
1. Se qualcuno volesse cimentarsi della decodificazione del metalinguaggio stocastico della Commissione, riportiamo il link alla RELAZIONE DELLA COMMISSIONE del 27 febbraio 2015, sulla situazione economica e di bilancio italiana, alla luce del patto di stabilità vigente (cioè il fiscal compact) e a norma dell'art.126, paragrafo 3, del Trattatto sul funzionamento dell'Unione.
Si tratta della Relazione con cui la Commissione, constatato che uno Stato-membro non rispetta i valori di riferimento (vigenti) del disavanzo-(deficit) pubblico, e/o del debito, può o meno decidere di avviare una procedura di infrazione ove non ritenga giustificato lo scostamento alla luce di vari criteri, tra cui gli investimenti e altri "fattori" relativi alla situazione economica di medio termine: questi fattori sono ora considerati così come, in effetti, disciplinati dal nuovo patto di stabilità del fiscal compact, e quindi tale disamina vale, in termini di criteri di valutazione e di conseguenze operative della Relazione, solo per i paesi aderenti all'UEM.
2. La sottostante tabella, tratta dalla Relazione (con alcune semplificazioni dovuta alla riproduzione dal pdf), ci mostra molti dati interessanti e indicativi dell'approccio della Commissione nell'attuale applicazione del fiscal compact (nei confronti dell'Italia).
Ovviamente, una più estesa illustrazione si ricava dalla lettura dell'intero documento, che rende conto degli effettivi livelli delle correzioni del deficit-disavanzo pubblico richieste all'Italia, in vista del rientro nell'obiettivo del pareggio strutturale di bilancio, secondo lo stesso fiscal compact, entro il 2016: ed infatti, vale per l'Italia, dall'anno 2012, cioè da quello di correzione del disavanzo 2011 sottoposto a procedura di infrazione, un "periodo di transizione di tre anni" per perseguire il suddetto pareggio (le doppie indicazioni previsionali per gli anni 2014-2015, sotto la dicitura COM e SM, indicano, appunto, le rispettive stime della Commissione e del governo dello Stato-membro):
Tabella 3. Sviluppi macroeconomici e di bilancio- 2011 2012 2013 2014 2015
PIL reale (variazione in %) 0,6 -2,3 -1,9 - -0,5 0,6
Deflatore del PIL (variazione in %) 1,5 1,6 1,4 0,5 0,8 0,4 0,6
PIL potenziale (variazione in %) -0,1 -1,1 -0,4 -0,5 -0,3 -0,3 -0,2
Divario tra prodotto effettivo e potenziale
(% del PIL potenziale) COM SM COM SM
-1,6 -2,7 -4,2 -4,3 -4,1 -3,5 -3,1
Saldo delle amministrazioni pubbliche -3,5 -3,0 -2,8 -3,0 -3,0 -2,6 -2,6
Saldo primario 1,2 2,2 2,0 1,6 1,7 1,7 1,9
Misure una tantum e altre misure temporanee
0,7 0,1 0,2 0,2 0,3 -0,1 -0,1
COM SM COM SM
Investimenti fissi pubblici lordi 2,8 2,5 2,4 2,2 2,2 - 2,2 2,3
Saldo corretto per il ciclo -2,6 -1,4 -0,5 -0,7 -0,8 -0,7 -0,9
Saldo primario corretto per il ciclo 2,1 3,8 4,3 4,0 3,9 3,6 3,6
Saldo strutturale b -3,2 -1,5 -0,8 -0,9 -1,1 -0,6 -0,8
Saldo primario strutturale 1,4 3,7 4,1 3,8 3,6 3,7 3,7
Investimenti fissi pubblici lordi 2,8 2,5 2,4 2,2 2,2 - 2,2 2,3
Saldo corretto per il ciclo -2,6 -1,4 -0,5 -0,7 -0,8 -0,7 -0,9
Saldo primario corretto per il ciclo 2,1 3,8 4,3 4,0 3,9 3,6 3,6
Saldo strutturale b -3,2 -1,5 -0,8 -0,9 -1,1 -0,6 -0,8
Saldo primario strutturale 1,4 3,7 4,1 3,8 3,6 3,7 3,7
Fonte : servizi della Commissione, documento programmatico di bilancio 2015 dell'Italia e previsioni d'inverno 2015 della Commissione.
