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DEMOCRAZIA "FILOSOFICA", DIRITTI SOCIALI E L'ANALISI DI LORENZA CARLASSARRE

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1. Mi hanno detto che il concetto di democrazia sostanziale che ritraggo dalla Costituzione, così come, tra l'altro, affermato dai Costituenti nelle persone di Mortati, Basso e Calamandrei (e non solo), è arbitrario e anche demagogico: questo perchè sarebbe contrario a quanto elaborato dalla letteratura filosofica (da quanto ho capito) anglosassone.
L'obiezione che la Costituzione sia la fonte normativa che definisce il livello massimo e inderogabile di legalità (stato di eccezione dei mercati, trattati €uropei e terrorismo, permettendo), è considerata risibile, perchè, appunto, fonte nazionale e normativa: per definizione non valida come paradigma scientifico-filosofico (!?).

2. Dunque, nessuna preoccupazione (filosofica) che ci sia una ragione ben precisa, e conseguente all'esperienza storica, economica e sociale (praticamente in tutto il mondo occidentale), che ha portato ad affermare che senza i diritti sociali, e la loro costituzionalizzazione, la democrazia può costantemente trasformarsi in quella sua pantomima ad uso delle elites che è, dai suoi "pensatori", definita come "democrazia idraulica"
Nessuna attenzione al fatto che, senza porre una garanzia stabile delle prerogative di tutte le componenti della società, fissando un obbligo di intervento dello Stato a compensare la dilagante forza dei poteri economici e mediatici "di fatto", una democrazia fondata soltanto sui diritti tradizionali di libertà, sia soggetta costantemente al suo svuotamento: cioè alla sua nullificazione in termini di effettività della democrazia, intesa come "patto sociale" realmente inclusivo. 
E, come constatiamo ogni giorno, ovunque in €uropa, ciò avviene,in nome dello "stato di eccezione" che la concezione "naturalistica" delle leggi del mercato può sempre imporre a suo piacimento. E proprio in nome dei rapporti di forza che non trovano limite nelle "priorità", stabilite da una Costituzione democratica pluriclasse.

3. Comunque, il concetto di democrazia, a quanto pare, lo deve stabilire, il riscontro dell'opinione della maggioranza degli autori, filosofi e non giuristi, che risultino più citati (non ho capito bene da chi); dunque una maggioranza di "pensatori" svincolata dal dato normativo, anche comparativo (cioè relativo alle formulazioni delle diverse Costituzioni).  
E questo, poi, dato che i giuristi e in particolare i costituzionalisti, non sarebbero legittimati a parlare delle forme di Stato...non sia mai: insomma, la democrazia sarebbe un concetto filosofico, liberamente elaborabile dai filosofi in base al flusso delle teorie filosofiche mainstream, che legittimano bibliograficamente la "ricerca" Poi valutata come innovativa e accreditata. 

Quindi, siete a posto: se i filosofi definiscono il concetto di democrazia vero e "oggettivo", lo faranno conteggiando citazioni e indici bibliografici di elaborati che rinviano l'uno all'altro e costituiscono il "consenso". Filosofico. E le norme, che definiscono, nella realtà storica e sociale, i vari modelli organizzativi della società, non c'entrano nulla...

4. E voi, intanto, non dovrete appellarvi a un concetto così provinciale qual è la Costituzione e pensare che il problema possa mai essere stato tutto il conflitto sociale che, svoltosi tragicamente per 150 anni - id est; a partire dalla Rivoluzione francese, se volessimo essere così "limitati" da attenerci a questa cosa "irrilevante" costituita dalle soluzioni normative-, ha cercato soluzione nelle formule istituzionli che sono culminate nella NOSTRA COSTITUZIONE. 
Che, non a caso, è il modello di altre, in Europa sicuramente, e che, non a caso, costituisce il bersaglio grosso di cui si vogliono liberare i "federalisti europei".

5. E dunque non lamentatevi se il pareggio di bilancio (ma prima ancora lo stesso tetto al deficit), imposto normativamente dall'€uropa, risulta incompatibile con i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione: com'è pervenuta ad affermare anche Lorenza Carlassarre, del cui scritto vi riporto, qui sotto, alcuni passaggi. 
La sua analisi, in questa sede, potrà apparirvi "familiare", per quanto non connessa con alcuni "fondamentali" della scienza  economica che, se correttamente considerati, rafforzano sostanzialmente queste elaborazioni giuridiche, proprio utilizzando il concetto di eguaglianza sostanziale e quindi di ragionevolezza e di attendibilità (delle teorie economiche imposte dall'€uropa):

