondo" ed appagati da ciò (vallo a raccontare a chi si occupa di bonifiche ambientali sui campi infestati da diossina o agli infermieri precarizzati in corsia...)
Manca qualche passaggio logico; diciamo un po' di puntini di congiunzione. 
È il bello è che queste "eccentricità controintuitive" le va a ripetere pure domani a Milano in un convegno che si occupa di indagini sullo sviluppo del mondo del lavoro.

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