PREMESSA- Come di consueto, "a futura memoria", e per vostra, (e anche mia), maggior comodità di "ritrovamento" in futuro della fonte, ritengo utile riportare in un autonomo post le risposte che sono state indotte da vostri interessanti commenti.
1. Il primo è di Roby Buryche, narrandoci delle sue (e non solo sue) vicissitudini "concordatarie", ci delinea il grave quadro della deflazione - quale sempre più connessa al "nuovo", demenziale, mercato del lavoro-, nei suoi riflessi sulla solvibilità dei patrimoni aziendali assoggettati all'iniziativa dei creditori.
Questa la risposta, (come al solito arricchita da opportuni links a precedenti post...che vi invito a ri-leggere):
"Il demansionamento, come si arguisce dai fatti (credo imponentemente diffusi) che evidenzi, anzitutto si fa sul "posto"(l'ex quadro, espulso dall'organizzazione e sostituito dal dipendente di livello inferiore, il cui trattamento rimane inalterato) anzichè sul singolo dipendente. Cioè, quello deflattivo in termini nominali, è ascensionale e "organizzativo", non il contrario. E questo pare attualmente sfuggire a tutti i commentatori (che si soffermano sul mobbing da svilimento...).
Per il singolo dipendente, i modi di "deflazionarlo" retributivamente sono molteplici:
a) riduzione di orario e trattamento economico proporzionale (part-time "obbligatorio") e/o assorbimenti di trattamenti straordinari nell'orario ex ordinario, mediante "ordini di servizio" (a cui non c'è modo di opporsi se non si vuole essere licenziati tout-court, cosa ormai più che agevole per TUTTI E SUBITO);
b) aumento di prestazioni orarie e del loro livello, a parità di trattamento-inquadramento (l'altro versante della medaglia del "quadro" che non viene sostituito una volta eliminato);
c) disdetta generalizzata di contratto collettivo (o non rinnovo a oltranza), sotto la minaccia di un ormai inoppugnabile e irreversibile licenziamento collettivo;
d) per le imprese maggiori, che ne hanno i requisiti, accesso aziendale, - complessivo o per unità produttive spesso corrispondenti a società "controllate" create ad arte-, ai vari ammortizzatori sociali (CIGS, in scadenza di rifinanziamento, contratti di solidarietà, altamente deflattivi dei trattamenti). Questi ammortizzatori spostano (in larga parte) sulla spesa pubblica, e sulla corrispondente tassazione a carico di tutti, il costo transitorio dei minori livelli retributivi, cioè in attesa di trasformare la situazione in definitive chiusure-delocalizzazione-disoccupazione "ufficiale", ovvero in reinquadramenti dell'intero personale aziendale.
Certo che poi, per chi si fosse trovato, e si trova, a fare l'imprenditore sulla domanda interna, il crollo deflattivo generale, rende la situazione più che disperata: esiziale direi.
Gli assets patrimoniali che avrebbero "garantito" i creditori non possono che perdere di valore, fino a deprezzamenti che non hanno certo finito di manifestarsi nella loro "geometrica potenza".
Tutto questo significa DEINDUSTRIALIZZAZIONE e corrispondente destrutturazione irreversibile della democrazia costituzionale (rinvio al post su Rodrik e Chang).
E rammento che il sistema delle PMI sorge e prospera sull'ancoraggio al territorio del modello della GRANDE INDUSTRIA PUBBLICA, in violento corso di DISMISSIONE (PP 7 e ss.), cioè la deindustrializzazione più intensa e più €uropea che si manifesta col vincolo esterno da oltre 20 anni.
L'indotto, diretto o indiretto, della grande impresa pubblica sul territorio, cioè le PMI, CORRISPONDE AL MODELLO COSTITUZIONALE. Cioè al legame tra artt.41, 43, 45 e 47 Cost.
SPERO VIVAMENTE CHE SALVINI, NELLA SUA "LUNGA MARCIA" POSSA COMPRENDERE QUESTO ASPETTO FONDAMENTALE.
Se ne gioverebbe l'Italia tutta, senza esclusioni..."
