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1. Si vabbeh, è il 1° maggio.
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1. Si vabbeh, è il 1° maggio.
L'attualità incombente imporrebbe di commentare e spiegare, nella gigantesca ridda di impressioni permeiste rigurgitate dai media, la sentenza della Corte costituzionale n.70 del 2015, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del blocco dell'adeguamento delle pensioni disposto dall'art.24, comma 25, del d.l n.210 del 2011 (c.d. "riforma Fornero).
Svolgere funditus tale compito non è esattamente un "lavoro" da svolgere nel giorno della festa dei lavoratori. Presto, magari, approfondiremo in dettaglio l'argomento.
2. Allo stato mi limito a fare un paio di cenni "problematici" attinenti ad aspetti più eclatanti, di "sistema":
I) il decreto-legge in questione era intitolato (enunciazione di quel "prevalente interesse generale" che proprio la Corte, in modo tutto sommato perentorio se non sbrigativo, ha ritenuto difettoso rispetto alla norma di blocco dell'adeguamento pensionistico) "Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici":
Ebbene quanto alla "crescita" ecco il risultato di quella legge (e delle altre, adottate nella stessa filosofia di " consolidamento dei conti pubblici"), che fu rubricata, da un noto giornale di espertoni, nella categoria "fate presto":
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La Corte si è, anche solo per un attimo, posta il problema se piuttosto l'interesse generale così platealmente enunciato, di quell'insieme di disposizioni, cioè una "manovra" in cui rientrava tutto sommato "coerentemente" il blocco dell'adeguamento, - nell'ottica, non intaccata dalla attuale sentenza della Corte, della "austerità espansiva"- , fosse per caso"attendibile"?
Cioè se tale enunciato risultasse minimamente coerente col principio di ragionevolezza e proporzionalità, utilizzato ampiamente nella stessa sentenza per sindacare un frammento del "tutto" organicamente rientrante nel concetto di austerità espansiva?
Cioè se tale enunciato risultasse minimamente coerente col principio di ragionevolezza e proporzionalità, utilizzato ampiamente nella stessa sentenza per sindacare un frammento del "tutto" organicamente rientrante nel concetto di austerità espansiva?
b) invito i più attenti lettori di questo blog a riflettere su un "trovate le differenze" tra la sentenza in questione (n.70/2015) e quella sulla Robin Tax, n.10 dell'11 febbraio 2015.
Mi limito a suggerire una direzione di indagine:
- è più "equo" accorgersi degli effetti di restituzione retroattiva delle sentenze della Corte in vigenza dell'art.81 Cost.- cioè del pareggio di bilancio- per impedire una successiva redistribuzione punitiva derivante dalle esigenze di costante copertura appunto in pareggio di bilancio (caso della sentenza n.10), ovvero "ignorare" che, vigendo l'art.81 Cost. attuale, e il fiscal compact, qualcuno dovrà comunque pagare quella apparente restituzione e, dunque, l'intero sistema economico subire (per via fiscale) una equivalente contrazione (esattamente compensativa di quella dichiarata incostituzionale) di consumi, investimenti e occupazione?
- è più "equo" accorgersi degli effetti di restituzione retroattiva delle sentenze della Corte in vigenza dell'art.81 Cost.- cioè del pareggio di bilancio- per impedire una successiva redistribuzione punitiva derivante dalle esigenze di costante copertura appunto in pareggio di bilancio (caso della sentenza n.10), ovvero "ignorare" che, vigendo l'art.81 Cost. attuale, e il fiscal compact, qualcuno dovrà comunque pagare quella apparente restituzione e, dunque, l'intero sistema economico subire (per via fiscale) una equivalente contrazione (esattamente compensativa di quella dichiarata incostituzionale) di consumi, investimenti e occupazione?
3. In altri termini, entrato per la Corte esplicitamente in gioco l'art.36 Cost, sulla equa retribuzione del lavoro (anche nella fase di quiescenza pensionistica, in collegamento al richiamato art.38), la Corte pare ignorare che tale equa retribuzione è connessa al livello di disoccupazione, secondo la famosa curva di Phillips, (p.4), e che quest'ultimo livello è accresciuto dalla contrazione della domanda interna comunque indotta dalle manovre fiscali di consolidamento.
