


ADDENDUM E RINVIO AL POST:
LA DEMOCRAZIA SOVRANA, LA CONDIZIONALITA', IL VINCOLO ESTERNO E IL "VINCOLONE" (TTIP).
1. Dai commenti di Arturo e risposte conseguenti - che vi invito a leggere integralmente in continuità col presente "addendum"- sta emergendo l'importanza emblematica delle vicende del 1963.
Una riorganizzazione in un unico post di tali vicende, come pure delle proiezioni chiarificatrici che gettano sul precedente del 1947, sarebbe ormai difficile e "dispersivo" per i lettori: sia perchè è un lavoro in progress, sia perchè il materiale già accumulato non entrerebbe in un post di lunghezza "normale".
Si tratta in entrambi i casi (1947 e 1963) del prevalere, di un indirizzo politico costruito in varie forme extra ordinem, cioè, - per espressa ammissione, rispettivamente, di De Gasperi e di Colombo e Moro-, non corrispondenti agli esiti elettorali (1947) ed alla prassi costituzionale che si era andata formando (1963).
Questo indirizzo extra ordinem, in entrambi i casi, produsse delle politiche, segnatamente deflattive, imperniate sulle "indicazioni", più o meno informali, della banca centrale.
Questo indirizzo extra ordinem, in entrambi i casi, produsse delle politiche, segnatamente deflattive, imperniate sulle "indicazioni", più o meno informali, della banca centrale.
2. E' interessante notare che la spesso denunciata "instabilità" di governo del dopoguerra,non pare tanto imputabile al sistema emergente dall'uso della legge elettorale proporzionale, ma ad un fenomeno di segno opposto: cioè all'esistenza di "forze" capaci di determinare l'indirizzo politico-governativo nel fondamentale campo delle politiche economiche, ma non elettoralmente "pesate" e, nondimeno, "pesanti". Queste componenti del gioco politico non sono numericamente rappresentabili, in termini di decisività nella formazione delle maggioranze "teoriche" (cioè elettoralmente espresse), ma decidono (le politiche economiche del dopoguerra così come di promuovere la "costruzione europea").
Queste forze, peraltro, si formano (o preestistono e si rinnovano, nella loro azione, rispetto alle epoche precedenti, incluso il fascismo) e si rafforzanonel quadro politico dell'epoca.
Più ancora, emerge che esse trovano in istituzioni come la Banca centrale e in, più o meno chiare, pressioni dei partners europei e internazionali in genere (le tracce di ciò emergono dalle fonti, dirette e storiche, citate da Arturo), un canale di determinazione dello stesso indirizzo politico-economico che bypassa il processo elettorale, rendendolo appunto "idraulico" (cioè tollerabile a condizione che sia compatibile con esiti pre-determinati al suo esterno).
3. A conferma dello sviluppo dei fatti, ho aggiunto alcuni dati economici rilevati da Wikipedia.
Il 1963 fu indubbiamente un anno di inflazione più acuta, rispetto alla media anteriore e posteriore dell'economia italiana (se eccettuiamo il periodo immediatamente susseguente all'espansione dovuta agli effetti del Piano Marshall, cioè i primissimi anni '50):
Tasso annuo di inflazione in Italia dal 1960. È evidenziato l'anno dell'introduzione dell'euro (1999). Dati: Istat- "Inflazione italiana" di T,C&S - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikipedia - https://it.wikipedia.org/wiki/File:Inflazione_italiana.jpg#/media/File:Inflazione_italiana.jpg

4. Ma il 1963 appare anche l'anno di uno storico minimo della disoccupazione, confermando in pieno la curva di Phillips e dunque spiegandoci la "lamentela" di Carlisul calo dei profitti e sulla forza sindacale ritenuta di ostacolo ai (consueti) temi di investimento e competitività:
Evoluzione del tasso di disoccupazione in Italia tra il 1960 ed il 2012. Fonte: AMECO database - "Italian unemployment rate" di T,C&S - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Italian_unemployment_rate.png#/media/File:Italian_unemployment_rate.png

5. Che il problema NON fosse il debito pubblico, neanche allora, ce lo conferma questo ulteriore grafico.
I dati sul modesto incremento della spesa pubblica nel periodo considerato (fine anni '50-inizio anni '60), li avete visti nel post da cui partiamo, al punto 8.
Rimarchevole il fatto che, essendo il debito pubblico rilevato in rapporto col PIL, nel 1962-1963, esso stava addirittura calando (insomma non si poteva utilizzare tale dato come strumento di ricatto propagandistico...ancora: la crescita nominale era dunque superiore al deficit pubblico):
Andamento del debito pubblico italiano in rapporto al PIL dopo il 1960. È evidenziato il limite del 60% fissato dal patto di stabilità. Dati: FMI.