Per il singolo dipendente, i modi di "deflazionarlo" retributivamente sono molteplici:
a) riduzione di orario e trattamento economico proporzionale (part-time "obbligatorio") e/o assorbimenti di trattamenti straordinari nell'orario ex ordinario, mediante "ordini di servizio" (a cui non c'è modo di opporsi se non si vuole essere licenziati tout-court, cosa ormai più che agevole per TUTTI E SUBITO);
b) aumento di prestazioni orarie e del loro livello, a parità di trattamento-inquadramento (l'altro versante della medaglia del "quadro" che non viene sostituito una volta eliminato);
c) disdetta generalizzata di contratto collettivo (o non rinnovo a oltranza), sotto la minaccia di un ormai inoppugnabile e irreversibile licenziamento collettivo;
d) per le imprese maggiori, che ne hanno i requisiti, accesso aziendale, - complessivo o per unità produttive spesso corrispondenti a società "controllate" create ad arte-, ai vari ammortizzatori sociali (CIGS, in scadenza di rifinanziamento, contratti di solidarietà, altamente deflattivi dei trattamenti). Questi ammortizzatori spostano (in larga parte) sulla spesa pubblica, e sulla corrispondente tassazione a carico di tutti, il costo transitorio dei minori livelli retributivi, cioè in attesa di trasformare la situazione in definitive chiusure-delocalizzazione-disoccupazione "ufficiale", ovvero in reinquadramenti dell'intero personale aziendale.
Certo che poi, per chi si fosse trovato, e si trova, a fare l'imprenditore sulla domanda interna, il crollo deflattivo generale, rende la situazione più che disperata: esiziale direi.
Gli assets patrimoniali che avrebbero "garantito" i creditori non possono che perdere di valore, fino a deprezzamenti che non hanno certo finito di manifestarsi nella loro "geometrica potenza".
Tutto questo significa DEINDUSTRIALIZZAZIONE e corrispondente destrutturazione irreversibile della democrazia costituzionale (rinvio al post su Rodrik e Chang).
E rammento che il sistema delle PMI sorge e prospera sull'ancoraggio al territorio del modello della GRANDE INDUSTRIA PUBBLICA, in violento corso di DISMISSIONE (PP 7 e ss.), cioè la deindustrializzazione più intensa e più €uropea che si manifesta col vincolo esterno da oltre 20 anni.
L'indotto, diretto o indiretto, della grande impresa pubblica sul territorio, cioè le PMI, CORRISPONDE AL MODELLO COSTITUZIONALE. Cioè al legame tra artt.41, 43, 45 e 47 Cost.
SPERO VIVAMENTE CHE SALVINI, NELLA SUA "LUNGA MARCIA" POSSA COMPRENDERE QUESTO ASPETTO FONDAMENTALE.
Se ne gioverebbe l'Italia tutta, senza esclusioni..."
2. Il secondo commento è di Mauro Gosmin che, ricostruita una condivisibile storia funzionale del legame tra produttività e insostituibile formazione "artigianale" del personale, nell'ambito del peculiare sistema delle PMI, - cioè quello in cui alberga la maggior parte della manodopera addetta al "manifatturiero" che sostiene ( sosteneva) l'occupazione e la forza produttiva italiana- conclude, amaramente, con questa tragica constatazione: "coloro che si preoccupano di efficientare il sistema produttivo italiano, probabilmente non hanno mai visto una fabbrica e se ci andassero a lavorare non resisterebbero in certi siti produttivi nemmeno un giorno".
"Sì, le fabbriche non le hanno mai viste; questi studiosi, preferibilmente "bocconiani", (poi divenuti iconici della "nuova sinistra"), sono esperti di finanza. E nella finanza (privata) realizzano gli incarichi più prestigiosi e remunerativi, a scorrerne i curricula. E chi non ha ancora queste "opportune" connessioni aspira con tutto se stesso ad averle.
C'è però anche da dire che gli imprenditori (che non sanno far di conto), non si sono premuniti, nel loro bagaglio culturale, di connettersi al sistema immunitario costituzionale, abboccando alla vulgata che fosse a loro avverso perchè "comunista".
C'è però anche da dire che gli imprenditori (che non sanno far di conto), non si sono premuniti, nel loro bagaglio culturale, di connettersi al sistema immunitario costituzionale, abboccando alla vulgata che fosse a loro avverso perchè "comunista".
La lettura delle norme costituzionali ci dice esattamente il contrario (ti rinvio alla risposta fornita a Roby Bury).
A tutt'oggi, peraltro, continuano a non leggere e a non capire quelle stesse norme, che pure sono il loro estremo baluardo di difesa (ormai disperata)."
A tutt'oggi, peraltro, continuano a non leggere e a non capire quelle stesse norme, che pure sono il loro estremo baluardo di difesa (ormai disperata)."