Non affrontare il cuore del problema, cioè il legame tra:
- livello del bilancio fiscale, ridotto col "consolidamento"
- vincolo a monte del consolidamento, cioè il pareggio di bilancio (in tutte le sue forme, comunque riduttive dell'indebitamento annuo)
- e disoccupazione-livello delle retribuzioni (e quindi anche del successivo trattamento pensionistico),
implica non voler chiarire, a se stessi e alla comunità sociale intera, coinvolta nella tutela costituzionale, il perchè si sia adottato il paradigma del pareggio di bilancio, e comunque (da decenni, in uncrescendo, niente affatto casuale ed estraneo al meccanismo prevedibile della moneta unica) della riduzione/compressione del deficit pubblico; cioè una politica fiscale che non promuove certo la crescita, l'occupazione e la tutela reale del reddito da lavoro (v.grafico su).
Come comprova questo grafico:
- livello del bilancio fiscale, ridotto col "consolidamento"
- vincolo a monte del consolidamento, cioè il pareggio di bilancio (in tutte le sue forme, comunque riduttive dell'indebitamento annuo)
- e disoccupazione-livello delle retribuzioni (e quindi anche del successivo trattamento pensionistico),
implica non voler chiarire, a se stessi e alla comunità sociale intera, coinvolta nella tutela costituzionale, il perchè si sia adottato il paradigma del pareggio di bilancio, e comunque (da decenni, in uncrescendo, niente affatto casuale ed estraneo al meccanismo prevedibile della moneta unica) della riduzione/compressione del deficit pubblico; cioè una politica fiscale che non promuove certo la crescita, l'occupazione e la tutela reale del reddito da lavoro (v.grafico su).
Come comprova questo grafico:
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4. Il perchè dell'adozione di questo paradigma, insito nell'adesione all'UEM (come attesta il fondamentale art.126 TFUE), e nel prevedibile e previsto aggravamento degli squilibri commerciali all'interno dell'UEM, è presto detto: bisogna "distruggere" la domanda interna perchè questo è l'unico mezzo di correzione degli squilibri commerciali, cioè dell'indebitamento PRIVATO TRA PAESI DELL'AREA UEM, consentito dall'assetto del trattato UE-UEM.
Che questo sia lo scopo della politica fiscale "austera", lo ha esplicitamente affermato Monti, e lo ha ben spiegato in dettaglio Draghi (p.2, con video): queste fonti "notorie" (o agevolmente conoscibili), nel contesto dello specifico provvedimento esaminato dalla Corte, avrebbero meritato l'attenzione conoscitiva della Corte, per meglio calibrare il proprio dictum, in questo caso più che mai.
5. Insomma, se l'interesse generale (formalisticamente) enunciato per giustificare una certa complessiva manovra è quello della "crescita e della equità", può la Corte non prendere in considerazione le "reali" enunciazioni dei massimi responsabili di tale indirizzo, che smentiscono apertamente la giustificazione legislativa formale?
Può la Corte non accorgersi che tali "spiegazioni" - cioè queste "interpretazioni autentiche"(quantomeno in senso tecnico) della vera "ratio" delle norme- svuotano la intitolazione formale di quella legge, (come di tutte le manovre finanziarie consolidative), non solo di attendilità (manifesta illogicità dello strumento adottato rispetto ai risultati formalmente perseguiti), ma anche di correttezza/veridicità della formula legale rispetto alla sostanza?
Esiste dunque una verità effettiva, niente affatto negata, anzi esplicitata, dai più attendibili "testimoni", anzi "autori", di ciò che veramente si intendeva perseguire: tutto questo deve rimanere fuori dal quadro di fatto notorio e dai presupposti del sindacato logico-fattuale della Corte?
6. E questo, tra l'altro e ad ulteriore conferma della "diversa verità", senza poter neppure invocare, in una elementare verifica dei fatti, la riuscita del risultato essenziale a cui il consolidamento fiscale era (molto teoricamente) preordinato: cioè la riduzione del debito pubblico!
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Un effetto contraddittorio delle politiche fiscali imposte dall'€uropa, che risulta peraltro comune a tutta l'area euro, a dimostrazione che il consolidamento fiscale non era obiettivamente finalizzato a risolvere il problema del debito pubblico (e che quest'ultimo non fosse la causa della criticità da risolvere), ma a "qualcos'altro", connesso al mero mantenimento di una valuta comune divenuta sempre più insostenibile.
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7. E ciò, appunto, essendosi verificata, secondo dati perfettamente conoscibili dalla Corte, a seguito dell'adozione di questa linea di politica economico-fiscale, come abbiamo visto, una recessione prolungata e quindi il contrario della crescita; e risultando iniqua per la stessa Corte una delle misure fondamentali di quella manovra.