6. Da notare, infine, che neppure il saldo delle partite correnti era negativo, anzi: secondo i dati del FMI (che trovate rappresentati qui), il saldo era stato in media positivo per0,5 punti di PIL tra il 1953 e il 1962 (un dato solo poco più debole di quanto registrato in Francia e Germania, ma superiore al declinante saldo medio degli USA).
Nel periodo 1963-1976, poi, lo stesso saldo era stato ancor più largamente positivo, nella media, per un valore di 0,7 punti di PIL, alla pari con quello tedesco e mentre la Francia registrava un saldo medio (-0,3) negativo (gli USA tenevano con uno 0,4 medio: il loro vero "tracollo" si registra, post Bretton Woods e in concomitanza con la vicenda post-Viet Nam, nel periodo di accelerazione della "costruzione europea", 1977-1995, dove gli USA registrano un -1,5 medio; nello stesso periodo, l'Italia "eurocostruttiva" inverte, non casualmente, la precedente tendenza, con un -0.4 negativo medio di saldo, mentre la Francia si attesta su un medio -0,1 e la Germania prevale sul mercato europeo con un medio +1,1).
7. Insomma, intorno al 1963, il rapporto debito/PIL era sotto controllo (anzi, declinante), la spesa pubblica e il deficit non preoccupanti sotto il profilo della concomitante crescita economica: certo, passò l'idea che "il miracolo economico si interruppe nel 1963".
Ma non per via delle politiche espansive di spesa pubblica, dovrebbe essere ormai evidente, quanto per l'esigenza "redistributiva pura", (in senso inverso rispetto al dettato costituzionale), di tornare a politiche deflattive, consigliate da Banca d'Italia e...partners internazionali vari.
Cioè, era giunto al suo nodo centrale un problema distributivo e di dislocazione del potere socio-politico: esattamente il fenomeno, arcinoto su questo blog, evidenziato da Kalecky e che troverà, poi, nella "costruzione europea" il più forte aggancio per il "quarto partito", interno e tutto italiano, che continua a spingere in tale direzione...
8. Ci pare quindi appropriato concludere ribadendo quest'altra citazione, eloquentemente riassuntiva, riportata da Arturo in precedenza (qui):
"Del mismo modo que Kalecki (1943) había sugerido que el papel social de la doctrina de la finanzas sanas eramantener el nivel de desempleo suficientemente alto para contener las demandas salariales de los trabajadores, se podría decir que la doctrina del banco central independiente que sigue un programa de metas de inflación tiene esencialmente el rol de controlar las demandas de los trabajadores, y acotar las posibilidades de los gobiernos progresistas de buscar el pleno empleo.
Galbraith et al. (2007) muestran que esto ha sido verdadero, inclusive para el caso estadounidense, donde por lo menos formalmente el Fed tiene un compromiso con el pleno empleo. De la misma manera, la Unión Monetaria Europea (UME) estaba diseñada, en alguna medida, para mantener elevados niveles de desempleo y bajas presiones salariales (Arestis y Sawyer, 2001; Pivetti, 1998)."
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ADDENDUM: Il 1° commento ci induce a guardare anche al dato della crescita nel periodo del 1963.
Credo che i grafici contenuti in questa analisi del 2012 diano risposta alla domanda di Chiara.
Il 1963 segna un punto di arrivo di una fase di raffreddamento della crescita, anche se non di recessione.
Certamente, dato che in precedenza l'inflazione era già in ascesa e la disoccupazione in discesa, i tassi di cambio reale crescevano, - all'interno del sistema dei cambi di Bretton Woods (fissi sul dollaro con possibilità di aggiustamenti a condizioni predeterminate di deficit CAB e posizione netta sull'estero)-, minacciando in prospettiva la competitività estera di un'economia a vocazione esportatrice.
Più ancora, intanto, i profitti calavano, date le agitazioni salariali e il disordine sindacale che vi si accompagnava, mentre gli interessi reali (e i rendimenti sui titoli pubblici) dovevano essere negativi.
Se ne ricava, per l'epoca, una situazione evidentemente considerata intollerabile dal punto di vista politico (Kalecky docet), cioè del controllo effettivo sulle istituzioni: in altri termini, l'ordine pubblico (proprio, la "piazza") era considerato un problema prioritario nei suoi risvolti socio-economici. Ergo un problema redistributivo, come detto nel finale:
"Usando i soli dati della Banca Mondiale si può notare come in Italia vi sia stata decrescita (nominale) del Pil in 5 occasioni prima di quest'anno: nel 1975 (-2,1%); nel 1993 (-0,9%); nel 2003 (Pil sostanzialmente fermo con crescita di 0,0%; nel 2008 (-1,2%), e nel 2009 come riportato sopra (-5,5%). Quindi oltre al 2009 anche il 1975 ha fatto registrare una decrescita "tra il 2 e il 3%". Usando i dati reali, anche il 1980 può essere considerato un anno di recessione - secondo l'Fmi a causa di un'inflazione aumentata repentinamente dal 14,8% al 21,2%, erodendo la crescita del Pil (vedi serie storiche Istat per l'andamento dell'inflazione dal 1970 ad oggi).
Per poter tornare indietro nel tempo fino al 1945, ci affidiamo invece a questo studio di Bankitalia (p. 35, Figura 1) che indica il Pil pro capite dal 1861 ad oggi, indicizzato al 1861. Si può vedere dal grafico riportato qui sotto come il Pil non abbia avuto momenti di decrescita dal 1946 al 1960, ultimo periodo che mancava all'analisi per poter finalmente dare un giudizio alla dichiarazione di Bersani. Anche se questo dato riguarda il Pil pro capite, è evidente che dato un denominatore costantemente in crescita nel periodo osservato (la popolazione è aumentata ogni anno dal 1946 al 1960, ed effettivamente solo nel 1987 sembra esserci stato una decrescita demografica), anche il numeratore (il Pil) deve essere stato positivo."