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I MISTERI DEGLI APPALTI E LE POLITICHE INDUSTRIALI...DISOCCUPAZIONALI DELLA DOMANDA PUBBLICA -1

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Vi offriamo l'analisi di Sofia sulle vicende degli italici appalti. Certamente ci offre spunti interessanti; che sarebbero anche divertenti, se non fossero in realtà eloquenti testimonianze di una situazione drammatica, ammantata dal bis-linguaggio.


1. Su "Il Messaggero" di oggi (ma un sunto è rinvenibile anche on-line qui) è riportata a grandi titoli la notizia dei rotoloni di carta acquistati a 17 euro, dopo una gara di appalto non bandita da Consip ma dal Ministero della Difesa, e a cui avrebbe partecipato, secondo l'articolo, una sola impresa:  secondo l’autore dell’articolo, il rotolone costerebbero 2 euro al supermercato o, al massimo, circa 10 euro per il tipo "professionale".
La notizia è, come da prassi del commento dell'espertologo, accompagnata da un'intervista a Domenico Casalino amministratore delegato della Consip: questi sostiene che di casi di “rotoloni d’oro” nelle PA ve ne sono molti perché, nonostante sia stata creata la Consip come centrale d’acquisto delle PA, (avendo già allo stato attualeabbia fatto risparmiare molto denaro pubblico), il ricorso ad essa continua a trova molte resistenze: la gestione delle gare da parte di Consip sarebbe ostacolata sia dalle imprese che dalle amministrazioni pubbliche.

Insomma il sistema mediatico continua a solleticare le frustrazioni della gente comune - esasperata da disoccupazione, abbassamento dei salari, carenza di servizi pubblici, aumento generalizzato o comunque insostenibilità delle tasse, nonchè il senso di indignazione di fronte alle tante promesse delle varie spending review-, per reclamizzare l’ennesimo caso di spreco di spesa pubblica (che allude, immancabilmente, alla corruzione).
Il sistema dell'informazione, anche nella questione esaminata in questo caso, tende strenuamente a convincere della presenza generalizzata di sprechi e di eccessi di spesa pubblica tutti coloro che non hanno dimestichezza con tematiche come quelle degli acquisti pubblici, le gare di appalto e le centrali di committenza (ossia la maggior parte delle persone comuni).
Proprio per questo mi pare corretto un tentativo di bilanciare, con alcuni approfondimenti, questo attacco mediatico (rimandando, semmai, ad un momento successivo un'analisi tecnico-normativa più dettagliata).

2. Occorre però fare una breve premessa generale, visto che si esalta, nell’articolo, la necessità di ricorrere alla Consip (centrale di committenza per gli acquisti pubblici) come risoluzione di tutti i mali delle gare di appalto e strumento per evitare gli sprechi.
Il fatto che si parli di Consip come unica centrale di committenza, che si parli di ridurre le centrali di acquisto delle amministrazioni pubbliche per ridurle a poche, conferma una consolidata tendenzaa prediligere forme di concentrazione sia sul lato della domanda (pubblica) che su quella dell'offerta,perché, si implica ossessivamente, pochi operatori e grandi funzionerebbero meglio.

Con riferimento all'offerta, cioè alle imprese, la concentrazione, avviene automaticamente nelle dinamiche dei mercati nei vari settori produttivi, per effetto delle cause già qui esposte
Ma, ed è questo il punto che, ancora una volta, emerge nella vicenda mediatica che stiamo esaminando, questa tendenza è velocizzata dalla spinta (o "spin", mediatico) di un sempre più frequente modo di porgere notizie, accuratamente selezionate: un modo che, oggettivamente, risulta agevolare l’affermarsi di forme sempre più diffuse di oligopoli.  
"La concentrazione dell'offerta in pochi soggetti porta a un significativo potere di mercato con ampia capacità di determinazione o influenza sul prezzo, spesso espresso dall’impresa (o dalle imprese) considerata leader; il contesto economico può essere considerato calmierabile solo parzialmente in virtù della possibile concorrenza da parte di altre imprese già presenti o comunque desiderose di entrare nel lucroso mercato. 
Ma la strategia seguita da queste imprese per controllare la concorrenza - o mantenerla all’interno della cerchia degli oligopolisti presenti e non accrescerne il numero- è quella di concordare tra gli interessati, in molte e sfuggenti forme, (e quindi in modo connaturalmente occulto), un prezzo superiore a quello c.d. marginale in danno del consumatore.  
L’oligopolio tende quindi a presupporre e rafforzare, in molti modi strutturali, una forma di "cartello", che equivale, negli effetti economici, alla più insidiosa forma di monopolio: quello raggiunto attraverso intese occultate ai consumatori…. 
Specialmente una volta che si tenda a vietare, per via di trattati di libero scambio, il sistema dell'impresa di proprietà pubblica, o ad imporne, più "strategicamente", la privatizzazione, le multinazionali - ovvero le grande imprese finanziarizzate- finiscono per operare in regime monopolistico-oligopolistico al posto degli enti pubblici esponenziali degli interessi generali..." 

