
Qualcuno, non si capisce bene a che scopo, soffia sul fuoco delle polemiche e delle accuse velenose. E cerca di spaccare la, pur piccola, comunità di coloro che, in qualsiasi modo - ognuno ha, almeno fin'ora, la libertà di perseguire il proprio-, stanno cercando di "capire" e di trovare un sistema per diffondere e consolidare una coscienza della democrazia costituzionale: per proporla, come rimedio di "legalità", al baratro in cui il nostro paese sta cadendo.
Non è possibile che questa strategia di discredito ed insinuazione, porti, a chi la persegue, un qualche vantaggio. Semplicemente perchè ogni tentativo di svilire altri non innalza chi lo compie.
Se qualcuno avesse l'aspirazione a divenire un soggetto di riferimento generale nella società italiana, capace di rilevanza politico-elettorale, si accomodasse: significa che ritiene di aver fatto bene i suoi calcoli su che tipo di azione e di risorse siano idonei a tale scopo.
Non è un'aspirazione che troverà resistenza o "concorrenza" da parte di chi si occupa di tutt'altro ed è interessato soltanto a diffondere cultura della democrazia.
Se i fatti consentiranno a questo qualcuno di avere fortuna nella direzione "politico-elettorale" cui aspira, ed il contenuto della visione che propone è veramente conforme a quello della lezione costituzionale, tanto meglio.
Ma, nel cercare di ottenere ciò, non può essergli di giovamento lo spegnere, con il metodo dell'insinuazione e dell'epiteto suggestivo, le voci che ritiene possano fargli concorrenza.
Questo qualcuno dovrebbe riflettere sul fatto che la conquista del "mercato del consenso" - se questo evidentemente è ciò che gli interessa, in prospettiva più o meno immediata- si gioca su ben altri fronti e contro ben altri avversari.
C'è un intero P.U.O. radicato nell'opinione di massa ad attestarlo.
Non comprenderlo fa ripiombare chi si rende protagonista di ciò in un vicolo cieco di settarismo, sterile e, a dir poco, supeminoritario.
Chiunque può sbagliare, anche impegnandosi con tutte - ed anche al di là de- le sue scarse forze (se queste fossero state ingenti, la situazione non sarebbe quella che è...)
Ma degli errori può assumersi la responsabilità e, nelle circostante attuali, avvedersi che può solo cercare di andare lo stesso avanti, ovviamente migliorando la propria espressione, la propria linea di azione possibile.
Ed invece, scaricare le proprie responsabilità additando quelle, vere o presunte, di altri, che lavorano nella stessa direzione, - o almeno così si dovrebbe presumere-, significa autocondannarsi alla irrilevanza: l'unico modo di dimostrare la propria autoproclamata legittimazione a gettare discredito su altri, seppure questo sia mai servito a qualcosa, è riuscire in quello che si professa e raggiungere gli obiettivi che, sempre assumendosene la responsabilità, si sono annunciati.
Sempre che non debba ammettere che questi sono irraggiungibili; più che mai, poi, facendo a meno degli "altri"...che vengono attaccati in quanto visti, in una visione di conquista del "potere" politico, come concorrenti: ma del tutto immaginari.
Ma anche rendersi conto di questa irrealizzabilità, totale o prevalente, sarebbe segno di cultura (auto)critica e di flessibilità: doti indispensabili anche solo per scalfire un blocco di potere che ha infinite risorse.
Il resto sono vane parole senza costrutto.
E non ci tornerò più sopra.