3. Ebbene, secondo la Commissione, la correzione, c.d. "aggiustamento strutturale", (peraltro ricavata da una criptica formula riportata a pag.8 della Relazione, e discendente dall'applicazione del fiscal compact), può, in termini semplificativi, quantificarsi in una misura leggermente superiore a 0,7 punti di PIL all'anno, per pervenire alla soglia del "teorico" 0,5 di pareggio ammesso entro l'anno 2016, partendo, sempre per semplificarvi il calcolo, dal deficit del 2012 pari a -2,8.
Rispetto a queste indicazioni la stessa Relazione ammetteva una certa flessibilità negli obiettivi intermedi del triennio "di transizione", pur in termini marcatamente critici circa il mancato obiettivo concomitante della riduzione del debito pubblico e circa la mancata attestazione dell'effetto espansivo delle "riforme" (scuola, mercato del lavoro, concorrenza) da parte di un organismo neutrale che monitorasse le stime presentate dal governo.
4. Sta di fatto che, oggi, da parte di molti commentatori italiani (moltissimi), ci si lamenta che, sempre in applicazione- richiesta, negoziata e, attualmente, "sperata", da parte del governo italiano- dei criteri di flessibilità consentiti dalla famosa Comunicazione della Commissione del 13 gennaio 2015, (interpretativa dei fattori di scostamento dall'aggiustamento ammessi dal fiscal compact), la correzione del deficit apportata tra il livello del 2014 (-3%) e il 2015 (-2,6) sia stata insufficiente, mentre l'attuale legge di stabilità, portando lo stesso livello al 2,4, ovvero al 2,2 per il 2016 (a seconda che sia ammesso o meno il fattore di flessibilità legato alla spesa per la "emergenza immigrazione"), sarebbe un aggravamento del debito pubblico e quindi imprudentemente "a deficit"...
5. Insomma, non si sarebbe dovuti ricorrere al "rinvio" al 2017 dell'applicazione delle clausole di salvaguardia, portando immediatamente, per il 2016, a regime l'inasprimento fiscale (incentrato sull'aumento di 2-3 punti delle principali aliquote IVA, ma non solo, includendoi anche aumento della accise, degli acconti IRE e il massiccio taglio di detrazioni e deduzioni dello stesso imponibile) che esse determinavano.
Cioè, in sostanza, si muove dal presupposto che, essendo migliorata la situazione economica, dando per scontato che le cause della recessione siano state strutturalmente superate, si poteva puntare a un consolidamento del bilancio nel 2016 per ulteriori 17 miliardi di lire, reperiti applicando immediatamente nell'attuale legge di stabilità le suddette clausole (che appunto portano a un inasprimento di imposizione in tale misura).
6. Chi, diffusamente, sostiente questa tesi, dunque, ritiene che un carico fiscale aggiuntivo di oltre un punto di PIL (circa 1,1 punti, pari a 17,485 miliardi, gravanti nel solo 2016, e in aumento negli anni successivi), avrebbe portato a una riduzione del deficit esattamente nella stessa misura, preservando (persino!) la crescita stimata per il 2016 (secondo la Commissione 1,2 punti di PIL).
In pratica, allo scopo essenziale di ridurre il debito pubblico - perchè, si implica, che ciò promuoverebbe il risanamento dell'economica italiana (secondo la logica €uropea dell'incontestabile fiscal compact)-, il deficit 2016 avrebbe dovuto, in termini contabili, essere portato da subito all'1,5%, per arrivare a un saldo praticamente in attivo nel 2017.
In tale anno, infatti, sempre secondo i sostenitori di questa tesi, il PIL, pur avendosi tale inasprimento della pressione fiscale, dovrebbe egualmente continuare a crescere, dopo essere appunto cresciuto di oltre 1 punto nel 2016, completamente "indifferente" a un prelievo aggiuntivo di 1,1 punti di PIL.
Nel 2017, infatti, le clausole di salvaguardia avrebbero un autonomo effetto di riduzione del deficit pari a 26,892 miliardi, ma la crescita, appunto, sarebbe lo stesso garantita - sure thing!- con tanto di pareggio di bilancio!