3. Queste potenti entità economiche private concepiscono il mondo come un illimitato luogo di espansione del loro potere di mercato (e quindi di certezza di profitti non comprimibili) tendendo, ad istituzionalizzare la propria posizione attraverso l'influenzamento del livello politico.
In altri termini esse ottengono, per mezzo dell'azione della politica, che finanziano ed influenzano direttamente o indirettamente, e proprio tramite la pressione (parallela al finanziamento) dei mezzi di informazione di cui hanno il controllo, leggi e norme, compresi i trattati liberoscambisti, tra cui va annoverato quello UE-UEM, che consentono di privilegiare una rendita di posizione che non solo influisce sui prezzi, la cui fissazione non corrisponde affatto al libero gioco di domanda e offerta, ma che garantisce il controllo istituzionale di cui parlava Lelio Basso già negli anni '60.

Anziché generare benessere, le privatizzazioni della pubblica industria finiscono per produrre nuove esclusioni, espulsioni e maggiore povertà: esse privano i popoli dei propri fondamentali diritti  sotto la copertura di slogan che contrabbandano fantomatici "benessere ed efficienza"(qui.par.5), ma al solo fine di monopolizzare, in poche mani private, ogni risorsa.
Quindi, maggiori sono le forme concentrazione dell'offerta, maggiore sarà la probabilità che il prezzo offerto sia più alto e che tale meccanismo sia agevolato da norme ad hoc.

4. Le gare indette per pubblici contratti, in effetti, tenderanno inevitabilmente ad essere sempre di più aggiudicate alle imprese di grosse dimensioni, piuttosto che alle piccole e medie imprese.
Ciò dipende dalla circostanza che le stazioni appaltanti, anzitutto per non discostarsi dalle istanze comunitarie che, non casualmente, lo impongono, sia, di conseguenza, per obbedire a questa impellenza istituzionalizzata a preferire le imprese più grandi perché ritenute più efficienti, stabiliscono nei bandi di gara requisiti di partecipazione (entità del fatturato di anni precedenti, capacità tecniche, garanzie bancarie…) sempre più stringenti, che solo poche e grandi imprese potranno possedere.

A tutto quanto finora evidenziato va aggiunto il verificarsi di un effetto ulteriore, del diffondersi degli oligopoli in un ambiente ordinamentale di tipo liberista internazionalizzato: questo tipo di organismi economici imprese saranno sempre meno legati al territorio. Ciò risulta antitetico al "modello di specializzazione"  tradizionale di un paese come l’Italia, "generalista" quanto alle filiere su cui era in grado di competere, ma frammentato, circa le dimensioni delle imprese.