"..trasferendo competenze dal piano interno all’Europa – uno spazio politico “che non è ancora uno spazio costituzionale democratico” – gli Stati membri hanno potuto realizzare l’obiettivo desiderato da ogni governante: esercitare il potere “senza responsabilità, senza i controlli costituzionali” presenti invece all’interno dell’ordinamento costituzionale dello Stato
Per difendere i diritti sociali e tutti gli altri diritti è necessario dunque riaffermare forme di assoggettamento dell’economia alla Costituzione, stabilire nuovamente la capacità di mediazione di quest’ultima in modo che le richieste dell’Europa debbano essere applicate all’interno del quadro costituzionale...
...Che al fondo della crisi costituzionale dell’Unione europea stia la convinzione che l’idea di società europea fondata sul welfare, “sia incompatibile con le esigenze di efficienza economica richieste dal potere produttivo dominante”?

...Ma è proprio scontato che la crisi economico-finanziaria sia destinata “ad incidere così a fondo sulla tutela dei diritti sociali da imporre di ripensare su nuove basi tutto il sistema”, che le sue conseguenze siano “ ineluttabili” e destinate a durare e lo stato sociale debba essere “drasticamente ridotto”?
...Che si tratti di “un esito assolutamente obbligato” appare dubbio: “non è affatto obbligatorio scaricare tutte le conseguenze restrittive determinate dalla crisi esclusivamente o prevalentemente sul sistema dei diritti sociali”, uno dei fondamentali tratti distintivi della Costituzione.
Ogni decisione al riguardo andrebbe quanto meno bilanciata con altri interessi costituzionalmente tutelati, essendo indiscusso che i diritti sociali “nella configurazione che dà la Costituzione non differiscono affatto dai tradizionali diritti di libertà, intesi come diritti soggettivi
...I diritti sociali sono diritti costituzionali e ad essi, ha detto la Corte “ si deve conferire il massimo di effettività”...

...Ammesso che quello enunciato dall’art. 81 novellato sia un ‘principio’, sicuramente non può imporsi come fosse l’unico esistente:Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione e non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri”, afferma la Corte. 
Se così non fosse, uno dei diritti “diverrebbe ‘tiranno’ nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona”
E qui – va sottolineato – non siamo neppure di fronte a una concorrenza nel “contenuto” dei diritti, ma ad una concorrenza fra il contenuto dei diritti e “la regolazione dei mezzi”...
...La linea di politica economica è indicata dalla Costituzione, indicati gli obiettivi e non è nella libera scelta del legislatore sacrificarne alcuni, tanto più in tempo di crisi, quando si fa anzi più rigoroso e stringente l’obbligo di impiegare le risorse disponibili secondo le priorità indicate dalla Costituzione e distinguere le destinazioni di fondi costituzionalmente doverose da quelle consentite o addirittura vietate...
...Le priorità costituzionali possono essere impunemente disattese? 
A fornire la risposta è ancora la sent. 85/2013 la quale, se esclude che fra i diritti fondamentali uno “abbia la prevalenza assoluta sugli altri” diventando un principio ‘tiranno’ , non ne esclude però la prevalenza (non assoluta). 
Negata “una ‘rigida’ gerarchia tra i diritti fondamentali”, la sentenza precisa: ”La qualificazione come ‘primari’ dei valori dell’ambiente e della salute significa…che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi ancorché costituzionalmente tutelati”.
E il punto di equilibrio deve essere valutato dal legislatore “nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo” secondo criteri si proporzionalità e di ragionevolezza.
Se i valori ‘primari’, come si legge nella sent. 15/2013, “non possono essere sacrificati ad altri interessi ancorché costituzionalmente tutelati”, di certo non si può ammettere che i valori primari possano essere sacrificati ad altri interessi non costituzionalmente tutelati.
La discrezionalità del legislatore, ha ricordato la Corte, non è assoluta; e la ragionevolezza non ha da intendersi soltanto come ‘coerenza’ a livello legislativo, ma in primo luogo come coerenza ai principi costituzionali.
...In questa luce lo schema trilatero – costruito da Livio Paladin per non lasciare al giudizio della Corte margini troppo indefiniti – potrebbe essere utilmente applicato mettendo in relazione i principi costituzionali, la norma che toglie risorse indispensabili a un obiettivo prioritario, la norma che destina risorse a un obiettivo ignorato o vietato dalla Costituzione.
Agganciando il controllo sulle scelte a un riferimento sicuro – le priorità costituzionali – i limiti giuridici alla discrezionalità del legislatore (o al suo arbitrio) si precisano meglio e possono, attraverso la Corte, divenire effettivi.


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