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7. Ora è minimamente plausibile tutto ciò?
La principale lamentela sarebbe, sempre partendo dall'idea che il debito pubblico sia la causa della crisi economica italiana e che il ridurlo avrebbe effetti espansivi una volta tornati alla crescita (!),che l'attuale manovra aumenti il debito pubblico perchè finanzierebbe "a deficit" le misure di sostegno alle imprese e alle famiglie da esso previste.
Al riguardo rammentiamo che questa stessa logicaè quella adottata da Monti:
- partiva da un deficit del 4% nel 2011 (il 3,5 indicato nella tabella della Relazione della Commissione è dovuto alla notoria rivalutazione del PIL, in base ai nuovi criteri di contabilità SEC 2010 in luogo di ESA95);
- decide di portare il deficit stesso all'1,6%, promuovendo misure di consolidamento fiscale (unitamente a quelle adottate da Tremonti nell'estate del 2011), per 2,4 punti di PIL
...e si ritrovò con un deficit a consuntivo del 3% (dato tabellare della Commissione sopra riportato), una recessione al -2,4, e un debito pubblico passato dal 116,4 al 122,2 del (diminuito) PIL.
Insomma, Monti, non prevedeva (nelle dichiarazioni di facciata) di finanziare "a deficit"misure espansive, tutt'altro, ma si ritrovò a finanziare a deficit il pubblico bilancio, in una misura non trascurabile, proprio per via dell'aggiustamento, che intendeva, (sempre nei pubblici proclami), come immediatamente trasferibile dal livello di intervento fiscale "austero" della manovra al deficit stesso...
8. Naturalmente, la situazione, sempre in questa ottica di applicare gli aggiustamenti nella misura indicata dalla Commissione, peggiorò anche nei due anni successivi: il debito ha ormai sfondato il 133% del PIL e quest'ultimo è rimasto in costante recessione fino alla fine del 2014.
E' chiaro che la "flessibilità in cambio di riforme"- esse stesse depressive della domanda interna ma che vivono sulla crescita derivante dall'aumento più che proporzionale del saldo commerciale verso l'estero- è una strategia che non rinuncia al consolidamento fiscale: lo attua però sapendo che la crescita non ha nulla a che fare con la diminuzione del debito pubblico perseguita attraverso la drastica riduzione del deficit, effetto costantemente rivelatosi errato, ma con la più semplice strategia della competitività.
Si mantiene il livello di disoccupazione, che con dosi eccessive di austerità fiscale partirebbe per la tangente, quel tanto che basta per farne un carattere strutturale del mercato del lavoro, calmierando la domanda interna (verso bassi consumi e quindi importazioni), e deflazionando le retribuzioni per rendere competitive le esportazioni.
La questione del "finanziare a deficit" misure "espansive", ma solo se isolatamente considerate, - laddove al contrario, nell'attuale legge di stabilità, tale deficit viene comunque diminuito (quello che conta è il saldo complessivo), continuando, ma solo più moderatamente, a promuovere compressione della domanda interna e deflazione salariale-, quindi, non c'entra nulla con l'aumento del debito: questo non può semplicemente diminuire perseguendo in anticipo il pareggio di bilancio; (e nè diminuirà anche tentando di raggiungerlo posticipatamente nel 2017 o nel 2018). Che si sia o meno una super-Trojka a trazione tedesca a imporre lacrime e sangue, sostanzialmente per deindustrializzare l'Italia, "suo principale competitor".
Semplicemente perchè agendo così, si provoca una recessione, derivante da una contrazione fiscale della domanda interna, superiore al miglioramento del saldo delle partite correnti.
QE o non QE, prezzi petroliferi "stracciati" o meno.
Ammesso, poi, che le condizioni dell'economia globale consentano di contare ancora su tale effetto"migliorativo" inarrestabile (nella logica della "competività" orientata solo sulla domanda estera espandibile all'infinito).
Ma tutto questo, chissà perchè, continua ad essere ignorato dai media e dagli espertoni italiani: eppure Monti lo aveva ammesso senza mezzi termini...