Ma allora, nel percorso che, mediante acquisizione di evidenti fatti notori, si apriva alla Corte, in presenza dell'ovvia correlazione tra consolidamento del bilancio e aumento strutturale (e non contingente) della disoccupazione, perchè non mettere in gioco la correlazione tra art.36 (e 38) della Costituzione e l'art.4 Cost.?
Cioè perchè non collegare il problema della equa retribuzione, immediatamente richiamato dalla Corte nella sua sentenza, con la sua matrice, il prioritario principio lavoristico che informa tutte le norme fondamentali della Costituzione stessa?
E' abbastanza ovvio che il vulnus alla equità ed adeguatezza della prestazione pensionistica si manifesterà in modo imponente nel futuro, proprio a seguito non tanto e non solo del taglio della spesa pubblica perseguito con il blocco dell'adeguamento persionistico, ma in conseguenza delle "vere" ragioni della complessiva austerità fiscale, deflattiva del lavoro per ammissione dei suoi principali fautori, portando a future irrisorie prestazioni previdenziali, e, in definitiva, rendendo quasi irrilevante, in prospettiva, lo stesso mantenimento, a singhiozzo e ripetutamente bloccabile, dell'adeguamento pensionistico.
Cioè perchè non collegare il problema della equa retribuzione, immediatamente richiamato dalla Corte nella sua sentenza, con la sua matrice, il prioritario principio lavoristico che informa tutte le norme fondamentali della Costituzione stessa?
E' abbastanza ovvio che il vulnus alla equità ed adeguatezza della prestazione pensionistica si manifesterà in modo imponente nel futuro, proprio a seguito non tanto e non solo del taglio della spesa pubblica perseguito con il blocco dell'adeguamento persionistico, ma in conseguenza delle "vere" ragioni della complessiva austerità fiscale, deflattiva del lavoro per ammissione dei suoi principali fautori, portando a future irrisorie prestazioni previdenziali, e, in definitiva, rendendo quasi irrilevante, in prospettiva, lo stesso mantenimento, a singhiozzo e ripetutamente bloccabile, dell'adeguamento pensionistico.
8. A che pro, dunque, enunciare una episodica e circoscritta "iniquità" e lasciare intatto il meccanismo (di derivazione sovranazionale) che deve "distruggere" la domanda interna, promuovendo in definitiva un più alto livello di disoccupazione, durevole e strutturato, (come tale persino codificato dalle istituzioni UEM)?
E tutto ciò, considerato quanto sia ovvio che tale meccanismo (di distruzione della domanda interna e di mantenimento strutturale di alta disoccupazione)è subito riespandibile, a seguito di stringenti ed intatti obblighi di copertura, anche nel caso che gli effetti della sentenza, (di tutela episodica), siano, come nel caso attuale, portatori di oneri di restituzione a carico dello Stato.
E tutto ciò, considerato quanto sia ovvio che tale meccanismo (di distruzione della domanda interna e di mantenimento strutturale di alta disoccupazione)è subito riespandibile, a seguito di stringenti ed intatti obblighi di copertura, anche nel caso che gli effetti della sentenza, (di tutela episodica), siano, come nel caso attuale, portatori di oneri di restituzione a carico dello Stato.
Non si avvede la Corte che considerare l'episodio ("ennesimo" blocco dell'adeguamento delle pensioni), senza porre in discussione il "paradigma" e la sua origine necessitata, che è quella di conservazione ex se della moneta unica, conduce a far prevalere esclusivamente tale esigenza di conservazione, (di un mero assetto monetario), sul più importante principio costituzionale (diritto al lavoro come obbligo di politiche di pieno impiego a carico di governo-parlamento; artt.1, 4, 35 Cost.) che è manifestamente connesso, come presupposto, agli artt.36 e 38 Cost, che ne sono in definitiva dei corollari inscindibili?
Sono certo che molti dei lettori di questo blog sono in grado di sviluppare e di strutturare ulteriormente questi argomenti, prima ancora che lo faccia io. Mi auguro che almeno si apra una riflessione sistematica.
Un buon argomento su cui porre l'attenzione il 1° maggio.
E perdonatemi se non sono stato abbastanza "lirico" e commosso, di fronte alla ricorrenza.
La situazione è troppo grave per permetterselo...