5. Il tessuto industriale, cioè, è sempre stato composto da piccole e medie imprese, di cui a torto si è contestata l'efficienza, almeno finchè la moneta utilizzabile è stata adeguata a tale "modello"; ma esso era straordinariamente vitale. 
Il sistema italiano delle PMI, in condizioni di fisiologica sovranità monetaria e fiscale, era stato capace di portare il paese ai vertici mondiali delle capacità manifatturiere, coprendo una vasta serie di "filiere" che, sotto la spinta dei vari SME-Maastricht-euro, si sono poi irrevocabilmente perdute
Come in tutte le aree liberoscambiste vale la irresisitibile tendenza alla specializzazione produttiva sui "vantaggi comparati" che estingue interi settori industriali e privilegia solo quei pochi che i paesi dominanti dell'area di liberoscambio, a maggior ragione se dotata di una moneta unica,  lasciano ai paesi c.d. periferici, strutturalmente indeboliti.
6. Questo produce due conseguenze anche nel settore delle gare pubbliche:
a) queste tendono a essere proposte come "efficienti" se vengono centralizzate - sia affidando a stazioni appaltanti "nazionali uniche" la gestione della gara, sia vietando, come deriva dalla normativa UE, la riserva della partecipazione a imprese situate nella "regione"-  e, conseguentemente, vengono bandite su importi di gara sempre più alti: ovviamente prescindendo sempre più dal territorio ove svolgono la loro vita produttiva le piccole e medie imprese;
b) la crescita degli importi e delle dimensioni economiche degli appalti da aggiudicare, innalza in proporzione, come accennato, le soglie dei requisiti preventivi di partecipazione alla gara, e le offerte affluiscono quasi esclusivamente da soggetti oligopolisti che, per tutto quanto esposto in precedenza, non sono più, prevalentemente, operatori nazionali
E proprio perchè i "bisogni" e le esigenze di acquisto di beni servizi e lavori da parte della p.a.  corrispondono sempre meno a filiere esistenti sul territorio: essendo queste ormai disarticolate dagli effetti della moneta unica e della circolazione liberalizzata dei capitali, nonchè dall'impedimento, determinato dai vincoli monetari e fiscali(essenzialmente incentrati sulla svalutazione interna del prezzo del lavoro), a svolgere qualunque tipo di politica industriale. Se non altro, perchè l'industria pubblica viene resa il principale oggetto delle privatizzazioni e la spesa in investimenti pubblici tagliata per corrispondere ai ben noti limiti fiscali.
Ne consegue che l'aggiudicazione centralizzata "efficiente", in modo ancor più accentuato, si risolve prevalentemente in un'operazione economica di importazione: cioè in un sistematico peggioramento del saldo delle partite correnti - addirittura sussidiato dal denaro pubblico!- nonchè di ulteriore svuotamento dei segmenti di mercato rimasti per le PMI nazionali, in quanto affette in radice dalla preclusione a partecipare alle gare oltre che dalla minor competitività esclusivamente dovuta al fattore €-monetario (cioè all'andamento comparato dei costi attribuibile in modo decisivo alla presenza dell'euro).

7. Quanto poi alle concentrazioni dal lato delle centrali di acquisto, al di là di alcune forme di risparmio che attengono a personale e spese amministrative e organizzative per la predisposizione e la gestione delle gare - risparmi che certamente sono annullati dai maggiori prezzi imposti per effetto delle concentrazioni delle imprese e dal potenziale e crescente peggioramento del saldo delle partite correnti nazionali- , non si vede come queste forme di concentrazione possano portare ad una eliminazione degli sprechi.
Concentrare in una sola centrale di committenza tutti gli acquisti non ha alcun senso perché presupporrebbe (a livello teorico) che tutti gli operatori economici che ambiscono ad aggiudicarsi un appalto con Consip, offrano prezzi particolarmente vantaggiosi
Invece questo non avviene proprio in ragione dell’affermarsi di aggiudicazioni naturalmente indirizzate a soggetti in posizione oligopolistica, che quindi offriranno comunque prezzi più "alti", cioè che incorporano la frazione di rendita oligopolistica propria della struttura dell'offerta inevitabile in tale assetto. Per di più, appunto, un oligopolista internazionalizzato o "esterofilo", rispetto ad una situazione di, solo ideale e meramente presunta, competizione più libera ed ampia, di cui si è detto.
8. Potrebbe invece mostrarsi  più efficace (ad esempio) prendere come campioni di riferimento una molteplicità di centrali di acquisto; quindi verificare il prezzo più basso effettivamente ottenuto, in un certo periodo, nel complesso delle aggiudicazioni precedenti, attraverso opportune rilevazioni statistiche costantemente aggiornate. 
Il  prezzo rilevato (e pubblicato) in base alla "offerta effettiva" sull'intero territorio nazionale, nelle varie categorie di maggior frequenza ed incidenza, - scontati, secondo il caso, eventuali costi aggiuntivi di trasporto-, può essere utilizzato come base d’asta per gli acquisti di tutte le future gare di appalto di tutte le altre amministrazioni. 
E può simultaneamente prevedersi - come alcune leggi, hanno iniziato a fare, non si sa bene con quali effetti applicativi- che l'aggiudicazione a un prezzo superiore al prezzo del "miglior decile" sia verificata da un'autorità centrale di controllo che proceda all'annullamento preventivo dell'aggiudicazione "antieconomica", ponendo in alternativa la facoltà di riconduzione dell'aggiudicazione al prezzo di riferimento entro un congruo e breve termine.
Certo, il sistema può funzionare solo laddove il prezzo sia un criterio decisivo di aggiudicazione (essendo spesso i criteri di selezione dell'offerta più articolati e compositi), e sempre che esista, e sia adeguatamente strutturata e finanziata, una sede di controllo centrale che abbia il potere di effettuare l'annullamento preventivo "condizionato" alla ricontrattazione secondo il prezzo ottimale rilevato (e correttamente aggiornato).

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